Ieri 23 agosto 2021, c’è stato il 94° anniversario della ingiusta morte dei compagni anarchici Sacco e Vanzetti, giustiziati il 23 agosto 1927 a Boston, negli Usa. Sacco e Vanzetti nonostante fossero innocenti, furono processati e uccisi dallo stato liberale cattofascista.
Ferdinando Nicola Sacco era nato in Puglia il 22 aprile 1891, mentre Bartolomeo Vanzetti era piemontese, era nato l’11 giugno 1888. Entrambi erano emigrati negli Stati Uniti in cerca del sogno americano (attirati da un piano di marketing che garantiva: lavoro, giustizia e libertà). Vanzetti aveva trovato lavoro in una fabbrica di scarpe, dove veniva sfruttato e sottopagato, perchè immigrato, per 10 ore al giorno.
Sacco invece aveva lavorato in trattorie e cave. Ma dopo aver organizzato uno sciopero per i diritti degli immigrati, nessuno voleva più farlo lavorare, quindi si mise a fare il pescivendolo in proprio.
Allo scoppio della I guerra mondiale i due anarchici si trasferirono in Messico come molti altri anarchici, per sfuggire alla leva militare. Quando tornarono negli Usa furono considerati terroristi perchè non avevano fatto i soldati, non erano andati a uccidere persone come loro, inoltre si consideravano anarchici e per questo sono stati controllati e perseguitati dai servizi segreti e dalle forze dell’ordine.
Il 14 luglio 1921 una giuria ‘popolare’ negli Usa accusò Sacco e Vanzetti per rapina e per l’omicidio (durante una rapina a un negozio di scarpe), di due persone: un contabile e una guardia, così vennero condannati a morte.
Da allora Sacco e Vanzetti, come Pinelli, sono diventati un simbolo dell’ingiustizia sociale (provocata dal terrorismo organizzato dallo stato razzista), condannati perchè erano immigrati, stranieri e per giunta portatori di rivendicazioni sociali. Erano considerati nemici per l’America negli anni della “paura rossa”, la paura del comunismo. Nonostante i due italiani fossero anarchici antifascisti e contro la dittatura di Stalin.
Dopo la mezzanotte del 23/8/1927, alle 00:19, dopo 7 anni di udienze, Sacco e Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica, a distanza di 7 minuti l’uno dall’altro. Prima Sacco e poi Vanzetti. Entrambi facevano parte del collettivo anarchico italo-americano in lotta contro il razzismo. A nulla valse la confessione di un detenuto che aveva partecipato alla rapina e che disse di non averli mai visti.
Vanzetti rivolgendosi alla giuria che lo condannò alla pena di morte, disse: «Mai vivendo l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Il destino amaro dei due anarchici italiani, che furono capri espiatori di un’ondata repressiva e razzista, fu lanciata dal presidente Woodrow Wilson.
Quando Sacco e Vanzetti furono condannati a morte, il loro caso divenne presto al centro di una mobilitazione internazionale, con manifestazioni nelle maggiori città nordamericane ed europee ma anche a Buenos Aires, Tokyo, Città del Messico, Sydney, Johannesburg. La comunità degli immigrati italiani era in prima linea.
Quando il verdetto di condanna a morte fu reso noto, esplose una manifestazione di protesta che durò ben 10 giorni, la polizia e la guardia nazionale, controllava con le mitragliatrici puntate i manifestanti: terrorismo di stato!! Come successe anche a Genova nel 2001, quando si protestava contro il G8 (i signori piu ricchi del mondo), quando i manifestanti furono massacrati, terrorizzati e torturati dagli sbirri cocainomani e fascisti.
Anche oggi gli immigrati vengono a lavorare in occidente, attirati dall’illusione del sogno americano
ed europeo. Un sogno fatto di illusioni e grandi ideali che include nozioni di diritti individuali, libertà, democrazia e uguaglianza, incentrato sulla convinzione che ogni individuo ha il diritto e la libertà di cercare prosperità e felicità, indipendentemente dalla classe sociale o da dove o in quali circostanze è nato.
Un elemento chiave del sogno americano ed europeo (marketing) è la convinzione che attraverso il duro lavoro e la perseveranza (sfruttamento), chiunque possa elevarsi “dagli stracci alla ricchezza”.
Oggi, nel 2021, esiste ancora il razzismo e gli immigrati vengono continuamente sfruttati attraverso il lavoro nero e il caporalato (situazioni di grave sfruttamento lavorativo, senza diritti). Gli emigrati vengono sfruttati nell’edilizia, sia in piccole che in grandi opere edili; nell’agricoltura, soprattutto quella intensiva e di serra. Poi vi sono ambiti lavorativi più ristretti e marginali, carico e scarico merci nei mercati ortofrutticoli, e altre piccole ma gravose occasioni di lavoro offerte dall’ambiente urbano, contesti in cui gli immigrati offrono piccoli servizi di guardiania e vigilanza, negli impianti sportivi e nei garage del centro e della periferia della capitale. Un altro contesto lavorativo in cui si registrano forme di sfruttamento intensivo, fatto di vessazione psicologiche, è quello domestico. Si tratta di un lavoro prestato quasi esclusivamente da donne, per lo più provenienti dall’Europa dell’est, dall’America del sud; ma c’è anche una parte di donne provenienti dai paesi del sud est asiatico che possiamo identificare come servitù domestica, in questo caso si tratta di personale domestico dei corpi diplomatici di questi paesi, alle quali vengono sottratte, in alcuni casi sembra essere una prassi, i documenti di identità, e viene vietato di uscire dal contesto ristretto dell’abitazione di rappresentanza.
Nelle zone del Lazio in cui si pratica l’agricoltura intensiva che si estendono dalla zona di Aprilia fino a Terracina, sul mare e più nell’interno fino a Fondi, si concentrano la maggior parte delle aziende agricole di tipo intensivo. In particolare per la coltura di frutta ed ortaggi, e per l’utilizzo intensivo delle serre nella zona Borgo Piave, San Michele e Borgo Faiti. Molti degli immigrati che vi lavorano provengono dal nord Africa, ma anche dall’India. Trattandosi di contesti lavorativi soggetti alla stagionalità, si tratta di lavoratori che arrivano durante i periodi di lavoro primaverile e estivo, ma che rimangono oltre la scadenza del permesso di soggiorno a lavorare presso le stesse aziende agricole, che non usano rinnovare il contratto. La maggioranza di loro condivide case affittate nei paraggi dei campi coltivati, spesso in situazioni di sovraffollamento; una piccola parte di loro vive in case abbandonate, cascine o vecchie stalle presso i campi in cui lavorano.
Nei contesti di agricoltura intensiva stagionale e in quelli in cui si pratica la coltura in serre, dove quindi l’azienda agricola, avendo accordi coi grandi distributori orto-frutticoli, ha tempi di raccolta e lavoro molto ristretti per evitare che i prodotti deperiscano, prevale il lavoro di intermediazione dei caporali. Il costo della loro intermediazione varia in base al tipo di lavoro ottenuto: il lavoratore deve pagare il caporale che, davanti ad un contratto relativamente stabile, vessa il lavoratore sottraendogli circa metà stipendio. I caporali non sono solo coloro che mettono in relazione domanda ed offerta di lavoro, coloro che chiamano i braccianti a giornata, sono anche coloro che si «occupano» dei lavoratori, «prendendosi cura» delle loro mansioni lavorative, disponendo le squadre di lavoro. Da loro dipendono i modi, i tempi ed i ritmi di lavoro, ma non solo, sono i caporali che forniscono acqua e cibo ai braccianti: 5 euro per un bicchiere d’acqua e altrettanti per un panino. Se non hanno i soldi, vengono scalati dalla paga di fine giornata.
Un’altra forma di sfruttamento largamente praticata è quella che prevede il reclutamento di lavoratori direttamente nel loro paese d’origine, in base ad accordi bilaterali con l’intermediazione di cooperative locali. Questo fenomeno è molto diffuso tra i lavoratori provenienti dalla Romania e dalla Polonia. La retribuzione è assolutamente a discapito dei lavoratori, i quali percepiscono il salario nella valuta del loro paese, al contrario della cooperativa che li ha reclutati, pagata in euro dall’azienda italiana.
La condizione di lavoratori gravemente sfruttati, coinvolge moltissimi immigrati in Italia, eppure di questo si parla poco, evitando di soffermarsi a riflettere sulle condizioni in cui vivono e lavorano molti migranti, le cui dinamiche di sfruttamento sfuggono da una definizione reale.
Tutto questo avviene in un contesto culturale e sociale che sembra approvare e mantenere un tacito consenso rispetto all’opportunità, offerta dalla presenza di una classe di lavoratori stranieri resi deboli dalla loro condizione giuridica, di reperire lavoro a bassissimo costo, a tutti i livelli.
Giustizia sociale per tutti i lavoratori sfruttati anche a causa dalla nuova riforma del lavoro che ci ha tolto lo statuto dei lavoratori e l’articolo 18!! Grazie alla politica sinistroide, viene incentivato lo sfruttamento dei più poveri. Contro il capitalismo borghese massomafioso, per i diritti dei poveri e degli sfruttati: pagherete caro pagherete tutto!! Anarchia: l’unica via.
Il capitalismo Deruba l’uomo dei suoi diritti di nascita,
ne frena lo sviluppo, ne avvelena il corpo, lo mantiene nell’ignoranza,
nella povertà e nella dipendenza, ed organizza poi
le istituzioni caritatevoli che distruggono
l’ultima traccia di dignità dell’uomo
Emma Goldman
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)