Ieri 17/6/2024, c’è stata una manifestazione formata da un gruppo di cittadini milanesi insieme a partiti e comitati ambientalisti che hanno manifestato fuori e dentro Palazzo Marino per portare la solidarietà al giornalista del Fatto Quotidiano querelato dalla giunta di Beppe Sala (a sinistra nella foto), e per protestare contro l’emendamento “salva Milano”. Una doppia protesta che si è svolta prima dentro l’aula consigliare, dove alcuni cittadini hanno mostrato le spugne perché, come ha spiegato il consigliere Carlo Monguzzi, “non si possono fare colpi di spugna sulle inchieste in corso”.
Il 13/6/2024 i mass media scrivono che il giornalista del Fatto Quotidiano Gianni Barbacetto (a destra nella foto), è stato denunciato per le critiche al sindaco e per le informazioni sull’attività del Comune in campo urbanistico, oggetto di inchieste della Procura. L’apertura di una causa civile con risarcimento danni intentata contro il giornalista ha portato alla presa di posizione dell’ordine dei giornalisti della Lombardia, che chiede di “rispettare la libertà di espressione e il diritto all’informazione e di critica”. Secondo l’Odg (Ordine dei giornalisti), “querele per diffamazione, per quanto legittime sono uno strumento odioso quando proposte dal settore pubblico; e ancora più odiosa è la richiesta civile di danni, uno strumento abnorme introdotto per via giurisprudenziale nel nostro ordinamento”. “A disposizione della Pubblica amministrazione c’è, nei casi in cui si temano davvero abusi del diritto di informare e del dovere di farlo correttamente, il Consiglio di disciplina territoriale, che lavora a pieno ritmo e ha soltanto bisogno, per poter davvero essere efficace, di un quadro giuridico che permetta la piena pubblicità delle proprie decisioni (conclude l’Ordine dei giornalisti della Lombardia). La redazione di ANTIMAFIA2000 si associa alle parole espresse dai Cdr de “Il Fatto Quotidiano” che hanno sottolineato come l’azione del Comune di Milano sia inquietante e pericolosa. Non è solo un atto intimidatorio nei confronti di un collega: apre un capitolo gravissimo che dovrebbe indignare tutti i giornalisti italiani. Impiegare risorse pubbliche nel tentativo di punire un cronista, nemmeno per i suoi articoli ma per alcune domande che legittimamente si è posto sui social, è inaccettabile. I comitati di redazione del Fatto Quotidiano esprimono solidarietà al collega e sdegno per la decisione del Sindaco e dei suoi assessori. Nessuna intimidazione né atteggiamento persecutorio fermerà l’impegno dei giornalisti del Fatto e la loro libertà di porre e porsi domande sull’operato delle istituzioni”.
“Milano degli scandali” è un libro di Gianni Barbacetto con Elio Veltri; hanno scritto un libro sugli scandali della politica milanese, edito da Laterza e uscito nel 1991. Pochi mesi dopo, prende avvio Mani pulite. “La ricostruzione della moralità pubblica, è oggi il più ricco dei programmi politici, e la più grande delle riforme”. Sono, queste, cronache di ordinaria corruzione. In esse non si riflette una patologia, ma quella che ormai sta diventando (è già diventata ?) la fisiologia dell’intero sistema politico – amministrativo dell’Italia repubblicana. Non sono cronache di una lontana provincia, isolate e dissonate, ma del centro produttivo del Paese. La corruzione si è fatta da tempo metodo di governo. Negli ultimi anni è divenuta qualcosa di più: cultura diffusa, che ispira comportamenti politici sia di destra che di sinistra cattosinistroide, e stili di vita di un’intera classe dirigente politica, amministrativa, imprenditoriale, la quale ostenta con durezza i panni del realismo e disprezza il moralismo. Non basta un riferimento all’ampiezza della corruzione per cogliere qualità e caratteri della vicenda italiana.
Ci sono molti Paesi di alta e lunga tradizione democratica che da sempre convivono beatamente con una non indifferente corruzione politica e amministrativa, che conoscono i legami tra politici e gruppi di pressione, e tuttavia non hanno visto crescere la qualità della corruzione fino a divenire uno dei segni distintivi del sistema politico. Questo perché in quei Paesi si attuano ancora due criteri: quello del “si fa, ma non si dice” e quello della difesa della “rispettabilità formale” della classe dirigente. Inoltre, le classi dirigenti, per sincera abitudine o vecchia furbizia, sanno di dover mantenere una sia pur minima legittimazione di fronte all’opinione pubblica così che, magari per puro istinto di autoconservazione, reagiscono espellendo dal loro seno almeno i responsabili dei comportamenti più scandalosi, anche quando ricoprono altissime cariche politiche. In Italia no, neanche il “contentino”. Il nostro ceto di governo ha via via sviluppato un’attitudine esattamente opposta. Ha badato alla propria coesione interna e non alla sua rispettabilità pubblica. Ha così fatto quadrato intorno ai propri magna magna, ladri, malversatori, tangentari, procacciatori, finanziatori. Ha rifiutato di accettare la distinzione, ovvia, tra accertamento giudiziario di un reato e comportamenti che, sia pure sfuggiti in qualche modo tra le maglie della giustizia, rimangono politicamente inaccettabili ed ha così mantenuto al loro posto anche persone colpite da più condanne, sia pure non definitive e assolte in modi acrobatici. E così, questo ceto di governo si è mantenuto al suo posto, o reintegrato allegramente in posizioni provvisoriamente abbandonate o riciclato in maniera vantaggiosa; personaggi che qualsiasi sistema politico democratico avrebbe espulso senza esitare. Questo gran collage ci rivela impreviste connessioni, schemi collaudati d’azione, esercizio tracotante del potere, insabbiamenti e depistaggi spudorati, sicurezza d’impunità. Riescono ancora ad impressionarci? L’irresistibile fascino della corruzione è alimentato da un modello che misura e risolve tutto col denaro.
La Germania assiste sconsolata ai suoi scandali finanziari, la Francia è attonita perché il denaro sporco si insidia tra i corridoi istituzionali repubblicani e spinge pure i grands commis verso più pingui rive dell’imprenditoria privata. In altri Paesi, tuttavia, la capacità di reazione non è del tutto perduta. Ne fanno fede la rapida e severa giustizia che Stati Uniti e Gran Bretagna, al momento opportuno, hanno saputo esercitare contro le manifestazioni più spregiudicate della speculazione finanziaria.
Proprio il libro “Milano degli scandali”, tutto riferito alla regione più avanzata d’Italia, ci mostra che la corruzione non va a braccetto con l’efficienza, che non è un modo per oliare i cardini arrugginiti della burocrazia o della politica. È divenuta motore di inefficienza, di privatizzazione delle risorse, di sottrazione di energie e mezzi a imprese collettive. Ha creato rapporti tra politica e affari, tra politica e amministrazione che fanno apparire modesto il “mostruoso connubio” denunciato nel secolo passato da Silvio Spaventa, e ingenua la sua indignazione. Si dirà che non tutti i componenti del nostro ceto di governo si comportano in questo modo. Ed è vero. Ma la loro colpa è quella di essere vittime del realismo, di coltivare l’omertà di partito, di essere prigionieri della logica: “ma così si fa il gioco degli avversari”. Preoccupa, comunque, il rinvio al momento dell’alternativa, della possibilità di una lotta efficace alla corruzione, quasi che oggi le regole del codice penale fossero definitivamente, per effetto del blocco del sistema politico, divenute inapplicabili.
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Anarchia: questa parola da profeta
di augurio e rivendicazione
che non conosciate mai
ne’ Dio ne’ padrone.
Leo Ferre’
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Solidarietà a tutti i compagni e alle compagne detenuti.
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)