Tornato in Europa il vaiolo delle scimmie, l’arma militare biologica modificata geneticamente (parte 2)

Le armi biologiche: il volto oscuro della biologia - Microbiologia Italia

Dopo aver analizzato il problema del vaccino del virus del vaiolo delle  scimmie, ci soffermiamo per capire meglio il problema  delle armi biologiche, cioè questi virus modificati geneticamente in laboratori clandestini militari. Le armi biologiche partendo dalla Rivoluzione francese (1789) e passando dalla Rivoluzione industriale, si sviluppano fino alla guerra fredda (1947) nonostante la convenzione di Ginevra lo bandisse fin dal 1864. Gran parte delle recenti conoscenze occidentali sulle armi biologiche provengono da Mosca, dalle rivelazioni di Ken Alibek (foto sotto), ex capo del programma sovietico di ricerca sulla guerra batteriologica (Biopreparat), fuggito negli Usa nel ’92. Alibek aveva ai suoi ordini 32 mila persone, fra scienziati e staff, ed era a capo del complesso di Stepnagorsk, nel Kazakhstan: il più grande centro di ricerca biologica a fini bellici. Le testimonianze di Alibek hanno svelato una realtà allucinante: il programma biologico militare sovietico era avanzatissimo:  “come armi batteriologiche l’America sarebbe indietro di 25-30 anni nello sviluppo dei vaccini contro le armi biologiche, mentre Mosca possedeva missili strategici Mirv (multitestata), pronti per essere caricati con varianti particolarmente potenti del virus del vaiolo, del carbonchio (anthrax) e della peste nera”.

Scientist who supervised Soviet biological weapons production now develops products to help people - cleveland.com

Al CROI 2022 (Conferenza sui Retrovirus e sulle infezioni opportunistiche a carattere internazionale) è stato documentato un terzo caso di guarigione dall’infezione da HIV in seguito a trapianto, dopo gli altri due già noti come il “paziente di Berlino” e quello di Londra. Nel corso della Conferenza è stato riportato il caso di una donna con l’infezione da HIV, che, in seguito ad una patologia ematologica, è stata sottoposta con successo, presso il Weill Cornell Medical Center di New York, ad un trapianto di cellule ematiche. Per curare questa paziente è stato effettuato un trapianto a base di cellule staminali “miste” (aplo-trapianto) provenienti dal sangue di un parente parzialmente compatibile e dal cordone ombelicale neonatale le cui cellule contenevano la mutazione doppia CCR5-delta-32. Questa mutazione cellulare, presente in meno dell’ 1% della popolazione, interessa il co-recettore dell’HIV e non ne consente l’ingresso e la replicazione. Questi dati suggeriscono che nella donna l’HIV è stato completamente eliminato dall’organismo in conseguenza del trapianto con cellule “naturalmente resistenti” all’infezione. Esistono bio-banche organizzate per il sangue da cordone ombelicale ed è possibile, grazie alle metodiche di screening, creare dei compartimenti specifici dei campioni che contengono le cellule che presentano i geni per la resistenza al virus. Questa procedura terapeutica, nonostante la sua complessità, potrebbe consentire, in un non lontano futuro, un efficace e definitivo trattamento dell’infezione da HIV e di altre patologie ematologiche ed autoimmunitarie.

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Il dottor Ustinov morì il 30/4/1988 e gli scienziati sovietici non avevano mai visto nulla di simile: il virus che lo aveva colpito era incredibilmente letale, produceva effetti devastanti sul corpo umano. Estrassero gli organi vitali e il sangue dal cadavere di Ustinov, congelarono il tutto e replicarono il virus in laboratorio. Lo chiamarono “Variante U”. U per Ustinov. Dopo esperimenti su scimmie e animali da laboratorio a Stepnagorsk, conclusero che la Variante U era un’arma biologica: bastavano da una a 5 particelle microscopiche del nuovo ceppo virale nei polmoni di una scimmia per uccidere lo sfortunato animale. Secondo Alibek, migliaia di scienziati russi addetti alle ricerche biologiche militari si sarebbero trasferiti in Paesi come Iran, Iraq, Siria o Libia. E molti di questi non avrebbero avuto nessun problema a portare con sé campioni congelati di Variante U. Una volta in possesso del ceppo originale, sembra che sia assai facile replicarlo in laboratorio.

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Nel 2004 Wangari Muta Maathai, fresca Nobel per la Pace, prima donna africana cui è andato il riconoscimento per il suo impegno ambientalista e per la difesa dei diritti civili delle donne,  dichiara ai mass media: l’’Aids è un’arma creata in laboratorio per sterminare i neri”. La professoressa ha una cattedra di biologia, la sua materia, presso la facoltà di veterinaria di Nairobi. Scartata l’ipotesi che l’Aids sia un flagello di Dio contro gli africani, espresso assoluto scetticismo sulla possibilità che il virus derivi dalle scimmie («conviviamo con loro dalla notte dei tempi»). Secondo la dottoressa non resta che una spiegazione: un prodotto creato in laboratorio, con l’obiettivo principale di decimare i neri. “Altrimenti perché saremmo proprio noi la stragrande maggioranza di quanti muoiono di Aids?”.

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Sul fatto che esistano armi di guerra batteriologiche non sembra aver dubbi la dottoressa e dichiara ai mass media: «Non è forse per questo che si è fatta la guerra in Iraq?». Nega, invece, di aver mai dichiarato che l’Aids sia stato creato in laboratori occidentali. «Non ho idea di chi e dove abbia prodotto questa arma biologica». Una prudente risposta al Dipartimento di Stato Americano che, nel rallegrarsi per la scelta dell’ambientalista africana (foto sopra), per il Nobel, aveva anche parlato di alcuni «disaccordi». Riferimento implicito alle prese di posizioni sulla genesi dell’Aids, che nelle prime dichiarazioni della biologa era stato creato non solo per distruggere la razza nera, ma in centri di ricerca occidentali”.

Dritto e rovescio: Coronavirus: parla Giovanni Rezza Video | Mediaset Infinity

E’ un’ipotesi che non ha fondamento”, ha rilevato il direttore del Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza (foto sopra). ”Un’arma biologica del genere è un’arma che non soddisfa”, ha rilevato l’esperto. ”Armi di questo tipo devono avere degli antidoti, ma questo non è certamente il caso del virus dell’Aids, inoltre è un virus che si diffonde troppo lentamente per essere un’arma biologica. Un arma come questa [virus modificato geneticamente], dovrebbe essere stata concepita da una volontà di sterminio lenta e a lungo termine”. Quanto all’ipotesi che l’Aids  sia un’arma espressamente rivolta contro i neri, Rezza ha osservato che l’HIV “è un virus che non fa discriminazioni fra razze. Certamente l’Africa è il continente dove sono stati sperimentati più  vaccini modificati geneticamente. Le motivazioni della rapida diffusione delle malattie in Africa sono principalmente la povertà e il sottosviluppo”. Quanto all’ipotesi che il virus dell’Aids sia nato in laboratorio, a confutarla sono sufficienti ”i numerosi studi filogenetici e sierologici sull’origine del virus HIV”.

Revista Ejércitos on X: "14) Para avanzar en la investigación biológica, los soviéticos, que venían experimentando desde el periodo de entreguerras, alumbraron en los 70 una institución única por sus medios y

Virus modificati geneticamente ed elaborati nei laboratori militari, da Stalingrado a Gorbaciov: Kanatjan Alibekov, ex direttore del principale complesso sovietico di produzione di armi batteriologiche, descrive le conseguenze di una vita passata a progettare e produrre virus per uso bellico. La maggior parte delle conoscenze occidentali sulle armi biologiche di Mosca proviene dalle rivelazioni di Alibekov, per anni a capo di Biopreparat, un’agenzia del governo sovietico ufficialmente destinata a produrre farmaci per uso civile, in realtà il principale centro militare di ricerca avanzata sulle armi biologiche, con 32 mila dipendenti fra scienziati e staff. “Ho perduto il senso dell’olfatto e ho più allergie di chiunque conosca. Non posso mangiare burro, formaggio, uova, maionese, salsicce, cioccolata o dolciumi. Ingoio due o tre pillole antiallergiche ogni giorno; di più nei brutti giorni. Ogni mattina, mi spalmo unguenti sul viso, collo e mani per dare alla pelle i lubrificanti naturali che ha perduto. Le innumerevoli vaccinazioni che ho ricevuto contro il carbonchio, la peste e la tularemia hanno indebolito la mia resistenza alle malattie e probabilmente accorciato la mia vita”. Alibekov è fuggito negli USA nel ’92 e ha svelato ai suoi interlocutori americani una realtà agghiacciante, di cui sospettavano solo una minima parte: il programma biologico militare sovietico era avanzatissimo e Mosca possedeva, e forse possiede tuttora, missili strategici multitestata caricati con varianti particolarmente potenti del virus del vaiolo, del carbonchio (anthrax) e della peste nera. Alibekov, che si fa ora chiamare Ken Alibek, ha raccontato, in alcune interviste e in un libro (Biohazard – rischio biologico), la storia e lo stato di avanzamento del programma militare batteriologico sovietico.

Chi dette inizio alla Guerra Civile in Russia? - Russia Beyond - Italia

Tutto comincia dopo la guerra civile russa del 1918-1921 (foto sopra), quando i vertici dell’armata rossa, impressionati dall’enorme numero di vittime causate da un’epidemia di tifo, decidono di trasformare questa malattia in un’arma da guerra. Nel 1928, un decreto segreto del governo sovietico dà inizio al programma batteriologico militare di Mosca, inizialmente sotto il controllo della Gpu, l’antenata del Kgb. I principali centri di ricerca erano l’accademia militare di Leningrado e l’isola di Solovetsky nel Mar Bianco, dove prigionieri del gulag locale venivano usati come cavie in esperimenti con il tifo, la febbre Q e la morva, una malattia debilitante tipica degli equini, adattata in questo caso all’uomo. Queste ricerche erano considerate talmente importanti dal comando sovietico che subito dopo l’invasione tedesca del 1941, i due centri vennero immediatamente spostati a Est. Durante la II guerra mondiale, ufficialmente nessuna potenza ha impiegato armi chimiche o batteriologiche, ma Alibekov racconta un episodio curioso sulla battaglia di Stalingrado.

Rabbit Fever (Tularemia) - Benton Franklin Health District

Nel 1973, quando è studente alla facoltà militare dell’istituto medico di Tomsk, si vede assegnare una ricerca su una misteriosa epidemia di tularemia, una malattia altamente debilitante, sul fronte russo-tedesco nel 1942, poco prima di Stalingrado. Il giovane studente scopre che le prime vittime dell’epidemia furono le truppe tedesche: i soldati di Berlino si ammalavano a un ritmo mai visto, tanto che l’offensiva tedesca della tarda estate del 1942 dovette temporaneamente arrestarsi. In seguito, l’epidemia si diffuse anche fra le truppe sovietiche e la popolazione civile. Alibekov conclude che non era possibile che la malattia fosse di origine naturale (10 mila casi nel 1941, 100 mila casi nel 1942, l’anno dell’epidemia, di nuovo 10 mila casi nel 1943): i russi avevano diffuso il virus nelle linee tedesche e poi, probabilmente a causa di un cambiamento del vento, ne erano stati a loro volta colpiti. E’ interessante il racconto che Alibekov fa della reazione del colonnello che aveva commissionato la ricerca, di fronte alle conclusioni del suo allievo: “per piacere (disse piano) voglio che tu mi faccia un favore e dimentichi che hai mai detto ciò che hai detto. Lo dimenticherò anch’io (…). E non menzionare mai…mai, a nessuno, quello che mi hai appena detto. Credimi, farai un favore a te stesso”. Molti anni dopo, un anziano colonnello che aveva lavorato in un centro batteriologico segreto nella città di Kirov disse ad Alibekov che nel 1941, l’anno prima di Stalingrado, in quegli stabilimenti era stata sviluppata un’arma biologica basata sul virus della tularemia. Fece capire che quell’arma era sicuramente stata usata contro i tedeschi. Il programma sovietico continua sotto Krusciov, che lancia un progetto, ironicamente chiamato “Ecologia”, per sviluppare virus, fra cui l’afta epizootica, capaci di distruggere gli allevamenti di bestiame dei Paesi nemici. Nel 1973, un anno dopo che Mosca ha firmato il trattato internazionale di messa al bando delle armi biologiche e batteriologiche, Brejnev crea il Biopreparat, di cui Alibekov diventerà il responsabile nel 1988, e vara il programma “Enzima”, per sviluppare agenti patogeni modificati geneticamente per resistere agli antibiotici e ai vaccini: tularemia, peste nera, carbonchio, morva, vaiolo, marburg, eccetera.

Un'alternativa all'abbattimento selettivo per l'afta epizootica | FMD_IMPROCON Project | Results in brief | FP6 | CORDIS | European Commission

Con Gorbaciov, il programma batteriologico viene enormemente potenziato: nel 1987, l’allora leader dell’Urss firma di suo pugno un piano quinquennale che fissa gli obiettivi da raggiungere nel campo biomilitare, con particolare enfasi sullo sviluppo del vaiolo per uso bellico. Secondo Alibekov, quel piano era “il più ambizioso programma per lo sviluppo di armi biologiche mai sottoposto alla nostra agenzia” e permise all’Urss di diventare “l’unica superpotenza biologica” del pianeta. In un periodo in cui l’economia sovietica era vicina al collasso e Gorbaciov prometteva al mondo la riduzione degli arsenali di Mosca, il Cremlino spendeva ogni anno l’equivalente di centinaia di milioni di dollari di allora, fino al miliardo del 1990, per lo sviluppo di armi di distruzione di massa.

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L’ordine ottenuto tramite la sottomissione

e conservato con il terrore non è certo

una garanzia di sicurezza.

Emma Goldman

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Solidarietà ai compagni/e anarchici ingiustamente arrestati.

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)