Oggi 9 maggio 2024, ricorre il 46° anniversario dell’uccisione di Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse guidate da Mario Moretti (il doppio giochista), il 16 marzo 1978.
Il leader democristiano e quello socialista (Aldo Moro e Pietro Nenni, foto sopra) furono i protagonisti dell’accordo che portò alla composizione dei governi di centro-sinistra negli anni ‘60. Ma per capire meglio il problema, andiamo ad analizzare la storia e il contesto sociale politico economico di allora: si parte dalle decisioni prese alla Conferenza di Yalta dai 3 più potenti del mondo: W. Churchill (Gran Bretagna), F.D. Roosevelt (Stati Uniti) e I. Stalin (Russia) il 4-11 febbraio 1945.
Dopo Yalta e quindi dopo la caduta del fascismo, la presenza in Italia di un Partito comunista così forte, ha suscitato gravissime preoccupazioni negli ambienti della Nato anticomunista. Questa presenza del Partito Comunista Italiano, proprio sulla linea di Yalta, ha creato un imbizzarrimento tremendo che ha portato a mettere in atto la ‘strategia della tensione’ (colpi e stragi di stato), che continuano dalla strage di Piazza Fontana al rapimento e sequestro di Aldo Moro, dove le Brigate rosse in qualche misura sono state poi manovrate da chi aveva tutto l’interesse a far sì che Aldo Moro non uscisse vivo da quella avventura, per impedire il cosiddetto “compromesso storico” (Dc Pci). Nella guerra segreta agli italiani, da piazza Fontana alla strage della stazione di Bologna, si è rintracciato un filo che passa per Gladio. Una visione globale dei fatti, è utile a identificare nomi e responsabilità di chi ha pianificato ed eseguito la guerra del terrore prevista già nel 1956, da un accordo tra servizi segreti italiani e atlantici anticomunisti (partigiani bianchi) per mantenere il Paese all’interno del quadro geopolitico di Yalta, utilizzando l’arma delle stragi, del terrore e dei depistaggi. Durante la conferenza in Crimea ci sarebbe stata una divisione addirittura del mondo, in sfere di influenza o blocchi contrapposti e che l’Italia, nell’ambito di una presunta “logica di Yalta”, sarebbe stata assegnata alla sfera di influenza di Gran Bretagna e Stati Uniti.
Sul numero 6 del settimanale “OP (Osservatore politico”, datato 2 maggio 1978) mentre il sequestro di Moro era ancora in corso, Mino Pecorelli pubblicava un articolo intitolato “Yalta in via Mario Fani”, che si concludeva con queste parole: “È Yalta che ha deciso via Mario Fani” . Pecorelli forniva un’interpretazione del sequestro di Moro, visto come una operazione congiunta delle due superpotenze (Usa e Urss) attuata mediante un misterioso “lucido superpotere”, con le Br semplici comparse su un teatro da altri approntato, con l’obiettivo primario di allontanare il PCI dall’area del potere. In effetti il governo monocolore a guida democristiana (IV governo Andreotti, 11 marzo 1978 – 21 marzo 1979), fu varato con l’appoggio esterno del partito comunista che seguiva il III governo Andreotti (30 luglio 1976 – 11 marzo 1978), sempre un monocolore Dc che aveva governato grazie all’astensione del Partito comunista italiano. È inevitabile però porsi un semplice interrogativo: come potevano le decisioni prese dalle potenze alleate (Usa, Urss e Gran Bretagna) a Yalta nel 1945, produrre effetti 33 anni dopo, al tempo del sequestro Moro (1978) come sosteneva Pecorelli in quei giorni? Nel Dopoguerra la vita politica italiana è stata segnata dagli scandali della partitocrazia e da vicende giudiziarie, che si presentavano come episodi salienti della lotta politica in atto, mentre, fin dal 1973, tutti i quadri del più delicato servizio della difesa erano stati messi fuori combattimento dalla cronaca giudiziaria e scandalistica. Temi e avvenimenti complessi venivano ridotti ad un dibattito e ad uno scandalo di borgo, mentre i “buchi” riempiti con notizie del tutto personali ed intime su personaggi della vita politica che rammentano gli scandaletti che diffondeva il Sifar negli anni ‘50/ ’60 per fare pressioni sugli avversari. Yalta, per molti anni, ha simboleggiato la “divisione del mondo” tra grandi potenze.
A Postdam (17 luglio – 2 agosto 1945) l’Italia perse le sue Colonie africane. La documentazione storica sull’argomento riferisce di orrende stragi di popolazioni africane, della deportazione delle popolazioni del Gebel cirenaico, della costruzione nella Sirtica di 15 letali campi di concentramento, dell’impiego dei gas asfissianti nella guerra coloniale contro l’Etiopia, delle micidiali rappresaglie dopo il fallito attentato al maresciallo Graziani, vice-re d’Etiopia, eccetera. Gli storici testimoniano in merito a massacri di civili, sterminio di élite intellettuali e politiche, nonché di campi di concentramento ove morì la maggioranza degli internati tra i quali oltre 300.000 etiopi e centomila libici. Parlano di massacri, di bombe a gas tipo C.500-T per un totale di 317 tonnellate, e in Etiopia dell’impiego di oltre 500 tonnellate di aggressivi chimici. Il crollo degli Imperi coloniali europei darà origine alla Conferenza afro-asiatica di Bandung, aprile 1955, al Terzo Mondo. L’Urss era un paese vincitore ma ne era uscito esangue dalla guerra. Per gli Usa, invece, essenziale era il cordone di base intorno all’Eurasia anche per non rivivere Pearl Harbour. La suddivisione del Vecchio Continente in due zone d’ideologie e regimi antagonisti, si attuò tra la fine del 1945 e il ‘50. La trasformazione in due blocchi militari tra il 1950 e il ‘55. Simbolo della divisione europea, la Germania divenne la pietra angolare dell’antagonismo Est-Ovest e la sfida fondamentale della sicurezza europea.
La Nato avrebbe tentato di “destabilizzare per stabilizzare” la penisola italiana con le stragi e organizzando il sequestro e l’assassinio dell’on. Moro utilizzando le Brigate Rosse di Mario Moretti, in veste di “gladiatore”, per opporsi al “compromesso storico” o “all’avanzata del partito comunista” o “delle sinistre” (quali?!), secondo le varie formulazioni. In quanto all’on. Moro, che in quel momento ricopriva unicamente una carica onorifica di presidente del Consiglio nazionale della Democrazia cristiana e non aveva alcun potere o influenza sulla politica internazionale, era più importante Andreotti! Il forte partito comunista italiano incuteva paura alla Nato anticomunista. I 12 milioni di voti comunisti e il milione e mezzo di iscritti messi a disposizione di Andreotti?
Steve Pieczenik (a sinistra nella foto): psichiatra, scrittore, editore e pianista statunitense che ha raggiunto notorietà internazionale per il suo coinvolgimento nel caso Moro, inviato dal Dipartimento di Stato Usa per consigliare Cossiga e per verificare che l’Italia obbedisse al Patto Atlantico anticomunista e non cercasse di salvare Moro, ha dichiarato in seguito: “Ho messo in moto una manipolazione strategica al fine di stabilizzare la situazione d’Italia”. Moro doveva morire, Kissinger non riusciva proprio a capire questo uomo onesto, di altri tempi, che cercava di portare l’Italia fuori dai blocchi dell’est, ma anche dell’ovest!
Non dimentichiamoci che proprio in quel periodo il Corriere ebbe direttori affiliati alla P2 (Loggia massonica formata da alti graduati delle gerarchie militari) e che, cosa ancora più incredibile, il comitato messo in azione da Cossiga per la liberazione di Moro, era interamente formato da esponenti della P2. Uno, peraltro, il prof. Franco Ferracuti, era consulente della Cia mentre un altro, Stefano Silvestri, del Kgb, a testimonianza di accordi anche in quella sede!
Siamo una sorta di colonia. Siamo stati ricostruiti dagli Usa e dalla mafia italo-americana, siamo un Paese con governi e opposizioni appiattiti sulla predominanza della Nato. Aldo Moro negli anni ’70 portò avanti una politica volta a far dialogare i due partiti più importanti e più rappresentativi del Paese: la DC e il PCI. L’Italia, appartenente all’alleanza politico-militare della Nato, si ritrovava ad avere il partito comunista più forte tra quelli operanti nelle nazioni del patto atlantico anticomunista. La vicinanza tra il PCI e l’Urss non era quindi ben vista né accettata (perché i sovietici erano nemici giurati dell’Occidente). E naturalmente nemmeno a Mosca piaceva il dialogo del PCI col principale partito italiano alleato degli Usa (la DC).
Numerosi testimoni raccontano che a sparare durante il rapimento di Moro non sono state 4 persone, ma almeno 8-9. Il procuratore generale presso la Corte d’Appello Luigi Ciampoli porterà in seguito a 12 i componenti del commando, di cui fecero parte anche elementi non appartenenti alle BR e killer professionisti, e a 25 il numero complessivo delle persone coinvolte a vario titolo nell’assalto. Dei 93 colpi sparati, 49 provengono dalla stessa arma e sono quelli determinanti per l’azione. Così iniziarono i 55 giorni che travolsero e sconvolsero l’Italia. Tra verità negate, depistaggi, insabbiamenti, documenti spariti e furti misteriosi, come quello nella redazione fotografica dell’agenzia Ansa dove vennero trafugati i rullini con le immagini di un elicottero che sorvolava via Fani pochi minuti dopo la strage ma non apparteneva alle forze dell’ordine. Le Br avvertirono lo Stato della morte di Moro, ma lo Stato già lo sapeva da ore. La storia di quel tragico 9 maggio del 1978 non può essere ridotta alla sola versione ufficiale (di comodo?): le Br sequestrano Moro in via Fani e lo uccidono; al contrario per comprendere quella terribile ‘notte della Repubblica’ occorre passare attraverso a mille ricostruzioni giudiziarie, documenti parlamentari, analisi storiche e giornalistiche. L’ex vicepresidente del CSM Giovanni Galloni, democristiano, intervistato nel 2005 nella trasmissione Next su Rai News 24: “Io non posso dimenticare un discorso che ebbi con Moro poche settimane prima del suo rapimento. Discutevamo con Moro delle difficoltà di trovare i covi delle BR e Moro mi disse: ‘La mia preoccupazione è questa: che io ho per certo la notizia che i servizi segreti sia americani sia israeliani hanno degli infiltrati all’interno delle BR; però non siamo stati avvertiti di questo, perché se fossimo stati avvertiti, probabilmente i covi li avremmo trovati’”. Inoltre proprio in quel periodo, in Italia, la presenza atlantica è conclamata. Tutti i vertici dei servizi segreti erano nelle mani della P2, dai generali Santovito e Grassini a Federico Umberto D’Amato, potente capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, organizzatore della strage di Bologna, nonché uomo della Cia in Italia.
La Commissione Moro comincia a cercarlo in uno scenario ben delimitato: via Massimi, che è una via estremamente prossima a via Licinio Calvo, raggiungibile in pochi secondi in automobile, una via dalla quale ci si poteva allontanare per abbandonare una alla volta le macchine, diminuendo il rischio di essere intercettati dalle forze di polizia. Le due palazzine di via Massimi 91 (dove si ritiene vi sia stata la prima prigione di Moro) sono dello Ior, la banca mondiale del Vaticano. Secondo le indagini svolte dalla commissione parlamentare d’inchiesta, Moro restò per poco tempo in via Massimi 91 e poi potrebbe essere stato trasferito a Villa Odescalchi, a Palo Laziale, poco lontano da Roma. Un altro mistero legato a quella Roma del 1978 è collegato all’ex ufficiale del Ros dei carabinieri Mario Mori (all’epoca capitano), noto poi per essere stato sotto processo e infine assolto nell’ambito del processo Trattativa Stato – Mafia, per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina e la mancata cattura di Bernardo Provenzano. Altre anomalie, emerse durante le audizioni delle commissioni parlamentari, inclusero il fatto che le auto blu di Moro e della sua scorta non vennero blindate, nonostante Moro lo avesse richiesto più volte. Inoltre dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato emerse che venne dato l’ordine di conservare le mitragliatrici nel bagagliaio degli uomini della scorta. Inoltre, si scoprì la presenza di un uomo di Gladio durante il rapimento Moro, il colonnello Guglielmi, nelle ore della mattina, che si giustificò dicendo di essere lì per un appuntamento previsto per l’ora di pranzo, anche se erano solo le 9 del mattino.
Le anomalie e le ombre presenti nel Caso Moro sono ancora molte. Ma ora vogliamo rammentare due libri che hanno fatto (e fanno) storia, avendo dettagliato tanti anni fa cose che ancora oggi il ‘mainstream’ rifiuta di vedere e raccontare. Stiamo parlando di ‘Doveva Morire’, firmato nel 2007 da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato, nel quale balza con tutta evidenza il ruolo svolto dalla CIA nello scientifico ‘omicidio’ dello statista DC che voleva il compromesso storico col PCI di Enrico Berlinguer: lo confessa l’agente CIA Steve Pieczenick, che rivelò: ‘Moro doveva morire’ (da qui il titolo del libro); e di un interessante libro, un altro ‘must’ uscito due anni dopo, “Complotto – Caso Moro. Il patto segreto tra DC e BR”, firmato da Sandro Provvisionato e Stefania Limiti, che descrivono per filo e per segno il ruolo svolto proprio da Gladio nel giallo Moro.
L’Operazione segreta Gladio è stata scoperta nel 1990, quando il pubblico ha appreso che la CIA, l’MI6 e la NATO hanno addestrato e diretto un esercito clandestino di unità paramilitari fasciste in tutta Europa, dispiegando le proprie risorse per indebolire gli oppositori politici, anche attraverso attacchi terroristici sotto falsa bandiera (false flag). Tra loro c’era un giovane Silvio Berlusconi (foto sopra), l’oligarca dei media che ha fatto la sua parte come I ministro italiano in 4 governi separati tra il 1994 e il 2011. Elencato come membro della P2 (tessera n° 1816), la cabala segreta dell’era della Guerra Fredda delle élite politiche devote agli obiettivi di Gladio. Gladio consisteva in una costellazione di eserciti partigiani anticomunisti (partigiani bianchi) “restanti”, la cui missione apparente era quella di respingere l’Armata Rossa in caso di invasione sovietica. In realtà, queste forze hanno commesso innumerevoli atti violenti e criminali come parte di una “strategia della tensione” progettata (dal Patto Atlantico anticomunista nel 1949 ) per screditare la sinistra e giustificare una repressione dello stato di sicurezza. Gli stragisti di Stato rimangono impuniti perché lo Stato non può condannare se stesso. L’assassinio di Moro ha ispirato diffusi e fondati sospetti che gli agenti di Gladio si siano infiltrati nelle Br per spingere il gruppo a commettere atti eccessivamente violenti al fine di fomentare la richiesta popolare di un regime di legge e ordine di destra. Più di qualsiasi altro crimine, l’uccisione di Moro ha soddisfatto gli obiettivi della strategia della tensione dello stato di sicurezza Nato anticomunista. Nell’aprile 1981, i magistrati di Milano fecero irruzione nella villa di Licio Gelli, un finanziere italiano e sedicente fascista che fondò la P2 (loggia massonica formata da alti gradi delle forze dell’ordine – disordine). Lì, hanno scoperto un elenco di 2.500 membri che si leggeva come un “Who’s Who” di politici italiani, banchieri, spie, finanzieri, industriali e alti gradi e funzionari delle forze dell’ordine e militari. Tra i membri più importanti della cabala c’era Silvio Berlusconi. Il fondatore della P2 Gelli era così ben collegato all’apparato di sicurezza nazionale e di intelligence di Washington, che la stazione di Roma della CIA lo aveva esplicitamente incaricato di istituire un governo parallelo anticomunista a Roma.
Successive indagini mostrarono come Henry Kissinger (foto sopra), aiutò a sovrintendere al reclutamento di 400 alti ufficiali italiani e della NATO come agenti della P2 nel 1969. I presidenti Gerald Ford, Jimmy Carter e Ronald Reagan, fecero la loro parte. Il deputato Sergio Flamigni, già membro delle Commissioni d’inchiesta sul caso Moro e sulla P2, scrisse che Guglielmi era «uno dei migliori addestratori di Gladio, esperto di tecniche di imboscata, che lui stesso insegnava nella base Nato sarda di Capo Marrargiu dove si esercitavano anche gli uomini di Gladio». Un’altra presenza sulla quale sono stati avanzati dubbi e sospetti è quella del cosiddetto ‘uomo col cappotto color cammello’, identificato nel signor Bruno Barbaro. Cognato del generale Fernando Pastore Stocchi, un’ufficiale del Sid, il servizio informazioni difesa, che era stato anche a capo della base Gladio di Capo Marrargiu e stretto collaboratore del generale Vito Miceli. Barbaro era titolare di un’azienda che aveva sede in via Fani, sopra al bar Olivetti. Svolgeva attività commerciali, tra i suoi clienti figuravano il Policlinico Gemelli di Roma, ma anche la Banca d’Italia e il Senato, e aveva diversi uffici, uno dei quali in via Fusco, a Monte Mario, che affacciava su via Pineta Sacchetti, a un paio di chilometri in linea d’aria da Forte Braschi, il quartier generale del servizio segreto militare. Una terza presenza anomala riguarda un presunto funzionario dei servizi che compare in alcune foto che dimostrerebbero che era stranamente presente nell’immediatezza di eventi di straordinaria importanza: il 16/3/1978 in via Fani, il 9/5/1978 in via Caetani, in occasione del rinvenimento del cadavere di Moro, e verosimilmente anche il 3/9/1982, in via Carini, a Palermo, dopo l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela Setti Carraro. La Commissione ha svolto accurate indagini nel tentativo di individuare l’uomo, accertando almeno in due circostanze, che non si tratta della stessa persona. L’uomo ritratto in via Fani è Giuseppe Pandiscia, un funzionario della polizia scientifica, quello ritratto a Palermo è Antonino Wjan, anch’egli dirigente della scientifica, mentre non è stato possibile identificare l’uomo che si intravede nella foto scattata in via Caetani vicino alla Renault 4 in cui fu trovato il corpo dello statista. Quanto ad eventuali contatti o rapporti tra Bonanni o la società immobiliare Poggio delle rose con organismi di intelligence, la Commissione ha riscontrato che la sede dell’immobiliare coincideva con quella della Fidrev Fiduciaria e Revisione srl, una società che da molti anni ne seguiva la contabilità e la gestione. La Fidrev, a sua volta legata all’Immobiliare Gradoli, proprietaria di alcuni appartamenti nello stesso stabile di via Gradoli dove durante il sequestro fu scoperto un covo Br, a partire dal 1978 curava i conti e la gestione delle società di copertura del Sisde, il servizio segreto civile. Un altro misterioso aspetto, su cui si sta concentrando la Commissione parlamentare d’inchiesta, è la possibilità che le Br scelsero via Fani perché il Bar Olivetti, davanti al quale avvenne la carneficina, era sede di un inedito intreccio di interessi. La Commissione, in particolare, sta scandagliando l’ipotesi che il titolare del bar possa essere stato in relazione o coi servizi di sicurezza o con le forze dell’ordine. Alcuni testimoni riferirono che il bar, nonostante fosse in liquidazione, non era affatto chiuso in quelle settimane e la mattina del 16 marzo, come invece è stato ripetuto negli ultimi 37 anni, era aperto. Il titolare, Tullio Olivetti, era un personaggio molto noto agli ambienti investigativi per essere stato coinvolto in un’inchiesta su un traffico internazionale di armi e di valuta falsa (aveva riciclato 8 milioni di marchi tedeschi provento di un sequestro avvenuto in Germania), da cui uscì indenne ma col pesante sospetto che in realtà fosse un collaboratore di apparati istituzionali. Il suo nome compare anche negli elenchi delle persone presenti a Bologna nei giorni antecedenti la strage alla stazione del 2 agosto 1980. Nel processo d’appello “Ndrangheta stragista”, sta emergendo con chiarezza il ruolo dei servizi segreti e degli ambienti neofascisti con le stragi del ’92 e ’93 ed i legami tra gli uomini degli apparati di sicurezza e i boss di mafia e ndrangheta.
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La ballata di Alfredo Cospito https://www.youtube.com/watch?v=LQsTdr2vGNs
Emsi Caserio: Rap Anarchico Popolare (VIDEOCLIP 2014)https://www.youtube.com/watch?v=qg4N2z7g_5k
Montelupo dal vivo a Roma 09/09/2023 (concerto integrale)https://www.youtube.com/watch?v=yvQV0VPnNHI
Assalti Frontali – Faremo scuola (Video Lyrics)https://www.youtube.com/watch?v=PAaFCLIGn4U
La ballata di Sacco e Vanzetti (Version 3)https://www.youtube.com/watch?v=LArkhoHot8c
Il Ritorno Di Paddy Garciahttps://www.youtube.com/watch?v=impQwh4qwy4
Borghesia (2006 Digital Remaster)https://www.youtube.com/watch?v=Ql7Q3xab_eM
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Non si può abolire il privilegio e stabilire
solidamente e definitivamente la libertà
e l’uguaglianza sociale se non abolendo
il governo, non questo o quel governo,
ma l’istituzione stessa del governo.
Dal “Programma” dell’Unione Anarchica Italiana (1899)
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Solidarietà a tutti i compagni e le compagne ingiustamente reclusi.
Fuori i compagni dalle galere e dentro i politici e i loro cani fedeli.
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)