Da quando anche l’Italia ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare, ancora oggi ci domandiamo che fine fanno i rifiuti nucleari, le scorie radioattive che possono mantenersi tali per circa diecimila anni!
L’Italia ha rifiutato l’energia nucleare nel 1987, ma poi, come ha gestito le scorie prodotte?
In Italia abbiamo 24 siti che immaganizzano materiale radioattivo di I, II, III e IV generazione.
Il gravissimo incidente nella centrale nucleare di Chernobyl nel 1986 e di Fukushima del marzo 2011 hanno indotto l’Unione Europea a una revisione della sicurezza di tutti gli impianti nucleari in funzione. Il commissario UE all’energia aveva fissato il primo giugno 2011 come inizio di una serie di test sui 143 reattori nucleari di potenza europei. La logica dei test consisteva nel ricontrollare tutti i dispositivi di sicurezza, perché nelle catene incidentali, i sistemi di sicurezza non hanno funzionato.
Il gestore dell’impianto deve garantire i mezzi che ha a disposizione per mantenere le tre funzioni fondamentali per la sicurezza (controllo della reattività, refrigerazione del nocciolo, confinamento della radioattività). La revisione dei costi per i test di sicurezza, è stato calcolato per un valore che va da 30 a 200 milioni di euro per reattore, per un totale che va da 10 a 25 miliardi di euro per gli anni a venire.
Nel 2014 il numero dei reattori dichiarati funzionabili nel Mondo erano 372 per una potenza di 373 GW in 31 Paesi, mentre i reattori in costruzione erano 72 (28 in Cina e 10 in Russia) per 68 GW.
Ma facciamo un po’ di Storia:
Il primo reattore nucleare nasce negli USA nel 1942 per scopi bellici. Negli anni ’50 però, le super potenze militari ed economiche, pensarono di sfruttare l’energia nucleare anche a scopi civili (per la produzione di energia elettrica), e per tutto il corso della Guerra fredda, ci sarà per loro un doppio business: militare e civile.
Secondo l’associazione ambientalista Greenpeace, per la costruzione dei 75 impianti statunitensi, ci sono voluti 145 miliardi di dollari contro i 45 previsti; in India invece, i costi previsti inizialmente per gli ultimi 10 impianti, sono aumentati del 300%.
Ma nonostante i costi elevati e il problema di dove mettere le scorie, nei primi anni del 2000, alcuni settori industriali hanno pubblicizzato ed incentivato un ritorno del nucleare anche in Italia (nonostante abbiamo firmato il Trattato di non proliferazione nucleare nel 1987), giustificando il tutto con la scusa di ridurre le emissioni di gas serra. Questa affermazione è stata contestata da molte organizzazioni ambientaliste.
E’ solo a partire dal 1946 che si venne a sapere che la Marina degli Stati Uniti gettava nell’oceano, nei pressi delle Isole Farallon, i fusti da 200 litri contenenti i fanghi radioattivi fino al 1990. Ma anche la Cina, la Russia, il Giappone, la Nuova Zelanda, e le nazioni europee, scaricavano la propria spazzatura radioattiva nei mari, e l’Italia? Figuriamoci se noi italiani mediocri, ignoranti e senza scrupoli (sempre pronti a farla da furbi), non buttavamo i rifiuti nucleari nei nostri fumi e nei mari (inquinamento ambientale irreversibile)!!
L’utilizzo di produzione dell’energia nucleare in Russia (da quando è entrata nel patto Atlantico – Nato), nasce invece nel 1954, grazie agli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, da parte degli Stati Uniti, coi reattori (a fissione e uranio arricchito) ad acqua bollente (BWR, Boiling Water Reactor di GE, General electric) e ad acqua pressurizzata.
Invece in Italia (da quando entra nel patto Atlantico – Nato), i primi reattori nucleari a scopo civile e militare nascono nel 1963, fino al 1990.
Ma il forte sviluppo del nucleare per scopi civili e militari è avvenuto dal 1972 all’89, con tassi di crescita elevati fino ai massimi di 33.000 MW di potenza installata all’anno nei 2 anni 1982 e 1983.
L’incidente nucleare di Three Miles Island avvenuto nel 1979, è passato innosservato dai mass media, mentre i danni ambientali e salutari, provocati dalla centrale nucleare di Černobyl nel 1986, ha avuto un enorme impatto internazionale. Nonostante l’incidente di Fukushima avvenuto nel 2011 in Giappone, in alcuni Paesi come Cina e Russia, il nucleare prosegue ancora con passi da gigante, e nuovi mercati si sono aperti in Medio Oriente (Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), e alcuni progetti di rapida gestazione, finanziati/spinti dai fornitori di centrali (Russia in testa, Francia, Giappone, Corea, Canada e Stati Uniti), sono attivi.
Dopo l’incidente nucleare del 2011, gli ambientalisti hanno chiesto a gran voce la chiusura definitiva dei 372 reattori, perchè sono stati considerati 3 rischi catastrofici: il rischio di incidente nucleare, il rischio di collasso ambientale per emissioni di CO2, e il rischio di progressivo sottosviluppo dei Paesi ‘poveri’.
Il problema (a lunghissimo termine), degli incidenti nucleari lo subisce ogni essere vivente e l’ambiente. Ma nonostante i danni sociali, salutari ed ambientali, provocati dalla produzione di nucleare negli ultimi anni, a livello mondiale, sta aumentando il business delle centrali nucleari. L’iniziativa chiamata ITER (energia pulita, secondo le potenze militari – economiche), a cui partecipa anche l’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, la Russia, la Cina e il Giappone, stanno realizzando una grande macchina nel centro francese di Cadarache, con un impegno finanziario di dieci miliardi di euro.
Il business consiste nel creare elettricità prodotta dall’uranio (fonte primaria), mediante fissione. Il business comprende, oltre alla filiera di costruzione e di esercizio delle centrali, l’intero ciclo di vita del combustibile nucleare: estrazione dell’uranio, e processo di arricchimento, che produce l’energia liberata durante le trasformazioni di nuclei atomici, dannosi però per la salute e l’ambiente.
Insistono con la produzione di nucleare pulito (secondo la loro logica criminale, ipocrita e senza scrupoli), nonostante nel 2012 stesse per chiudere l’impianto inglese del «nucleare pulito», perchè avevano capito i troppi danni (cancro – danni al Dna – malformazioni fisiche), che provocavano le centrali nucleari, sia pur di IV generazione…
In Italia, a Frascati (foto sopra), nasce nel 2015 il centro di ricerca nucleare per produrre Nucleare pulito, per un investimento di 500 milioni di euro. L’investimento previsto tra risorse pubbliche e private, innescherà sul territorio un ritorno di circa 2 miliardi.
L’Enea ha scelto Frascati tra 9 località a livello nazionale: dopo il sito alle porte di Roma, si sono classificati come Cittadella della Ricerca (Brindisi) e Manoppello (Pescara). Le altre regioni candidate erano Campania, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Piemonte e Veneto.
I finanziamenti, vedono anche la partecipazione di Eurofusion, il consorzio europeo che gestisce le attività di ricerca sulla fusione (60 milioni) per conto della Commissione europea, il Miur (40), il Mise (40), la Repubblica Popolare Cinese con 30 milioni, la Regione Lazio (25), l’Enea e i partner (50), cui si aggiunge un prestito Bei (Banca europea degli investimenti) da 250 milioni.
Nel 2018 i mass media annunciavano la partenza a Padova della sperimentazione del primo laboratorio sperimentale di Iter, il progetto internazionale per la realizzazione del primo reattore sperimentale a fusione nucleare (l’energia pulita delle stelle), in costruzione a Cadarache in Francia. È il risultato del lavoro del Consorzio Rfx, che riunisce Enea, Cnr, Infn, Università di Padova e Acciaierie Venete, impegnati nelle attività di ricerca nel campo dei plasmi da usare per la fusione. Un progetto da 20 miliardi a cui partecipano Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Russia, Usa e Ue. Sono 10 su 19 le maxibobine costruite a La Spezia dalla società Asg Superconductors, controllata dai fratelli Davide e Mattia Malacalza. Spider «è il primo dispositivo che servirà a riscaldare il plasma di Iter fino a 150 milioni di gradi per consentire le reazioni di fusione, che produrranno energia dieci volte superiore di quella usata per riscaldare il plasma», spiega il professor Giuseppe Zollino, direttore del Centro ricerche fusione dell’Università di Padova. Ma dopo i disastri nucleari e i loro danni ambientali, si è cercato di ostacolare la diffusione dell’energia nucleare in tutto il mondo. Primo, l’uranio necessario per le centrali nucleari è raro e costoso. E deve essere arricchito, aumentando i costi. Secondo, l’uranio utilizzato nelle centrali elettriche, può anche essere trasformato in materiale bellico, richiedendo una regolazione severa e tensioni internazionali non sempre governabili, come succede in questo periodo con l’Iran. Terzo, ancora oggi non sappiamo ancora come smaltire le scorie che ogni giorno sono ancora prodotte. Gli scienziati e i fisici, hanno sempre pensato al business e non ai danni provocati dalla produzione di uranio-235, dalla produzione del plutonio-239 e di alcune forme dell’attinio, tutte sostanze cancerogene, poi c’è anche l’uranio-233, un isotopo che non esiste in natura, ma che può essere prodotto dal bombardamento neutronico del torio-232.
La società olandese NRG sta sviluppando un esperimento di irradiazione del sale di torio (SALIENT), riprendendo una serie di esperimenti svolti nel 1960 dall’Oak Ridge National Laboratory. Questa bolacca radioattiva, formata da sali di torio fusi, produce temperature molto elevate e una grande quantità di energia. Secondo le potenze militari ed economiche, il sale fuso non è solo il combustibile fissile del nocciolo, ma anche il liquido di raffreddamento: il sale è già fuso e dunque non ci sono i problemi legati al surriscaldamento del refrigerante.
Ma ci sono ancora molti problemi che devono essere risolti prima che i progetti del reattore del torio di NRG vengano portati a scala industriale, a partire dall’alta reattività di questi sali al contatto con l’aria, perciò è necessario l’utilizzo di materiali di rivestimento ancora non trovati.
Ma gli scienziati, pur di rifilarci i loro pericolosi, assurdi e costosi progetti, ci vogliono far credere che le le scorie di sale di torio sono più sicure, anche se ammettono pubblicamente che devono ancora capire dove mettere, poi, i rifiuti delle scorie radioattive.
Il 14% dell’energia elettrica mondiale è prodotta da 438 reattori nucleari in esercizio in 30 Paesi. L’Europa (al 2011), ha 148 reattori in funzione, distribuiti in 15 Stati, e produce per via nucleare un terzo dell’energia elettrica. Gli Stati Uniti hanno il maggior numero di reattori in esercizio (104), la Francia è al secondo posto (58), il Giappone al terzo (54). 61 reattori sono in costruzione (al 2012) in 16 Paesi, di cui 24 in Cina e 11 in Russia.
L’industria nucleare ha subito un duro colpo col terremoto/maremoto in Giappone del marzo 2011. I danni provocati dal reattore di Fukushima col rilascio di radiazioni pericolose sono stati devastanti. Ma c’è un segreto: il fornitore di uranio agli Usa e al Regno Unito, negli anni ’60 era il Sudafrica, che fino agli anni ’80 produceva energia nucleare per usi civili, per poi costruire anche 6 bombe nucleari all’interno di un programma militare occulto…
Anche alla Spezia ci sarà la fusione nucleare, e la temperatura sarà di 150 milioni di gradi, 10 volte il centro del Sole! Al centro del magnete c’è il filo superconduttore lungo 10 metri, largo 16 e pesante 120 tonnellate: “Il magnete invece lavorerà a 269 gradi sotto zero”. Fra i due estremi ci sono un paio di metri di distanza, ed è forse lo sbalzo termico più ampio dell’universo, quello descritto dal responsabile del progetto Iter per l’azienda Asg Superconduttori, nello stabilimento di La Spezia. E i rischi? La Asg Superconduttori nasce nel 2001, quando l’Ansaldo è stata privatizzata e la famiglia Malacalza ha acquistato la divisione magneti. Da allora ha costruito i motori per i più importanti laboratori di fisica del mondo (Cern e Fermilab), per l’adroterapia a Pavia, per un apparecchio di risonanza magnetica superpotente che in Sud Corea sarà usato per studiare il cervello. Grazie anche alla collaborazione scientifica con l’Enea, il primo magnete a forma di D verrà trasportato verso la Provenza. Di magneti la Asg ne dovrà realizzare 10. Altri 9 usciranno dagli stabilimenti di Mitsubishi e Hitachi.
Una volta montati dentro Iter, ai magneti sarà affidato un compito da far impallidire chiunque abbia una coscienza: confinare il plasma combustibile (due isotopi dell’idrogeno come deuterio e trizio), riscaldato a 150 milioni di gradi. In tali condizioni gli atomi si fonderanno liberando un’energia che squaglierebbe qualunque materiale. Ecco perché le pareti di Iter non possono essere altro che un campo magnetico….
Dopo 4 anni di lavoro segretissimo, la Lockheed Martin, tristemente famosa azienda americana attiva nei settori dell’ingegneria aerospaziale e della Difesa, nonché principale fornitore del Pentagono, ha annunciato nel 2014 ai mass media, attraverso il responsabile del progetto John McGuire, che stanno portando avanti un progetto per sviluppare energia alternativa, sfruttando la fusione nucleare (ipocriti: la chiamano energia alternativa…). La Lockheed ha annunciato che costruirà un reattore di circa 100 megawatt di una grandezza di 2×3 metri, 10 volte più piccolo dei reattori comuni e potrebbero entrare anche nel retro di un camion…
Fincantieri Sistemi Integrati, si è aggiudicata un ordine da 100 milioni di euro per una serie di forniture e installazioni di equipaggiamenti di alto profilo per Iter, il progetto per un reattore a fusione nucleare in forma sperimentale in via di realizzazione a Cadarache, nel Sud della Francia (foto sopra). Ma il gruppo guidato da Giuseppe Bono guida un lungo elenco di aziende italiane (da Ansaldo Energia a Vitrociset, da Asg Superconductors a alla Walter Tosto, solo per citarne alcune), che hanno già portato a casa oltre la metà dei 2,4 miliardi messi a gara oltreconfine.
La Regione Lazio si candida a ospitare il progetto di fusione Dtt, un progetto targato Enea.
Il Dtt è ideato dall’ente presieduto da Federico Testa in collaborazione con: Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), Consorzio Rfx di Padova, e Create (Consorzio di ricerca per l’energia, l’automazione e le tecnologie dell’elettromagnetismo.
L’investimento per il progetto ammonta a 500 milioni di euro. Le risorse principali arriveranno dalla Bei (la Banca Europea per gli investimenti) con 250 milioni erogati nell’ambito del piano Juncker, affiancata da Eurofusion, il programma ad hoc dell’Unione Europea con 60 milioni a valere sui fondi Horizon, mentre 80 milioni saranno garantiti da due ministeri (Istruzione e Sviluppo Economico). Altri 25 milioni, poi, saranno messi sul piatto dalla Regione Lazio (con altri 40 milioni per le opere civili) e altrettanti saranno assicurati dalla stessa Enea.
La fusione nucleare porterà 500 milioni di investimento anche a Torino.
L’Italia ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare (TNP), che prevede anche lo smantellamento delle centrali nucleari, nel frattempo da buoni mediocri senza scrupoli, ne abbiamo costruite altre in sordina (di nascosto), ben consapevoli dei danni ambientali e salutari che producono (cancro, malformazioni fisiche, danni al Dna ecc.), abbiamo pensato solo di fare business insieme alle grandi potenze economiche – militari (noi italiani conosciuti per il poco cervello, abbiamo sempre fatto da zerbini). Non ci ricordiamo più del Reattore 4 di Chernobyl, esploso per effetto del cedimento delle barre di contenimento nel sito dell’area al confine tra Ucraina e Bielorussia il 26 Aprile 1986? Da quel momento la zona circostante (un tempo verdeggiante), è stata ribattezzata Foresta Rossa, per effetto delle radiazioni nocive ionizzanti. Gli effetti dell’esplosione si sono manifestati fino al vicino Centro Europa, dove Germania, Francia ed Italia sono state investite da una pericolosa nube tossica, e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze a livello salutare con danni anche al sistema immunitario….
Il 4 agosto 2020 i mass media scrivono che sono iniziate le attività di demolizione dell’edificio che contiene il reattore della centrale nucleare di Latina, a Borgo Sabotino, la prima centrale costruita in Italia(foto sopra con Enrico Mattei &co.). Le operazioni di smantellamento, il cui costo si aggira intorno ai 280 milioni di euro, dureranno 1 anno. L’operazione è portata avanti dalla società Sogin che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari italiani. “Resterà però la parte che custodisce in sicurezza la grafite fino a che in Italia non entra in esercizio il deposito nazionale”, ha spiegato Agostino Rivieccio, responsabile Sogin per la disattivazione della centrale di Latina.
Alla fine il problema dei rifiuti speciali/pericolosi, è sempre lo stesso: non si sa dove metterli. Come succede per l’amianto e i fanghi industriali, succede anche per i rifiuti radioattivi. E la conferma, ennesima, arriva dall’audizione dei vertici di Sogin da parte della commissione Ecomafie. Al termine della quale il Presidente della Commissione Ecomafie Stefano Vignaroli ha detto molto sinteticamente che: “Dall’audizione di oggi è emersa l’ennesima conferma che il non decidere ha costi alti per la collettività. I ritardi nella realizzazione del Deposito nazionale e nel recepimento della direttiva Euratom 2013/59 non sono senza conseguenze, ma anzi comportano un aumento di tempi e di costi” (se magna – la massomafia ci sguazza!). A spiegarlo sono i rappresentanti di Sogin Spa: il Presidente Luigi Perri e l’amministratore delegato Emanuele Fontani che dichiarano che sarà pubblicato presto il bando di gara per il Cemex, il complesso di cementazione e stoccaggio dei rifiuti liquidi dell’Eurex di Saluggia e saranno avviate importanti bonifiche a carattere ambientale sui siti di Latina e di Bosco Marengo. Poi c’è anche da gestire il business presso la centrale di Trino vercellese, l’impianto per il trattamento dei fanghi e delle resine SiCoMor.
A Sogin è stata affidata l’attività di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in Italia, con costi individuati in 7,2 miliardi di euro, anche se dal 2001 al 2018, il programma di smantellamento è stato realizzato solo per un terzo delle attività e già ci è costato 3,8 miliardi di euro.
Insomma, l’eredità nucleare, è ancora molto lontana dal risolversi senza ulteriori danni ambientali/salutari.
La realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il recepimento, non è ancora avvenuto dopo 7 anni della Direttiva 2013/59/EURATOM. Il costo per il Deposito frutterà alla Sogin 1,5 miliardi di euro e dovrebbe essere completato entro il 2025. Gli impianti nucleari in attesa di autorizzazione per il decommissioning sono quelle di Saluggia, Casaccia e Rotondella e la disattivazione del Reattore Ispra-1. Alcuni Paesi hanno in costruzione depositi geologici sotterranei (grotte), per nascondere i rifiuti nucleari: Belgio, Canada, Finlandia, Francia, Germania, Svezia, Svizzera, Finlandia; altri paesi hanno invece abbandonato i loro progetti (perchè troppo pericolosi per la salute e l’ambiente), come ad esempio gli USA con Yucca Mountain in Nevada.
Ma c’è un altro grande disastro ambientale e salutare, che causerà danni in tutto il Mondo: l’acqua contaminata e radioattiva del disastro nucleare della centrale di Fukushima, avvenuto nel 2011, potrebbe essere riversata nell’oceano Pacifico. Il governo giapponese, per risolvere il problema dell’acqua contaminata usata per raffreddare gli impianti danneggiati nella catastrofe, vuole rilasciare in mare 1,23 milioni di tonnellate di liquido cancerogeno.
Da 9 anni il Giappone si interroga su come smaltire queste acque contaminate oggi presenti in 1.044 serbatoi (foto sopra). Fra le ipotesi quelle di usare l’evaporazione in atmosfera o il trasporto in altri appositi serbatoi e container, ma anche quello, appunto, di riversare i liquidi nell’oceano.
Preoccupa sopratutto la presenza del trizio, isotopo radioattivo dell’idrogeno che è dannoso anche per l’uomo e gli animali in dosi molto elevate.
Ma non è finita qua: I mass media l’8 agosto 2020 scrivono che gli Stati Uniti potrebbero, in un futuro non troppo lontano, costruire centrali nucleari sulla Luna e su Marte. Il Dipartimento dell’Energia statunitense ha presentato un progetto da proporre al settore privato per i finanziamenti. Il Dipartimento energetico statunitense ha proposto la costruzione di un “sistema di energia a fissione superficiale”, che potrebbe servire per far vivere colonie di umani sia sulla Luna che su Marte senza problemi (secondo loro), di approvvigionamento di energia.
A valutare queste idee assurde e costose, saranno non solo i tecnici e gli scienziati del Dipartimento dell’Energia ma anche quelli della NASA e quelli dell’Idaho National Laboratory, una struttura per la ricerca nucleare situata nell’Idaho.
Ad agosto si è tenuto un incontro tra i tecnici dello stesso dipartimento, della NASA e della Battelle Energy Alliance, l’appaltatore privato che gestisce l’Idaho National Laboratory.
I tecnici hanno previsto due fasi: la prima è quella dello sviluppo del progetto, la seconda quella relativa alla costruzione di un reattore di prova.
Se il tutto andrà bene e non avrà ricadute dannose sul sistema terrestre, si potrà in seguito costruire il reattore definitivo da mandare sulla Luna con una navicella che lo trasporterà, il lander che lo farà atterrare in sicurezza, cosa invece per nulla semplicissima, sul suolo del ‘nostro’ satellite naturale. Il progetto partirà nel 2026. Il reattore peserà più di 3500 kg e potrebbe funzionare per almeno 10 anni. Un reattore come questo fornirebbe l’energia necessaria per l’esplorazione umana nelle regioni più difficili da raggiungere della Luna, come il Polo sud (andiamo a rompere i coglioni anche lassù pur di far business! Incominciamo ad inquinare perfino i pianeti: vergogna!!).
https://www.3bmeteo.com/giornale-meteo/chernobyl–migliora-la-situazione-incendi–oggi-cade-il-34–anniversario-338600
Solo dopo che l’ultimo albero sarà abbattuto,
solo dopo che l’ultimo lago sarà inquinato,
solo dopo che l’ultimo pesce sarà pescato,
Voi vi accorgerete che il denaro non può essere mangiato.
(Toro Seduto)
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)