Ma facciamo una breve analisi storica per capire meglio il problema dei mafiosi che ricordiamo, nascono come gabellotti (guardie dei latifondisti), nel periodo che va dalla caduta dell’impero romano d’occidente agli anni ‘50 del secolo scorso.
Radicata sin dagli anni ’50 appunto, e ancora molto attiva a Milano, la criminalità organizzata utilizza il mercato ortofrutticolo, dove è particolarmente diffuso il lavoro irregolare, come base logistica per il traffico della cocaina (la droga dei ricchi), particolarmente fiorente nel capoluogo lombardo. Il 3/5/2007 è stata effettuata una vasta operazione antimafia a Milano e in altre città d’Italia, contro le ‘ndrine: Morabito, Bruzzaniti e Palamara (originari di Africo), dopo un’indagine durata quasi 2 anni. I reati contestati sono estorsione e traffico internazionale di droga. Sono state eseguite 20 ordinanze di custodia cautelare e sequestrati, solo a Milano 250 chili di cocaina proveniente dal Sud America che passava da Dakar in Senegal e successivamente dal Porto di Genova. Le cosche agivano nella zona dell’Ortomercato in via Lombroso e col night club creato appositamente “For a King”. Erano coinvolti politici, professionisti, ristoratori, dentisti, vigili urbani, società reali e fittizie. Secondo le indagini, il vertice dell’organizzazione era guidato da Salvatore Morabito. Il broker della cocaina è ritenuto fosse l’albergatore svizzero Pietro Luigi Giucovaz. L’uomo che intratteneva i rapporti tra la Calabria, Milano e il Brasile era Leone Autelitano. In data 22/12/2011 la DDA di Catanzaro ordina l’applicazione di misure cautelari personali a Francesco Oliverio ritenuto a capo dell’omonimo clan di Belvedere Spinello e più ‘ndrine distaccate nella valle del Neto in provincia di Crotone e nel milanese, relazionandosi direttamente col crimine di Cirò. Delitti in materie di armi, esplosivi e munizionamento, in particolare commercio di sostanze stupefacenti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economica, corruzione, favoreggiamento latitanti, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di bene, ricettazione, omicidi. Il 16/10/2013 viene sciolto il primo comune per mafia in Lombardia: Sedriano. Il 5/11/2014 il Tar del Lazio discuterà il ricorso contro lo scioglimento presentato da 7 consiglieri comunali. L’8/2/2017 viene assolto l’ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste. Il 16/4/2016 si conclude l’operazione Mar Ionio, durata 5 anni, conclusasi con 6 arresti di presunti appartenenti Ruga-Metastasio-Loiero tra Milano e Monasterace. Avevano messo in piedi un traffico di droga con base logistica a Sesto San Giovanni, che importava cocaina dal Brasile e poi veniva venduta in Italia, Germania e Paesi Bassi. Il 26/1/2017 si conclude l’operazione Provvidenza che porta all’arresto di 33 persone collegate o affiliate ai Piromalli tra cui Antonio Piromalli, figlio di Pino Piromalli detto Facciazza, già in carcere. A Milano avevano messo in piedi in maniera illegale, una serie di attività imprenditoriali in diversi settori: Pasquale Guerrisi si occupava dell’edilizia, si occupavano del settore turistico Francesco Cordì e Nicola Rucireta e Francesco Pronestì del settore abbigliamento. Il settore che gestivano in maniera internazionale invece, era quello alimentare ed in particolare la vendita di olio di sansa spacciato per olio di oliva negli Stati Uniti, grazie a Rosario Vizzari, amico di Antonio Piromalli in contatto con la società statunitense Olive oil company, e con le mafie del New Jersey, di Detroit, di Chicago e di Boston. L’olio veniva comprato in Grecia, Turchia e Siria, per poi passare dalla Calabria ed arrivare al mercato ortofrutticolo di Milano per poi essere spedito all’estero.
Dopo aver spiegato cos’è la mafia (l’ultimo gradino anche a livello culturale della massomafia, quelli che fanno il lavoro più sporco), cerchiamo di capire meglio cos’è questa massomafia.
A Reggio Calabria il processo Gotha affronta i rapporti tra ‘ndrangheta, logge e colletti bianchi. Al centro un nuovo corso della criminalità, che agisce nell’ombra oltre i confini locali. ‘Ndrangheta, politica, massoneria, servizi deviati […] ormai sono un tutt’uno. L’inchiesta è stata avviata nel 2016 con l’unione di 4 indagini, tra cui Mammasantissima, e riguarda l’esistenza di un’ampia struttura criminale che supera l’infiltrazione, va oltre il singolo affare e diventa sistema, trasformando la ‘ndrangheta da interlocutore dell’istituzione in istituzione vera e propria. Un “progetto eversivo” che supera il conflitto e si trascina fino ai primi anni ‘80 favorendo, secondo gli inquirenti: “l’ascesa dei casati vincenti dei “santisti”, gli stessi che avevano avuto già la possibilità di sperimentare le segrete convergenze nel periodo dei “boia chi molla””, cioè i moti neofascisti a Reggio Calabria nel 1970. All’indomani della pax mafiosa (tutti fratelli), “gli equilibri criminali reggini si sono sviluppati in senso unitario e piramidale”. La sentenza resa nel primo grado del processo Meta raccontava di una nuova struttura ‘ndranghetista creata “per prevenire ed evitare l’insorgere di conflitti”. La procura aveva ipotizzato la nascita di una superassociazione “composta dai vertici delle consorterie più potenti della città”. I fratelli De Stefano sarebbero diventati, nella definizione avanzata dai magistrati reggini, “leader di una vera e propria multinazionale del crimine”, entrando in affari anche con Stefano Bontade a Palermo, Santapaola e Ferrara a Catania e la camorra di Raffaele Cutolo a Napoli. La sentenza individuava nella Santa un “anello di giunzione tra ‘ndrangheta (ultimo gradino, figli di piccoli contadini) e massoneria” (conti – marchesi).
Un aspetto passato al vaglio anche della Commissione antimafia della XIII legislatura, che definisce la “struttura nuova, elitaria, estranea alle tradizionali gerarchie dei locali, in grado di muoversi in maniera spregiudicata” oltre i divieti fissati dal codice della ‘ndrangheta. Gaetano Costa, capo della locale di Messina, nel 1994 intesta a don Mommo Piromalli (foto sotto) la nascita di questo nuovo grado disconosciuto dai vecchi boss, che “poteva essere conferito solo a 33 persone”. “Poiché Piromalli era massone, lo stesso introdusse, o comunque fece conoscere, la regola secondo cui ogni componente la società di Santa poteva entrare a far parte della Monarchica massoneria”. Secondo il procuratore Lombardo, tali passaggi vanno riletti attraverso un’altra relazione della Commissione antimafia, risalente a trent’anni fa. Il 4/12/1992 venne audito Leonardo Messina, uno degli ultimi collaboratori di giustizia interrogati da Paolo Borsellino. Nel rispondere alle domande del presidente Luciano Violante, affermava: “Dove c’è la ‘ndrangheta ci siamo noi, dove ci siamo noi c’è la ‘ndrangheta. Siamo una cosa unica”. Il richiamo riporterebbe alla Cosa nuova, un “organismo direttivo posto al di sopra delle cosche“, che mette in comunicazione le diverse componenti territoriali intese come un tutto unico. Non esisterebbero commissioni locali, ma solo “quella mondiale” e “quella europea“.
La Cosa unica avrebbe avuto l’obiettivo di diventare “padrona di un’ala dell’Italia” aiutata “dalla massoneria” e da “formazioni politiche nuove”, tendenti all’estrema destra, perché, dice Messina, “è nella massoneria che si possono avere i contatti totali con gli imprenditori, con le istituzioni, con gli uomini che amministrano il potere diverso di quello punitivo che ha Cosa nostra”. Gli fanno eco le deposizioni, sempre dei primi anni ‘90, di Filippo Barreca, che parla di un “collegamento necessario” coi palermitani per realizzare il “progetto massonico” che doveva passare, “conformemente alle regole della massoneria”, dall’accorpamento di tutti i centri di potere. Stando alla ricostruzione dei pm, la struttura ‘ndranghetista ha assunto nel tempo le sembianze di una clessidra della quale riusciamo a vedere solo la base: la parte bassa dove cade la sabbia. La parte alta è il “sopramondo”, abitato dal nuovo organismo direttivo dei cosiddetti “invisibili – occulti”, affiorato nelle parole della sentenza Bellu Lavuru, passata in giudicato nel 2012. A parlare è il “professore” Sebastiano Altomonte, agli occhi del mondo un sindacalista scolastico, poi condannato in via definitiva come uno dei capi delle cosche Vadalà e Talia di Bova Marina. Iscritto alla massoneria, per sua stessa ammissione alla Gran Loggia regolare d’Italia, è molto vicino ad Antonio Pelle “Gambazza”, che per anni aveva ricoperto il ruolo di capo crimine nella “Provincia”. “C’è la visibile e l’invisibile che è nata da un paio d’anni. C’è una che si sa e una che non la sa nessuno”. Altomonte dice anche qualcosa in più: la componente visibile della ‘ndrangheta “non conta”, perché le decisioni vengono prese dalla direzione strategica. Della componente riservata farebbero parte “solo in cinque” e comunque un numero non superiore a “sei-sette” persone, secondo Filippo Chirico, intercettato nel 2013 perché vicino alla cosca Libri del quartiere Cannavò di Reggio Calabria, che opererebbero (si legge nella sentenza di secondo grado abbreviato di Gotha) “attraverso moduli organizzativi in tutto simili a quelli tradizionalmente propri delle logge massoniche ‘coperte'”.
“Le componenti alte (dell’alta ‘ndrangheta) vivono di logiche massoniche e si ispirano a logiche massoniche”, ha detto il procuratore Lombardo durante un incontro a Lamezia Terme, qualche settimana dopo la sentenza Gotha del 2021. “Le componenti mafiose, infatti, cercano un dialogo con la massoneria perché hanno necessità di interagire con altri ambiti, genericamente indicati in settori ad alta redditività”. Gotha è l’ultimo di moltissimi tentativi di gettare una luce processuale su questo rapporto. Vanno evidenziate due testimonianze: quella di Panteleone Mancuso, secondo cui “non c’è più la ‘ndrangheta perché comanda la massoneria dall’alto”, e quella di Giuliano Di Bernardo, ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia, che riferisce la confessione di un importante massone calabrese di fine anni ‘90 secondo cui “su 32 logge del Grande Oriente, 28 sono controllate dalla ‘ndrangheta”. Non esiste la massoneria in quanto tale e non c’è nessun brevetto o diritto d’autore dei riti massonici. Si tratta di un modello organizzativo e nel tempo le autorità massoniche hanno completamente perso il controllo del marchio. Molto facilmente vengono così create logge spurie, al di fuori di qualsiasi contatto, utilizzate per un qualsiasi scopo. Il modello organizzativo massonico è molto influente, dalle società segrete alle mafie, esistono diversi plagi del mondo massonico. Le mafie stesse sono un plagio del modello massonico dell’Ottocento. La massoneria ha una reputazione negativa in Italia, questo è dovuto alla scoperta della P2, formata da alte gerarchie militari (cc – ps). Quanto e come ha influito sul presunto legame tra ‘ndrangheta e massoneria la nascita della Santa? La Santa (mitizzata come una specie di super-mafia) secondo alcune ricostruzioni comprenderebbe ‘ndranghetisti di alto livello cui è concesso di fare anche il giuramento massonico. Si tratta invece solo di una dote come tantissime altre. La cosa che rende più simile la ‘ndrangheta alla massoneria (formalmente parlando) è l’ampio numero di riti. I boss attraverso i riti dicono chi ha più potere e accesso alle informazioni. La Santa nasce guarda caso proprio quando in Italia si comincia a parlare della P2 e della gestione del potere occulto. Molto probabilmente è stata inventata per escludere alcuni influenti ‘ndranghetisti della Jonica dalla spartizione dei lavori del V centro siderurgico nella Piana di Gioia Tauro. Tanto è vero che la Santa è coinvolta nella storia della prima guerra di ‘ndrangheta, lotta politica che si conduce a colpi di doti.
Per esempio nel 2012 c’è stata la seconda richiesta di condanna più alta e riguarda Bergamo: 25 anni di reclusione per il maresciallo Gilberto Lovato, in servizio a Bergamo con altri 5 colleghi che costituivano il cosiddetto gruppo bergamasco del Ros del generale Giampaolo Ganzer. E proprio per lui, il capo ormai in pensione, è arrivata la richiesta più alta: 26 anni. Si è conclusa così, nella mattinata del 9/9/2012, la requisitoria del sostituto procuratore generale di Milano Annunziata Ciaravolo, che ha chiesto con forza la condanna degli ex carabinieri anche e soprattutto per associazione a delinquere. Cosa facevano secondo l’accusa? Gestivano i carichi di stupefacenti sequestrati come volevano, li utilizzavano per truccare i risultati delle operazioni, organizzavano conferenze stampa false o fasulle, per ottenere ulteriori premi in carriera. Scendevano a patti coi narcotrafficanti.
Ora noi comuni mortali ci domandiamo: ma che differenza c’è tra mafia, “forze dell’ordine” e massoneria?
Anche in appello, quindi, l’accusa chiede l’associazione a delinquere, che era stata negata dalla sentenza di primo grado. Per l’ex braccio destro di Ganzer, l’allora colonnello Mario Obinu, sono stati chiesti 22 anni. Chiesta la condanna a 22 anni anche per l’altro bergamasco, Gianfranco Benigni, di recente implicato in altre vicende di traffico di stupefacenti.
Il 18/1/2016 c’è stato di nuovo il processo penale che ha visto coinvolto l’ex generale dei cc Giampaolo Ganzer, insieme ad altri carabinieri del Ros, è giunto al termine dopo più di 10 anni: la Corte di Cassazione, riqualificando i traffici di droga contestati come di “lieve entità”, ha fatto scattare la prescrizione per gli impuniti (peggio dei mafiosi). Secondo le accuse formulate nei vari gradi di giudizio, il generale sarebbe stato a capo di una specie di “banda di uomini in divisa” che tra il 1991 e il ’97, ha portato avanti una “serie indeterminata di illecite importazioni, detenzioni e cessioni di ingenti quantitativi di droga, utilizzando la struttura, i mezzi, le relazioni e l’organizzazione dell’Arma”. In sostanza, sempre per l’accusa, “all’interno del Ros c’era un insieme di ufficiali e sottufficiali che, in combutta con alcuni malavitosi, aveva costituito una associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, al fine di fare una carriera rapida.”
Stando all’atto d’accusa, gli uomini del Ros avrebbero instaurato “contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni sudamericane e mediorientali dedita al traffico di stupefacenti senza procedere né alla loro identificazione né alla loro denuncia”; in seguito sarebbero stati ordinati “quantitativi di stupefacente da inviare in Italia con mercantili o per via aerea, versando il corrispettivo con modalità non documentate e utilizzando anche denaro ricavato dalla vendita in Italia dello stupefacente importato. Denaro di cui viene omesso il sequestro.”
Per la Procura, dunque, non saremmo di fronte a “operazioni di infiltrazione,” ma piuttosto all'”istigazione ad importare in Italia sostanze stupefacenti” una pratica che si sarebbe risolta nella creazione di “un traffico di droga” a monte al fine di “reprimerlo” a valle, permettendo così la “positiva conclusione di eclatanti operazioni.”
Il dibattimento approda in aula solamente nel 2005, a ben 7 anni di distanza dall’apertura dell’indagine. Dopo centinaia di udienze, nell’aprile del 2010 la pubblica accusa chiede 27 anni di carcere nei confronti di Giampaolo Ganzer, accusandolo di aver “diretto e organizzato” un’associazione a delinquere dedita al traffico di droga, peculato e falso “al fine di fare una carriera rapida” (crea il business per poi abbatterlo – pagliaccio infame). Le motivazioni della sentenza, depositate nel dicembre del 2010, sono particolarmente pesanti. I giudici di primo grado descrivono il generale Ganzer come un uomo dalla “personalità preoccupante, capace di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione“. Secondo i magistrati giudicanti, Ganzer “non ha minimamente esitato a dar corso a operazioni basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto”. In più, l’alto ufficiale “non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l’assoluta impunità”. Così facendo, prosegue la sentenza, il comandante del Ros P2 “ha tradito, per interesse personale, tutti i suoi doveri”.
l 15/7/2016 si conclude a Reggio Calabria l’operazione Mammasantissima del Ros dei cc che porta all’arresto di 3 persone: Alberto Sarra ex consigliere regionale della Calabria, Giorgio De Stefano avvocato (foto sopra) e Francesco Chirio, anch’esso avvocato; inoltre è indagato anche il già arrestato Paolo Romeo ex deputato del Psdi e viene presentata la richiesta d’arresto del senatore di Grandi Autonomie e Libertà Antonio Caridi.
A marzo 2018 si conclude il primo grado del rito abbreviato del processo Gotha condannando a 20 anni di carcere Giorgio De Stefano, ex consigliere comunale DC come al vertice della ‘ndrangheta reggina ed in cui viene spiegato che a capo dei tre mandamenti vi sono ancora oggi i Piromalli per la zona tirrenica, i De Stefano-Tegano per Reggio città, i Nirta Scalzone per la Jonica, assetto definito ormai dagli anni ’70 del XX secolo. Il processo conferma Giorgio De Stefano e Paolo Romeo come i capi del mandamento Città e disvela il cosiddetto livello “invisibile” della ‘ndrangheta reggina, fatta di soggetti cerniera e di manipolazione della vita politica, della massoneria “deviata”, dell’imprenditoria e della magistratura.
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Falcone ucciso dai servizi segreti – Rivoluzione Anarchica
https://www.rivoluzioneanarchica.it/falcone-ucciso-dai-servizi-segreti/
Avviso urgente per i giovani: lo stato ci vuole rifilare una nuova droga pesante, la Xilazina
https://www.rivoluzioneanarchica.it/avviso-urgente-per-i-giovani-lo-stato-ci-vuole-rifilare-una-nuova-droga-pesante-la-xilazina/
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La democrazia è menzogna, è oppressione,
è in realtà oligarchia, cioè governo di pochi
a beneficio di una classe privilegiata,
ma possiamo combatterla noi in nome
della libertà e dell’uguaglianza e non già
coloro che vi han sostituito o vogliono
sostituirvi qualcosa di peggio.
E. Malatesta
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Nè col potere della NATO, nè col potere della Russia, nè dell’Europa.
Anarchia: l’unica via!
Solidarietà a tutti i compagni e le compagne ingiustamente incarcerati.
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)