E’ morto il magistrato Cordova che, con Falcone coniò la parola massomafia (parte 3)

Se i ricchi pagassero le tasse sul loro capitale, non esisterebbe più la miseria!

Tanti guai a Berlino 1916 - Federazione Italiana Canottaggio

Il 9 agosto di quest’anno i mass media invece scrivono che la maggior parte degli atleti italiani appartiene alle forze armate o ai corpi di polizia!! Gianmarco Tamberi, Marcel Jacobs, Tania Cagnotto, Bebe Vio, Valentina Vezzali: tutti sportivi plurimedagliati che hanno in comune la provenienza professionale, atleti olimpici. Nati agli albori del secolo scorso come evoluzione dell’addestramento dei soldati, oggi i gruppi sportivi militari sono un’immensa fucina di storici trionfi. Se fino ai primi anni 2000 i gruppi sportivi militari erano un fondamentale sostegno economico per gli atleti, ora i centri sportivi militari sono diventati anche centri tecnici di eccellenza. Le società militari negli anni hanno inglobato anche atlete e atleti del settore paralimpico, come Monica Contrafatto, amputata alla gamba destra in Afghanistan, poi plurimedagliata a Mondiali e Paralimpiadi. Ma come si diventa atleta “militare”? Bisogna farsi raccomandare dalla massoneria? O superare un concorso pubblico che comprende prove fisiche e teoriche? I concorsi però vengono  raccomandati dalla massoneria (che esiste apposta come élite, come classe sociale) e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, come qualsiasi altro concorso per la Pubblica amministrazione.

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All’epoca della I guerra mondiale, forte di circa venticinquemila affiliati, molti dei quali figure di spicco del mondo politico e istituzionale, dei vertici militari, degli ambienti economici e di quelli accademici, la massoneria rappresentava un attore importante della scena pubblica italiana. Secondo le ricostruzioni emerse da numerose inchieste giudiziarie, le associazioni criminali come ‘ndrangheta o cosa nostra cercano nella massoneria la leva per creare o rafforzare i legami con ambienti in cui circolano potere e denaro. Dalle logge massoniche, le mafie tendono anche a mutuare alcune modalità organizzative. L’elenco delle indagini e dei processi che hanno portato alla luce questo fenomeno è ormai piuttosto lungo, inizia con la P2 e arriva fino all’arresto di Mattia Messina Denaro. Lo studio delle mafie e dei contesti in cui la criminalità organizzata si riproduce, è un campo in cui il concetto di zona grigia è ampiamente utilizzato. In particolare, per mettere in evidenza l’ambito di connivenza e scambio reciproco tra potere mafioso e sistemi politici ed economici. Un insieme di comportamenti, spesso non qualificati come mafiosi, che si avvantaggiano sfruttando vuoti normativi, illegalità diffuse e debolezze istituzionali. La zona grigia, quindi, è lo spazio in cui prendono forma le relazioni tra mafia e pezzi della società, della politica e dell’economia.

MA IL PROBLEMA PIU’ GRANDE E’ CHE I RICCHI MASSONI EVADONO SEMPRE DI PIU LE TASSE!! Hanno conti offshore in paradisi fiscali o investono nel settore immobiliare: così i miliardari riescono a pagare sempre meno mentre i profitti crescono. I miliardari sono diventati ancora più abili nell’evadere le tasse. Così facendo, le persone più ricche al mondo riescono a pagare sempre meno man mano che i loro profitti crescono, mentre per la stragrande maggioranza delle persone avviene il contrario: l’imposta sul reddito cresce con l’aumentare dei guadagni.

Gabriel Zucman: tackling inequality

Sono questi alcuni dei risultati del primo Global Tax Evasion Report 2024, pubblicato dall’Ue Tax Observatory (fondato e guidato dal 2021 dall’economista Gabriel Zucman) e presentato a Roma. Il rapporto, co-finanziato dall’Unione europea, restituisce una fotografia del divario, ormai enorme, tra la tassazione imposta ai normali cittadini, che si aggira tra il 20 ed il 50% del reddito di ognuno, e quella applicata invece ai super-ricchi che si colloca tra lo 0 e lo 0,5% della loro ricchezza e non supera il 25% del loro reddito. La strada più comune per evadere è diventata l’investimento immobiliare. I più facoltosi del pianeta, muovendosi ai “limiti della legalità”, riescono a evadere le tasse spostando i propri profitti, inclusi i dividendi delle loro società, in conti offshore o in holding finanziarie a volte create nei paradisi fiscali o in Stati con normative favorevoli. Le holding sono “società madri” che diventano titolari delle quote delle società controllate, sostanzialmente schermando i reali proprietari e l’incasso dei dividendi.

Annette Alstadsæter - European Commission

Annette Alstadsater (foto sopra), coordinatrice del gruppo di ricerca, spiega a lavialibera, che la creazione di varie holding, spesso con proprietari non direttamente identificabili, permette alle società di risultare direttamente proprietarie delle azioni al posto dei singoli individui. Così facendo il profitto generato non è direttamente riconducibile a una persona e quindi non viene tassatoTali realtà “si collocano in una zona grigia, in bilico tra elusione ed evasione nella misura in cui vengono create con lo scopo di evitare l’imposta sul reddito, possono legittimamente essere considerate al pari di un’evasione fiscale”. Il rapporto mostra inoltre che, sebbene l’evasione fiscale realizzata tramite l’utilizzo di conti offshore sia diminuita negli ultimi 10 anni, grazie all’introduzione di una nuova normativa sulle informazioni finanziarie, dall’altro canto si affacciano nuove frontiere dell’evasione che si realizzano soprattutto “utilizzando investimenti immobiliari”. Mentre la ricchezza media è cresciuta del 3% all’anno dal 1995, quella dei più ricchi è triplicata, passando dal 6 al 9%. La ricerca, partendo da alcuni studi condotti in Francia, Stati Uniti e Olanda giunge a risultati sorprendenti: emerge che per il 99,9% della popolazione di quei paesi in cui l’imposta sul reddito è progressiva (ovvero più guadagni più paghi in tasse), mentre per il restante, che coincide peraltro con il 35% delle persone più ricche al mondo, l’imposta sul reddito è invece regressiva, ossia diminuisce al crescere dei guadagni.

Hotel Dubai | Prenota online su AccorHotels.com           I facoltosi hanno risorse e competenze necessarie per sfruttare i sistemi di tassazione più favorevoli sia con pratiche palesemente illegali (non dichiarare i propri redditi), sia con pratiche “grigie”.Partiamo dal fatto che le imposte sul capitale di una società sono generalmente più basse di quelle applicate al singolo individuo, ma l’altro problema è che queste persone così ricche se ne stanno semplicemente lì a possedere società su società che a loro volta posseggono altri beni, e tutto questo non viene tassato finché non viene portato al di fuori dell’impresa”. Uno dei modi per evadere le tasse è quello dei conti offshore. Si tratta di un sistema di trasferimento di ricchezza in un paese straniero. Di per sé una pratica legale che però ha alcune importanti conseguenze: poiché questa ricchezza non viene dichiarata, allora non viene neppure tassata. Rimane nascosta nei cosiddetti paradisi fiscali (tax havens, porti fiscali), dove miliardari, multinazionali e criminali, nascondono al fisco il proprio portafoglio. Il rapporto stima che la ricchezza globale offshore nel 2022 è stata pari a 12 mila miliardi di dollari; in Italia il valore si attesta attorno ai 198 miliardi di dollari. Questa è stata senza dubbio una delle pratiche più utilizzate per l’evasione, almeno fino al 2017, quando con un nuovo protocollo di scambio automatico delle informazioni fiscali (in inglese il Common Reporting Standard) firmato da 110 paesi, le banche sono state obbligate a fornire informazioni sui propri clienti stranieri all’autorità finanziaria del paese di residenza. Per cogliere la  differenza pre e post riforme: mentre la quantità di ricchezza nei paradisi fiscali è rimasta la stessa, fino al 2010 non era dichiarata al 90%, dopo il 2013 per il 25%. Almeno due i problemi che rimangono. Il primo riguarda il fatto che molti istituti finanziari presenti nei paradisi fiscali ancora oggi “non rispettano le regole per paura di perdere clienti”. Il secondo ha a che fare con alcune “falle” o “punti ciechi” del nuovo protocollo. Infatti, non tutti i beni e le attività commerciali sono sottoposti al nuovo standard di scambio di informazioni: quello immobiliare, per esempio, non lo è, e questo spinge molti a spostare i propri investimenti proprio in quel settore. “Il settore immobiliare rappresenta un punto cieco particolarmente grave per lo scambio di informazioni”, dichiarano i ricercatori. L’obbligo di scambio delle informazioni riguarda solo i beni fiscali e non quelli “reali”; pertanto, il denaro un tempo depositato in conti offshore viene adesso investito in immobili attraverso strutture segrete, come società di comodo e trust. Ciò consente di passare sotto ai radar senza essere tassato. Ecco che ricompaiono allora i paradisi fiscali, dove “la segretezza è il bene principale venduto in questi luoghi. Secondo il rapporto, sono 500 i miliardi di dollari investiti in immobili di proprietà straniera a Londra, Parigi, Singapore, Oslo, Costa Azzurra e Dubai (foto sopra). Nel Regno Unito, per esempio, circa l’1,25% degli immobili residenziali era di proprietà offshore, per poi salire al 15% nei casi di proprietà di immobili di lusso. I ricercatori hanno acceso un faro anche su Dubai dove sono 136 i miliardi di dollari investiti da proprietari stranieri e nessun registro pubblico dei proprietari. Uno dei 7 emirati arabi è oggi una popolare destinazione per gli investitori del settore immobiliareSi pensi alle proprietà a Dubai come ai nuovi conti bancari svizzeri”, dicono gli studiosi nel rapporto. Il problema principale è che della maggior parte di questi casi non si riesce a risalire al vero proprietario. “Questa lampante disparità fiscale mina il corretto funzionamento della nostra democrazia; approfondisce la disuguaglianza, indebolisce la fiducia nelle nostre istituzioni ed erode il contratto sociale”, afferma il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz (foto sotto), all’inizio del rapporto.

Joseph Stiglitz – Nobel Laureate Economist; The Insight Bureau

La disparità fiscale e la capacità di trovare escamotage per eludere le tasse sono state viste per troppo tempo “come una parte inevitabile della natura umana e come conseguenze della globalizzazione”, aggiunge il premio Nobel. Ma a beneficiarne sono però solo multinazionali e super ricchi, mentre a farne le spese sono soprattutto i normali cittadini. Ecco perché, a conclusione del rapporto viene avanzata la proposta di imporre un’imposta minima sul patrimonio netto dei miliardari pari al 2% che “risolverebbe il problema dell’evasione fiscale e genererebbe 250 miliardi di dollari all’anno dai 2.756 miliardari conosciuti al mondo”. È la prima proposta di questo genere, sostenuta anche da Oxfam, e segue la proposta di Stati Uniti, G20 e Ocse, per un’imposta del 15% sulla ricchezza delle multinazionali.

The Price of inequality : Stiglitz, Joseph E.: Amazon.it: Libri

Oggi la ricchezza finisce nelle tasche del 10% della popolazione mondiale, ancora più che in passato, chi trae profitto da pratiche predatorie è in grado di sfuggire alle proprie responsabilità. I potenti non pagano conseguenze neppure sul piano sociale: non sono loro a patire, come i più poveri, gli effetti del cambiamento climatico, dell’incuria o della spregiudicatezza. Vivono in un altrove che li protegge dai contraccolpi del presente e persino dalle preoccupazioni sul futuro. “Il senso d’impotenza delle vittime verso gli abusi del potere, e il senso d’impunità dei potenti nei confronti della comunità, sono due facce della stessa medaglia”. A dispetto della Convenzione Onu che avrebbe dovuto eliminarli, i paradisi fiscali sono luoghi che, per attirare gli investimenti, concedono benefici che fanno gola a molti. Alcuni nascevano come covi di pirati, isole in cui nascondere il bottino delle razzie. Altri erano più simili a valichi di frontiera, terre per contrabbandieri. Oggi, a dispetto della Convenzione Onu che avrebbe dovuto eliminarli, sono luoghi che, per attirare gli investimenti, concedono benefici che attraggono molti: zero burocrazia e controlli per l’apertura di società, tasse bassissime e, soprattutto, segretezza. Tutti strumenti per evadere il fisco e per il riciclaggio il denaro sporco. I paradisi fiscali hanno nomi esotici – come le isole Cayman, nei Caraibi, o come le Bermuda, altri sono terre non distanti dalla Gran Bretagna – l’isola di Mann, Jersey o Guernsey – o ex colonie dell’Impero britannico come Hong Kong o Singapore. Nell’elenco figurano anche Paesi dell’Europa come Olanda, Lussemburgo e Svizzera, per citare i più grandi.

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Non esiste una definizione unica e condivisa per descrivere cosa sono i paradisi fiscali (in inglese tax havens, cioè porti fiscali, e non heaven). Spesso sono i luoghi migliori dove nascondere al fisco e alla giustizia le proprie ricchezze, fanno comodo a chiunque possieda enormi quantità di denaro: imprenditori, vip e politici miliardari, multinazionali che cercano di sfruttare al meglio le norme nazionali per massimizzare i profitti, ma anche criminali. Questi Stati, a volte minuscoli, garantiscono assoluta riservatezza e, grazie al segreto bancario, risulta impossibile risalire ai titolari di un conto corrente. Spesso è altrettanto difficile risalire ai proprietari di una società schermo, utilizzata per controllarne altre o per riciclare denaro sporco. È difficile definire con chiarezza quali Stati sono dei paradisi fiscali e quali no perché vengono considerati diversi parametri di valutazione nel grado di segretezza o di collaborazione. Il 4/10/2022 il Consiglio dei ministri dell’Economia dell’Unione europea ha aggiornato la sua lista: Samoa americane, Anguilla, Bahamas, Figi, Guam, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini americane, Vanuatu. Questa lista però non tiene conto di quegli Stati che garantiscono alle società una tassazione bassa, come fatto ad esempio dall’Olanda, dall’Irlanda e dal Lussemburgo, Stati europei che si trovano nei primi posti del Corporate tax haven index realizzato da Tax justice network, una rete indipendente che lotta contro l’evasione fiscale. Questi e altri Stati del Vecchio continente fanno buona compagnia a Hong Kong, Singapore, Isole vergini britanniche, Guensey e altri nel Financial secrecy index, realizzato dalla stessa ong. I paradisi fiscali provocano un enorme impoverimento: secondo Tax justice network nel 2021 multinazionali e ricchi hanno evaso tasse per circa 483 miliardi di dollari.      Seby Vecchio notizie e video          

“‘Ndrangheta, politica, massoneria, servizi ‘deviati’ ormai sono un tutt’uno, bisognerebbe trovare un nuovo nome per associarle”. Parola di Seby Vecchio (foto sopra), collaboratore di giustizia dalla fine del 2020. Ex consigliere comunale e assessore della giunta di Giuseppe Scopelliti (a sin. nella foto con Fini). Vecchio è anche ex poliziotto, per sua stessa ammissione “massone in sonno” iscritto al Goi (Grande oriente d’Italia) ed ex ‘ndranghetista, riferimento della cosca Serraino. Vecchio è stato chiamato a testimoniare al processo Gotha – sui rapporti tra ‘ndrangheta reggina, massoneria e colletti bianchi, e la sua testimonianza serve all’accusa per chiudere il cerchio su decenni di indagini che cercano ancora conferme giudiziarie.

Scopelliti, ritorno in politica? Per il futuro si apre una porta...

‘Ndrangheta: braccio destro di massomafia, servizi segreti e forze dell’ordine

https://www.rivoluzioneanarchica.it/ndrangheta-braccio-destro-di-massomafia-servizi-segreti-e-forze-dellordine/

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Solidarietà a tutti i compagni e le compagne ingiustamente arrestati.

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Tu e io, tutti noi, vogliamo vivere.

Possiamo vivere una volta solo e, giustamente,

vogliamo farlo bene. Finché viviamo

tutto il nostro essere brama la gioia e il riso,

il sole e la felicità. E’ giusto che dobbiamo esserne

privati e che dobbiamo per sempre rimanere

schiavi di un pugno di uomini

che la fanno da padroni?

A. Berkman

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)