Il 25 aprile è la festa per la liberazione dal fascismo?

Il 25 aprile è la festa per la liberazione dal fascismo?

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Il 22 aprile c’è stato il processo sulla trattativa stato-mafia. “La sentenza è precisa e ritiene che Dell’Utri abbia fatto da cinghia di trasmissione nella minaccia mafiosa al governo anche nel periodo successivo all’avvento alla Presidenza del Consiglio di Berlusconi. “C’è una sentenza definitiva che afferma che dal ’74 al ’92 Dell’Utri si fece garante di un patto tra Berlusconi e le famiglie mafiose palermitane. Ora questa sentenza dice che quella intermediazione non si ferma al ’92, ma si estende al primo governo Berlusconi, questi sono fatti che devono essere conosciuti” “I carabinieri che hanno trattato sono stati incoraggiati da qualcuno. Noi non riteniamo che il livello politico non fosse a conoscenza di quel che accadeva”. “Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante e chi speravamo ci dovesse difendere è stato zitto. A partire dall’ Anm e il Csm”. Lo ha detto il pm della Dna Nino Di Matteo, dopo la sentenza sulla cosiddetta trattativa stato-mafia.

Ma ritorniamo indietro nel tempo, nel settembre-ottobre 1991: La “Commissione regionale” di Cosa Nostra presieduta dal boss Salvatore Riina decise di dare inizio ad azioni terroristiche, perché erano state arrestate 475 persone sospettate di essere mafiosi. Il terrorismo mafioso contro lo stato italiano doveva essere rivendicato con la sigla “Falange Armata”.

Nel dicembre 1991 ci fu un’altra riunione della “Commissione provinciale”, sempre presieduta da Riina, in cui si decise di colpire in particolare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ma anche politici.

Il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermò la sentenza del maxiprocesso che condannava Riina e molti altri boss all’ergastolo; in seguito alla sentenza, i capi della “Commissione” mafiosa regionale e provinciale decisero di avviare la stagione stragista già progettata. Il 12/3/1992 l’onorevole Salvo Lima, parlamentare siciliano della Democrazia Cristiana, venne ucciso alla vigilia delle elezioni politiche, perché non era più in grado di garantire gli interessi delle cosche mafiose nel governo (la mafia se l’era comprato coi piccioli…).

Il 23/5/1992 avvenne la strage di Capaci, in cui fu ucciso il giudice Giovanni Falcone, perché la “Commissione regionale e provinciale di Cosa Nostra”, presiedute dal boss Salvatore Riina, voleva vendicarsi della sua attività di magistrato antimafia. Il Consiglio dei ministri nella seduta dell’8/6/1992, in seguito alla strage di Capaci, approvò il decreto-legge “Scotti-Martelli” che introdusse l’articolo 41 bis, cioè il carcere duro riservato ai detenuti di mafia: il giorno successivo giunse una telefonata anonima a nome della sigla “Falange Armata” in cui si minacciava che il carcere non si doveva toccare.

Nello stesso periodo, il capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno contattò Vito Ciancimino attraverso il figlio Massimo, per conto del colonnello Mario Mori (all’epoca vicecomandante del ROS) che informò il generale Subranni; a sua volta Ciancimino e il figlio Massimo contattarono Salvatore Riina attraverso Antonino Cinà (medico e mafioso di San Lorenzo). In quello stesso periodo, il maresciallo dei carabinieri Roberto Tempesta contattò Antonino Gioè (capo della Famiglia di Altofonte) attraverso Paolo Bellini (ex terrorista nero e confidente del SISMI) al fine di recuperare alcuni pezzi d’arte rubati; il maresciallo Tempesta informò il colonnello Mori di quei contatti.

In alto da sin: Massimo Ciancimino, Mario Mori, Antonio Subranni. In basso da sin: Giuseppe De Donno, Leoluca Bagarella, Marcello Dell’Utri.

(in alto da sin: Massimo Ciancimino, Mario Mori, Antonio Subranni. In basso da sin: Giuseppe De Donno, Leoluca Bagarella, Marcello Dell’Utri)

Il 25 giugno il colonnello Mori e il capitano De Donno incontrarono il giudice Borsellino: secondo quello che viene riferito da Mori e De Donno, durante questo incontro Borsellino discusse coi due ufficiali sulle indagini dell’inchiesta “mafia e appalti”. In quel periodo, Salvatore Riina mostrò a Salvatore Cancemi un elenco di richieste dicendo che c’era una trattativa con lo stato che riguardava pentiti e carcere; sempre in quel periodo, Riina disse anche a Giovanni Brusca che aveva fatto un “papello” di richieste in cambio di fare finire le stragi. Il 1º luglio 1992 il giudice Borsellino, che si trovava a Roma per interrogare il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, venne invitato al Viminale per incontrare il ministro Mancino; secondo Mutolo, Borsellino tornò dall’incontro visibilmente turbato.

Il 15 luglio Borsellino confidò alla moglie Agnese che il generale Subranni era vicino ad ambienti mafiosi mentre qualche giorno prima le aveva detto che c’era un contatto tra mafia e parti deviate dello stato, e che presto sarebbe toccato pure a lui di morire.

Il 19/7/1992, con un attentato in via D’Amelio, a Palermo, fu ucciso Paolo Borsellino. L’attentato fu rivendicato sempre con la sigla “Falange Armata”. Secondo il pm Antonino di Matteo, l’assassinio di Borsellino fu eseguito per «proteggere la trattativa dal pericolo che il dott. Borsellino, venutone a conoscenza, ne rivelasse e denunciasse pubblicamente l’esistenza, in tal modo pregiudicandone irreversibilmente l’esito auspicato». Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, quando hanno revisionato i due filmati televisivi girati durante l’attentato, per ricostruire il percorso della borsa, hanno scoperto che a prelevare furtivamente l’agenda di Borsellino fu il capitano Arcangioli, che ha ammesso di avere prelevato la borsa e di averla aperta, ma non avrebbe chiarito e saputo spiegare come mai, una volta prelevata, la stessa borsa sia stata rimessa al suo posto e non consegnata al magistrato che coordinava l’ inchiesta in via d’Amelio… Il solito vecchio vizio dei servizi segreti, quello di far sparire, occultare i documenti scottanti, come nel caso del computer di Falcone ripulito da centinaia di files subito dopo l’attentato, o come la borsa di Moro che aveva con se durante il rapimento e che non è ancora stata ritrovata! Il 20/7/1992, il giorno dopo la strage di via d’Amelio, la Procura di Palermo deposita l’istanza di archiviazione dell’indagine definita “Mafia e Appalti”, a cui avevano lavorato Giovanni Falcone e successivamente Paolo Borsellino. Il decreto di archiviazione venne emesso il 14/8/’92.

Tra ottobre e novembre 1992, Giovanni Brusca e Antonino Gioè fecero collocare un proiettile d’artiglieria nel Giardino di Boboli a Firenze al fine di creare allarme sociale e panico per riprendere la trattativa col maresciallo Tempesta che si era interrotta: tuttavia la rivendicazione telefonica con la sigla “Falange Armata” non venne recepita e per questo il proiettile non venne trovato nell’immediatezza ma solo in un momento successivo. Totò Riina, capo di Cosa Nostra, viene arrestato a Palermo il 15/1/’93, dopo 23 anni di latitanza. Totò Riina era analfabeta, viene arrestato perché non faceva più comodo (giochetti sporchi- strategia della tensione – false flag ) agli interessi massomafiosi anzi, era diventato troppo visibile, e viene quindi arrestato dai carabinieri P2 massomafiosi del Raggruppamento Operativo Speciale, uomini del colonnello Mori e del generale Delfino. Dopo l’arresto di Riina, si creò un gruppo mafioso favorevole alla continuazione degli attentati contro lo stato (Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano) ed un altro contrario (Michelangelo La Barbera, Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi, Matteo Motisi, Benedetto Spera, Nino Giuffrè, Pietro Aglieri), mentre il boss Bernardo Provenzano era il paciere tra le due fazioni e riuscì a porre la condizione che gli attentati avvenissero fuori dalla Sicilia.

Ricordiamoci che la mafia nasce in un contesto arcaico (fatto di mille poteri che si scannavano tra di loro), come nel 1800. Allora i mafiosi si chiamavano gabellotti e presero il potere in mano nel 1812 quando i baroni si ritirarono nelle grandi città siciliane, lasciando i feudi in affitto alle guardie più fedeli.

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I gabellotti per speculare ulteriormente, affittarono piccoli pezzi di terra a poveri contadini, e non si fecero scrupoli ad usare la violenza, l’arroganza e i soprusi quando i contadini non erano in grado di pagare l’affitto. Quindi i gabellotti erano le guardie del latifondismo feudale. Erano l’ultimo gradino, usato da secoli dalla massoneria mafiosa latifondista per il controllo sociale e per i lavori sporchi (guerre intestine tra feudi…).

Nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE, relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta fraudolenta di un’agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del servizio segreto del Viminale, un’inchiesta della magistratura fece emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di altri 5 funzionari. Ci furono l’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura per dissidi (interessi contrapposti) fra il magistrato che indagava e il suo procuratore capo, quello della commissione parlamentare d’inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello del ministro dell’Interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare sull’operato del Servizio mentre a San Marino venivano individuati altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza. I funzionari fornivano versioni di uso regolare dei fondi riservati. Ma in ottobre uno degli indagati, Riccardo Malpica, ex direttore del servizio ed agli arresti, affermò che Mancino e Scalfaro gli avrebbero imposto di mentire; aggiunse inoltre che il SISDE avrebbe versato ai ministri dell’Interno 100 milioni di lire ogni mese.

Il 10/2/‘93, il ministro Martelli fu costretto a dimettersi a causa dello scandalo di Tangentopoli e venne sostituito con l’onorevole Giovanni Conso. Il 6/3/1993 il dottor Nicolò Amato inviò al ministro Conso una lunga nota in cui esprimeva la sua linea di abbandono totale dell’articolo 41 bis per ripiegare su altri strumenti penitenziari di lotta alla mafia, su sollecitazione del capo della polizia Parisi e del Ministero dell’Interno. Tra marzo e maggio 1993 vennero revocati 121 decreti di sottoposizione al 41 bis a firma del dottor Edoardo Fazzioli (all’epoca vicedirettore del DAP), come aveva suggerito il dottor Amato nella nota del 6 marzo.

Il 27 maggio 1993, a Firenze, avvenne la strage di via dei Georgofili, che provocò 5 vittime e una quarantina di feriti: l’attentato venne rivendicato anche quello con la sigla “Falange Armata”.

Anche negli anni ‘70 c’era stato un patto segreto tra i servizi segreti italiani e Cosa nostra. Nel 2014 saltano fuori 2 rapporti stesi da un collaboratore del Sid che confermano per la prima volta, l’intreccio di interessi e di finalità tra un piccolo gruppo di alti ufficiali incaricati di tutelare la sicurezza dello stato e le cosche che agivano a Palermo. I documenti sono spuntati fuori a Johannesburg dove 3 pm della Procura del capoluogo siciliano si sono recati per interrogare l’ex generale Gianadelio Maletti, dal 1971 al ‘79 capo del reparto D del Servizio, dedicato al controspionaggio. Fuggito in Sudafrica nel 1980, l’alto dirigente dei Servizi segreti era stato condannato nel 1996 a 14 anni per aver sottratto un fascicolo riservato, intitolato Mi. Fo. Biali, e legato ad uno scandalo di contrabbando di petroli che coinvolgeva politici e vertici della Guardia di Finanza. Anche la loggia massonica P2 è al centro dell’attenzione per il processo sulla trattativa Stato Mafia. In particolare, si indaga sui rapporti tra l’ex generale dei carabinieri Mario Mori e Licio Gelli e i contatti dell’ex ufficiale dell’Arma, per anni al SID, col terrorismo nero. Un ex ufficiale del Sid, Mauro Venturi, che negli anni ‘70 lavorò con Mori, racconta che Mori gli propose di entrare nella P2. I Direttori del Sid furono: amm. Eugenio Henke (1966-1970), gen. Vito Miceli (1970-1974), amm. Mario Casardi (1974-1977).

Il Sid dipendeva dal capo di stato maggiore della difesa, e aveva il compito di provvedere “ai compiti informativi, di tutela del segreto militare e di ogni altra attività di interesse nazionale per la sicurezza e la difesa del Paese, attuando anche l’opera intesa a prevenire azioni dannose al potenziale difensivo”, con funzioni anche di controspionaggio (tecniche utilizzate per mantenere segrete le notizie, generandone altresì di false, per sviare le agenzie di spionaggio interessate – false flag).

Il Servizio derivava dal SIFAR, a sua volta erede del Servizio informazioni militare che aveva operato durante il regime fascista e nel periodo della cobelligeranza dopo l’8 settembre 1943 e fino al 31/12/’45. Il SID venne istituito con il D.P.R. 18/11/1965. Come nel caso del SIFAR, il SID (doppio Sid) rimaneva alle dirette dipendenze del capo di stato maggiore della difesa. La riorganizzazione non impedì che nei mesi successivi venisse a svilupparsi una campagna stampa volta ad illustrare le deviazioni del SIFAR. Il SID cominciò le attività il 1º luglio 1966, sotto la direzione dell’ammiraglio Eugenio Henke e le terminò nell’autunno del 1977, quando fu soppresso e le sue funzioni vennero trasferite in gran parte al neo-costituito Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI).

Il macabro vizio dei servizi segreti (false flag: destabilizzare attraverso le stragi per stabilizzare il potere autoritario), è ormai secolare:

Nel febbraio 1943 un gruppo di una dozzina di agenti dell’OSS, reclutato tra agenti americani di origine siciliana, diretto da Earl Brennan, comprendente fra gli altri Max Corvo, Victor Anfuso e Vincent Scamporino, inizia ad Algeri la preparazione dello sbarco in Sicilia con la collaborazione di elementi di spicco della mafia italo-americana fra cui Lucky Luciano. Agenti speciali reclutati fra gli italo-americani vicini alla mafia vengono infiltrati in Sicilia nei mesi precedenti lo sbarco. A luglio sia gli americani che gli inglesi sbarcano in Sicilia il 9/7/1943. La mafia facilita lo sbarco e riceve in compenso il potere locale. I mafiosi sono nominati sindaci (il 90% dei comuni siciliani è governato da boss mafiosi), essi assicurano l’ordine, alle spalle delle truppe alleate che avanzano verso nord. Nel febbraio 1944 si forma a Catania il “Movimento Unionista Italiano”, gruppo spionistico della RSI. Ha sede a Roma ed è diretto da Antonio Bigi. Nell’ inverno di quell’anno (1944), nascono in Italia settentrionale le formazioni partigiane. Le tre componenti principali sono le “Brigate Garibaldi” (comuniste). Le “Brigate Giustizia e Liberta’” (del Partito d’azione), le cosiddette formazioni bianche (PARTIGIANI BIANCHI di ispirazione monarchica, composte in gran parte da reparti dell’esercito e carabinieri). Gli alleati foraggiano le “formazioni bianche” ed in particolare la “Brigata Osoppo” (alpini della divisione Julia in Friuli), la “Formazione Martini-Mauri” (militari al comando del tenente Enrico Martini-Mauri, nelle Langhe), l'”Organizzazione Franchi” (rete spionistica collegata all’IS , il servizio segreto inglese guidato da John Mc Caffer , diretta dal tenente Edgardo Sogno (partigiano bianco), futuro golpista, in molte città del nord. Il 10 agosto ci fu una riunione clandestina a Strasburgo di industriali e funzionari nazisti, per valutare i piani di sopravvivenza del nazismo dopo la sconfitta, e furono depositati circa 500 milioni di dollari presso banche della Svizzera, Liechtenstein, Spagna, Argentina, Turchia. A Settembre i comunisti triestini si dichiarano favorevoli all’adesione di Trieste alla federazione jugoslava. Precipitano i rapporti fra le Brigate Garibaldi e la Brigata Osoppo, all’interno della quale vengono arruolati diversi fascisti che abbandonano la RSI. Il 16 Settembre una squadra di mafiosi, comandati da Calogero Vizzini, spara contro un comizio comunista. A ottobre un gruppo di industriali, uomini d’affari, latifondisti, associati coi monarchici, sotto gli auspici di una loggia massonica, si organizzano per: “…eliminare dal mondo politico italiano tutti i filocomunisti; finanziare squadre di uccisori reclutandole fra ex fascisti e gangsters di professione e utilizzandole per attentati ad alte personalità di governo e per stragi ai danni della popolazione civile sotto false insegne che indichino come responsabili i comunisti….”. Lo si apprenderà solo nel 1974, dopo la pubblicazione di un rapporto riservatissimo spedito a Washington dai servizi segreti strategici americani in Italia (Documento OSS 99355 del 24/10/1944 che contiene anche 14 nomi. Il 22 Ottobre invece a Milano i servizi segreti della RSI varano il “piano Graziani” che prevede l’infiltrazione nei partiti antifascisti dopo la sconfitta. Il 16 Novembre il Luogotenente del Regno Umberto di Savoia, scioglie, per ordine degli alleati il SIM (Servizio Informazioni Militari). Nasce un nuovo servizio di controspionaggio italiano, gestito integralmente dall’OSS attraverso agenti specialisti di affari italiani quali James Angleton, Carmel Offie, Henry Tasca, Earl Brennan, che continueranno ad esercitare un’influenza decisiva sulla politica italiana per decenni. Tali “servizi” opereranno in condizioni di subalternità totale anche dopo lo scioglimento dei servizi segreti strategici USA (OSS, sciolti il 20/9/1945 e sostituiti prima dal SSU e poi dal CIG, Central Intelligence Group), ben oltre la firma di pace, e anche molto al di là della nascita della CIA (15/9/1947). L’Italia otterrà la possibilità di avere propri servizi segreti solo con la formazione del SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate), l’1/9/1949, nel quadro della adesione alla NATO.

Materiale di approfondimento:

http://www.antimafiaduemila.com/dossier/processo-trattativa-stato-mafia/62641-mori-e-la-p2-tra-falange-armata-e-protocollo-fantasma.html

http://www.antimafiaduemila.com/dossier/processo-trattativa-stato-mafia/62617-processo-trattativa-stato-mafia-udienza-del-20-ottobre-16.html

http://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/50629-trattativa-mori-il-sid-e-quelle-operazioni-criminali.html

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