Le bastardate del pm Rinaudo…

Tattiche militari: giochi meschini per screditare il movimento no tav e diffondere il terrorismo psicologico

Torino, "Sequestrarono" tre pattuglie: i carabinieri fanno irruzione al centro sociale Asilo Occupato 2

Mercoledì 3 maggio 2017 alle 6,30 del mattino, c’è stata un’irruzione da parte delle forze del disordine all’Asilo Occupato di Torino (strategia della tensione: destabilizzare, anche attraverso il terrorismo psicologico, per stabilizzare il potere politico autoritario – stato di polizia – repressione).

Il bilancio è di 6 arresti: le accuse (inventate per peggiorare la situazione dei compagni) sono di sequestro, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. Il pretesto sembrerebbe un diverbio avvenuto davanti all’Asilo lo scorso febbraio al termine di una serata. Ma spieghiamo l’accaduto: Il 26 febbraio scorso in via Alessandria le auto dei carabinieri erano intervenute su richiesta di un passante che aveva visto un gruppo di persone scrivere sulla saracinesca di un tabaccaio. Le indagini indovinate a chi le hanno affidate? Proprio a quel massomafioso fascista corrotto del Pm Rinaudo….

Per il Pm Rinaudo il problema non è Mammasantissima, ma il movimento dei no tav (Blac Blok della montagna). Per lui il problema non è il business massomafioso che costituisce l’intreccio perverso tra la politica economica e gli interessi della mafia per le grandi infrastrutture, ma per il Pm il problema sono, piuttosto, i giovani precari…

Per il magistrato il problema sono i giovani, e i meno giovani, che non si demoralizzano ma lottano per ritagliarsi un pezzettino di spazio vitale in un contesto sociale di miseria, tra i quartieri di periferia, ghettizzati e lasciati in mano alla mafia di turno che magari gli offre lavoro. In questo contesto degradante è arrivata una nuova generazione non più analfabeta, non più facilmente manovrabile come una volta, ma giovani laureati disoccupati che si sono ribellati allo strapotere della mafia, ai suoi protettori, ai suoi galoppini, e hanno fatto rivivere i quartieri dormitorio, occupando spazi sociali e case vecchie abbandonate da rimettere a posto, per incentivare l’autogestione e l’autoaiuto di tutte le persone emarginate dal contesto capitalistico, perché sono poveri e non consumano, quindi secondo la logica borghese non hanno diritti perché non lavorano (dopo il danno, anche la presa per il culo). Giovani e meno giovani, sempre più spesso disoccupati che si organizzano per cercare di sopravvivere in questo contesto degradante, rendendosi utili con le mense gratuite per chi non può accedere ai servizi caritatevoli dello stato, incentivando l’autoproduzione in un contesto di autogestione come gli orti e le mense multietniche …

Giovani e meno giovani sognatori, che vorrebbero concretizzare la giustizia sociale, ma che si ritrovano da soli in un contesto di povertà economica e culturale, per cercare di risolvere le tante ingiustizie sociali e ridare dignità ai poveri sottoproletari che il vaticano capitalista non ha mai considerato, perché li ha sempre sfruttati come immagine, non per aiutare ma per dargli la carità (briciole per vincolarli). Da secoli il vaticano specula su quelle immagini pietose. Ora tutti questi giovani e meno giovani si ribellano a questo contesto sociale degradante che ingrassa solo gli arrivisti più spietati, e vogliono creare, sul proprio territorio, un contesto sociale senza domini di potere, un mondo diverso dove attraverso l’autoaiuto e l’autogestione non girano soldi o meglio i soldi che si guadagnano tutti assieme vanno per ricreare altri spazi di socializzazione con proposte socioculturali dove nessuno viene discriminato, dove l’integralismo non esiste perché viene automaticamente eliminata attraverso la solidarietà e l’autogestione dei bisogni primari, compresa l’esigenza di alzarsi di livello culturale per evitare che chi sa non domini più chi non sa. Perché la cultura e il sapere è un diritto primario per tutti ….

Questi, secondo Rinaudo sarebbero i terroristi? Il terrorista è sempre stato lo stato, che ha creato il fascismo e il razzismo, terrorista è lo stato che ha fatto le stragi per cercare poi un capro espiatorio da discriminare e incolpare (es: gli anarchici – Pinelli) per stragi fatte invece dai servizi segreti per i soliti giochi geopolitici che prevedono piani e tattiche militari occulti, Top secret), vedi le stragi di piazza fontana, la strage alla stazione di Bologna, la strage di piazza della loggia, la strage di Brescia, ecc….

Terrorista è lo stato e i loro servi fascisti (servizi segreti e il loro braccio destro Ps – CC)

http://www.informa-azione.info/torino_operazione_repressiva_misure_cautelari_e_sbirri_dentro_asilo_occupato_e_via_lanino

A proposito di abusi di potere da parte delle forze del disordine….

Ci sono stati scontri violenti al corteo del I° maggio a Torino: le forze del disordine hanno caricato i manifestanti che stavano andando in piazza San Carlo a farsi sentire tra i discorsi ipocriti dei sindacati istituzionalizzati, che hanno firmato la nuova riforma del lavoro che consente al padrone di sfruttare il lavoratore con contratti di lavoro flessibili da fame come prevede il libero mercato (Pacchetto Treu, Jobs act , co.co.co. ecc…). La polizia ha manganellato con violenza i manifestanti perché ai digossini politicizzati non gli era piaciuto lo striscione con la scritta “Poletti infame” (Il cattosinistroide Poletti è Ministro del lavoro e delle politiche sociali nel Governo Renzi e poi, del Governo Gentiloni)….

Sono tre le persone fermate. Gli agenti hanno sequestrato ai manifestanti sampietrini, bastoni e ombrelli che servivano per far fronte alla, ormai solita, violenza autoritaria degli sbirri …..

Ma ricordiamoci chi è quel cattofascista impunito del Pm Rinaudo!

L’inchiesta pubblicata sul sito del movimento No Tav, mette in luce il fitto legame che lega le mafie imprenditoriali e la loro sete di profitti, agli appalti dell’alta velocità in Val Susa e, più in generale, a tutto il “sistema grandi-opere” che in Italia conta una serie di tanto famosi quanto infelici esempi.

Una contro-inchiesta del movimento contro l’Alta Velocità che svela l’oscuro retroscena dell’ambiguo Pm Antonio Rinaudo, titolare dei fascicoli aperti contro il movimento no Tav della Valsusa e tra i principali accusatori di terrorismo per gli attivisti no Tav …..

Un’inchiesta che ripercorre gli ultimi 10 anni della carriera del magistrato, raccoglie anche testi di intercettazioni e parla di presunti collegamenti tra Rinaudo e esponenti della malavita organizzata calabrese. Spunta anche il nome di Luciano Moggi, l’ex dirigente della Juventus coinvolto in Calciopoli.

Ma proseguendo con la lettura si incontrano anche ex deputati missini, l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi e il suo vice Ugo Martinat (entrambi in carica dal 2001 al 2006 sotto il governo Berlusconi, proprio negli anni in cui la battaglia contro il Tav Torino-Lione giunge ai primi momenti di scontro aperto), candidati nelle liste del Pd e il sindaco Fassino, responsabili della gestione del business per i giochi olimpici invernali di Torino nel 2006 e altri magistrati torinesi. In particolare figura il nome del pm Maurizio Laudi, che nel ‘98 indagò su tre anarchici accusati di ecoterrorismo contro l’Alta Velocità valsusina. Due di loro, Sole e Baleno, moriranno in carcere prima di essere processati….

Passando per la costruzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia (e relativi appalti poco limpidi) negli anni ‘80 e ‘90, molti di questi nomi arrivano fino a oggi nella vicenda Tav, grazie a legami più o meno diretti con le ditte che hanno attualmente in gestione la realizzazione della Torino-Lione.

Un nome in particolare sembra chiudere il cerchio della lunga vicenda: è quello dell’imprenditore Vincenzo Procopio che in Val Susa muove i primi passi come membro del comitato direttivo delle Olimpiadi per poi passare alla gestione del cantiere Tav di Venaus. Per entrambi gli incarichi è stato indagato e condannato in primo grado in un’inchiesta per turbativa d’asta che vedeva coinvolto anche l’ex viceministro Ugo Martinat.

Eppure questa importante analisi fatta dal movimento No Tav viene ignorata dai mass media, non viene ripresa da nessun quotidiano. Come se non esistesse….

Ci sono passaggi che dovrebbero essere approfonditi, come la presunta amicizia tra Rinaudo e tale Antonio Esposito, emissario, secondo gli inquirenti, di Rocco Lo Presti, boss della ‘ndrangheta, che operava a Bardonecchia, comune che nel 1995 verrà commissionato per infiltrazioni mafiose. Eppure nonostante le accertate conoscenze malavitose del magistrato, la sua carriera non fu compromessa anzi, sempre nel 2003, diventa titolare di un’inchiesta per reati legati alla ‘ndrangheta. Rinaudo chiuderà il fascicolo 10 anni dopo, nel 2013, chiedendo un rinvio a giudizio che non potrà mai avvenire, visto che per tutti gli imputati sono stati raggiunti i tempi della prescrizione….. Ironia della sorte, dieci giorni dopo il codardo infame bastardo, firmerà la domanda di arresto per i quattro No Tav accusati di terrorismo.

È la ‘ndrangheta che comanda a Torino e in Val di Susa

L’opinione pubblica della val di Susa è divisa tra chi considera la Tav in Valle, come un balzo in avanti per l’economia, come un ponte per l’Europa, e chi invece un’aberrazione dello spreco e una violenza sulla natura e sull’ecosistema che danneggerà a lungotermine anche tutti gli esseri viventi (tra l’altro, le rocce scavate per il tunnel, contengono uranio impoverito). Negli ultimi trent’anni (come era già stato previsto), l’Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business perfezionatosi dai tempi della costruzione dell’Autostrada del Sole e della ricostruzione post-terremoto in Irpinia. Un fatto comunque è certo: le mafie di turno si presentano con imprese che vincono perché fanno prezzi vantaggiosi, grazie alle gare d’appalto al ribasso, poi usano materiale scadente, risparmiando anche sul cemento che viene mescolato con troppa sabbia, infatti solo ultimamente ci siamo accorti che molti ponti stanno crollando…., con questa logica la mafia o mammasantissima, sbaraglia il mercato, con sedi sparse nel nord Italia e curricula pulitissimi. La cultura mafiosa non vince perché punta il fucile, ma vince grazie ai soldi illeciti che guadagna (subappalti – lavoro nero) con le milionarie gare d’appalto istituite dallo stato politico mafioso (massomafia) per costruire mega infrastrutture dove a guadagnare sono i soliti politici corrotti e i loro leccaculi chiamati ‘furbetti del quartierino’. Lo schema finanziario utilizzato sino ad ora negli appalti Tav, è il meccanismo noto per la ricostruzione post-terremoto del 1980: il meccanismo della concessione, che sostituisce la normale gara d’appalto in virtù della presunta urgenza dell’opera, e fa sì che la spesa finale sia determinata sulla base della fatturazione complessiva prodotta in corso d’opera, permettendo di fatto di gonfiare i costi e creare fondi neri per migliaia di miliardi. La storia dell’alta velocità in Italia è storia di accumulazione di capitali da parte dei cartelli mafiosi dell’edilizia e del cemento. Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento. La Direzione nazionale Antimafia nella sua relazione annuale (2011) ha dato al Piemonte il 3° posto sul podio della penetrazione della criminalità organizzata calabrese: “In Piemonte la ‘ndrangheta ha una sua consolidata roccaforte, che è seconda, dopo la Calabria, solo alla Lombardia”. Così come dimostra la sentenza n. 362 del 2009 della Corte di Cassazione che ha riconosciuto definitivamente “un’emanazione della ‘ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia”. La Guardia di Finanza individuò sui cantieri della Torino-Milano la Edilcostruzioni di Milano che era legata a Santo Maviglia narcotrafficante di Africo. La sua ditta lavorava in subappalto alla Tav. La Ls Strade, azienda milanese leader assoluta nel movimento terre era di Maurizio Luraghi, imprenditore lombardo. Secondo le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Luraghi era il prestanome dei Barbaro e dei Papalia, famiglie ‘ndranghetiste. Nel marzo 2009 l’indagine, denominata “Isola”, dimostrò la presenza a Cologno Monzese delle famiglie Nicoscia e Arena della ‘ndrangheta calabrese che riciclavano capitali e aggiravano la normativa antimafia usando il sistema della chiamata diretta per entrare nei cantieri Tav di Cassano d’Adda. Partivano dagli appalti poi arrivavano ai subappalti e successivamente (in netta violazione delle leggi), ad ulteriori subappalti gestendo tutto ‘in nero’. Nell’ottobre 2009 l’Operazione Pioneer arrestò 14 affiliati del clan di Antonio Spagnolo di Ciminà (Reggio Calabria), proprietario della Ediltava sas di Rivoli, con la quale si aggiudicò subappalti sulla linea Tav. Dalla Lombardia al Piemonte il meccanismo è sempre lo stesso: “Le proiezioni della criminalità calabrese, attraverso prestanome (scrive l’Antimafia), hanno orientato i propri interessi nel settore edile e del movimento terra, finanziando, coi proventi del traffico di droga e dell’usura, iniziative anche di rilevante entità. A Reggio Emilia l’alta velocità è stata il volano per far arrivare una sessantina di cosche che hanno iniziato a egemonizzare i subappalti nell’edilizia in Emilia Romagna.

Risultati immagini per rifiuti tossici sotterrati illegalmente nei cantieri dell'Alta Velocità

Sulla Tav Torino-Milano si creò un business mafioso inusuale che generò molti profitti e che fu scoperto nel 2008. Fu scoperta una montagna di rifiuti tossici sotterrati illegalmente nei cantieri dell’Alta Velocità: centinaia di tonnellate di materiale non bonificato, intombato nel cuore del Parco lombardo del Ticino. La Tav diventa ricchezza non solo per gli appalti, ma anche perché puoi nascondere sottoterra quel che vuoi… Una buca di trenta metri di larghezza e dieci di profondità è in grado accogliere 20mila metri cubi dì materiale anche radioattivo. Ci si arricchisce scavando, ma anche riempiendo: il business è doppio! I cantieri Tav sulla Napoli-Roma, raccontano bene quello che potrebbe essere il futuro della Tav in Val Susa. Il clan dei Casalesi partecipa ai lavori con ditte proprie in subappalto e soltanto fino al 1995 la camorra intasca 10mila miliardi di lire. Fin dall’inizio gli esponenti del clan dei Casalesi, esercitarono una costante pressione per conseguire e conservare il controllo camorristico sulla Tav in due modi: o infiltrando le proprie imprese o imponendo tangenti alle ditte che concorrevano nella realizzazione della linea ferroviaria. I cantieri aperti dal 1994 per oltre 10 anni, avevano un costo iniziale previsto di 26.000 miliardi, arrivato nel 2011 a 150.000 miliardi di lire per 204 chilometri di tratta; il costo per chilometro è stato di circa 44 milioni di euro, con punte che superano i 60 milioni. Le indagini della Dda spiegarono alcuni di questi meccanismi scoprendo che molte delle società appaltatrici erano legate a boss-imprenditori come Pasquale Zagaria, coinvolto nel processo Spartacus a carico del clan dei Casalesi (e fratello del boss Michele, il quale riceveva nella sua villa imprenditori edili dell’alta velocità). Il clan dei Casalesi partecipò ai lavori con ditte proprie, accaparrandosi inizialmente il monopolio dello smaltimento dei rifiuti tossici e del movimento terra, attraverso la Edil Moter. Nel novembre del 2008 le indagini della procura di Caltanissetta ruotarono intorno alla Calcestruzzi spa, società bergamasca del Gruppo Italcementi (5° produttore a livello mondiale), che forniva il cemento per realizzare importanti opere pubbliche tra cui alcune linee della Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli (3° e 4° lotto), metrobus di Brescia, metropolitana di Genova e A4-Passante autostradale di Mestre. Le indagini (che aveva iniziato Falcone, prima di essere ucciso) mostrarono: “Significativi scostamenti tra i dosaggi contrattuali di cemento con quelli effettivamente impiegati nella produzione dei conglomerati forniti all’impresa appaltante”. L’indagine voleva accertare se la Calcestruzzi avesse proceduto “a una illecita creazione di fondi neri da destinare in parte ai clan mafiosi dell’isola, nonché l’eventuale esistenza di una strategia aziendale volta a tali fini”. Le organizzazioni criminali, non solo in Italia, ma anche in Usa e in tutto il mondo, stanno approfittando ancora oggi della crisi sociale ed economica, che è ridiventata per loro un’enorme occasione da sfruttare per arricchirsi sempre di più insieme ai loro compari, amici degli amici dei politici corrotti…

Rinaudo è un massone P2 (intreccio tra politica, magistratura, alti gradi dei servizi segreti, e la mafia – mammasantissima, i loro soldatini pagati per fare i lavori sporchi, il loro bracciodestro…. ), un Pm corrotto e arrivista, infido e sleale, uno che non conosce la vergogna, ma neanche la dignità….

Ma chi si ricorda della trappola fatta ai No tav dall’autista del Pm Rinaudo?

Denunciò una falsa aggressione No Tav, a giudizio ex autista del pm Rinaudo

Il 15 maggio 2015 ci fu la condanna per l’ex autista di Rinaudo, che l’11/4/2014 aveva denunciato di essere stato aggredito a Torino da tre incappucciati, che lo avrebbero picchiato e che prima di andare via gli hanno gridato ‘servo dei poteri forti’» uno slogan usato dagli anarchici e che viene di solito indirizzato agli sbirri e ai giornalisti durante le manifestazioni e i cortei. Lo sbirro aveva dichiarato che era stato picchiato dai no tav perché era l’autista del pm Antonio Rinaudo, in quanto titolare di molte inchieste (repressive) sui No Tav. Ora il carabiniere Giuseppe Cangiano, colui che raccontò di essere stato picchiato sotto casa da tre individui, è stato ufficialmente indagato per simulazione di reato

Il carabiniere Cangiano però, era già stato indagato per 4 reati (18/11/2004): calunnia, arresto illegale in concorso, falsità ideologica, falsa testimonianza in concorso. L’autista di Rinaudo avrebbe aiutato un collega scrivendo atti falsi per coprire un arresto ingiusto. La pena patteggiata era di un anno e 8 mesi…

Ma non sono finiti qua gli abusi di potere da parte delle forze del disordine: vogliamo ricordare il ritrovamento delle due bottiglie incendiarie nella scuola Diaz? Un inchiesta che è stato al centro della nuova requisitoria del pubblico ministero Enrico Zucca nel processo per l’irruzione della polizia nell’istituto durante il G8 genovese del 2001. Il Pm Zucca dichiara ai mass media che le due molotov furono portate nella scuola dalla polizia per formare una «falsa prova» che giustificasse l’arresto dei 93 no global, dopo essere stati selvaggiamente picchiati. Zucca ha poi citato all’allora vice dello Sco (servizio centrale operativo), Gilberto Caldarozzi, che durante un primo interrogatorio ammise solo di avere visto il collega romano Di Bernardini con in mano le due molotov al piano Palestra della scuola. Il 5 luglio 2012 invece ci sono state le condanne definitive ai 25 poliziotti per l’irruzione alla scuola Diaz la notte dei 21 luglio 2001 a Genova. Lo hanno deciso i giudici della 5° sezione della Corte di Cassazione. Confermata anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per (solo!) cinque anni, che dunque colpisce alcuni altissimi gradi degli apparati investigativi italiani: Franco Gratteri, capo della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello Servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde. Tutti condannati per falso aggravato, l’unico reato scampato alla prescrizione dopo 11 anni, in relazione ai verbali di perquisizione e arresto a carico dei manifestanti, rivelatisi pieni di accuse infondate. Gli imputati dovranno risarcire le parti civili, come già disposto nelle sentenze di merito. Nessuno dei condannati rischia invece il carcere, grazie ai tre anni di sconto dall’indulto approvato nel 2006. La Suprema corte ha dichiarato prescritte le condanne per le lesioni inflitte ai capisquadra dei “celerini” del Reparto mobile di Roma. Si tratta degli 8 capisquadra del VII Nucleo Sperimentale Tucci, Cenni, Basili, Ledoti, Compagnone, Stranieri, Lucaroni e Zaccaria. In dettaglio, il collegio presieduto da Giuliana Ferrua ha confermato 4 anni a Giovanni Luperi e Francesco Gratteri, 5 anni per Vincenzo Canterini (all’epoca comandante del Reparto mobile di Roma, oggi a riposo), 3 anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, Filippo Ferri, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici (questi ultimi all’epoca dirigenti di diverse squadre mobili), Spartaco Mortola (ex capo della Digos di genova), Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi e Massimiliano Di Bernardini. Prescritti, invece, i reati di lesioni gravi contestati a 9 agenti appartenenti al VII nucleo sperimentale del Reparto mobile di Roma. Oltre 60 feriti e 93 arrestati e poi prosciolti, tra i quali molti giovani stranieri. Il blitz alla scuola Diaz-Pertini, dove alloggiavano manifestanti antimilitaristi e anticapitalisti, giunti nel capoluogo ligure per le manifestazioni contro i potenti del G8 del 2001, avviene nella notte tra il 21 e il 22 luglio, il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani. La scuola era ritenuta il “covo” dei black bloc (terrorismo psicologico), protagonisti di due giorni di scontri contro la violenza e gli l’abusi di potere delle forze dell’disordine ( morte di Carlo Giuliani). Dai processi, però, è emersa anche la volontà dei vertici della polizia di portare a termine un’azione eclatante per bilanciare la devianza autoritaria presa dalle forze del disordine al G8 di Genova. Nel corso dell’irruzione nel complesso scolastico, aperta dagli uomini del VII Nucleo Sperimentale del Primo Reparto mobile di Roma, comandato da Vincenzo Canterini, la maggior parte degli occupanti viene picchiata selvaggiamente.

Al pestaggio, però, non partecipano soltanto i “celerini”, ma anche uomini delle Squadre mobili e delle Digos, distinguibili dai primi dalle divise o dal fatto di essere in borghese. La brutalità dell’intervento sarà confermata al processo di primo grado, oltre che dalle testimonianze di decine di vittime costituitesi parte civile, da Michelangelo Fournier, comandante del VII nucleo, che parlerà di “macelleria messicana” e “colluttazioni unilaterali” in cui i suoi colleghi pestavano e gli occupanti subivano. Due vittime arrivarono al pronto soccorso in codice rosso, in pericolo di vita. Fournier racconterà anche di un collega che davanti a una ragazza gravemente ferita a terra “mimò il gesto del coito”. Molti degli arrestati verranno poi rinchiusi per giorni nella caserma di Bolzaneto, dove subiranno altre violenze e torture. Tutti gli occupanti della Diaz-Pertini sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, un reato che prevede fino a 15 anni di carcere. In sostanza la polizia li accusa di essere tutti dei “black bloc“, protagonisti di gravi incidenti in piazza il 20 e il 21 luglio. Ma le prove verbalizzate dalla polizia si riveleranno false. A cominciare dalle due bottiglie molotov portate all’interno della Diaz dai poliziotti stessi, come accertato definitivamente dal processo di primo grado.

 

Solidarietà ai compagni e alle compagne colpiti dalla repressione sbirresca

Pinelli vive e lotta insieme a noi. Le nostre idee non cambieranno mai!

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro Pm leccaculi

Rsp (individualità Anarchiche)