In questi giorni i mass media hanno scritto che il P2ista generale dei carabinieri Mario Mori comandante del ROS e direttore del SISDE (servizio segreto militare) è stato indagato dalla Procura di Firenze per gli attentati del ’93 a Roma, Firenze e Milano, e indagato anche per associazione mafiosa con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. Teniamo presente che il gen. Mori, comandante dei carabinieri del Ros, era appena stato assolto con sentenza definitiva in Cassazione al processo sulla trattativa tra Stato e mafia all’epoca delle stragi di Stato del ’92 e del ’93. Lo stato per non tirare fuori il problema politico militare sociale economico e geopolitico (in Italia abbiamo 36 basi militari Nato – Patto Atlantico anticomunista) ha preferito assolvere il generale dei carabinieri P2 per evitare che saltassero fuori i sporchi giochi – altarini fatti dallo Stato. Ha preferito assolverlo per non affrontare il problema della loggia massonica P2, che è la stessa loggia di qui faceva parte Silvio Berluskoni e il generale dei carabinieri Mario Mori, indagato e condannato per aver portato avanti in Italia anche il piano militare della strategia della tensione fatto di colpi e stragi di Stato!!.. In sintesi per la commissione stragi: sulle stragi di Stato (organizzate dal Patto Atlantico anticomunista), secondo i magistrati di Firenze, Mori sarebbe stato a conoscenza degli imminenti attentati ma nulla avrebbe compiuto per impedirli (perforza li aveva organizzati lui dall’alto) . A informare Mori sarebbe stato nell’agosto ’92 il maresciallo Roberto Tempesta, informato dal suo compare di destra Paolo Bellini (foto sotto), che gli avrebbe anticipato le bombe al patrimonio storico, artistico e monumentale e alla torre di Pisa. E dopo anche dal pentito Angelo Siino, durante un colloquio investigativo il 25/6/’93, gli avrebbe espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord. I misteri della loggia P2, irrompono anche nel processo per la trattativa Stato-mafia. Il gen. Mario Mori, avrebbe frequentato il maestro Licio Gelli, negli anni ‘70. Così, in questo periodo è iniziata in gran segreto una nuova indagine per scavare nel passato dell’ex comandante del Ros poi diventato capo dei Servizi segreti occulti (P2), l’uomo del dialogo segreto col mafioso Vito Ciancimino nei mesi delle stragi Falcone e Borsellino..!!
Mori è sempre stato un ufficiale spregiudicato, inserito nella cordata del direttore del servizio segreto, Vito Miceli era deputato alla Camera per il Movimento Sociale Italiano per tre legislature, eletto nel collegio di Roma nel 1976 e rieletto nel 1979 e nel 1983, restando a Montecitorio fino al 1987, in quegli anni coinvolto nella cospirazione del colpo di stato “golpe Borghese”. Fu arrestato nel 1974 mentre era al vertice del SID, con l’accusa di cospirazione contro lo Stato, nell’ambito inchiesta sulla Rosa dei venti, un gruppo clandestino di cui facevano parte elementi dei servizi segreti dei quali è stato supposto un coinvolgimento in attentati, stragi e, per favoreggiamento, nel tentato Golpe Borghese del dicembre 1970. Il suo nome è stato associato anche all'”Operazione Gladio”. Comparve inoltre nel 1981 nella lista degli appartenenti alla P2 (fascicolo nº 491). Secondo un articolo del New York Times, nel 1972 Miceli – all’epoca direttore dei servizi militari italiani – avrebbe ricevuto 800.000 dollari dall’ambasciata americana per operazioni sporche, sotto copertura. Il P2 Mori teneva rapporti anche col giornalista Mino Pecorelli, con le sue macchine da scrivere preparava anonimi. Mori è stato accusato anche di essere stato uno dei protagonisti della trattativa Stato-mafia. Il nuovo scenario fra P2 ed eversione di destra viene approfondito anche dal procuratore gen. Roberto Scarpinato, che chiederà la riapertura dell’istruttoria in un altro processo che vede imputato Mori, in appello, per aver favorito la latitanza del boss Provenzano. In primo grado, il generale è stato assolto. Il pg insiste per la sua colpevolezza. E, adesso, alla vigilia del processo spunta un’incursione nella stanza di Scarpinato: qualcuno gli ha lasciato una lettera anonima sulla scrivania. E gli ha scritto: «Fermati». A cosa è riferito? Le indagini sul Sid sembrano portare dritte agli anni della trattativa stato mafia. Ma l’ambiguità del P2ista gen. dei carabinieri Mario Mori non finisce qua: la sua ultima vita, quella da imputato nel processo sulla trattativa Stato-mafia, è culminata in una assoluzione in appello cui è seguita la proposta di alcuni suoi compari di nominarlo senatore a vita per non incarcerarlo. Mori da ufficiale dei cc e poi prefetto della Rep, s’è occupato di mafia ma, prima ancora si era impegnato a gestire (manovrare) i terroristi di stato sia di destra che di sinistra. Mario Mori è indagato ai sensi dell’art. 331 cpp, per testimonianza falsa e reticente. Su cosa ha mentito, su cosa è stato reticente? Mori è stato denunciato e incolpato per aver portato avanti il Piano stragista (stragi di stato) della Nato anticomunista (Piano militare Nato: Patto Atlantico anticomunista fatto di colpi e stragi di Stato). Mori dal 1965 è stato comandante dei cc a Padova, dal ‘68 a Villafranca di Verona. Poi, dal 1972 al ‘75, al Sid, il servizio segreto militare. Dopo un passaggio al Nucleo radiomobile dei cc di Napoli, il 16/3/1978 (casualmente il giorno del sequestro Moro…) è andato a comandare la Sezione polizia anticrimine di Roma (dove ebbe una delega d’indagine sulla strage di Bologna e sull’omicidio del giudice Mario Amato la Corte di assise di Bologna condannerà alla pena dell’ergastolo Gilberto Cavallini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Paolo Signorelli), per poi passare a Palermo, dove dal 1986 al ‘90 (il periodo dell’istruttoria sull’omicidio di Piersanti Mattarella) è stato comandante del Gruppo cc di Palermo 1. Come investigatore, si è trovato sempre al centro delle trame eversive, armato del più alto grado del nulla osta di sicurezza, quel Nos Cosmic che gli permetteva di accedere anche ai segreti militari della Nato (segreto di Stato), segreti tolti a fine anni ‘90 dalla commissione stragi dopo 50 anni. Il P2ista Mario Mori, l’uomo che dedicò la sua vita a trattare con la criminalità organizzata, si era impegnato anche a organizzare militarmente anche le stragi di stato nere (mettersi d’accordo con la destra per eseguire le stragi di stato del Patto Nato Atlantico anticomunista). Il processo sulla trattativa Stato-mafia, è culminato in una assoluzione in appello.
Alcune logge massoniche decisero che i comunisti non dovevano entrare dentro al potere politico militare economico, questo doveva essere impedito a qualsiasi costo. Perciò crearono strutture di raccordo come la Rosa dei Venti, che dispiegavano la loro azione tramite servizi segreti, militari, giudici e militanti pronti a qualsiasi tipo di azione sporca. Come disse uno di loro, Amos Spiazzi (foto sopra), Monarchico, è il militare che più di ogni altro ha avuto una carriera anomala, con diciannove procedimenti giudiziari a carico, sei anni di carcerazione preventiva e tutte assoluzioni. Ma chi è davvero il generale di brigata Amos Spiazzi, già membro dell’Os, l’Organizzazione di Sicurezza dell’Esercito, protetta da codici militari e attiva fin dagli anni Sessanta? Chi è quest’uomo, arrestato già nel ’53 durante i moti di Trieste e che poi ha conosciuto via via tutti i personaggi più rappresentativi della destra eversiva? Che ha fatto parte della Rosa dei Venti, che bloccò con una telefonata il golpe Borghese, chiamando direttamente il Principe Valerio, che era ricoverato in ospedale il giorno della fuga di Kappler, il boia delle Fosse Ardeatine? E che, ancora, nonostante fosse sotto processo divenne collaboratore dei servizi segreti. Mori aveva dichiarato in quel periodo ai mass media: “Meglio una strage di una guerra civile”. La strategia della tensione in Italia inizia dopo la guerra, con Portella della Ginestra (la prima strage della Repubblica commessa il 1° maggio 1947) in località Portella della Ginestra a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo che provocò 11 morti.
Il principe don Gianfranco Alliata di Montereale, massone, fu sovrano gran commendatore della massoneria di rito scozzese antico e accettato per l’Italia (costituita nel 1948). Il 30/4/1947 fu eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana ma si dimise nel ‘48 perché eletto deputato alla Camera, nella prima legislatura, per il Partito Nazionale Monarchico, nel collegio unico nazionale. Secondo il giudice Tamburino, il protagonista della strage di Portella della Ginestra è proprio lui: il principe don Gianfranco Alliata di Montereale, personaggio misterioso e potentissimo che il magistrato pone sullo stesso piano, se non sopra, al massone Licio Gelli. A Tamburino gli affidano un’indagine sull’associazione militare occulta sovversiva Rosa dei Venti che si rivelerà non un gruppo di esaltati anticomunisti ma un’organizzazione, riconosciuta dall’intelligence Usa, para-ufficiale “la cui catena di comando non si identificava con la gerarchia formale, bensì rifletteva una gerarchia parallela di cui facevano parte anche civili”. Militari e civili uniti nella lotta contro i rossi e per questo ogni mezzo era lecito. Era la guerra non ortodossa teorizzata in ambito Nato anticomunista fin dagli anni ‘50. Il documento desecretato ‘Demagnetize’, spiega che contro i partiti comunisti francese e italiano bisognava fare pressione sui governi e agire con “proprie attività”. A differenza di Gladio, organismo segreto ma istituzionale, la Rosa dei Venti è stato un gruppo segreto ma clandestino. Le operazioni sono coordinate da quella zona grigia, il famoso ‘Deep State’: si intende a livello politico l’insieme di quegli organismi, legali o no, che grazie ai loro poteri economici, militari o strategici condizionano l’agenda degli obiettivi pubblici, di nascosto e a prescindere dalle strategie politiche degli Stati del mondo, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica. Detto anche “Stato dentro lo Stato”, è costituito da lobby e reti nascoste, segrete, coperte, di potere in grado di agire anche contro le pubbliche istituzioni. Il caso più famoso italiano è quello della doppia fedeltà degli apparati dello Stato durante la strategia della tensione nelle attività della loggia ‘Propaganda 2’. La Propaganda 2 (meglio nota come P2) era una loggia massonica aderente al Grande Oriente d’Italia (GOI) che, nel periodo della sua conduzione da parte di Licio Gelli, assunse forme deviate ed eversive nei confronti dell’ordinamento giuridico italiano. La P2 fu sospesa dal GOI il 26/7/1976; successivamente, la Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P2 (loggia formata anche da alte gerarchie militari) sotto la presidenza dell’onorevole Tina Anselmi, concluse il caso P2 denunciando la loggia come una vera e propria «organizzazione criminale» ed «eversiva». Fu sciolta con un’apposita legge, la n° 17 del 25/1/1982.
Le stragi mafiose del 1992, sono state determinate dal timore dell’ingresso di rappresentanti del vecchio Pci nella compagine governativa. Ma più che il vecchio Pci che non esiste più, ciò che faceva paura era l’azione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che stavano indagando sulla massomafia, un livello superiore della mafia ignorante (ma non per questo giustificabile). Falcone da tempo aveva individuato le connessioni del delitto Mattarella, fra estremisti di destra, mafia e politica. Mentre per Paolo Borsellino, fu un delitto ancora oggi inspiegabile, rimane valida l’ipotesi della pista su mafia e appalti e la saldatura con le indagini di Mani Pulite; aveva dichiarato che la mafia era il braccio armato e che dietro alle stragi di Stato c’era la massoneria – massomafia (parola coniata da Falcone prima di morire).
Il 1974 è l’anno chiave in cui avviene “il cambio del fucile”. Come affermò “con serena certezza” il generale Vito Miceli, direttore del Sid, e descritto da Mino Pecorelli su O.P.: dalla destra si passò alla sinistra. E caddero magistrati come Girolamo Minervini, sostituito da Ugo Sisti processato per favoreggiamento di Paolo Bellini coautore della strage di Bologna, e poi Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Walter Tobagi e molti altri che di destra non erano. Fino ad Aldo Moro, che voleva portare il Pci cattolico al governo.
Ora analizziamo le carte acquisite al processo trattativa Stato-mafia sempre riguardo il passato di Mario Mori (condannato a 12 anni nel processo Trattativa stato mafia che lo vedeva imputato assieme ad altri ex ufficiali dell’Arma, ex politici e boss mafiosi) all’interno dei Servizi di Sicurezza negli anni ‘70, il suo coinvolgimento nelle trame nere della Rosa dei Venti ed i collegamenti col Gran Maestro della P2 Licio Gelli ed il giornalista Mino Pecorelli negli anni della strategia della tensione (colpi di Stato e stragi di Stato). Dopo aver ricostruito i clamorosi episodi della “mancata perquisizione del covo di Riina”, insieme alle mancate catture dei boss latitanti Nitto Santapaola nel ’93 e Bernardo Provenzano nel ’95, la Corte si dedica ad analizzare la testimonianza del colonnello Massimo Giraudo (foto sotto), pesantemente messa in discussione anche con gravissime accuse dalla difesa dello stesso Mori. Ma la Corte smonta ogni contestazione evidenziando come “tutte le dichiarazioni di Giraudo trovano fondamento inequivocabile nei documenti acquisiti nel corso delle indagini del predetto teste e riversati nel presente processo”.
Materiale in cui racchiude una parte dell’attività di indagine sulla permanenza dell’ex capo del Ros Mario Mori al Sid (Servizio Informazioni difesa, ex Sismi, attuale Aise) nei primi anni ’70. Nel corso della requisitoria i pm avevano parlato di un “modus operandi che è stato, da sempre e per sempre, o ‘Oltre’ o ‘Contro’ le leggi e le regole” ed aveva evidenziato vari episodi che avevano visto protagonista l’ex generale del Ros come protagonista proprio negli anni in cui era inserito nei Servizi di sicurezza. I giudici ripercorrono gli elementi emersi sul suo allontanamento nel 1975 dal Sid, dov’era entrato nel 1972 grazie al gen. Vito Miceli su sollecitazione di Federico Marzollo. A differenza da quanto da lui stesso sostenuto non era dovuto a “incomprensioni tra Maletti e Miceli”, come Mori aveva sostenuto in aula, ma al suo possibile coinvolgimento nella “Istruttoria sulle Trame Nere”, tanto che a Roma era stata aperta l’inchiesta sul golpe Borghese (golpe Borghese fu un tentato colpo di Stato avvenuto in Italia durante la notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, organizzato dal principe Junio Valerio Borghese, fondatore del Fronte Nazionale, in collaborazione con Avanguardia Nazionale) e vi erano confluite le indagini padovane sulla Rosa dei Venti. Nelle motivazioni della sentenza si legge che dalle carte acquisite “si ricava che Mori era ben a conoscenza delle ragioni del suo allontanamento nel 1975 dal Sid di Roma… si evidenzia il mendacio e il tentativo di depistaggio posti in essere”. Altro punto critico riguarda le relazioni tra Mori e il venerabile Licio Gelli. In questo caso non esistono documenti che provano la sua affiliazione alla P2, tuttavia i giudici ritengono veritiere le dichiarazioni del colonnello Mauro Venturi. Quest’ultimo disse che Mori “da lui conosciuto nel 1972 al Sid, ebbe a dirgli che ‘molti colleghi avevano aderito alla P2’, chiedendogli ‘una sorta di consulto e di iscrizione condivisa’”. E poi aggiunse che Gianfranco Ghiron, vicinissimo a Mori, e fratello di Giorgio (anni dopo sarà l’avvocato e il fiduciario di Vito Ciancimino), “era ben introdotto negli ambienti dell’intelligence statunitense” ed “era proprio di destra, ma della destra più nera, per questo si trovava bene con Mori, che era nero quanto lui, anche se da buon cattolico cercava di non farlo vedere”. In conclusione, la Corte dipinge il gen. dei cc Mario Mori come un soggetto “insofferente alle regole, soprattutto ai doveri che connotano l’attività della polizia giudiziaria rispetto all’autorità giudiziaria che ne è referente”. Un’insofferenza, proseguono i giudici, elevata a modus operandi durante la fase della trattativa “che ha portato Mori a trattare con i mafiosi, senza informare alcuna autorità giudiziaria, senza incanalare dunque quella iniziativa nel rispetto delle regole dello Stato di diritto, e in definitiva senza valutarne le conseguenze che infatti si sono rivelate devastanti, allorché i mafiosi, percependo il segnale di cedimento dello Stato, hanno incrementato il programma stragista”. Ma il problema maggiore è stato che Mori dopo l’arresto non fa perquisire l’abitazione del capo dei capi e sospende l’attività di osservazione, senza avvertire la Procura di Palermo. Il covo viene così ripulito e perfino imbiancato da una squadretta di Cosa nostra. Anche in questo caso, però, nessuna colpa, stabilisce il Tribunale di Palermo al termine di un processo per favoreggiamento ai mafiosi: “il fatto non costituisce reato”.
La sentenza sottolinea comunque che “l’omessa perquisizione della casa e l’abbandono del sito sino ad allora sorvegliato, hanno comportato il rischio di devianza delle indagini che, difatti, nella fattispecie si è pienamente verificato, stando alle manifestazioni di sollievo e di gioia manifestate da Bernardo Provenzano (foto sopra) e da Benedetto Spera”. L’“incidente” si ripete un paio d’anni dopo. Un mafioso, Luigi Ilardo, spiffera al colonnello dei carabinieri Michele Riccio che nell’ottobre 1995 avrebbe potuto trovare Provenzano in un casolare di Mezzojuso, in provincia di Palermo. Mori sorveglia ma decide di non procedere all’arresto. Il pm Nino Di Matteo chiede che sia condannato a 9 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato. Ilardo viene ucciso dalla mafia, Mori assolto perché “il fatto non costituisce reato”. Quel blitz mai ordinato nelle campagne di Mezzojuso per i giudici è solo una “condotta negligente”, “il frutto di una, pur sicuramente colpevole, sottovalutazione dell’importanza dello spunto investigativo”. Questo non impedisce a Mori di fare carriera, di diventare il capo ed essere promosso generale. Due anni prima era fallito l’arresto di un altro superboss, Nitto Santapaola, capo della famiglia catanese di Cosa nostra. Nel 2001 c’è anche il P2ista (N. di tessera 1816) Silvio Berlusconi, che torna al governo e promuove il gen. Mori prefetto della Repubblica e direttore del Sisde, il servizio segreto civile. Nel 2006 il generale-prefetto Mori riceve e accetta 2 incarichi di controllore della legalità: consulente della sicurezza del sindaco di Roma Gianni Alemanno (sotto i cui occhi crescono i tentacoli di Mafia capitale) e poi consulente del comitato per la legalità di Expo 2015 del ciellino infame (partigiano bianco) Roberto Formigoni (foto sotto), poi condannato per corruzione, mentre Expo è assaltata dai corrotti e infiltrata dalle cosche.
La destra eversiva, la P2, i Servizi segreti deviati hanno una lunga esperienza di golpe, golpetti, stragi di Stato e trattative riservate. La morte di Aldo Moro può essere annoverata sicuramente tra quelle appartenenti alla strategia della tensione. Insomma, un termine che non viene coniato a caso, perché è aderente a quei termini che venivano utilizzati in quel periodo da Moro e dalla sua politica, cioè la cosiddetta “strategia dell’attenzione”, quella strategia che era servita ad avvicinarsi al Pci. Moro, nel Memoriale che lascia alle BR fa capire di aver intuito che quel termine “strategia della tensione” fosse riferito proprio alle sue politiche, a quei termini che lui stesso utilizzava. La strategia della tensione si basa su una serie preordinata di atti terroristici volti a diffondere nella popolazione uno stato di insicurezza e di paura, tali da far giustificare, richiedere o auspicare svolte politiche di stampo autoritario; può anche essere attuata sotto forma di tattica militare che consiste nel commettere attentati dinamitardi e attribuirne la paternità ad altri. Scrive il giudice Priore: “Moro era a conoscenza di segreti militari tali che la sua collaborazione con le BR avrebbe messo a repentaglio la sicurezza del sistema difensivo atlantico». In questo contesto è fondamentale fare attenzione alle date. Il 10 aprile viene pubblicato il comunicato numero 5 delle BR, dove Aldo Moro parla di Taviani. Sa che è il capo di Gladio, racconta i suoi ruoli istituzionali, la sua influenza e poi fa un accenno anche al caso della mancata apertura di una trattativa per liberare Moro, e dice: “Vi è forse, nel tener duro contro di me, un’indicazione americana e tedesca?”. Cinque giorni dopo esce però l’altro comunicato, il comunicato n. 6 dove di fatto le BR annunciano la condanna a morte di Moro. Non pubblicheranno più nulla, nonostante l’avessero promesso non verrà pubblicata la parte su Gladio, né quella parte che riguarda i rapporti tra Andreotti e i servizi segreti o quelli malati con le banche. Taviani era fuori dai giochi ormai, mentre Andreotti era nel pieno del suo potere. Perché le BR non si appendono la medaglia nel denunciare quello che avevano sempre combattuto, cioè l’Italia che era sotto il giogo degli Americani? La risposta potrebbe celarsi dietro al ruolo dei burattinai. Nel 1981 viene arrestato Mario Moretti, e lì emerge la leadership di quella figura ambigua di Giovanni Senzani che è il responsabile del sequestro D’Urso, del sequestro Cirillo, del sequestro del direttore del petrolchimico di Marghera Taliercio, poi ucciso, del rapimento del generale americano della Nato Dozier. Senzani è un docente universitario, borsista del Cnr, ed è anche consulente dell’amministrazione giudiziaria. Solo dopo emergeranno i suoi contatti col centro parigino Hyperion, un centro coordinato dal terrorismo di sinistra e di destra (servizi segreti di destra e sinistra) per mantenere gli equilibri del patto atlantico e impedire l’accesso dei comunisti al governo. La politica di Aldo Moro fu lentamente ma inesorabilmente condizionata dalla Guerra fredda. In particolare, l’apertura al Psi negli anni ’60 e al Pci negli anni ’70. Premonitrice la vicinanza di Moro a Enrico Mattei, partigiano bianco democristiano che alla presidenza dell’ENI negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e un importante accordo commerciale con l’Unione Sovietica, spezzando il monopolio delle compagnie petrolifere angloamericane. Mattei fu ucciso in quello che fu definito il “primo attentato terroristico del nostro paese”, il suo aereo fu sabotato e precipitò il 27/10/1962. Moro fu un fedele alleato degli Stati Uniti ma non un suddito e quando decise di guardare ai comunisti ricevette l’aut aut del segretario di Stato americano Kissinger (foto sotto).
Craxi piaceva agli americani innanzitutto per il tratto leaderistico, fortemente anticomunista. E qui si torna sul cambio di rotta evidenziato dal senatore Giovanni Pellegrino, che è stato Presidente della Commissione Stragi, e che ha evidenziato in un’audizione davanti alla Commissione Moro 2 nel 2014. Che cosa ha fatto cambiare idea alle BR tra il 5° comunicato 5 e il 6°, dove prima si annunciavano alte rivelazioni e poi dopo improvvisamente si annuncia la condanna a morte di Moro? Cosa ha impedito alle BR di pubblicare quelle informazioni su Gladio e su Andreotti? Sono diventate carburante per una trattativa come ipotizza Giovanni Pellegrino, oppure fanno parte di una strategia molto più ampia che il collega Fasanella ha trovato negli archivi londinesi? Cioè il controllo da parte degli inglesi della nostra politica estera, della politica economica, il controllo al centro del Mediterraneo, delle fonti energetiche e delle rotte petrolifere. L’ Eni di Mattei dava fastidio e Mattei aveva creato dei grattacapi alla Gran Bretagna, tanto che l’ufficio per gli Affari Esteri aveva scritto, nel ’57 di Mattei: “E’ un uomo potente nonché pericoloso”. E poi ancora nel ’62 ci torna sopra e dice: “Abbiamo tentato di fermarlo in ogni modo ma purtroppo non ci siamo riusciti. Forse è il caso di passare la pratica all’intelligence”. È il 1962, dicevamo. Qualche mese dopo, Mattei (a sinistra nella foto) morirà in un incidente aereo. Era nella Dc e poco prima di morire era passato nella corrente proprio di Aldo Moro (a destra nella foto).
Ma c’è di più. Fasanella ha trovato anche un’altra chicca negli archivi londinesi. Nel ‘76, Londra è nel panico per la salita, l’ascesa del Pci in Italia, tenta di fermarlo, ipotizza anche un golpe ad opera della destra, ma ci sono le resistenze degli americani, temono un bagno di sangue e allora optano per il piano B. E che cos’è questo piano B? Il piano B è una diversa azione sovversiva, che contemplava la propaganda occulta. Cioè influenzare i giornali, corrompere i giornalisti e utilizzarli come strumento per condizionare la politica. Poi se non funziona si passa alla corruzione, alla macchina del fango, l’intimidazione, fino all’eliminazione fisica. Secondo un testimone d’eccezione, i brigatisti avrebbero avuto dei burattinai, ma anche chi doveva salvare Moro aveva dei burattinai. Nei primi scritti di Moro emerge il dissidio col Segretario di Stato americano, il repubblicano Henry Kissinger, determinato in particolare dalla decisione di Moro di non offrire le basi militari in Italia per la guerra arabo-israeliana del 1973. Non avendo Moro ritenuto che quel conflitto fosse un conflitto della Nato.
Sono trascorsi più di 32 anni da quei fatti. Le sentenze definitive hanno condannato gli esecutori delle stragi di Capaci (foto sopra) e Via D’Amelio del 1992, di Via dei Georgofili a Firenze, di Via Palestro a Milano, delle bombe di Roma del 1993. Sono però rimasti nell’ombra i mandanti esterni alla mafia. Eppure, dalle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia è emerso che quelle bombe erano parte di un piano di destabilizzazione politica con ben altri burattinai, in alcuni casi indagati, come Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, ma mai condannati. Ma quand’è che i Ros, cioè il colonnello Mori e il capitano De Donno, rendono esplicito in quegli anni il fatto che il rapporto mafia appalti poteva essere il movente occulto, il movente vero, dell’omicidio di Paolo Borsellino e della sua scorta? Paolo Borsellino aveva saputo della trattativa che il Ros dei carabinieri aveva in corso coi vertici di Cosa Nostra. E ne era rimasto sconvolto. Il lungo processo che è scaturito da questa oscura vicenda si è concluso nell’aprile del 2023, la Cassazione ha confermato l’assoluzione in appello degli ufficiali dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno per non aver commesso il fatto. Avevano trattato con Cosa Nostra per il tramite di Vito Ciancimino la fine della campagna stragista del ’92-’93. Stimolando la mafia a continuare la strategia stragista.
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ORA VI PROPONIAMO DI ASCOLTARE QUESTE CANZONI
W l’ANARCHIA!
Rap Militante Internazionale – antagonista a vitahttps://www.youtube.com/watch?v=DbEgrN6QJWg&list=RDqg4N2z7g_5k&index=9
I Cento Passi – La mafia è una montagna di merdahttps://www.youtube.com/watch?v=Mxo7RyznAT0&t=12s
Modena City Ramblers – I Cento Passihttps://www.youtube.com/watch?v=KUpcxdg2Iqs
ASSALTI FRONTALI – FAN**LO CI SIAMO ANCHE NOIhttps://www.youtube.com/watch?v=gA0D-lhnIbE
Assalti Frontali – Il rap della Costituzione (Video Lyrics)https://www.youtube.com/watch?v=HSqvenoewbE
La ballata di Alfredo Cospitohttps://www.youtube.com/watch?v=LQsTdr2vGNs
Figli della Stessa Rabbia (Live)https://www.youtube.com/watch?v=CIe_38c3zDs
Banda Bassotti – Rigurgito Antifascista (feat. OZulù)https://www.youtube.com/watch?v=GqBppCZqQLE
TALCO “Danza dell’Autunno Rosa” (Official video)https://www.youtube.com/watch?v=3SgcaZCLJFk
canzone peppino impastatohttps://www.youtube.com/watch?v=YjLpGi1b6ig
E Verrà il dì Che Innalzerem Le Barricatehttps://www.youtube.com/watch?v=ntADLFHLXZ0&list=RDntADLFHLXZ0&start_radio=1&rv=YjLpGi1b6ig
Il Ritorno Di Paddy Garciahttps://www.youtube.com/watch?v=impQwh4qwy4&list=RDimpQwh4qwy4&start_radio=1&rv=ntADLFHLXZ0
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La democrazia è menzogna, è oppressione,
è in realtà oligarchia, cioè governo di pochi
a beneficio di una classe privilegiata,
ma possiamo combattela noi in nome
della libertà e dell’uguaglianza, e non già
coloro che vi han sostituito o vogliono
sostituirvi qualcosa di peggio.
Errico Malatesta
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Solidarietà ai compagni e alle compagne detenuti
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)