Mattarella, i golpe e la “forza della verità”…
Un mese fa, l’8/5/2017 quell’ipocrita del presidente Sergio Mattarella è andato al Parco della Memoria in Argentina al monumento che ricorda le migliaia di vittime assassinate dalle giunte militari argentine e ha risposto a un gruppo di madri di Plaza de Mayo: “Dovete avere fiducia perché la forza della verità non si ferma“. Le madri di Plaza de Mayo lo facevano partecipe delle loro preoccupazioni su un rallentamento nella ricerca della verità storica. In una sentenza subito definita “del 2×1”, la Corte Suprema ha stabilito che i militari accusati di delitti contro i diritti umani, e che sono in carcere, possono contare i giorni di prigionia. Per le ‘madres’ e ‘nonne’ della Plaza de Mayo la sentenza è molto grave, in quanto potrebbe di fatto spianare la strada all’immunità di decine e decine di militari colpevoli di atroci violenze, torture e massacri.
Ma chi è Sergio Mattarella?
Fece la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana cattosinistroide e nel luglio del 1989, con la formazione del governo Andreotti VI, fu nominato Ministro della pubblica istruzione…..
Ma ricordiamoci che cosa è stato il golpe del 1976 in Argentina:
Dal 1976 al 1983 la giunta militare guidata da Jorge Videla teneva l’Argentina nel pugno di ferro della repressione (stato di polizia – dittatura militare): libertà civili sospese, arresti, torture e omicidi di ogni persona sospettata di essere in qualche modo contro il regime. Almeno 30mila persone scompaiono nel nulla, per la maggior parte ragazzi legati ad associazioni studentesche, sindacati, partiti non allineati. Vengono rapiti, messi in centri di detenzione, torturati e nella maggior parte dei casi uccisi. Sono i desaparecidos. Quando le madri di questi ragazzi si recarono alla polizia o addirittura al ministero degli Interni per chiedere informazioni, il nome dei figli non compare da nessuna parte, nessun registro, sono scomparsi nel nulla. Ma le madri sapevano già allora che dietro alle scomparse dei loro figli, c’era il regime militare cattofascista. Molte forze sociali e politiche argentine consideravano con favore l’assunzione del potere dei militari, forti appoggi alle forze armate giunsero dalla borghesia industriale e finanziaria, dalle alte gerarchie della chiesa cattolica ma anche da alcuni politici ed esponenti sindacali….
Il colpo di stato delle forze armate avvenne nella notte del 24/3/’76 e non incontrò alcuna opposizione. Quel giorno venne diramato un comunicato in cui una giunta militare formata dai tre capi di stato maggiore, generale Jorge Rafael Videla, per l’esercito, ammiraglio Emilio Eduardo Massera per la marina, e Orlando Ramón Agosti per la forza aerea, dichiarava di aver assunto il potere. Accanto alla giunta furono costituiti un governo, il cosiddetto PEN e una commissione di consulenza legislativa (CAL, Comision de Asesoramiento Legislativo). Il 29/3/’76 il generale Videla divenne il presidente del PEN e quindi divenne la massima autorità del nuovo regime autoritario argentino. Le forze armate assunsero un ruolo dominante all’interno delle nuove strutture del regime; la CAL fu formata da 9 militari scelti in parti uguali dalle tre armi; tutti i ministri del PEN furono membri delle forze armate.
Caratteristiche fondamentali del sistema di potere del regime militare furono l’estesa militarizzazione delle cariche pubbliche e soprattutto la rivalità tra le tre forze armate e tra i più ambiziosi e influenti alti ufficiali. La nomina di militari ai vertici delle istituzioni pubbliche riguardò oltre ai ministeri e alla Corte suprema, anche le telecomunicazioni, sindacati, mutue, organizzazioni industriali, imprese statali, organismi ad hoc come l’ente preposto all’organizzazione dei Mondiali di calcio previsti nel 1978, tutte le province; le cariche vennero spartite equamente tra le tre forze armate. Il Partito Comunista, allineato a Mosca, appoggiò il governo militare argentino. L’atteggiamento omertoso della giunta militare argentina non impedì tuttavia il progressivo trapelare delle notizie in merito alla repressione delle proteste e della inspiegabile scomparsa di ulteriori oppositori o dissidenti, così come furono progressivamente identificate le responsabilità non soltanto “passive”, ossia il non opporsi politicamente al regime, ma anche “attive” di paesi stranieri, quali principalmente gli Stati Uniti e la Francia, con la materiale partecipazione, attraverso l’attività di intelligence, di istruzione e di finanziamento del golpe. Tale attività fu condotta dai servizi segreti della Nato, in quella che, in merito all’area centro e sud americana, fu denominata Operazione Condor.
Ricapitolando: In l’Argentina (come in tutta l’America latina) ci fu una dittatura brutale, sotto Videla, i dissidenti vennero torturati e uccisi; spesso fatti precipitare ancora vivi da aerei. Legati, lanciati in acqua, affinché morissero affogati senza possibilità di salvezza. Fu uno sterminio. Che però contò su complicità non solo negli Usa, che vedevano nel golpe la realizzazione dei propri desideri e piani, non solo nella Chiesa cattolica che riconosceva nel generale (cattolico praticante, tra l’altro) la soluzione al dilagare del comunismo, ma anche nell’Italia, che tacque totalmente o quasi quanto avveniva oltreoceano. I media stessi, relegarono il golpe argentino a una notizia di poco conto, come se non vi vivessero migliaia di italiani migrati, come se quello stesso stravolgimento non potesse avere conseguenze mondiali.
Non sorprende però, che nel colpo di stato ci abbiano sguazzato anche persone con interessi economici, come grandi aziende e società italiane che avevano investito e speculato in Argentina (Fiat, Pirelli, Eni, Magneti Marelli, Techint, Banco di Napoli, Bnl, il Banco ambrosiano di Calvi, il Corriere della sera …), come la loggia massonica militare denominata P2 che con Buenos Aires, aveva sempre mantenuto strettissimi rapporti. Nel ’72, infatti, il Gran Maestro Licio Gelli era riuscito, tramite Giancarlo Elia Valori (manager del magna magna e dirigente di aziende italiane), a incontrare il presidente Juan Domingo Peron che nel ’73 aderì alla P2. Nel ‘74, di contro, il Venerabile piduista venne nominato dipendente dell’Ambasciata Argentina a Roma senza nemmeno godere della cittadinanza sudamericana, che gli fu assegnata poi nello stesso anno. Inoltre, come rivelano i parlamentari argentini, a Gelli furono messi a disposizione 4 passaporti diplomatici, di cui uno rilasciato direttamente dall’Esma di Massera, anch’egli iscritto alla loggia massonica e solito giocare a tennis con il nunzio apostolico Pio Laghi (cardinale e arcivescovo cattolico italiano e diplomatico della Santa Sede, in Argentina tra il 1974 e il 1980. Durante gli anni della dittatura Pio Laghi ricopri il ruolo di nunzio apostolico, rappresentante della religione e cultura cattolica. Ma non solo: tra coloro che, in quegli anni, si iscrissero alla P2, vi furono anche Celestino Rodrigo, Lopez Rega e Raul Lastiri; quest’ultimo, nello specifico, divenne capo di governo ad interim al posto di Héctor José Cámpora, prima dell’insediamento di Juan Peron, tra il luglio e l’ottobre del ’73. Egli sposò in terze nozze Isabel, la quale, dopo la sua morte, gli succedette al potere. “Isabelita” si trovò improvvisamente a fare i conti con una situazione ingovernabile. Subì così non poco l’influenza del suo segretario personale Rega, il quale, tra l’altro, utilizzò fondi pubblici per il finanziamento di un gruppo armato, conosciuto col nome di Alianza Anticomunista Argentina, la famigerata e temuta tripla A. Tale formazione paramilitare, sotto la sua direzione, avviò azioni di vessazioni delle personalità della sinistra argentina, che si tradussero in attentati, sequestri di persona, torture e assassini. Intanto, l’atteggiamento del governo divenne sempre più repressivo, mentre l’economia precipitò. Nel ’76, vi fu una riunione tra la presidente e i rappresentanti delle tre armate: Videla, Massera e Agosti. Ad essa partecipò persino Gelli. In tale occasione, si invitava la Peron a dimettersi, al suo rifiuto, si procedette col golpe, del quale il Gran Maestro si complimentò successivamente in uno scambio epistolare con il militare Suarez Mason per essere stato condotto “secondo i piani stabiliti”. “Sicuramente non si può pensare che Licio Gelli coordinasse tutto da solo”, ha però spiegato il sociologo dell’Univeristà di Roma Claudio Tognonato, fuggito dall’Argentina durante la dittatura e intervistato da Francesca Mondin. “La loggia P2 è vincolata innanzitutto al potere mafioso ed ha tutta una rete trasversale di connivenze legate anche ai servizi segreti atlantici e non solo (Russia?). “Ci sono diversi personaggi di primo ordine della P2”, ha aggiunto, “ad esempio Umberto Ortolani” (vero fondatore della loggia) “che prima di acquistare potere in Italia si fanno forti in America Latina. Il caso Ortolani è esemplare perché a fine anni ’60 crea un giornale in Brasile, uno in Uruguay e un altro in Argentina. A partire da questa posizione, diventa in Italia il capo della stampa estera e quindi acquista un potere di rilievo anche in Italia.”
I politici argentini che oggi richiedono verità, comunque, si sono spinti anche oltre e hanno riconosciuto, nei rapporti tra Argentina e Italia di quegli anni, interessi che si concretizzarono in tre macro aree: traffico di droga/armi, energia e banche. Tanto più che, rivelano i parlamentari, nel 1980, le vendite complessive di armi tra Italia e Argentina superarono di sei volte quelle del 1969, mentre le operazioni commerciali furono gestite da banche controllate dalla P2 italiana.
Ma ricordiamoci che anche in Italia abbiamo dovuto subire diversi colpi di stato, che rientravano nella logica militare anticomunista atlantica (strategia della tensione): piano militare che prevedeva colpi di stato, infiltrazioni nei movimenti extraparlamentari di destra e di sinistra, stragi di stato come quella di piazza fontana, avvenuta il 12/12/1969 e che portò alla uccisione del compagno anarchico Giuseppe Pinelli, torturato e ucciso all’interno della questura di Milano, per incolparlo (capro espiatorio) della strage, fatta invece dal governo democristiano cattoliberalfascista, per reprimere gli anarchici e i movimenti di sinistra. Il 22/7/1970 ci fu la strage di stato di Gioia Tauro. Il 31/5/’72 ci fu la strage di stato di PETEANO. Il 28/5/’74 ci fu a Brescia la strage di stato avvenuta in Piazza della Loggia. Il 4 Agosto 1974 ci fu la strage di stato avvenuta sul treno Italicus in provincia di Bologna. Il 2 Agosto 1980 c’è stata la strage di stato alla stazione di Bologna. Il 23 Dicembre 1984 c’è stata la strage di stato, sul treno rapido n. 904 …
Ma ritorniamo ai colpi di stato tentati dai cattofascisti liberali chiamati anche golpisti bianchi (partigiani bianchi), per destabilizzare il Governo quando ‘andava a sinistra’ …
25 marzo 1964, Il Piano Solo, fu un colpo di stato ideato dal capo dell’arma dei carabinieri, il generale Giovanni De Lorenzo, durante la crisi del primo governo Moro…
7 e l’8 dicembre 1970, Il golpe Borghese fu un colpo di Stato (chiamato Tora Tora) organizzato dal principe nero Junio Valerio Borghese e dal suo galoppino Stefano Delle Chiaie con altri membri e simpatizzanti della destra eversiva italiana, oltre ad alti membri delle forze armate e dei servizi segreti, sotto la sigla del Fronte Nazionale, in stretto rapporto con Avanguardia Nazionale. Borghese era stato il comandante della Xª Flottiglia MAS fin dal 1º maggio 1943 e dopo l’8 settembre 1943 col suo reparto aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana.
Nel 1973 ci fu il colpo di stato organizzato dalla Rosa dei Venti, un’organizzazione segreta italiana di stampo neofascista, collegata con ambienti militari…
Il magistrato Tamburino ordinò, il 31/10/1974, gli arresti di numerosi personaggi, tra politici, imprenditori e ufficiali, quali finanziatori del gruppo terroristico occulto denominato “Rosa dei Venti”, fino all’arresto per falso ideologico del generale Vito Miceli, capo del Servizio Informazioni Difesa (ex SIFAR). L’inchiesta del magistrato Tamburino portò alla ribalta altri tre nomi di un certo spessore militare: generale Francesco Nardella, (comandante dell’Ufficio guerra psicologica di FTASE Verona), il suo successore tenente colonnello Angelo Dominioni e il tenente colonnello Amos Spiazzi,(vicecomandante del secondo gruppo artiglieria da campagna e comandante del relativo «Ufficio I») .
Anche l’ambiguo liberale Roberto Cavallaro viene arrestato per aver partecipato al colpo di stato della “Rosa dei Venti” e iniziò a collaborare poi con i giudici di Padova. Cavallaro dopo aver vissuto l’esperienza del ‘68 francese insieme a Toni Negri, (Negri da giovane faceva parte dei GIAC – Gioventù Italiana Azione Cattolica e nel 1969 è tra i fondatori di Potere Operaio), per un certo periodo era stato anche attivista sindacale, prima nella CISL e poi nella CISNAL. Nel 1972, collaborò per un breve periodo con l’MSI, poi passò a posizioni più radicali, fondando (con altri) un’organizzazione di picchiatori (Azione cattolica) della “Milano bene”, che aveva un certo seguito soprattutto all’università Cattolica, il Gruppo Alfa. Cavallaro dichiarò di far parte dell’ organizzazione paramilitare “Rosa dei venti” che si serviva di tanti altri gruppi eversivi di ogni colore e li utilizzava prima di tutto come leve di provocazione (il loro motto: il disordine crea la necessità di riportare ordine). L'”organizzazione” chiamata anche Supersid” o “Sid parallelo” sarebbe nata dopo il colpo di stato del Piano Solo ed avrebbe avuto una sorta di battesimo del fuoco nella controguerriglia in Alto Adige….
Tra la documentazione sequestrata dal Pm Luciano Violante a casa di Cavallo, nel 1974, fu ritrovata una fotocopia di una lettera sequestrata dalle Brigate Rosse durante un’irruzione nel centro Don Sturzo di Torino, destò più di una perplessità, considerato che Cavallo a Milano aveva la sua centrale operativa a via Gallarate 131, nello stesso stabile in cui vivevano i suoceri del brigatista Mario Moretti.
Mario Moretti, all’inizio degli anni ’70, era andato a vivere con la moglie Amelia, da cui in seguito divorzierà, in via delle Ande 15, ed anche in questo caso, curiosamente, si trovò a vivere a pochi metri di distanza dal capo della Digos di Milano, il dott. Antonino Allegra, che abitava al n. 16 della stessa strada, mentre al n. 5 abitava Roberto Dotti. La circostanza era molto più che casuale, perché Dotti è stato uno dei più importanti collaboratori di Edgardo Sogno, ed era stato in contatto con le BR….
Infatti su richiesta dell’ambiguo Simioni, Mara Cagol nella primavera del 1970 andò alla Terrazza Martini di Milano e consegnò le schede dei questionari che il collettivo aveva effettuato tra i giovani militanti che si erano avvicinati all’organizzazione brigatista (alcuni dei quali entrarono poi in clandestinità), nelle mani di Roberto Dotti, il direttore della Terrazza Martini, il bar all’ultimo piano del grattacielo di piazza Diaz dove si ritrovava la Milano bene, la Milano del malaffare, l’élite militare, quella politica e imprenditoriale della Milano da bere (massomafia – il magna magna). Dotti veniva da Torino, dove era impiegato della Martini & Rossi che lo mandò, appunto, a Milano, a dirigere la più prestigiosa delle Terrazze del gruppo. Ma Dotti aveva una lunga storia alle spalle. Comunista, nel dopoguerra era diventato capo dell’ufficio quadri del Pci torinese. Dotti poi dovette scappare in Cecoslovacchia perché venne sospettato per l’assassinio del dirigente Fiat Erio Codecà avvenuto 16/4/1952. Codecà fu ucciso da partigiani comunisti che disapprovavano la politica moderata di Togliatti. Quando tornò dalla Cecoslovacchia, Dotti era un uomo bruciato per il partito comunista e quindi cominciò a collaborare con Pace e libertà un’organizzazione anticomunista fondata nell’ottobre 1953 dal conte Edgardo Sogno e incentivata dal presidente del consiglio Scelba (democristiano cattofascista, aderì al Partito Popolare di Don Sturzo) e dal ministero della difesa guidato da Randolfo Pacciardi (presidenzialista, conservatore cattosinistroide) e finanziata coi fondi riservati dei servizi segreti di Yalta e da alcuni rappresentanti dei servizi atlantici e dalla Fiat.
Dopo il convegno di Pecorile del 1970 a Reggio Emilia, le Br si dividono: da una parte il gruppo di Curcio, Franceschini e la Cagol, i quali non si fidavano più del leader doppiogiochista altoborghese Corrado Simioni, dall’altra invece il gruppo di Corrado Simioni, (Vanni Mulinaris, Duccio Berio, Mario Moretti, Prospero Gallinari e Innocente Salvoni, la cui moglie, Françoise Tuscher, era segretaria dell’Hyperion, nonché nipote dell’Abbé Pierre) che decide di allontanarsi dal movimento per formare una struttura chiusa e sicura, super-clandestina chiamata Superclan. Nel 1976 l’ambiguo Simioni fondò a Parigi insieme a Duccio Berio e Vanni Mulinaris la scuola di lingue Hyperion, che celava una ‘stanza di compensazione’ dei servizi segreti di Yalta (Yalta: Febbraio 1945, i governi fondatori sono: Stati Uniti d’America, Regno Unito e Unione Sovietica).
Il 2 maggio 1974 le Br compirono un’incursione negli uffici milanesi di Edgardo Sogno (nella foto con Reagan…), impadronendosi di centinaia di lettere e elenchi di nomi di politici, diplomatici, militari, magistrati, ufficiali di polizia e dei carabinieri (insomma tutta la rete delle adesioni al cosiddetto “Golpe bianco” preparato dall’ex partigiano liberale con l’appoggio dei servizi segreti di Yala e della Nato, di cui lui stesso ha ammesso di essere stato il promotore nel suo libro di memorie postumo ‘Testamento di un anticomunista’. I brigatisti si accorsero subito che il materiale che avevano sottratto era ‘esplosivo’ e lo volevano raccogliere in un documento da rendere pubblico. L’infiltrato “Frate mitra” però tese una trappola a Curcio e Franceschini e li fece arrestare a Pinarolo l’8 Giugno 1974. Franceschini e Curcio il giorno dell’arresto avevano tutto il malloppo con loro, e così anche quella documentazione preziosa sottratta alla sede di Edgardo Sogno, finì in mano ai carabinieri… Qualche anno dopo, al processo di Torino i fondatori delle Br Curcio e Franceschini chiesero al presidente Barbaro di rendere noto il contenuto del fascicolo che si trovava nella macchina quando li arrestarono e lui rispose imbarazzato: “Non si trova più” […] “Qualcuno deve averlo trafugato dagli archivi giudiziari”. Il Comitato di resistenza democratica, che era situato in via Guicciardini, era l’ufficio milanese del partigiano bianco Edgardo Sogno il quale stava dunque lavorando per organizzare un colpo di stato che avrebbe dovuto scattare nell’agosto del 1974. I brigatisti che il 2 maggio di quell’anno assaltano la sede di Sogno non sapevano niente, tantomeno che i progetti di golpe erano ad uno stadio avanzato. Portano dunque via tutti i documenti che trovano negli uffici, tra cui i materiali di un convegno sulla “riforma dello Stato” tenuto a Firenze e un elenco di duemila nomi di amici e sostenitori di Sogno. Sarebbe dunque interessante invece sapere qualcosa di più su quella sparizione…. Anche in questo caso, l’intervento dell’infiltrato Girotto, oltre ad arrestare Franceschini e Curcio, servì a recuperare delle carte decisamente “imbarazzanti” per lo stato. L’arresto di Pinerolo da parte dei carabinieri scattò in quanto essi sapevano della enorme pericolosità delle carte cadute in mano alle Br e dunque dovevano recuperarle usando qualsiasi mezzo ….
Ma chi era “Frate Mitra”?
Girotto era un ex francescano con dei trascorsi di guerrigliero in Bolivia ma che tra le forze extraparlamentari italiane (Lotta Continua in primis) godeva di una fama di tutto rispetto, e che riuscì a far catturare in un sol colpo due dei capi storici delle Brigate Rosse del calibro di Alberto Franceschini e Renato Curcio. Frate mitra appena rientrato in Italia cercò subito di entrare in contatto con le Br e si fece precedere da alcune lettere dei dirigenti del Partito Comunista di Cuba in cui si attestava di essere addestrato alla guerriglia e vantò rapporti anche coi Tupamaros. Dopo alcuni tentennamenti i brigatisti si fecero convincere ad incontrare Girotto, e durante il 3° incontro scattò a Pinerolo la trappola dei carabinieri. Ma pur conoscendo ora e luogo dell’appuntamento quel doppiogiochista di Moretti arrivò con un’ora di ritardo, quando ormai i capi delle Br eravamo già stati arrestati». Dopo l’arresto di Curcio e Franceschini, il loro posto lo presero i fedeli soldatini di corrado Simioni (alto borghese leccaculo di Toni Negri), Moretti e Gallinari…
E’ possibile una società anarchica?
L’unica cosa che si può dire,
basandoci sulla testimonianza della storia umana,
è che nessun tipo di società è impossibile.
C. Ward
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)