Il vescovo di Bolzano chiede perdono per tutti i giovani stuprati dal clero

Vescovo Ivo Muser

In questi giorni i media scrivono che la Chiesa dell’Alto Adige dichiara il mea culpa, dopo i risultati shock dell’indagine sui casi di abusi sessuali da parte del clero, il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser (foto sopra), chiede perdono a tutte le persone coinvolte ammettendo di essere stato responsabile, durante il suo episcopato, di omissione, tra cui “la riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati”. I dati emersi sono sconvolgenti: i sacerdoti accusati di abusi sessuali nei confronti di minori e persone vulnerabili sono 41 e 75 le vittime (67 i casi riscontrati), di cui 59 minorenni (il 51% bambine). Gli episodi di violenza sono avvenuti dal 1964 al 2023.  

Abusi in diocesi Bolzano-Bressanone: il vescovo Muser, “mi assumo responsabilità per omissioni”. Entro il 2025 nuove misure di prevenzione e contrasto e linee guida per la gestione dei casi - AgenSIR                           Nel corso della conferenza stampa tenutasi in questi giorni (foto sopra), la curia di Bolzano ha dichiarato che i casi sospetti non erano stati perseguiti, i casi di abuso non erano stati segnalati a Roma e i sacerdoti accusati e i colpevoli erano stati trasferiti senza provvedimenti a loro carico e altri ancora inseriti nelle parrocchie senza avvertire i fedeli. Il corposo dossier di 631 pagine è il risultato del lavoro di uno studio legale tedesco che aveva ricevuto l’incarico dalla diocesi stessa. Rispetto al criticato rapporto dell’assemblea dei vescovi italiani, la CEI, presentato in due parti nel 2022 e nel 2023, quello sulla diocesi di Bolzano copre un periodo di tempo molto più ampio (60 anni) e tratta il problema degli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica in modo dettagliato, parlando tra le altre cose della dimensione sistemica delle violenze. È comunque un lavoro notevole, considerate le enormi resistenze che ci sono sempre state nella Chiesa italiana verso inchieste di questo genere. Il rapporto fa parte di un progetto più ampio della diocesi, intitolato “Il coraggio di guardare”. Lo ha curato lo studio legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera, in Germania, che dal 2010 in poi si è occupato di altre indagini su casi di abusi sessuali nella Chiesa in Germania, Spagna e Portogallo. Secondo quanto ricostruito nel rapporto, 3 uomini si sono suicidati decenni dopo aver subìto violenza. Gli autori del rapporto hanno osservato che le loro scoperte hanno probabilmente portato alla luce solo alcuni casi, e ritengono che ci sia un numero «ampiamente maggiore, forse addirittura esorbitante» di casi sommersi. Per completare la ricostruzione hanno intervistato 25 testimoni, cioè persone all’interno della diocesi che potenzialmente potevano essere a conoscenza dei fatti, e diverse persone che hanno raccontato le loro storie di abusi dopo aver risposto all’appello pubblico fatto dallo studio legale lo scorso febbraio.

Vatican News - 𝐙𝐮𝐩𝐩𝐢: 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐜𝐞 𝐬𝐢 𝐟𝐚 𝐢𝐧 𝐭𝐫𝐞. 𝐈𝐥 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐬𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞 #VaticanNewsIT Il presidente della CEI - Conferenza Episcopale Italiana #Zuppi è ...

Il primo rapporto della CEI sugli abusi nella Chiesa dice molto poco: preferiscono nascondere, occultare, insabbiare. Anche la seconda parte del report della CEI, pubblicata un anno dopo, era risultata ancora piuttosto carente soprattutto a causa del numero basso di persone che si erano rivolte alla Chiesa per denunciare abusi. Uno degli aspetti più interessanti e significativi del rapporto riguarda il criterio con cui i relatori hanno selezionato i 24 casi da descrivere diffusamente fra gli oltre 60 individuati. Sono stati scelti casi «che evidenzino errori o omissioni commessi dai dirigenti responsabili della diocesi di Bolzano-Bressanone e ne comprovino la responsabilità di una gestione manchevole dei casi di abuso e presunto abuso», si legge nel rapporto. Questo perché i sacerdoti che avevano commesso abusi, o erano sospettati di averlo fatto, sono stati trattati dalla Chiesa troppo a lungo come eccezioni, del tutto svincolate dalle carenze sistemiche che secondo il rapporto sono ben evidenti all’interno del mondo ecclesiastico. Nel dossier si insiste in particolare sulla mancanza di una «cultura dell’errore» all’interno della diocesi: sta a indicare il prolungato rifiuto di molti responsabili ecclesiastici di affrontare in modo adeguato i sacerdoti accusati di avere commesso abusi, per non dover ammettere di aver sbagliato a gestire casi simili in passato e per evitare di dover correggere le decisioni dei propri predecessori. È una delle ragioni principali per cui, secondo il rapporto, molti sacerdoti abusanti o su cui c’erano molti indizi, sono restati in servizio per decenni, venendo al massimo trasferiti in altre parrocchie.

Ma non è finito qua il vizio degli abusi compiuti dai preti pedofili: il 3 agosto del 2024 sono  saltati fuori gli abusi di un chierichetto fatti di nascosto da un prete pedofilo.

  Padre Nicola Gildi Padre Domenico Silvestro Padre Salvatore Vilardi - Contromano24

Erano passati pochi giorni dall’arresto di padre Domenico Silvestro, parroco della basilica pontificia di Sant’Antonio da Padova, e del frate Nicola Gildi del convento di Santa Maria Occorrevole. È successo ad Afragola, nel Napoletano, e i due ecclesiastici sono accusati di essere mandanti di una rapina e autori di ricatti a sfondo sessuale: sembra che chiedessero di avere rapporti intimi promettendo in cambio assistenza di carattere sociale (abiti e alimenti) e lavorativa (lavoretti nella curia). Una storia torbida, con tanto di rapina che ha portato all’arresto di ben 6 persone tra cui, appunto, il parroco e il frate. E ora arriva una storia non dissimile: padre Andrea Melis, un prete originario di Cagliari ma da anni trapiantato in Liguria, è stato arrestato. La denuncia è arrivata dai genitori di un chierichetto minorenne, abusato per 3 anni, in cambio di ricariche telefoniche, abiti griffati e videogiochi. Nella casa del prelato, ora sequestrata, sono stati trovati farmaci per la stimolazione sessuale e quei capi di abbigliamento griffati e di sigarette elettroniche, che servivano come merce di scambio. Sessant’anni, appartenente all’Ordine dei Padri scolopi, era direttore della scuola elementare e della Fondazione Assarotti a Genova oltreché presidente di Fidae Liguria (Federazione di scuole cattoliche primarie e secondarie) e parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova a Finale Ligure (Savona). Secondo un recente censimento realizzato dall’Osservatorio permanente della Rete L’abuso e dall’associazione internazionale Eca Global (Ending ClergyAbuse), sono 164 i sacerdoti con condanna definitiva negli ultimi 15 anni. Il totale dei casi è di 418 preti pedofili, divisi in 88 anonimi, 166 denunciati e 164 condannati. Sappiamo che la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) di tanto in tanto torna a parlare di pedofilia, ma dei 613 fascicoli riguardanti casi di abuso depositati al dicastero per la dottrina della fede, fino a oggi non si è saputo niente: tendevano ad occultare tutto!!

Centro Studi Cardinal Casaroli - Seminario Vescovile di Bedonia - Parma

Il fratello di Emanuela Orlandi (foto sotto), nel 2024 dichiarò: “Mi dicono che il cardinale Casaroli (a destra nella foto), si faceva portare ragazzine di 12 anni”. Intanto la presidenza della commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa della ragazza sparita nel nulla il 22/6/1983, andrà al partito massonico cattofascista di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale, fondato da Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni. Il rapimento di Emanuela Orlandi, è uno dei misteri più oscuri (occulti) della storia italiana. La giovane ragazza di 15 anni, figlia di un funzionario vaticano, scomparve senza lasciare traccia. Le indagini che seguirono, portarono alla luce una fitta rete di legami tra criminalità organizzata, servizi segreti deviati e personaggi influenti della società italiana. La Banda della Magliana è stata una delle organizzazioni criminali più potenti e temute di Roma tra gli anni ’70 e ’80. Si ipotizza che la banda possa aver avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela Orlandi, poiché alcuni membri dell’organizzazione avevano stretti legami con personaggi influenti all’interno del Vaticano e dei servizi segreti italiani. Secondo alcune testimonianze, in conseguenza di uno dei tanti casi di pedofilia, la Banda della Magliana avrebbe rapito la ragazza per ottenere il rilascio di Mehmet Ali Ağca, l’attentatore che cercò di uccidere Papa Giovanni Paolo II (a destra nella foto) nel 1981.

Emanuela Orlandi, sit-in a Roma. Il legale della famiglia: “Ci diano le agende di Ciampi”

Nel caso di Emanuela Orlandi (foto sopra), alcuni elementi suggeriscono un possibile coinvolgimento dei servizi segreti deviati della Propaganda Due (P2): la loggia massonica P2, guidata dal massone Licio Gelli, accusata di aver orchestrato una serie di eventi eversivi in Italia durante gli anni ’70 e ’80. La loggia massonica P2 formata da alti gradi delle forze dell’ordine, aveva legami con personaggi influenti del mondo politico, economico e dei servizi segreti italiani. Altre teorie, sostengono invece che il rapimento della Orlandi fosse una mossa per mettere sotto pressione il Vaticano o per ottenere informazioni sullo IOR (Istituto per le Opere di Religione), la banca vaticana coinvolta in numerosi scandali finanziari. La Gladio era una rete “stay-behind” anticomunista in Italia, sponsorizzata dalla NATO e coinvolta in numerosi episodi di terrorismo interno, come la strage di Bologna nel 1980. Alcune teorie suggeriscono che elementi deviati di Gladio potrebbero aver avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela Orlandi, in un tentativo di destabilizzare il Vaticano o di influenzare la politica italiana. La Banda della Magliana, oltre ai suoi legami col Vaticano, aveva stretti rapporti con personaggi appartenenti ai servizi segreti italiani. In particolare, è stato ipotizzato che il boss della banda, Enrico De Pedis, fosse un informatore dei servizi segreti. Questi legami potrebbero aver facilitato la collaborazione tra la Banda della Magliana e i servizi deviati nel rapimento Orlandi.

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Ma Chi era l’Amerikano? Era è un agente dei servizi segreti statunitensi che aveva  il compito di addestrare le polizie dei governi di destra del Sud America alla tortura e alla repressione dei dissidenti. Dopo il colpo di stato dei colonnelli in Grecia (Z – L’orgia del potere) e le purghe staliniane in Cecoslovacchia (La confessione), Costa-Gavras, ne L’Amerikano denuncia le ingerenze degli USA nella politica degli stati sudamericani negli anni della guerra fredda.

Il titolo originale del film è État de siège (Stato di assedio) e, il titolo italiano (L’Amerikano), richiama il teso clima politico dell’epoca. Il film fu girato nel Cile socialista di Salvador Allende poco prima del golpe di Augusto Pinochet, architettato e portato a termine col pieno appoggio degli Stati Uniti (operazione Condor). Le musiche sono di Mikīs Theodōrakīs, che fu detenuto politico sottoposto a torture durante la dittatura dei colonnelli in Grecia dopo il 1967.

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Ma non è finito qua il problema dei preti pedofili: Il 23/6/2024 i mass media scrivono che è morto in Francia il sacerdote Bernard Preynat (al centro nella foto): era stato condannato per pedofilia. Lo scandalo coinvolse anche alti prelati e partiva dall’accusa al sacerdote di aver abusato di ragazzi minorenni nel corso dei campi scout che gestì tra il 1971 e il ‘91. Le sue vittime avevano tra i 7 e i 14 anni. Nel corso del processo, concluso nel marzo 2020, Preynat ha ammesso di aver praticato ‘carezze’ che sapeva essere proibite. In Francia, lo scandalo è stato uno dei più celebri casi di abuso da parte di sacerdoti, ma anche di insabbiamento. Il processo è arrivato a coinvolgere anche il superiore di Preynat, l’arcivescovo di Lione e cardinale Philippe Barbarin. Ma è da oltre vent’anni che va avanti il ‘vizietto’, dapprima negli USA e poi in Europa e nel mondo, la Chiesa è profondamente segnata dalla pedofilia, diffusa tra le file dei chierici come un male incurabile: un fenomeno che ha assunto le dimensioni di una vera epidemia.

Prêtre pédophile : le père Preynat logé par le diocèse à Lyon depuis l'été dernier

Il 6 gennaio del 2002, ‘The Boston Globe’ usciva con un titolo sparato in prima pagina a caratteri cubitali: «La Chiesa ha permesso per anni abusi da parte dei preti». Lo scandalo che sorse allora non si è più fermato. Al tempo di Giovanni Paolo II la Curia poteva ancora sostenere che gli abusi sui minori fossero un fenomeno essenzialmente statunitense, Benedetto XVI (a sinistra nella foto), da subito (2005) dovette confrontarsi con l’esplosione del caso irlandese. La progressione dei casi rivelati di pedofilia si fece incalzante: dalla Svizzera al Belgio, dal Regno Unito ai Paesi Bassi, dall’Austria alla Germania, ovunque si verificò un’esplosione di segnalazioni, che segnarono duramente l’ultima fase del pontificato di Ratzinger e contribuirono a spingerlo alle dimissioni.

Benedetto e Francesco. Chi è il Papa? - di Emmanuele Barbieri | Corrispondenza romana

Il 2010 può essere considerato un vero e proprio momento buio della storia della Chiesa: la progressione di casi rivelati di pedofilia si fece incalzante e furono coinvolti: cardinali, vescovi, preti e religiosi. Il nuovo papa, Francesco (a destra nella foto), per fronteggiare la situazione e le troppe accuse provenienti dalla Commissione per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite che continuava a chiedere alla Santa Sede di rispettare la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, cercò di modificare opportunamente il Codice di diritto canonico. Ma intanto il tema della pedofilia aveva varcato anche i confini europei. Se nel caso australiano una commissione governativa dimostrava la consistenza, ampiezza e durata del fenomeno (di recente si è mossa anche la Nuova Zelanda), lo scandalo della pedofilia ecclesiastica si è propagato in tutta l’America Latina, trasmettendosi come un’onda sismica avvertita negli episcopati: cileno, brasiliano, colombiano, argentino, ecuadoregno, costaricano, peruviano, e perfino in quello del piccolo San Salvador. Da allora taluni episcopati europei hanno preso l’iniziativa di promuovere indagini: è stato il caso della Polonia e poi della Chiesa francese. Quest’ultima, nel 2018, ha deciso di avviare un’inchiesta, diretta da un alto funzionario statale cattolico, Jean Marc Sauvé, che nel dicembre scorso ha consegnato il suo rapporto, suscitando enorme clamore per aver rivelato un fenomeno di grande ampiezza (300 mila vittime). Negli stessi giorni, in Germania, vi è stato l’annuncio dei risultati dell’inchiesta promossa nelle sedi di Frisinga e di Monaco (centinaia di abusi perpetrati dal 1945 al 2019; dozzine di chierici coinvolti), con l’accusa mossa a Ratzinger di avere insabbiato alcuni casi al tempo in cui era arcivescovo della diocesi bavarese. Il papa emerito si è difeso in modo assai confuso, senza fugare i gravi sospetti di negligenza o di complicità. Nel caso spagnolo, malgrado un’inchiesta condotta da «El País», la Chiesa locale non appare intenzionata a promuovere un’indagine, che (taluni vescovi temono) potrebbe travolgerla. Similmente, nel caso italiano, si osserva una forte resistenza all’apertura di un’inchiesta per valutare ampiezza e gravità di un fenomeno che potrebbe avere dimensioni ancora maggiori di quelle di altri paesi. Nel 2023 Papa Francesco ha organizzato il primo summit sulla questione della pedofilia. Nel corso degli anni il Vaticano è stato più volte accusato di non aver fatto abbastanza.

Pedofilia, le dimissioni di Marie Collins scuotono il Vaticano: la Commissione chiede al Papa di rafforzare

Tre anni dopo Marie Collins (foto sopra), Irlandese sopravvissuta agli abusi, ha lasciato la Commissione dando la colpa a quelle che lei definisce le “resistenze” interne alla chiesa. Da allora, ci ha detto, “la Commissione ha fatto pochi progressi. C’entrano il potere e la politica del Vaticano che hanno tentato di controllare la Commissione, minando la nostra indipendenza, terrorizzati all’idea che potessimo apportare dei cambiamenti. Qui torniamo al problema di partenza: ovvero salvaguardare la reputazione della chiesa”. In Italia, a differenza di altri paesi, è stato fatto ancora poco sul tema della pedofilia. Di recente l’ong Rete l’Abuso ha diffuso il rapporto più completo mai pubblicato fino ad oggi, che copre 13 anni di attività dell’Associazione in cui sono stati acquisiti oltre 400 casi di abuso sessuale ai danni di minori compiuti da sacerdoti, divisi per regione. “Il numero totale di potenziali vittime di cui un sacerdote può abusare è importante [dice Francesco Zanardi, fondatore e presidente di Rete l’Abuso]. Questo è dovuto principalmente all’insabbiamento e al fatto che il sacerdote, invece di essere denunciato alla polizia, viene spesso trasferito da una chiesa all’altra, il che porta ad altre vittime. In Italia il numero totale di sacerdoti è due-tre volte superiore a quello della Francia”. Il documento è stato inviato alla Procura della Repubblica per sollecitare un intervento delle autorità competenti. Secondo le ultime stime in Italia potrebbero esserci fino a un milione di vittime. La Conferenza Episcopale Italiana nel Novembre 2022 ha pubblicato i dati raccolti nel corso di 2 anni presso i centri di ascolto delle diocesi. Numeri notevoli ma ancora parziali, secondo Zanardi. Ma perché in Italia si è fatto così poco? L’Italia è ancora un Paese molto omogeneo (uguale in ogni sua parte) dal punto di vista culturale e sociale [dice Iacopo Scaramuzzi, corrispondente dal Vaticano per La Repubblica]. Non dico che siamo tutti cattolici, ma ogni italiano ha un legame di raccomandazioni con la Chiesa cattolica, sia esso un familiare o un religioso. Ecco perché qui spesso si tende a occultare tutto!! Poi c’è il problema di Karol Wojtyla, l’allora papa Giovanni Paolo II, secondo alcune testimonianze e documenti, Wojtyla avrebbe avuto una vita segreta e dissoluta, frequentando donne e facendosele portare in Vaticano da persone legate alla criminalità organizzata, come il boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino. Quest’ultimo, oltre a essere pagato dal clero per i suoi lavori sporchi, sarebbe stato poi sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, in cambio del suo silenzio sul caso Orlandi. Ma non era solo Wojtyla a cui piaceva la bella vita: c’era anche don Mercedes. A Crema era un pezzo grosso di Comunione e Liberazione il parroco Mauro Inzoli; gli piacevano il lusso e le belle macchine, lo si vedeva spesso nei ristoranti alla moda, un sigaro cubano all’angolo della bocca. Aveva amicizie politiche importanti e poco senso del pudore: nel gennaio 2015 appariva insieme a Roberto Formigoni (foto sotto), al convegno sulla famiglia tradizionale organizzato dalla Regione Lombardia, eppure già da anni molestava i ragazzini, come conferma la condanna definitiva per pedofilia del 2018. La più piccola delle sue vittime aveva 12 anni. Una storia non certo unica.

Roberto Formigoni: «In carcere con un omicida, mi chiamavano tutti presidente. Ora vivo con una pensione da poche migliaia di euro»

Ma il problema più grosso è che nel Paese che ospita il Vaticano infatti, né il Parlamento né tantomeno la Chiesa, prendono iniziative efficaci per risolvere definitivamente questa piaga. La società civile però, non ha più voglia di aspettare: di fronte al silenzio ecclesiastico si è costituito ‘Italy Church Too’, un coordinamento di associazioni contro gli abusi nella Chiesa, che chiede subito una commissione d’inchiesta indipendente, come quelle che si sono appena formate in Spagna e in Portogallo.

Quando si mettono insieme i tasselli del mosaico, dispersi nelle cronache locali e poi dimenticati, emerge un quadro di violenza endemica che riguarda ogni ambito della vita della Chiesa. Troviamo preti che approfittano del loro potere per allungare le mani sui ragazzini in sacrestia, durante le lezioni di catechismo o le prove del coro, in campeggio o nei centri estivi; alcuni sono guru di comunità di recupero e centri di ascolto, altri guidano scuole cattoliche. Molti sono i molestatori seriali in attesa di giudizio per induzione alla prostituzione minorile e violenza privata: sacerdoti che promettono cocaina in cambio di prestazioni sessuali e offrono pochi spiccioli e una ricarica del telefono in cambio di una marchetta o di un video hard. Coi cassetti o i pc pieni di materiale pedopornografico, circuiscono i bambini non ancora adolescenti, meglio se con problemi psichici o provenienti da famiglie disagiate perché più indifesi: fanno loro credere che la mano che li fruga è una mano benedetta, che l’amore di Dio si esprime con lo spirito e col corpo, che sono dei privilegiati. Gli stupri non di rado si protraggono per anni, a volte anche per decenni, lasciando segni indelebili nelle vittime, costrette spesso a fare i conti con le conseguenze fisiche e psicologiche delle violenza per il resto della vita. E la Chiesa istituzionale come reagisce? Cura, sostiene, protegge. Non le vittime ma i preti.

Nuove segnalazioni su don Silverio Mura al 3° giorno di sciopero della fame di Diego Esposito. — Rete L'ABUSO

La prassi consolidata quando viene segnalato un caso di pedofilia è sempre la stessa: non denunciare alle autorità ma evitare lo scandalo spostando il prete in un’altra parrocchia o ricoverandolo per un periodo in una delle inavvicinabili strutture per la riabilitazione dei preti sparse per l’Italia. Le autorità ecclesiastiche non hanno l’obbligo giuridico di denunciare gli abusi, tanto meno devono rendere conto degli esiti dei processi interni, così si trincerano dietro al silenzio. C’è addirittura chi, dopo una denuncia per pedofilia, riprende a fare il parroco sotto falso nome in un altro posto, come don Silverio Mura (foto sopra), prete della diocesi di Napoli, diventato don Saverio Aversano a Montù Beccaria, in provincia di Pavia. Lo denuncia la Rete L’Abuso nell’esposto in cui spiega che il sacerdote viene trasferito dopo una querela per pedofilia e che, grazie alla complicità della curia, continua a occuparsi di bambini e a ricevere la posta al nuovo indirizzo. La stessa associazione sottolinea che sono almeno 29 i vescovi coinvolti nell’occultamento dei reati: nel caso di don Giuseppe Rugolo, per esempio, dalle intercettazioni emerge che il vescovo di piazza Armerina Rosario Gisana avrebbe provato a comprare il silenzio della famiglia della vittima coi soldi della Caritas. Ancora: monsignor Mario Delpini, oggi arcivescovo di Milano, informato delle attenzioni che uno dei suoi parroci, don Mauro Galli (foto sotto), riserva a un ragazzo di 15 anni, ammette in un interrogatorio di essersi limitato a spostarlo di sede per ben due volte. Il prete di Rozzano era stato condannato dalla Corte d’Appello di Milano a 5 anni e 6 mesi; il suo caso è stato anche posto all’esame della Congregazione per la dottrina della fede, dopo che il processo di primo grado al Tribunale ecclesiastico regionale si era risolto con un nulla di fatto per insufficienza di prove. Dopo l’annullamento della sentenza per il reato di violenza sessuale (annullamento deciso dalla Corte di Cassazione nel giugno 2022), il sacerdote è stato condannato alla sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare per tre anni, con autorizzazione a svolgere l’attività lavorativa infrasettimanale per 8 ore al giorno. È stata inoltre riconosciuta l’attenuante del «fatto di minore gravità» sul presupposto della insostenibilità delle più gravi accuse contenute nella denuncia presentata nel 2014 per una vicenda risalente al dicembre 2011. Scontato il debito con la giustizia statale, don Galli potrebbe quindi tornare beatamente in parrocchia!

Legnano: Tre anni ai domiciliari per don Mauro Galli - Prima Milano Ovest

Ma non ci sono soltanto gli abusi sui minori ma anche quelli sulle religiose. Già a metà degli anni ’90, due suore di ritorno dall’Africa, inviano al Vaticano rapporti in cui sostengono che molte suore vengono stuprate da sacerdoti maschilisti; e se restano incinte vengono costrette ad abortire. Raccontano anche di un prete che officia il funerale di una donna morta in seguito all’aborto che lui stesso le ha procurato. Nel documento si sottolinea che la violenza sulle religiose non è soltanto una questione africana ma riguarda ben 23 paesi, fra cui l’Italia. In anni più recenti, la teologa Doris Wagner ha accusato il capo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede padre Hermann Geissler (a destra nella foto), poi assolto dal Tribunale della Segnatura apostolica, il supremo tribunale di diritto canonico della Santa Sede, di averla violentata quando era suora dell’Opus Spiritualis Familia a Roma: «Ero giovane, credente e idealista: ero la vittima ideale per un prete», ricorda oggi. Dipendenti economicamente dalla congregazione a cui appartengono, costrette a tagliare i ponti con la famiglia, le suore sono schiacciate da un sistema clericale fondato sull’omertà; in Italia, chi prova a denunciare non ottiene nulla se non di essere discriminata o addirittura allontanata dalla comunità.

Benedetto XVI e il Centro Internazionale degli Amici di Newman

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«L’Avrei Nascosta o…» – Le Rivelazioni di De Pedis su Emanuela Orlandihttps://www.youtube.com/watch?v=MV1cDXiJfhc

Emsi Caserio: Rap Anarchico Popolare (VIDEOCLIP 2014)https://www.youtube.com/watch?v=qg4N2z7g_5k

Assalti Frontali – un cannone me lo meritohttps://www.youtube.com/watch?v=hRzIOmzG0T8

ASSALTI FRONTALI – FAN**LO CI SIAMO ANCHE NOIhttps://www.youtube.com/watch?v=gA0D-lhnIbE

La ballata di Alfredo Cospitohttps://www.youtube.com/watch?v=LQsTdr2vGNs

CANZONE PER ALFREDO COSPITO – MARCO CHIAVISTRELLI SOLIDARIETA’ AD ALFREDO CONTRO L’ORRORE DEL 41 BIShttps://www.youtube.com/watch?v=_X33J74_ALE

Emsi Caserio: Rap Anarchico Popolare (VIDEOCLIP 2014)https://www.youtube.com/watch?v=qg4N2z7g_5k

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Religione, il dominio della mente umana;

proprietà, il dominio dei bisogni umani;

e governo, il dominio della condotta umana,

presentano le roccaforti della schiavitù umana

e tutti gli orrori che questa comporta.

Emma Goldman

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Solidarietà a Cospito e a tutti gli anarchici e anarchiche utopisti e sognatori ingiustamente incarcerati.

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

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