Il business delle guerre (saccheggi, genocidi, stragi) per imporci uno stato di polizia sovranazionale – dittatura militare
Terrorismo psicologico: discriminazione, repressione, controllo, militari in assetto di guerra nelle strade…
18 novembre 2015
La spesa militare nel 2014, secondo i calcoli del Sipri di Stoccolma, è stimata in 1.776 miliardi di dollari, poco meno dell’intero Prodotto interno lordo italiano e il 2,3% del Pil globale. Il volume del mercato internazionale degli armamenti è in crescita: nel periodo 2010-2014 ha superato del 16% i livelli registrati nel 2005-2009.
Gli stanziamenti degli stati per armarsi contro la minaccia terroristica cresceranno, questa è una delle poche certezze di questi giorni dopo le stragi in Francia: Francois Hollande ha già ottenuto da Bruxelles di fare più deficit del previsto, anche la Stabilità italiana si prepara a trovare 120 milioni di nuove risorse. Coi lampeggianti delle sirene parigine ancora accese, già si sapeva che gli Usa avevano venduto migliaia di bombe intelligenti all’Arabia Saudita, per 1,29 miliardi di dollari di valore. Per chi avesse dubbi, basta guardare all’andamento di Borsa, dove fiutare l’affare è la regola: aziende come la leader delle armi Lockheed Martin, ma anche altri colossi come Bae System, la Airbus e la Boeing (che non producono solo aerei passeggeri) e la nostra Finmeccanica hanno registrato un balzo in avanti sui mercati. L’indice Bloomberg del settore aero-spaziale e della difesa, dagli attentati di Parigi ha guadagnato il 4,5%, Finmeccanica più dell’8%.
Il primo cliente delle armi italiane sono gli Emirati Arabi Uniti (Eau), con il 9% del totale delle spedizioni, a pari merito con l’India e un piccolo passo avanti rispetto alla Turchia. Proprio gli Emirati sono stati uno dei maggiori acquirenti di armi (nel 2010-2014) di tutto il globo: sono nella top five (con il 4% dell’import mondiale di armamenti) e sono gli unici, insieme a Cina e India, ad essersi confermati tra i primi 5 acquirenti di apparati di Difesa rispetto al quinquennio precedente.
Dunque la lotta al terrorismo è un grosso affare… E’ scritto anche nella relazione al bilancio 2014 di Finmeccanica, portabandiera italiana della Difesa. Già in chiusura dello scorso esercizio, ad assalto a Charlie Hebdo concluso, si registrava che “la spesa per nuovi investimenti tenderà nei prossimi anni a crescere con un ritmo intorno al 2% annuo, grazie al lancio di programmi per lo sviluppo di nuovi sistemi di armamento e allo stanziamento di fondi per operazioni contro il terrorismo organizzato internazionale (circa 40 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017)”. Un processo che i recenti fatti ha senza dubbio accelerato, ma che (per quanto concerne la presenza nella aree calde del Medio Oriente e del Golfo), si innesta su una situazione che già era redditizia. La stessa relazione annotava: “I budget di spesa della Difesa sono previsti sostanzialmente stabili (intorno a 1.300 miliardi di dollari per anno), con una progressiva crescita di importanza delle aree di nuova industrializzazione (Asia-Pacifico, Medio Oriente, Paesi del Golfo)”. L’azienda della Difesa è presente con 12 siti tra Arabia, Emirati arabi uniti e aree circostanti.
Le spese antiterrorismo “sono straordinarie” e in quanto tali devono trovare un trattamento “straordinario” da parte dell’Ue nell’ambito del “patto di Stabilità”. Lo ha affermato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker durante un incontro coi cittadini a Bruxelles. “Considero che i mezzi supplementari non debbano avere lo stesso trattamento, nel “patto di Stabilità”, che ci sta per le spese ordinarie. A spese straordinarie risposta straordinaria”.
Il cattosinistroide Renzi, è d’accordo con la posizione di Juncker. Il premier potrà autorizzare operazioni di intelligence che coinvolgano le forze speciali militari in casi estremi di grave pericolo per la sicurezza nazionale, e i militari godranno delle garanzie funzionali attribuite agli 007……
Missioni all’estero: ok dell’Aula della Camera all’articolo 2 del decreto missioni internazionali, che autorizza la spesa nell’ultimo trimestre dell’anno per le operazioni che si svolgono in Asia. In particolare, per la partecipazione di personale militare alle attività della “coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh” vengono stanziati 64.987.552 euro per 750 uomini (fino al 30 settembre erano 525 i militari). La nuova missione Nato in Afghanistan denominata Resolute Support Mission che dal primo gennaio 2015 è subentrata alla missione Isaf viene rifinanziata con 58.617.770 euro e 834 uomini, quasi duecento in più rispetto ai 630 dei primi 9 mesi dell’anno.
Il ministro Alfano, all’indomani della strage parigina, eleva al “secondo livello” l’allerta antiterrorismo: reparti speciali delle forze del disordine e delle polizie si aggirano in assetto di guerra…
Ricordiamoci che Finmeccanica è di proprietà del governo per il 35% e dei privati per il 65%.
Possiede:
– il 100% dell’Alenia Aerospazio SpA: aerei militari
– il 100% dell’Alenia Difesa che a sua volta possiede il 100% della Divisione Otobreda (sistemi di armi), il 50% dell’Alenia Marconi (italo-britannica: armi teleguidate, sistemi elettronici di difesa) e il 47% della Elettronica SpA (italo-francese: sistemi elettronici di difesa)
– il 100% dell’Ansaldo
– il 100% dell’Elsag: radar
– il 50% dell’Agusta Westland (italo-britannica): elicotteri – il 50% dell’European Aircraft JV (italo-franco-inglese)
– il 25% della New Matra Bae Dynamics (britannico-francese): missili teleguidati.
Secondo il centro di ricerca Sipri di Stoccolma, l’Italia è stata la principale esportatrice europea di armi in Siria dell’ultimo decennio, per 131 milioni di euro. Abbiamo rifornito sia Assad, sia le forze di opposizione.
Dal 2005 al 2012 l’Italia ha autorizzato commesse per 375,5 milioni di euro in Libia, finite ora in mano a tutte le fazioni in guerra tra di loro; leader degli affari è Finmeccanica, di cui il Ministero dell’Economia è il principale azionista.
Del resto, dalle Relazioni inviate dal Governo alle Camere, si ricava che nel quinquennio 2010-2014 la meta principale delle nostre armi è stato il Medio Oriente in fiamme. Cinque miliardi di euro, rispetto ai poco meno di quattro del 2005-09. Un’aggravante degli ultimi anni è la diminuzione della trasparenza attorno a queste esportazioni, ma tra i maggiori acquirenti c’è sicuramente l’Arabia Saudita, a cui abbiamo venduto caccia Eurofighter, missili Iris-Ti e un ampio arsenale di bombe. Ovvero quelle che gli sceicchi, con l’appoggio dei paesi sunniti della regione, lanciano da 5 mesi sullo Yemen per contrastare l’avanzata del movimento sciita Houthi, senza alcun mandato internazionale. 4mila morti, 20mila feriti, un milione di sfollati. Eppure, hanno recentemente denunciato Opal, Amnesty International e Rete italiana per il disarmo, “l’industria della morte” italiana continua a vendere bombe all’Arabia.
Finché c’è guerra c’è speranza
http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-2bc4fc97-885f-4db5-af72-bd7a3fe88f03.html#sthash.RVjBz4nn.dpuf
Rsp (individualità Anarchiche)