Il mega impianto di incenerimento di Calusco d’Adda, ex Italcementi non è un cementificio, è una fabbrica di tumori!

Il 23 marzo 2025 i mass media scrivono che: l’impianto di incenerimento dello stabilimento dell’Heidelberg Materials Italia Cementi di Calusco d’Adda, ex Italcementi, non è più un cementificio. È un inceneritore, in mezzo ad una zona densamente abitata, come quella dell’Isola Bergamasca (BG) e del Meratese (Lecco). Mentre prima l’impianto poteva bruciare al massimo 30mila tonnellate di rifiuti e combustibili solidi all’anno, ora se ne possono bruciare più del triplo, fino a 110mila tonnellate. Gli abitanti del territorio hanno espresso in vari modi di avere paura per le conseguenze sulla salute.

Il  sindaco di Merate Mattia Salvioni, insieme ai sindaci di Robbiate, Verderio, Imbersago, Paderno d’Adda, Cornate d’Adda e Solza, hanno fatto una proposta: coinvolgere i tecnici di Ats per monitorare le ricadute, ma anche appunto di uno studio epidemiologico indipendente.                                  

A febbraio di quest’anno (2025) i sindaci di Merate, Paderno d’Adda, Robbiate e Imbersago, i paesi che sono immediatamente dall’altra parte dell’Adda, avevano già dichiarato che non ci stavano a questo sporco gioco, a danno dei cittadini. Nonostante le rassicurazioni temono ripercussioni sulla salute dei cittadini che rappresentano. Per questo hanno presentato non uno, ma due ricorsi ai giudici del Tar. Giampaolo Torchio, sindaco di Paderno d’Adda  dichiara che  vorrebbe commissionare uno studio epidemiologico indipendente, a garanzia e tutela di tutti i cittadini. I sindaci quindi dichiarano ai mass media che, come se fossimo sotto feroce dittatura, “ci viene impedito di esercitare I NOSTRI DIRITTI, le nostre prerogative”.                                                                     

Il cementificio di Calusco d’Adda, dal 2016 in mano ai tedeschi di Heidelbergh, è stato costruito nel 1907. La richiesta di poter quasi quadruplicare i rifiuti da incenerire nel termovalorizzatore alto 107 metri, che domina l’intera valle dell’Adda, per alimentare gli impianti industriali, risale al 2023, ma è stata accolta l’estate scorsa. I comitati si oppongono, forti di osservazioni predisposte da ISDE (International Society of Doctors for the Environment) che evidenziano le pesanti ricadute dell’incenerimento dei rifiuti su ambiente e salute pubblica. Quindi una corsa contro il tempo per spegnere il forno inceneritore del cementificio di Calusco d’Adda. A correrla sono Fabrizio Bianchi e Stefano Scarselli, gli esperti indipendenti incaricati dai sindaci di Merate, Imbersago, Robbiate, Paderno d’Adda, Verderio, Solza e Cornate d’Adda, dal presidente della Provincia di Lecco e dai vertici del Parco Adda Nord di realizzare uno studio epidemiologico sugli effetti dell’aumento dei rifiuti che si possono bruciare nell’impianto dello stabilimento Italcementi di Calusco.

Lo studio, che permetterà di stabilire i reali effetti negativi sulla salute dei residenti della zona, dovrà essere pronto entro fine anno. Il 18 dicembre 2025 si svolgerà la prima udienza davanti ai giudici del Tar di Brescia sul ricorso che sindaci, presidente lecchese e vertici del Parco Adda Nord, hanno presentato per chiedere almeno l’annullamento dell’autorizzazione per aumentare l’utilizzo dei combustibili solidi, nella linea di cottura del clinker della cementeria.

Una recente analisi condotta dall’Arpa, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, effettuata sulla popolazione residente nelle vicinanze dell’inceneritore di Vercelli, ha evidenziato come le emissioni della struttura abbiano effetti devastanti sulla salute: aumento generale della mortalità del 20%, aumento del tumore del colon retto del 400% e del tumore ai polmoni del 180%, più un incremento notevole di cardiopatie, enfisemi e bronchiti croniche. Questi sono dunque i dati allarmanti che emergono dalla ricerca a firma dei tecnici dell’Arpa, realizzata in un momento storico in cui l’utilizzo degli inceneritori come principale forma di smaltimento dei rifiuti continua, in controcorrente con gli altri paesi dell’UE, ad essere preferito a metodi di smaltimento più virtuosi e con un impatto minore sulla salute dei cittadini e sull’ambiente circostante.

Negli ultimi anni si è scelto di insistere ulteriormente su questa strada: risale, infatti, a circa due anni fa il decreto Clini, che prevede la possibilità di bruciare i CSS (combustibili solidi secondari) anche nei cementifici. Ciò significa che i cementifici si trasformano in dei veri e propri inceneritori, con una non trascurabile differenza: essendo impianti obsoleti (in gran parte costruiti negli anni ‘50) e pensati per altri scopi, molte delle misure di sicurezza previste negli impianti di incenerimento vengono a mancare; in più si deve evidenziare come le quantità di emissioni consentite in questo tipo di strutture siano decisamente superiori a quelle previste per gli impianti di incenerimento; oltre al fatto che l’ottenimento di un’autorizzazione per procedere con la combustione sia in alcuni casi molto agevole.

A rendere le cose più complesse concorre anche il fatto che in materia di combustione di CSS non c’è una vera chiarezza su quali siano i prodotti dai quali si ricavano scarti effettivamente dannosi o meno: si parte dai cartoni del latte fino ad arrivare a copertoni inutilizzati e molti altri prodotti la cui combustione produce notevoli quantitativi di rifiuti tossici, diossine e vari fumi dannosi (in particolare circa il triplo di emissioni di CO2 di un normale inceneritore).

La situazione è certamente più preoccupante nelle regioni settentrionali: dei 69 inceneritori attualmente attivi in Italia, più del 30% sono localizzati nella pianura padana; anche per quanto riguarda i cementifici abilitati alla combustione dei CSS, il numero diviene nettamente superiore man mano che si risale la penisola: 25 impianti nelle regioni settentrionali, contro i 5 del meridione. Nel triangolo tra le provincie di Milano, Lecco e Bergamo, la concentrazione di queste strutture è particolarmente elevata: 5 impianti in un raggio di appena 30km, record negativo non solo a livello italiano, ma anche europeo (tanto che si parla di ‘terra dei fuochi lombarda’).

Secondo un’indagine dell’Agenzia di ricerca europea di Ispra, i livelli di diossina presenti nel suolo sarebbero 25 volte superiori ai limiti di legge, per non contare le pericolose quantità di metalli pesanti rilevate nei terreni della zona. A nulla sono serviti i numerosi appelli e le raccolte di firme da parte di numerose associazioni (Medici per l’ambiente, Rete rifiuti zero Lombardia, Aria pulita): sembra che, mentre la popolazione abbia manifestato il proprio dissenso nei confronti di queste misure, i Comuni abbiano accettato, spesso senza battere ciglio.

Nel 2015 a Merate i comitati La Nostra Aria, Aria Pulita Centro Adda e Rete Rifiuti Zero Lombardia, promotori della petizione popolare BASTA INQUINAMENTO –  No alla trasformazione del cementificio Italcementi S.p.a. in un inceneritore, che a oggi ha ampiamente superato le 5000 sottoscrizioni, hanno promosso un incontro con amministratori ed enti pubblici con l’obiettivo di coordinare un’azione comune per richiedere alle ASL di Bergamo e Lecco di avviare un’analisi epidemiologica sul caso Italcementi.

Tante belle parole e dichiarazioni di intenti, ma nessun seguito operativo all’incontro relativamente alla specifica richiesta di indagine epidemiologica con metodo Crosignani.

I comitati promotori hanno quindi inviato un’esplicita richiesta di collaborazione e di intervento ai Sindaci affinché si desse il via ad azioni concrete. La richiesta dei comitati è esplicita e va dritta al dunque: che i Sindaci si facciano promotori di una adeguata analisi epidemiologica sia di danno sanitario (VDS) che di impatto sanitario (VIS), svolta congiuntamente dalle ASL di Bergamo e Lecco e dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, sotto la supervisione del Dott. Crosignani Paolo (foto sotto), esperto in materia.

La richiesta di collaborazione è stata inviata a tutti i comuni qui elencati:

AMBIVERE – BONATE SOPRA – BONATE SOTTO – BOTTANUCO – BREMBATE DI SOPRA – BREMBATE- CALUSCO – CAPRIATE SAN GERVASIO – CARVICO -CHIGNOLO D’ISOLA – FILAGO – MADONE – MAPELLO- MEDOLAGO – PONTE SAN PIETRO – PRESEZZO- SOLZA – SOTTO IL MONTE GIOVANNI XXIII – SUISIO -TERNO D’ISOLA – VILLA D’ADDA- AICURZIO – BERNAREGGIO – BRIVIO – BUSNAGO -CALOLZIOCORTE – CALCO – CARNATE -CERNUSCO LOMBARDONE – CORNATE D’ADDA -IMBERSAGO – LOMAGNA – MERATE – MONTEVECCHIA -OLGIATE MOLGORA – OLGINATE – OSNAGO -PADERNO D’ADDA – ROBBIATE – RONCO BRIANTINO -SULBIATE – USMATE – VERDERIO. Solo in pochi hanno risposto. I Sindaci di Paderno d’Adda, Cornate d’Adda, Imbersago, Merate, Robbiate, Solza e Verderio hanno inviato una missiva ufficiale in data 4 maggio in cui evidenziano di aver già contattato le ASL, chiedendo “l’applicazione delle linee guida per la componente della salute pubblica degli studi di impatto ambientale (delibera regionale n.XI/1266 del 24/1/2014) documento predisposto allo scopo di garantire adeguato supporto ed accompagnamento alle autorità provinciali competenti in materia di VIA. (…) contenente indicazioni per la rilevazione ed il monitoraggio dei dati nonché l’approccio per la trattazione delle indagini epidemiologiche e tossicologiche”. Corretta e encomiabile l’iniziativa dei Sindaci, ma essa NON COMPRENDE la richiesta di analisi epidemiologica, bensì un ben più generico “approccio” e “monitoraggio”.

Perché optare per un “monitoraggio” e non su un’azione incisiva e sicuramente efficace quale un’analisi epidemiologica? Ma soprattutto perché i comitati richiedono con così tanta insistenza questo tipo di analisi ricercando con tanta veemenza la collaborazione dei propri Sindaci?

La ragione sta nel fatto che esperti del settore quali biologi, medici e tecnici sostengono e comprovano che un’indagine epidemiologica impostata col metodo e il controllo del Dott. Crosignani garantisce la completezza e veridicità dei dati statistico-scientifici raccolti e offre un quadro completo della reale situazione sanitaria in cui versa il territorio preso in esame rispetto alla fonte di inquinamento oggetto di indagine. Non fatichiamo a capire perché non si voglia utilizzare uno strumento che si è rivelato significativo in altre occasioni, quali, ad esempio, il caso molto simile del cementificio di Mazzano Rezzato o quello della centrale termoelettrica di Vado Ligure (foto sopra).

Ricordiamo infine che le richieste dei comitati in merito alla questione della salute pubblica sono state recepite anche dalla Provincia di Bergamo in seguito alle Osservazioni depositate presso la stessa in data 1° aprile. La Provincia di Bergamo infatti, nella lettera con le richieste di integrazioni inviata a Italcementi già il 10/4/2015, invita le ASL di Bergamo e Lecco a prendere in considerazione le modalità di valutazione della salute pubblica proposte dai comitati.

Il petcoke (foto sopra), è un materiale solido di carbonio derivato dalla raffinazione del petrolio greggio che Italcementi utilizza per dare energia ai forni. La pubblicistica prodotta dai cementifici sta però cercando di far passare il Combustibile Solido Secondario, come “non pericoloso”. In realtà tra i Css rientrano diverse tipologie di rifiuti urbani e speciali, alcuni non trasformabili, e per quanto riguarda gli standard qualitativi per diversi parametri sono addirittura peggiori rispetto ai vecchi Cdr (combustibile da rifiuto) che Italcementi già utilizza nell’impianto di Calusco d’Adda. La tendenza è poi quella di un aumento del fattore di emissione dei metalli sottili in corrispondenza alla quantità di Css utilizzato; ma questi dati non sono monitorati da soggetti terzi e sono gli stessi cementifici che li producono e li rielaborano per sostenere le loro tesi. Il riferimento del dottor Caldiroli è allo studio prodotto da Italcementi e riconosciuto da Arpa Lombardia a sostegno del minore impatto ambientale che deriverebbe dall’utilizzo dei Css. “Il problema di quello studio è che più si aumenta il combustibile più aumenta la portata dei fumi emessi: non ci si può quindi riferire soltanto alla concentrazione di inquinanti per metro cubo ma anche al flusso giornaliero che varierebbe notevolmente; considerazioni assenti nello studio di impatto ambientale presentato dalla società”, ha spiegato il relatore. “Inoltre la tossicità delle sostanze non è tutta uguale. L’azienda spinge tanto sull’abbattimento degli NOx grazie ai Css, ma si è guardata bene dal fare rilevazioni su contaminanti molto più importanti come i metalli pesanti: l’incremento di un milligrammo di mercurio, ad esempio, in termini di tossicità equivale a più di 3 tonnellate di ossidi di azoto.

Mettersi a bruciare rifiuti introduce dunque nel processo produttivo del cemento elementi che non hanno niente a che fare col materiale e che hanno un impatto sul territorio e sul prodotto finito. Le scorie finiscono nel cemento e, quindi, nelle nostre case; ed è per questa ragione che Medicina Democratica si è rivolta al Ministero della Sanità perché anche il cemento prodotto con la combustione dei rifiuti sia sottoposto ad analisi sulla tossicità come qualunque altra sostanza chimica immessa sul mercato europeo”. La parola è poi passata alla dottoressa Patrizia Gentilini che ha affrontato il tema dell‘incenerimento dei rifiuti in base alle ricadute sulla salute. Partendo dalle analisi condotte nell’area del forlivese, l’oncologo ha poi citato le più recenti ricerche in ambito medico scientifico. “Dati che preoccupano notevolmente noi oncologi sono quelli riguardanti la probabilità di diagnosi di cancro nel corso della vita: un uomo su due, oggi, si ammala di tumore e lo stesso avviene per un terzo delle donne. Trent’anni fa i dati erano molto diversi e nella mia carriera professionale ho visto ammalarsi persone sempre più giovani”, è stata l’amara considerazione della dottoressa Gentilini (foto sotto).

“Nei registri dei tumori italiani, considerando la fascia di età da 0 a 14 anni, per ogni milione di bambini 190 si ammalano di cancro ed è riscontrato un aumento del 2% all’anno dei casi durante l’adolescenza. Sono dati strettamente legati alle polveri sottili e alle diossine, sostanze classificate come certamente cancerogene dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, prodotte dai processi di combustione. Le esposizioni ambientali portano ad una rottura dell’equilibrio metabolico che avviene attraverso il respiro, la pelle, il cibo e l’acqua, condizionando la funzione di organi delicatissimi come il pancreas, il fegato, i polmoni ed il cervello“. L’attenzione del medico si è rivolta in particolare ai bambini e alle donne in gravidanza, i soggetti più esposti agli inquinanti: “Coi processi di combustione, le sostanze tossiche che si formano, passano dalla madre al feto nel momento più delicato nello sviluppo del nascituro. Sostanze estranee si trovano anche nel cordone ombelicale ed il New England Journal of Medicine analizzando il problema dell’incremento dei tumori nei bambini lo ha messo in relazione a queste esposizioni prima e dopo il parto”. “Negli studi che come ISDE abbiamo svolto in Emilia Romagna nelle aree interessate dalla presenza degli 8 inceneritori della regione, abbiamo rilevato nei soggetti residenti entro 4 km dagli impianti, un aumento del 70% dei nati prematuri ed un rischio del 44% in più dell’abortività spontanea“, ha continuato la dottoressa Gentilini.

“Gli effetti della presenza di particolato e polveri sottili nell’aria non si fermano qui: la letteratura medica recente ne ha infatti evidenziato il legame con possibili gravi problemi durante lo sviluppo cognitivo nell’infanzia“. “Per quanto riguarda alcuni inquinanti i limiti di legge sono un compromesso tra le conoscenze scientifiche e gli interessi economici, e soprattutto non sono pensati su soggetti in via di sviluppo come i neonati“, ha detto la dottoressa al termine del suo intervento. “In proposito Medici per l’ambiente ha pubblicato documenti molto duri contro le scelte dell’attuale governo che, secondo il nostro parere, non vanno nell’interesse della popolazione”. Per tutte queste ragioni i comitati stanno agendo per informare i cittadini sui potenziali rischi per la salute e per evitare che un nuovo flusso di rifiuti sia destinato ad essere bruciato in un’area, tra Bergamo, Monza e Lecco, già sottoposta ad un forte stress ambientale.

Nel 2008 Italcementi è stata accusata di aver ‘allungato’ il cemento per la costruzione di opere pubbliche finalizzato alla costruzione di fondi neri che avrebbero favorito Cosa nostra. Nella lista: autostrade, metropolitane, la Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli, il Passante autostradale di Mestre, ecc. «Un quadro estremamente allarmante, anche su opere pubbliche», questo il commento del procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, nel corso della conferenza stampa successiva al sequestro di due lotti dell’autostrada A31 a Valdastico, in provincia di Vicenza, nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge i due colossi del cemento del gruppo Pesenti: Calcestruzzi spa e Italcementi spa.

Entrambe le società, con sede a Bergamo, sono accusate di un presunto «allungamento del calcestruzzo, finalizzato ad una ipotetica creazione di fondi neri». Entrambe «sono sostanzialmente lo stesso soggetto», precisa Lari e fanno capo alla famiglia Pesenti, una immensa piovra con tentacoli che arrivano ovunque. Ad esempio, controllano il 7,2% della Rcs, e sono tra i principali azionisti di Mediobanca.

È stato proprio grazie a questo “taglio dei fondi per gli inceneritori”, che sono scattate perquisizioni in molte sedi della Italcementi, quella di Porto Empedocle [Agrigento], Isola delle Femmine [Palermo], Calusco D’Adda [Bergamo] e poi ancora Palermo e Catania. Gli illeciti presunti farebbero parte di un «sistema illecito globale che potrebbe danneggiare gravemente i cittadini italiani e la collettività perché si tratta di opere pubbliche che potrebbero metterne a repentaglio l’incolumità – aggiunge ancora Lari, precisando come questa sia – un’indagine fra le più articolate e complesse che travalica la dimensione mafiosa siciliana». Le forniture irregolari di calcestruzzo «depotenziato» riguarderebbero anche la costruzione del metrobus di Brescia, della metropolitana di Genova, diversi lotti Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli, il tratto A4-Passante autostradale di Mestre.

Ma ci sono opere già sequestrate dal gip di Caltanissetta nei mesi scorsi, che si aggiungono ad un elenco che potrebbe allungarsi inesorabilmente: il palazzo di giustizia di Gela, il porto Isola e la diga Foranea di Gela, la strada a scorrimento veloce Licata-Torrente Brami, lo svincolo di Castelbuono-Pollina sul tratto autostradale A/20 Palermo-Messina. Carlo Pesenti (foto sopra), amministratore delegato di Italcementi, nel giugno scorso era stato già indagato in Sicilia dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, per concorso in riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, con l’aggravante di aver favorito la mafia.

Per il II rapporto dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano del 2018: Rapporto Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia, gli interessi economici dell’organizzazione oggi e negli ultimi 15 anni sono stati focalizzati in maniera imprenditoriale nel settore edile (nel 2008 fu coinvolta l’azienda Perego Strade di Cassago Brianza avvicinata da Salvatore Strangio e poi da Rocco Cristello con cui sono riusciti ad ottenere lavori in tutta la Lombardia), mentre il settore commerciale è improntato al controllo del territorio e hanno toccato l’Ortomercato di Milano, investimenti in supermercati e centri commerciali. Il settore turistico ha avuto l’attenzione dei clan in particolare nel settore alberghiero per quel che concernono case vacanze e bed & breakfast ed il settore dell’intrattenimento e dello sport come ricorda l’inchiesta sui videopoker e le slot-machine dei Flachi e dei Valle-Lampada che posizionati in bar e tabaccherie, servivano anche per il controllo del territorio e per il riciclo di denaro.

Rimane colpito anche il settore sanitario il cui caso più emblematico è stato quello dell’ASL di Pavia che ha coinvolto il direttore sanitario Carlo Antonio Chiriaco (foto sopra), con un’infiltrazione profonda o talvolta con singoli investimenti in cliniche private, forniture di prodotti e servizi infermieristici. Infine sono stati riscontrati casi di ricoveri sotto falso nome come per Francesco Pelle alla clinica Maugeri di Pavia e all’ospedale Niguarda di Milano.                                                                                      

Per quanto riguarda il traffico di droga in Lombardia, la ‘ndrangheta risulta avere un ruolo centrale ma non risultano laboratori e raffinerie riconducibili ad essa per la cocaina, l’eroina o droghe sintetiche ad appannaggio quasi completamente della criminalità straniera.

Nel 2016 il decreto, scritto dall’ex ministro Clini e dal Governo Renzi, trasforma questi cementifici in impianti di incenerimento rifiuti, con pericoli seri per la salute, come dimostrano gli studi dell’Arpa e i molti casi in Lombardia e Puglia.

La decisione era  stata scritta prima dal Governo Monti (a sin. nella foto) e poi confermata e attivata da Renzi (a destra foto sopra), nel 2014. Nel 2022 c’erano 5 impianti (4 inceneritori e un cementificio), nel raggio di appena 30Km per una popolazione di due milioni di abitanti. Un triangolo micidiale di emissioni che fa di quest’area, compresa tra le province di Milano, Lecco e Bergamo, una delle più trafficate e inquinate d’Europa. E non è ancora finita. Da quando i cementifici possono bruciare una quantità maggiore di rifiuti – effetto collaterale del decreto “Sblocca Italia”, approvato nel 2014 dal governo di Matteo Renzi, riprendendo una decisione già assunta qualche anno prima dall’esecutivo tecnico di Mario Monti. Perciò Italcementi decise di potenziare l’impianto di Calusco d’Adda (foto sotto), che si prepara a passare da 30mila a 110mila tonnellate di rifiuti inceneriti all’anno, cambiando combustibile e con la benedizione di Ats e Arpa: i due enti che si occupano proprio di tutelare la salute e l’ambiente…

Nel 2019 la Lombardia ha bruciato 900mila tonnellate di spazzatura di altre Regioni e non c’è un limite alla quantità che può essere incenerita dagli impianti del nostro territorio. L’osservazione è una risposta a chi sostiene che l’aumento dei rifiuti nel forno di Italcementi produrrà una riduzione dei rifiuti negli altri inceneritori della zona. La chiamano economia circolare, ma in un contesto di deregulation è solo un’economia del profitto privato a scapito della salute pubblica.

Almeno duecento differenti composti chimici che si sprigionano dagli altiforni, possono creare problemi di salute. Gli inceneritori sono complessi industriali che, nonostante siano dipinti come impianti perfetti, comportano in ogni caso la fuoriuscita di fumi contenenti sostanze chimiche pericolose per la salute.

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L’inceneritore di Italcementi a Calusco d’Adda (BG)https://www.youtube.com/watch?v=UsdvmwR5vgo

Documenti ESCLUSIVI: Trattativa STATO MAFIA – Reporthttps://www.youtube.com/watch?v=8rBaLaaBjaw

Le impronte digitali degli inceneritorihttps://altreconomia.it/le-impronte-digitali-degli-inceneritori/

Ora per rilassarvi un po’ vi consigliamo di ascoltare questa musica:

Gli Anarchici (Versione Italiana di: Les Anarchistes) – Léo Ferréhttps://www.youtube.com/watch?v=GzpzBOkXvpI&list=RDGzpzBOkXvpI&start_radio=1

Ivano Fossati … “Il Disertore”https://www.youtube.com/watch?v=rya6935J-u0&list=RDGzpzBOkXvpI&index=2

INOKI – LA PACE È LA RISPOSTA (Official Video)https://www.youtube.com/watch?v=xEdGJJsKnbc&list=RDGMEMHDXYb1_DDSgDsobPsOFxpA&index=7

Rap Militante Internazionale – antagonista a vita [videoclip HQ]https://www.youtube.com/watch?v=DbEgrN6QJWg&list=RDGMEMHDXYb1_DDSgDsobPsOFxpA&index=2

Emsi Caserio: Rap Anarchico Popolare (VIDEOCLIP 2014)https://www.youtube.com/watch?v=qg4N2z7g_5k

CANZONE PER ALFREDO COSPITO – MARCO CHIAVISTRELLI SOLIDARIETA’ AD ALFREDO CONTRO L’ORRORE DEL 41 BIShttps://www.youtube.com/watch?v=_X33J74_ALE

Ballata per Cospitohttps://www.youtube.com/watch?v=6FJQkcbJS38&t=169s

Assalti Frontali – “IL RAP DI ENEA” videoclip – 2009https://www.youtube.com/watch?v=syvAW_9jJro

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Se la democrazia potesse essere altro

che un mezzo di ingannare il popolo,

la borghesia, minacciata nei suoi interessi,

si preparerebbe alla rivolta e si servirebbe

di tutta la forza e di tutta l’influenza che

le sono date dal possesso della ricchezza,

per ricordare al governo la sua funzione

di semplice gendarme al suo servizio.

Errico Malatesta

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Solidarietà a tutte le compagne e i compagni anarchici arrestati

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

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