Roma 9 maggio 1978: ritrovato il corpo di Moro vicino a via delle Botteghe Oscure, sede del PCI e piazza del Gesù, sede della DC anticomunista (parte 2)

Le Brigate Rosse, in una determinata fase, hanno mutato la propria essenza, trasformandosi in ‘altro’. La conferma di questo arriva direttamente dalle parole di uno dei protagonisti dell’epoca, l’ex vicepresidente del CSM Giovanni Galloni, democristiano, intervistato nel 2005 nella trasmissione Next su Rai News 24: “Io non posso dimenticare un discorso che ebbi con Moro poche settimane prima del suo rapimento. Discutevamo con Moro delle difficoltà di trovare i covi delle BR e Moro mi disse: ‘La mia preoccupazione, io ho per certo la notizia, è che i servizi segreti sia americani sia israeliani hanno degli infiltrati all’interno delle BR; però non siamo stati avvertiti di questo, perché se fossimo stati avvertiti, probabilmente i covi li avremmo trovati”.

Ma il problema maggiore è che tutti i vertici dei servizi segreti erano occulti, nelle mani della loggia massonica P2, dai generali Santovito (foto sopra) e Grassini a Federico Umberto D’Amato (foto sotto), ecc., potenti capi dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, organizzatori del piano militare anticomunista Atlantico chiamato: “Strategia della tensione” fatto di colpi di stato e stragi di stato, nonché uomini della Cia in Italia.

Anche Cossiga ha ammesso nel 1980 davanti alla Commissione, che gli Stati Uniti avevano garantito una qualificata collaborazione, ma ha tenuto nascosto il nome dell’americano, che è rimasto segreto per 19 lunghi anni. Ma quella di Pieczenik [vedi parte 1], non è l’unica presenza americana in quei giorni a Roma: c’è il mistero di un volo del 15/3/1978, il giorno prima del rapimento in via Fani, che partì da Tripoli e atterrò a Roma. A bordo vi furono 3 agenti segreti, 2 libici, mentre il terzo è Wilson (foto sotto), un ex agente CIA, noto per aver realizzato a metà degli anni ’70 fino a metà degli anni ’80 le operazioni coperte della CIA. Wilson rimase un solo giorno a Roma e ripartì il 16 marzo dopo il rapimento.

Il condominio dove Moro è detenuto ha un ascensore che parte direttamente dai garage. Traccia precisa che portò a fare subito il censimento di tutti gli edifici con questa caratteristica. Peccato che furono tutti perquisiti tranne la palazzina dello Ior (Vaticano) di via Massimi 91 dove era rinchiuso Moro. Secondo le indagini svolte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, Moro restò per poco tempo in via Massimi 91 e poi potrebbe essere stato trasferito a Villa Odescalchi, a Palo Laziale, poco lontano da Roma. Il 21/3/’78 il ministro Cossiga allertò gli incursori della marina militare, ma poco prima dell’assalto alla villa li smobilitò senza fornire spiegazioni plausibili. E da qui il prigioniero sarebbe stato trasferito altrove. Un altro mistero legato a quella Roma del 1978  è collegato alla  loggia massonica P2: l’ufficiale del Ros dei carabinieri Mario Mori, all’epoca Capitano, noto per essere stato sotto processo e infine assolto nell’ambito del processo Trattativa stato – mafia, per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina e la mancata cattura di Bernardo Provenzano!! È il 1972 quando Mori entra nei servizi segreti della P2, grazie all’intercessione del colonnello Federico Marzollo (foto sotto), molto vicino a Vito Miceli, direttore del Sid (servizio segreto) fino al 1974, iscritto alla P2, poi coinvolto nell’inchiesta sui colpi di stato (golpe Borghese) e sulla Rosa dei Venti, un’organizzazione paramilitare parallela a Gladio della quale facevano parte uomini dei servizi segreti e neo-fascisti.

Mori venne successivamente allontanato nel 1975 dallo stesso servizio segreto col divieto di assumere incarichi a Roma. In base alla documentazione vagliata dalla Corte d’assise di Palermo, l’allontanamento dal Sid e dalla capitale sarebbe legato all’inchiesta sul colpo di stato chiamato appunto Golpe Borghese (1970), organizzato da Junio Valerio Borghese, fondatore del Fronte Nazionale, in collaborazione con Avanguardia Nazionale). Il magistrato Di Matteo (foto sotto), ha detto che Mori fu coinvolto “nelle investigazioni della procura di Padova nell’indagine cosiddetta ‘Rosa dei Venti’ a proposito di un’ipotesi sui contatti con esponenti di spicco di Ordine Nuovo in Veneto” e che “quel suo allontanamento da Roma era collegato proprio al fatto che dalle indagini padovane, poi confluite nelle indagini sul ‘Golpe Borghese’, Mori era stato in qualche modo coinvolto”. Eppure, aveva raccontato il magistrato, “tornò al reparto operativo di Roma, proprio alla sezione anticrimine il 17 marzo, quindi il giorno successivo al rapimento dell’On. Aldo Moro”.

Accadde infatti che l’arma decise di inviarlo a Roma nonostante il divieto del Sid, nominandolo a capo della sezione antiterrorismo del reparto operativo. In base alla versione del memoriale di Valerio Morucci e Adriana Faranda i brigatisti entrati in azione per il rapimento Moro erano quattro: Franco Bonisoli, Raffaele Fiore, lo stesso Morucci e Prospero Gallinari. Solo i quattro avrebbero sparato, sempre secondo Morucci, ed erano collocati davanti al bar Olivetti, quindi da sinistra rispetto al corteo delle auto. Tuttavia secondo il giudice milanese Guido Salvini (responsabile dell’inchiesta sulla strage di Piazza Fontana del 12/12/1969), che ha prodotto per la commissione di inchiesta una ricostruzione aggiornata con metodi di indagini moderni sulla dinamica dei fatti di Via Fani, le cose non sono andate come Morucci le ha descritte. Altre anomalie, emerse durante le audizioni delle commissioni parlamentari, inclusero il fatto che le auto blu di Moro e della sua scorta non vennero blindate, nonostante Moro lo avesse richiesto più volte. Inoltre dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato, emerse che venne dato l’ordine di conservare le mitragliatrici nel bagagliaio degli uomini della scorta. Inoltre, si scoprì la presenza di un uomo di Gladio, il colonnello Guglielmi (foto sotto), nelle ore della mattina, che si giustificò dicendo di essere lì per un appuntamento previsto per l’ora di pranzo, anche se erano solo le 9 del mattino.

Le anomalie e le ombre presenti nel Caso Moro sono ancora molte. Ma tutte hanno un minimo comun denominatore, una verità che parte da molto lontano e che affonda le sue radici negli accordi di Yalta, in Crimea, del febbraio del 1945, quando Russia, USA e Inghilterra si divisero il mondo economico e il potere militare!
Serrato è stato l’impegno del senatore Federico Fornaro, nelle ricerche su Hyperion, la scuola di lingua o “camera di compensazione tra i servizi segreti più importanti della Guerra fredda”, secondo quanto ha riferito l’ex capo di Gladio Inzerilli ad Alberto Franceschini. Si devono a Carlo Mastelloni gli approfondimenti del passato che la Commissione sta ampliando: in Italia l’attività di Hyperion è riconducibile al gruppo del Super Clan (nati da una scissione dalle Br), da un personaggio ambiguo e doppiogiochista come Corrado Simioni. Il gruppo poteva contare sulla disponibilità di “centri studi” e appartamenti a Milano, Genova Nervi, Venezia.
Il 26/4/2025 i mass media, solo dopo 15 giorni, annunciano la morto Alberto Franceschini (78 anni), avvenuta l’11 aprile scorso. Franceschini era uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Nel 1969 fecero il primo convegno a Chiavari, all’Hotel Stella Maris di Chiavari di proprietà di un istituto religioso (erano già infiltrati ancora prima di iniziare la ‘lotta di classe’).

Le Brigate rosse sono nate, alla fine dell’estate 1970, dopo una sorta di convegno informale a Pecorile, sull’Appennino reggiano. Franceschini era stato condannato con sentenza definitiva, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi (foto sopra) che invece liberarono, divulgando i segreti di stato che scrisse Sossi sul suo memoriale: un insieme di testi scritti a mano, notizie che erano ancora sotto segreto militare, come il segreto di stato del doppio Sid, doppio servizio segreto. Franceschini fu poi arrestato pochi mesi dopo a Pinerolo, assieme a Curcio. E qui entra in ballo un altro nome importante della storia brigatista, Mario Moretti, accusato in sostanza dallo stesso Franceschini di non averli avvisati (pur essendone venuto al corrente per vie traverse) di una possibile imboscata dei carabinieri di Carlo Alberto Dalla Chiesa, che avevano usato l’esca di “frate Mitra”, alias Silvano Girotto, singolare figura di missionario cattolico e guerrigliero in Sudamerica infiltrato dell’arma nelle Br. Le Brigate Rosse volevano colpire Moro in quanto artefice principale della solidarietà nazionale e dell’avvicinamento tra DC e PCI, la cui espressione sarebbe stata il governo cattofascista di Andreotti IV.

Franceschini nel libro “Mara, Renato e io” conclude con una paginetta che riporta la dichiarazione sottoscritta da Franceschini il 21/2/1987 nel carcere romano di Rebibbia, con cui affermava la propria dissociazione dal terrorismo (ai sensi della Legge approvata poco tempo prima), chiedendone l’applicazione anche per sé.

Alberto Franceschini nasce a Reggio Emilia. Il luogo di nascita è importante perché lo lega a uno dei due filoni che diedero vita alle Br: da una parte il gruppo dei cattolici allevati dall’ ambiguo Corrado Simioni nella facoltà di Sociologia di Trento (come Renato Curcio e Mara Cagol), e dall’altra parte il gruppo dei reggiani cresciuti nel Pci del «triangolo rosso» col mito della «Resistenza tradita», addestrati al fuoco con le armi imboscate dai partigiani. Nel 1969 Franceschini si dimette dal direttivo della Federazione giovanile comunista. É l’inizio del percorso che lo porterà a Milano, nelle fabbriche dove si muove l’ala dura dell’autunno caldo e dove nascerà il terrorismo rosso. Franceschini fa parte degli irriducibili. Poi, qualcosa si rompe. Espia la pena. Torna libero, come tutti i suoi compagni di un tempo. Non si pente, non entra nel rango degli «infami». Ma forse ha osato aprire, un pezzo dopo l’altro, a una rilettura dell’esperienza brigatista che comprende l’esistenza di una ‘zona grigia’ occulta, formata da P2 – servizi segreti, con apparati ‘deviati’, che lo mette in rotta di collisione col resto della sua generazione brigatista, che oggi ha come obiettivo principale rivendicare la genuinità delle Br, nata nel solco del movimento operaio.

Renato Curcio (a sin nella foto) e Alberto Franceschini (a destra), scontate le rispettive pene, entrambi hanno iniziato una nuova vita, il primo come saggista e scrittore, il secondo come dirigente di una cooperativa sociale romana. Ma torniamo alla cosa più ambigua degli anni ’70: la falsa scuola parigina di lingue chiamata Hyperion. Un istituto ritenuto ancora oggi ambiguo, come il suo fondatore Corrado Simioni. Il primo a parlare dell’esistenza di una centrale eversiva a Parigi fu Giulio Andreotti nel 1974: «Sono tutt’ora convinto che una centrale fondamentale, che dirige l’attività dei sequestri politici per finanziare i piani d’eversione e che coordina lo sviluppo terroristico su scala anche europea, si trova a Parigi». Nel 1980 Bettino Craxi dichiarò ai mass media:«Quando si parla del Grande Vecchio bisognerebbe riandare indietro con la memoria, pensare a quei personaggi che avevano cominciato a far politica con noi e che magari oggi saranno a Parigi a lavorare per il partito armato». Da più parti si ipotizza un centro occulto che da Parigi manovra i terrorismi nazionali, non solo europei. In Italia molti vedono nelle parole di Craxi l’identikit di un certo Corrado Simioni, un ambiguo personaggio definito dalla Commissione Stragi come “figura enigmatica”, che dalla fine degli anni ‘50, e sino al 1965, milita nella corrente autonomista del PSI proprio in stretto contatto con Bettino Craxi. Simioni, assieme ad altri due italiani (sempre piccola e media borghesia) Duccio Berio e Vanni Mulinaris sono i referenti di una scuola di lingue ubicata guarda caso a Parigi, in Quai de la Tournelle al civico 27. Sino al 1973 Simioni ha a disposizione cascine e villette (a Barzio e Bellano, sopra Lecco; nei pressi di Erba, a Tortona, a Mestre) dove riunirsi coi militanti del Superclan; un appartamento a Milano, in via Boscovich 55, dove incontrare persone senza che gli altri del gruppo ne fossero venuti a conoscenza; ha un sito dove far addestrare i suoi militanti e svolgere dibattiti politici, la cascina Baghina, nel Comune di Grognardo presso Acqui Terme, acquistata coi proventi di una rapina compiuta dai militanti a un portavalori della Savoia Assicurazioni. Nel 1974 il Superclan si sfalda.

Moretti (a destra nella foto) e Gallinari (a sinistra), migrano nelle Brigate Rosse. Simioni, assieme a Berio e Mulinaris, si trasferisce a Parigi. La partenza del trio per la Francia quasi coincide con un evento che segnerà la storia delle Brigate Rosse: l’8 settembre 1974, Renato Curcio e Alberto Franceschini, capi storici delle BR, sono arrestati a Pinerolo. Alcune ambiguità e strane coincidenze compiute da Simioni prima di trasferirsi a Parigi, portano molti “compagni” a diffidare subito di lui. Simioni, dopo essere stato espulso dal Partito Socialista nel 1965 per una non meglio precisata accusa di “condotta immorale”, ed essersi trasferito a Monaco di Baviera e frequentato un corso di teologia, ritorna nel 1967 in Italia, a Milano. Qui lavora per la Mondadori, ma anche per l’USIS (United States Information Service), un servizio segreto degli USA, in pratica una delle tante succursali della CIA. Coincidenza delle coincidenze: una delle sedi romane dell’USIS si trova al numero 32 di via Caetani, quasi di fronte al punto in cui sarà parcheggiata la Renault rossa col corpo di Moro. Un’altra stranezza è un attentato organizzato probabilmente da Corrado Simioni ad Atene, nel settembre 1970. In questa occasione Simioni si rivolge inizialmente a Mara Cagol, alla quale esige di non parlare del progetto con nessuno, neanche con Curcio, il suo compagno. Al rifiuto della Cagol, Simioni riesce a trovare altri due volontari: Maria Elena Angeloni (zia di Carlo Giuliani) e Giorgio Christou Tsikouris (di origini cipriote). L’attentato fallisce poiché l’ordigno esplode anzitempo nella Volkswagen mentre si dirige verso l’ambasciata statunitense di Atene. I due attentatori muoiono. L’esplosivo e il timer dell’attentato di Atene sono identici a quelli che nel 1972 uccideranno Giangiacomo Feltrinelli, mentre si accingerà a collocare un ordigno a un traliccio dell’Enel nelle campagne di Segrate (Milano). Sempre nel 1970, Simioni porta alcuni compagni a una riunione in Liguria, ospiti da una certa Savina Longhi. La particolarità non è la riunione tenuta in Liguria, ma la persona che ospita il gruppo: Savina Longhi è l’ex segretaria di Manlio Brosio (foto sotto), ambasciatore italiano e dal 1964 al 1971 segretario generale della NATO.

Simioni presenta al gruppo la Longhi come sua segretaria. Inoltre, l’amicizia con un personaggio enigmatico, tale Roberto Dotti, allontana quasi subito Franceschini e Cagol dal Superclan. Roberto Dotti è intimo amico e sodale di Edgardo Sogno (partigiano bianco), l’uomo che organizza il progetto di un colpo di stato di stampo liberale e presidenzialista in Italia che sarebbe dovuto avvenire nei primi anni ‘70. Nelle memorie di  Alberto Franceschini c’è una confidenza ricevuta da Mara Cagol. All’epoca della militanza nelle “zie rosse”, Cagol era l’incaricata della raccolta delle schede che i militanti del CPM dovevano compilare per ordine di Simioni. Cagol riferisce a Franceschini che un giorno Simioni la portò presso la terrazza Martini di Milano, presentandogli proprio Dotti. Simioni informò Cagol che proprio a lui avrebbe dovuto consegnare le schede biografiche dei compagni del collettivo. Ma perché consegnare le schede biografiche dei militanti proprio a Dotti, che tra l’altro non apparteneva neppure al CPM?
Duccio Berio era il braccio destro di Simioni. Figlio di un medico milanese, è legato sentimentalmente a Silvia Malagugini, figlia di Alberto, importante dirigente nazionale del Pci che dirigeva la delicatissima sezione “problemi dello Stato” del partito. Dal 1972 è probabilmente un agente o un informatore del Servizio Informazioni Difesa (il servizio segreto italiano dal 1966). Suo padre è probabilmente un collaboratore dei servizi segreti israeliani. Quest’ultima ipotesi è stata smentita dal figlio Duccio dinanzi alla Commissione parlamentare che indaga sul sequestro Moro, dove ha tuttavia riferito che suo padre era stato piuttosto un massone 33° grado. Il 21/10/1976 il trio Simioni-Berio-Mulinaris fonda in rue Lucienne 10 una scuola di lingue che si chiama Agorà. Ufficialmente, la fondatrice e presidente è Giulia Archer, convivente di Corrado Simioni. In realtà i veri promotori sono, oltre Simioni, Mulinaris e Berio, anche Innocente Salvoni e sua moglie Francoise Marie Tuscher, quest’ultima nipote del famoso Abbé Pierre. Meno di due mesi dopo, il 15 dicembre, Giulia Archer si dimette da presidente e al suo posto subentra la Tuscher. Il 24/8/1977 l’associazione cambia nome in Hyperion.

Di sicuro Hyperion ha un potente “protettore”, il famoso Abbé Pierre, ossia Henri Antoine Grouès, presbitero cattolico francese, partigiano, politico e fondatore dei Compagnons d’Emmaüs (organizzazione assistenziale dei poveri e dei rifugiati). Hyperion ha tre sedi: a Parigi (foto sotto), Londra e Bruxelles. Ognuna di queste poteva essere sia un buon osservatorio politico sia un occulto collegamento con qualche servizio segreto. Quello che più attira l’attenzione degli inquirenti italiani, è invece una villa a Rouen, nel Nord della Francia. Si scopre che la struttura è protetta da un triplice anello di sensori, che di fatto rende difficile qualsiasi avvicinamento in incognito e qualunque intercettazione ambientale. Ora, a parte il fatto che un simile dispositivo di sicurezza poteva essere nella disponibilità di poche potenze straniere, perché dare una iperprotezione a una villa che ufficialmente serviva solo come luogo di riposo? Quello che più spaventa sono le troppe coincidenze che legano l’Hyperion al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro.
Oltre la sede di Milano, Hyperion apre due succursali a Roma: una in viale Angelico e l’altra in via Nicotera. La sede di via Nicotera, che ha come referente Carlo Fortunato, in contatto con la CIA, si trova nello stesso edificio dove sono domiciliate alcune società di copertura del Sismi. Nell’ufficio di viale Angelico collabora Luigi Perini, militante del PCI, che afferma la presenza di Berio e Simioni durante i giorni del rapimento Moro nella sede romana (presenza ovviamente smentita dai due). Ma quando Perini lascia l’Hyperion romana, prende in affitto un locale in via Pio Foà per condurre un’attività in proprio. La stranezza è che in questo locale era stata allestita la tipografia delle Brigate rosse che stampò i comunicati del sequestro Moro. Quando il 4/4/1981 viene arrestato il leader brigatista Moretti, il suo posto è preso da Giovanni Senzani, un’altra figura ambigua nel panorama eversivo italiano di quegli anni. Senzani è strettamente in contatto con Luciano Bellucci, agente del Sismi, e con Francesco Pazienza, anche lui agente del Sismi (Pazienza è il mediatore con le BR nel sequestro dell’assessore campano Ciro Cirillo). La storia di Hyperion è dunque disseminata da personaggi ambigui, misteriosi, enigmatici, e strane coincidenze che riportano al Piano militare della “Strategia della tensione” realizzata in Italia negli anni ‘60/’70.

L’Italia ha il più forte Partito Comunista dell’Occidente. Uno “spregiudicato” gruppo di politici guidati da Aldo Moro, attraverso un compromesso, vuole portare il PCI al governo (questo per gli USA atlantici anticomunisti e per l’URSS è inconcepibile: gli statunitensi non possono permettere ai comunisti di occupare posti al governo, neppure con sottosegretari; i sovietici non possono tollerare che un “suo” partito si socialdemocratizzi, minando la base del comunismo internazionale. Anche Israele è preoccupata, poiché l’ingresso dei comunisti in un governo italiano avrebbe significato un avvicinamento dell’Italia alla causa palestinese. Per riportare l’Italia sulla rotta di Yalta (Conferenza del febbraio 1945 che coinvolse i leader di Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito per discutere il futuro postbellico dell’Europa), ma anche per mantenere gli altri stati europei sulla stessa strada, si utilizzano eserciti segreti (Gladio), infiltrati, minacce ai politici (lo stesso Moro fu più volte “avvertito” che il suo compromesso storico non piaceva alla Nato anticomunista. In questo senso un manuale, il Field manual 30-31 (dove 30 indica che l’area d’interesse sono i servizi segreti militari, mentre 31 le operazioni speciali), può illuminare la nostra ipotesi (si ricorda che copia di questo manuale fu ritrovata nella villa di Arezzo del Gran Massone P2 Licio Gelli nel 1981). Infatti, tra le altre cose, il manuale prevede “delle infiltrazioni nei gruppi dell’estrema sinistra sino a prenderne la leadership”.

Dunque: “eliminato” l’irriducibile Giangiacomo Feltrinelli (foto sopra), che aveva contatti col terrorismo internazionale, Hyperion acquisisce questi rapporti; “rimossi” Curcio e Franceschi, al loro posto subentrano Mario Moretti e, dopo il suo arresto, Giovanni Senzani. Il doppio cambio di leadership contribuisce a un cambio di regia sia a livello internazionale sia nazionale, diventando un’operazione utile solo per strumentalizzare le organizzazioni eversive.
Ma torniamo ad analizzare Corrado Simioni, personaggio che definire ambiguo è dire poco. Più anziano degli altri, allora aveva 36 anni, è indubbiamente uomo di cultura, per accrescere l’aura di grande intellettuale racconta di aver letto il Capitale in tedesco. Viene dal Psi, da cui è stato espulso per indegnità morale nel ‘65. Cosa abbia fatto non si sa, lui accenna a una questione di donne con Craxi. Dopo di che si trasferisce a Monaco, per studiare latino e teologia e, secondo alcune voci, collabora con Radio Free Europe, organo di propaganda degli Usa. Arriva il ‘68 e si getta a capofitto nel movimento. Propone ai vari leader di metter su un giornale, ai soldi penserà lui, ma non dice come. Poi fonda il Cpm con Curcio. Curcio è un leader, in assemblea è capace di infiammare le folle. Lui invece è di poche parole, lavora nell’ombra, è sfuggente e pare avere una seconda vita misteriosa.  Simioni si assume il compito di organizzare il livello clandestino del Cpm. Comincia con un servizio d’ordine, che lui personalmente dirige, dedito ad azioni di pura provocazione. La sua specialità è quella di tessere rapporti strettamente personali e di manovrare le persone. Così mette in piedi una rete di fedelissimi che rispondono solo a lui. Tutti rampolli della buona borghesia. Con alcune presenze un po’ sospette. Come Duccio Berio, figlio di un grande massone e collaboratore del Mossad, che nel ‘72, mentre fa il militare, entra in contatto col Sid (servizio segreto). O Sabina Longhi, che aveva lavorato con Manlio Brosio, segretario della Nato, che Simioni presenta come sua segretaria, ma per quale attività non si sa. Si vanta anche di averla infiltrata lui negli uffici atlantici come spia. Tra Simioni e Franceschini c’è subito antipatia. Simioni era il capo e aveva organizzato gerarchicamente le Br dando gli ordini in latino. Una volta Simioni si presenta ad un incontro a bordo di una Maserati. Franceschini, che veniva da una famiglia operaia e dalle sezioni del Pci reggiano sarà rimasto irritato e deluso. Un’altra volta chiede ad ogni compagno di compilare un questionario, con strane domande, anche sulle abitudini sessuali. Ma quella che appare una cosa strana diviene inquietante, quando si scopre che le schede vengono consegnate a Roberto Dotti. In pratica Simioni passa i nomi delle nascenti Br a Edgardo Sogno (foto sotto).

Insomma, la sua è la tipica attività del perfetto infiltrato, in linea con le indicazioni contenute nel piano militare Cahos della Cia, che prevedeva di spingere i gruppi dell’estrema sinistra a compiere azioni violente ed alimentare così il disordine. Come spiega bene una velina del Viminale del febbraio 71: “almeno all’origine si deve rilevare la spinta di qualche servizio segreto americano che ha finanziato elementi estremisti in campo studentesco”. Nell’agosto 1970 si tiene una specie di congresso vicino a Pecorile sull’Appennino reggiano, nella sala da ballo del ristorante Gianni. Lì la rottura tra Simioni da un lato e Franceschini e Curcio dall’altro, viene alla luce. Ora la questione è di linea politica. Curcio e Franceschini mettono fuori Simioni diventato troppo ambigo.
Con Simioni se ne vanno i suoi fedelissimi: Berio, Mulinaris, Troiano, Salvioni, Tushcer, ma anche il contadino Prospero Gallinari, che corrono a Milano per fare la rivoluzione borghese con l’appoggio dei servizi segreti della Nato anticomunista.
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Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro
https://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/68/audiz2/audizione/2016/10/27/indice_stenografico.0108.html

Le ore prima del rapimento di Aldo Moro raccontate da Andrea Purgatorihttps://www.youtube.com/watch?v=xjh5hWBKssk&t=228s
Il sol dell’avvenirehttps://www.youtube.com/watch?v=oweEpQKB6eg

Piazza delle 5 lunehttps://www.youtube.com/watch?v=e2pJy9hWU4c
Les anarchisteshttps://www.youtube.com/watch?v=FIhjGyA3688
Inno dell’Internazionalehttps://www.youtube.com/watch?v=WedIF1nEAvI
Montelupo – Io ero Sandokanhttps://www.youtube.com/watch?v=JxhMNg-pH1E
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Né col potere della Nato, né col potere della Russia!!
Anarchia l’unica coerente, l’unica via!!

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La religione, il dominio della mente umana;

proprietà, il dominio dei bisogni umani;

e governo, il dominio della condotta umana,

rappresentano le roccaforti della schiavitù umana

e tutti gli orrori che questa comporta.

Emma Goldman

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Solidarietà alle compagne e ai compagni Anarchici rinchiusi ingiustamente

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

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