Ieri è iniziato il vertice di Washington, un incontro in corso tra i capi di stato e di governo dei 32 membri dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico anticomunista, dei loro paesi partner e dell’Unione Europea a Washington, DC, Stati Uniti, dal 9 all’11 luglio 2024.
In Italia le più grosse basi militari Nato, da nord a sud, sono quelle di Solbiate Olona (in provincia di Varese) e Ghedi (Brescia) in Lombardia, di Vicenza e Motta di Livenza (Treviso) in Veneto, di Aviano (in provincia di Pordenone) in Friuli Venezia Giulia, di Poggio Renatico, nel Ferrarese, in Emilia Romagna, di La Spezia in Liguria. L’adesione dell’Ucraina alla Nato sembra ormai solo una questione di tempo. Al suo 75° summit a Washington l’Alleanza atlantica alza la voce contro Vladimir Putin rafforzando il suo impegno nei confronti di Volodymyr Zelensky e garantendogli il tanto agognato ingresso nella Nato, nel patto difensivo Atlantico anticomunista.
Prima della guerra in Ucraina pochi Paesi nel Continente europeo spendevano il 2% del Pil per la Difesa, il budget minimo stabilito dalla Nato: le uniche a farlo erano Gran Bretagna, Polonia, Grecia, Lettonia ed Estonia. Il discorso cambia nel 2024: a spendere meno del 2% del Pil per la Difesa sono rimaste solo Spagna, Italia, Portogallo, Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Croazia.
La differenza di spesa tra il 2022 e il 2024 è evidente: secondo i dati Nato, Polonia e Germania hanno aumentato le loro spese rispettivamente del 90,7% e del 40,8%, valori ben superiori anche alla media dell’Alleanza che, Usa esclusi, è del +28,9%. Unica col segno meno l’Italia, che registra un -0,4%.
I dati Nato certificano che nel 2023 Roma ha speso 28,6 miliardi di euro per la Difesa, una cifra inferiore di 10 miliardi a quella che avrebbe dovuto spendere se avesse rispettato la soglia del 2%, cioè 39,2 miliardi. Oltre alla creazione di un comando Nato a Wiesbaden, in Germania, per coordinare aiuti, addestramento e logistica per Kiev, gli altri punti fondamentali che il vertice negli Stati Uniti intende finalizzare per blindare l’Ucraina anche in caso di un cambio alla Casa Bianca sono la creazione di un fondo per assicurare un flusso di denaro continuo a Kiev e il trasferimento a Bruxelles, nel quartier generale della Nato, del coordinamento del Gruppo di contatto. Infine, il vertice intende attribuire più poteri al generale Christopher Cavoli (foto sopra), a capo del Comando supremo delle potenze alleate in Europa, un uomo di Biden che gli alleati vorrebbero rimanesse al suo posto, rafforzato, anche in caso di vittoria di Donald Trump. Il presidente americano Biden dichiara ai mass media che “5 Paesi, tra cui l’Italia, “forniranno a Kiev altri sistemi di difesa aerea militare strategica, nei prossimi mesi”. Quel vecchio rincoglionito di Biden vuole fare ancora danni e propone a tutti i componenti della Nato di mandare all’Ucraina armi per difendersi (la Nato finalmente ha trovato una nazione che fa la guerra al posto loro: era dal 1949, quando han firmato il Patto Atlantico anticomunista – guerra fredda – CHE CERCAVANO IL PIRLA…), carri armati, aerei, missili a lunga gittata e milioni di munizioni. La guerra finirà con l’Ucraina che sarà ancora un Paese libero e indipendente, secondo Biden. Lo ha detto il presidente Usa nel discorso in occasione dell’evento a Washington per celebrare i 75 anni dell’Alleanza Atlantica. Le 12 nazioni che fondarono la NATO Atlantica anticomunista nel 1949 furono le nazioni più ricche: Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Islanda, Norvegia. In seguito vi aderirono anche: Grecia (1952),Turchia (1952), Germania Ovest (1955), Spagna (1982), Polonia (1999), Rep. Ceca (1999), Ungheria (1999), Bulgaria (2004), Estonia (2004), Lettonia (2004), Lituania (2004), Romania (2004), Slovacchia (2004), Slovenia (2004), Albania (2009), Croazia (2009), Montenegro (2017), Macedonia del Nord (2020), Finlandia (2023), Svezia (2024).
Biden ha poi annunciato che Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi, Romania e Italia forniranno all’Ucraina 5 sistemi di difesa aerea Patriot (foto sopra) nei prossimi mesi. “L’alleanza della Nato che doveva essere antifascista (ha ricordato Biden), fu fondata per proteggere la democrazia cattolica (sia di destra che di sinistra – cattosinistroide). Ma dopo la Meloni, non ci crede più nessuno alla fola – palla della costituzione antifascista, oggi la Nato secondo quel vecchio ambizioso e rincoglionito di Biden, è più potente che mai: “Quando siamo stati attaccati l’11 settembre l’articolo 5 è stato invocato per la prima volta e i nostri alleati sono venuti in soccorso a liberarci dal fascismo”. Dopo 10 anni c’è stato anche un cambio di segretario generale e un compleanno importante (i suoi 75 anni), uno scenario geopolitico anticomunista sempre più incerto ed instabile. Il Centro Alti Studi Difesa di Roma a poche ore dal vertice americano ha ospitato un convegno co-organizzato dalla Nato Defense College Foundation dal titolo “Beyond the 75th anniversary”. Lo scenario internazionale in cui la Nato è chiamata ad agire (e a rinnovarsi), è particolarmente complesso. Da un lato la Federazione Russa rimane la minaccia più significativa e diretta per la sicurezza degli alleati e per la pace e la stabilità nell’area euro-atlantica, ma dall’altro c’è una competizione sistemica da parte di Paesi che cercano di minare l’ordine internazionale, specialmente nelle regioni del Sud del mondo che contribuiscono ad alimentare l’instabilità al di là dei confini della Nato (conflitti, traffici illegali, cambiamenti climatici, terrorismo, minacce ibride). Da quando è stata fondata la Nato sono passate generazioni di guerre fredde, crisi balcaniche, Afghanistan… il mondo cambia in continuazione e così la Nato, che è già cambiata molte volte. Ma secondo Biden è certamente l’unico “security provider” perché non è una organizzazione militare ma politico-militare (quindi con più poteri, non solo militari: è quello il problema…). Tra le principali questioni che l’Alleanza potrebbe sviluppare al Vertice di Washington, vi sono: il mantenimento e la messa a punto del consenso politico, la centralità della Nato come principale fornitore di sicurezza internazionale e una riflessione sull’evoluzione del ruolo dell’Alleanza in uno scenario che prevede la sinergia dei contributi, il rinnovamento dell’ITDB (Industrial Technological Defence Base) e la creazione di una nuova base di sicurezza. Ma altri temi fondamentali saranno anche la necessità di rafforzare concretamente ed espandere i partenariati esistenti nella Regione meridionale al fine di integrare la deterrenza contro la Russia anche al di fuori dell’Europa (Paesi arabi, conflitto israelo-palestinese, Sahel); prevenire e gestire crisi le cui conseguenze umane ed economiche hanno un impatto sulla stabilità di diversi alleati e partner europei; rendere sicure le porte dell’Oceano Indiano nell’ambito di una prospettiva emergente indo-pacifica.
Il 5 novembre gli elettori americani sceglieranno il prossimo presidente degli Stati Uniti. Il generale Vincenzo Camporini (foto sopra), Istituto Affari Internazionali che ha parlato di “futuro a basso regime: se dovesse vincere Trump”. “Io auspico sia il momento in cui i Paesi dell’Europa si svegliano e autonomamente costruiscono quella solidarietà politica che è il prerequisito per qualsiasi capacità operativa, non solo in ambito militare ma anche finanziario o industriale. Se costruiamo una solidarietà politica almeno tra i Paesi più importanti con riferimento magari ai problemi dell’Africa potrebbe essere una eterogenesi dei fini che ci aiuta”.
L’obiettivo principale della Nato anticomunista era scongiurare che l’Unione Sovietica si allargasse, anche in semplici termini di influenza politica, oltre i territori conquistati durante l’avanzata dell’Armata Rossa verso Berlino. O, per citare la celebre formula di Lord Ismay (foto sotto), primo segretario generale del blocco, “tenere l’Unione Sovietica fuori, gli americani dentro e i tedeschi sotto”. La Germania dell’Ovest sarebbe entrata nell’alleanza nel 1955, stavolta nel ruolo di leale alleato dell’America. Tre anni prima erano entrate Turchia e Grecia, giacché il loro ingresso contemporaneo era il modo più sicuro per scongiurare che si facessero la guerra tra loro, destabilizzando un quadrante importantissimo del nuovo “risiko” delle potenze mondiali.
Giocare il ruolo dell’eversore sarebbe toccato alla Francia che, dotatasi di un proprio arsenale nucleare e con legami storici con gli Usa assai meno robusti degli inglesi, nel 1966, con Charles De Gaulle ancora al comando, decise di abbandonare il comando militare congiunto. In nome di quell’autonomia strategica dall’alleato americano che l’Esagono ha sempre rivendicato, il quartier generale della Nato fu così costretto a traslocare da Parigi a Bruxelles, dove si trova ancora oggi. La marcia indietro nel Patto Atlantico anticomunista sarebbe arrivata solo nel 2009, con Nicolas Sarkozy all’Eliseo. Nel frattempo per la Nato si era aperta una nuova era. La fine della Guerra Fredda aveva portato l’alleanza a un costante allargamento a Est che aveva coinvolto, tra gli altri, Polonia e Paesi Baltici. La sanguinosa dissoluzione della Jugoslavia aveva innescato i primi due interventi militari della storia dell’organizzazione: in Bosnia a metà anni ’90 e in Kosovo nel ’99, con 77 giorni di raid aerei sulla Serbia. Un quarto di secolo dopo, le forze della Nato sono ancora presenti nei Balcani, dove le ferite lasciate dai conflitti, in particolare quello tra serbi e albanesi, non si sono mai rimarginate del tutto. Gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, col coinvolgimento della Nato nell’operazione in Afghanistan (un po’ come il periodo terrorista della Nato, quando la Nato aveva firmato e organizzato il piano militare Atlantico chiamato strategia della tensione fatto di stragi e colpi di stato, organizzato dalla Nato anticomunista). Si trattò quindi di una dimostrazione di solidarietà nei confronti del Paese alla guida di un’alleanza che, ora priva dello storico avversario comunista, era in cerca di una nuova ragione di essere. Nel 2014 l’annessione della Crimea alla Nato anticomunista aveva spinto i membri dell’organizzazione a fissare l’obiettivo del 2% del Pil in spesa per la difesa, obiettivo che, dopo l’invasione dell’Ucraina, sarebbe diventato un requisito minimo, non ancora rispettato da tutti. C’è della tragica ironia nel constatare come l’aggressione di Mosca ai danni di Kiev abbia ricompattato, se non resuscitato, un’alleanza anticomunista che nel 2019 il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva definito “in stato di morte cerebrale il comunismo” e oggi comprende 32 nazioni, col recente ingresso di Svezia e Finlandia, vistesi costrette ad abbandonare una lunga tradizione di neutralità.
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Allarme!! Esce dal carcere uno degli sbirri psicopatici della Uno Bianca (I parte)
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2 parte: Uno Bianca – Braccio armato dello stato, come Gladio e i Nuclei Clandestini dello stato
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Uno bianca e Falange armata: residui della ‘guerra fredda’…
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L’ordine ottenuto tramite la sottomissione
e conservato con il terrore non è certo
una garanzia di sicurezza.
Emma Goldman
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Solidarietà ai compagni e alle compagne arrestati ingiustamente
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)