Oggi, 16 marzo 2025, è il 47° anniversario del rapimento Moro, avvenuto a Roma nel 1978.
«Se CIA e Mossad avevano infiltrato le BR prima del rapimento di Moro e ciò era noto ai servizi segreti deviati italiani e a giornalisti ad essi legati come Mino Pecorelli, esiste una complicità di Stati Uniti e Israele nella fine dello statista DC, reo di voler aprire le porte del governo ai comunisti»; commenta così Gigi Malabarba (foto sopra), capogruppo Prc al Senato e membro del COPACO, le affermazioni dell’ex vicepresidente del CSM e vicepresidente vicario della DC, Giovanni Galloni, in un’intervista a Rainews 24; aggiunge Malabarba: «Alla luce dei recenti episodi di azione illegale della Cia nel nostro paese, come il rapimento dell’imam egiziano Abu Omar, il governo deve smettere di essere latitante e porre in atto tutte le iniziative adeguate a far luce su episodi che mettono in luce una condizione dell’Italia a sovranità limitata, in cui agivano un tempo “servizi deviati” e oggi “accordi segreti” Usa – governo italiano per aggirare costituzione, leggi e trattati internazionali», conclude.
È vero o non è vero che la sede nella quale Aldo Moro è stato tenuto prigioniero era sorvegliata dai servizi segreti italiani e non solo? È vero o non è vero che la mattina dell’8 maggio 1978 dal ministero degli Interni è partita una telefonata che ha bloccato l’irruzione dei reparti speciali del generale Dalla Chiesa (foto sopra) nel covo in cui vi era Moro? È vero o non è vero che la P2 agì pesantemente perché lo Stato non trattasse? Risponde al vero la notizia che alcuni magistrati hanno operato con ritardo rispetto a vicende particolari del caso Moro? Quale il ruolo della Cia, del Kgb, del Mossad? Come mai in un mondo nel quale si sa sempre tutto, l’azione eversiva dei brigatisti non ha avuto risonanza alcuna e in 55 giorni nessuno ha mai individuato il covo nel quale Moro era prigioniero? Lago della Duchessa da un lato e via Montalcini dall’altro sono elementi sui quali i lati oscuri sono tanti, ancora. Come mai i brigatisti non sono ancora in grado di spiegare sufficientemente quello che è successo in via Fani? Perché solo in occasione del rapimento Moro, lo Stato non ha trattato? Nel febbraio 1978 almeno 7 servizi segreti di rango internazionale erano operativi in Italia: Cia, Kgb, Mossad, Sdece, Stasi, Ssvpvk, Bis, nonché gli omologhi italiani ufficiali e paralleli, Sismi, Sisde, Gladio.
Le ultime dichiarazioni dell’onorevole Giovanni Galloni, rilasciate martedì 5 luglio 2005 a “Rai News24” sembrano confermare l’ipotesi di una collaborazione tra le Br e i servizi segreti stranieri. Galloni, vice segretario della Democrazia Cristiana all’epoca del sequestro Moro ha riferito: “Moro mi disse che sapeva per certo che i servizi segreti sia americani sia israeliani avevano degli infiltrati all’interno delle Brigate Rosse. Però non erano stati avvertiti di questo”.
Ma l’enigma più grande è via Gradoli che, vista dalla mappa, sembra avere la dinamica di un ferro di cavallo. Si torna da dove si parte, lungo una stradina circolare con un unico ingresso e con la stessa uscita sul lato opposto. Via Gradoli, dalla Cassia, è una pista di quelle costruite per le automobiline, se dovessi disegnarla. Qui ci hanno abitato clandestini, esponenti della malavita, uomini dei servizi segreti, dei carabinieri, assassini ecc. La base di via Gradoli era il quartier generale di Mario Moretti e Barbara Balzerani (nel riquadro sopra): via Gradoli 96, interno 11 della scala A, al secondo piano. Dietro si avvista un campo da tennis coperto dai pini sempreverdi. Ecco un altro luogo del tutto anonimo, se non fosse per i numerosi segreti che nasconde. Lucia Mokbel era l’inquilina della porta accanto, nei giorni del sequestro Moro, dove viveva con Gianni Diana, impiegato da un commercialista amministratore di immobili in cui figuravano anche società in dotazione ai servizi segreti. Gli stessi servizi segreti che avevano in via Gradoli appartamenti intestati a società di copertura. La Mokbel, durante il primo processo Moro, raccontò la storia di un bigliettino, poi sparito, in cui annotò di aver sentito il ticchettio di una trasmissione in alfabeto Morse che proveniva dall’appartamento adiacente. Lo consegnò agli agenti di polizia che il 18 marzo erano andati a bussare a molte porte del condominio. La missiva era indirizzata al commissario Elio Cioppa, che poi risultò iscritto alla loggia massonica della P2. In un’operazione di controllo furono identificati numerosi inquilini. L’interno 11 fu uno degli appartamenti in cui gli inquirenti suonarono il campanello, ma non rispose nessuno. Una signora che abitava nello stesso piano disse che lì viveva una persona distinta, forse un rappresentante, che usciva la mattina e tornava la sera tardi.
Il secondo episodio risale al 2 aprile 1978, con la seduta spiritica dove era presente Romano Prodi (foto sopra), nella campagna bolognese a Zappolino, durante la quale alcuni amici, facendo muovere un piattino sulle lettere dell’alfabeto, videro comparire le parole: Gradoli, Viterbo, 6, 11. Venne messo a soqquadro il paese di Gradoli in provincia di Viterbo senza trovare tracce. Nessuno perquisì via Gradoli, che fu indicata dalla moglie di Moro dopo aver consultato le Pagine Gialle. Ultimo capitolo, il 18 aprile. Il covo venne scoperto dai vigili del fuoco che intervennero su richiesta dell’inquilino sottostante per una perdita d’acqua che filtrava attraverso il soffitto. Era stata lasciata aperta la pistola della doccia, che allagò il bagno del covo dei brigatisti. Si trattò di una scoperta pilotata, evidentemente. La televisione riprese le stanze, le immagini delle pistole, dei mitra, dell’esplosivo, dei bossoli, dei volantini, delle divise dell’Alitalia simili a quelle indossate nella strage di via Fani. Sergio Flamigni sostiene che la base di via Gradoli era nota ad una vasta cerchia di militanti e che le Brigate Rosse preparavano il sequestro Moro nella via dove i servizi segreti avevano alcuni uffici. Una decisione apparentemente assurda. Nella stessa via, sia prima del 1978 che dopo, furono presenti numerosi appartamenti utilizzati da agenti. Si scoprirà che anche il deputato democristiano Benito Cazora, nei suoi contatti avuti con esponenti della malavita calabrese, nel tentativo di scovare la prigione di Moro, era stato avvertito che via Gradoli era una zona calda. Lo stesso Mino Pecorelli, nel ’77, un anno prima del sequestro Moro, avrebbe scritto una cartolina all’indirizzo del covo. Scrive Flamigni: “Maccari e la Braghetti hanno sostenuto che l’uccisione di Moro sarebbe avvenuta al mattino presto, intorno alle 6-6.30; invece la perizia colloca l’orario della morte 3 ore dopo, fra le 9 e le 10. Maccari ha sostenuto che appena compiuta l’esecuzione, la Renault rossa uscì dal garage di via Montalcini e si diresse verso via Caetani (distante 7-8 chilometri) senza compiere alcuna fermata intermedia; ma la telefonata di Morucci al professor Francesco Tritto per comunicare che il corpo di Moro si trovava in via Caetani era stata fatta alle 12.13, e Valerio Morucci (foto sotto), ha affermato di aver telefonato subito dopo che il cadavere di Moro era stato abbandonato in via Caetani”.
In Italia molti vedono nelle parole di Craxi l’identikit di un certo Corrado Simioni, un ambiguo personaggio definito dalla Commissione Stragi come “figura enigmatica”, che dalla fine degli anni ‘50, e sino al 1965, milita nella corrente autonomista del PSI proprio in stretto contatto con Bettino Craxi. Simioni, assieme ad altri due italiani, Duccio Berio e Vanni Mulinaris sono i referenti di una scuola di lingue ubicata guarda caso a Parigi, in Quai de la Tournelle 27.
Ma torniamo indietro nel tempo per capire questi tre personaggi e capire perché la loro scuola è stata al centro di molte “attenzioni” da parte della magistratura e della stampa. Nel settembre del 1969 nasce il Collettivo Politico Metropolitano (CPM), un’organizzazione di estrema sinistra di militanti attivi funzionante per un anno a Milano, fondata (come si legge in un rapporto dell’allora Prefetto di Milano, Libero Mazza, al Ministro degli Interni), «per contribuire alla crescita politica delle masse e alla trasformazione dello scontro in lotta sociale generalizzata». Ne fanno parte, oltre a Corrado Simioni, Duccio Berio e Vanni Mulinaris, anche Renato Curcio, Mara Cagol, Prospero Gallinari e Mario Moretti. Questi ultimi saranno il nucleo storico delle Brigate Rosse, il Partito comunista combattente. All’interno del CPM Simioni ha una struttura clandestina, occulta anche agli stessi appartenenti del Collettivo. La struttura è chiamata “zie rosse”, perché l’ala più dura e determinata del gruppo è costituita da donne. Compito di questa struttura è alzare il livello di scontro, specialmente durante i cortei. Sino al 1973 Simioni ha a disposizione cascine e villette (a Barzio e Bellano, sopra Lecco; nei pressi di Erba, a Tortona, a Mestre) dove riunirsi coi militanti del Superclan; un appartamento a Milano, in via Boscovich 55, dove incontrare persone senza che gli altri del gruppo ne fossero venuti a conoscenza; ha finanche un sito dove far addestrare i suoi militanti e svolgere dibattiti politici, la cascina Baghina, nel Comune di Grognardo presso Acqui Terme, acquistata probabilmente coi proventi di una rapina. Nel 1974 il Superclan si sfalda. Moretti e Gallinari migrano nelle Br. Simioni, assieme a Berio e Mulinaris, si trasferisce a Parigi. La partenza del trio per la Francia quasi coincide con un evento che segnerà la storia delle Brigate Rosse: l’8 settembre 1974, Renato Curcio e Alberto Franceschini, capi storici delle BR, sono arrestati a Pinerolo grazie alla delazione di Silvano Girotto alias “frate Mitra”. Mario Moretti si salva dall’arresto grazie a una spiata ricevuta il giorno prima. Con l’arresto di Curcio e Franceschini pian piano Mario Moretti acquisisce la leadership delle BR, segnando l’escalation della violenza brigatista.
Alcune ambiguità e strane coincidenze compiute da Simioni prima di trasferirsi a Parigi, portano molti “compagni” a diffidare di lui: Simioni, dopo essere stato espulso dal Partito Socialista nel 1965 per una non meglio precisata accusa di “condotta immorale”, ed essersi trasferito a Monaco di Baviera e frequentato un corso di teologia, ritorna nel 1967 in Italia, a Milano. Qui lavora per la Mondadori, ma anche per l’USIS (United States Information Service), un ente informativo degli USA, in pratica una delle tante succursali della CIA. Coincidenza delle coincidenze: una delle sedi romane dell’USIS si trova al numero 32 di via Caetani, quasi di fronte al punto in cui sarà parcheggiata la Renault rossa col cadavere di Moro. Un’altra stranezza è un attentato organizzato probabilmente da Simioni ad Atene, nel settembre 1970. In questa occasione Simioni si rivolge inizialmente a Mara Cagol, alla quale esige di non parlare del progetto con nessuno, neanche con Curcio, il suo compagno. Al rifiuto della Cagol, Simioni riesce a trovare altri due volontari: Maria Elena Angeloni (foto sopra) zia di Carlo Giuliani, e Giorgio Christou Tsikouris (di origini cipriote). L’attentato fallisce poiché l’ordigno esplode anzitempo nella Volkswagen mentre si dirige verso l’ambasciata statunitense di Atene. I due attentatori muoiono. L’esplosivo e il timer dell’attentato di Atene sono identici a quelli che nel 1972 uccideranno Giangiacomo Feltrinelli, mentre si accingeva a collocare un ordigno a un traliccio dell’Enel nelle campagne di Segrate. Sempre nel ’70, Simioni porta alcuni compagni a una riunione in Liguria, ospiti da una certa Savina Longhi. La particolarità non è la riunione tenuta in Liguria, ma la persona che ospita il gruppo: Savina Longhi è l’ex segretaria di Manlio Brosio, ambasciatore italiano e dal 1964 al 1971 segretario generale della NATO. Non solo: Simioni presenta al gruppo la Longhi come sua segretaria. Ma segretaria di cosa? Sempre nel ‘70 Simioni vuole organizzare, oltre l’assassinio di due ufficiali della NATO a Napoli, anche un attentato mortale a Trento al principe Junio Valerio Borghese. Simioni riferisce ai compagni del Superclan che ha organizzato tutto, compreso a chi dare la colpa dell’assassinio, ossia al nascente gruppo di estrema sinistra Lotta Continua. Con chi ha organizzato i due attentati Simioni? Perché proprio Borghese? Simioni sapeva già che il ‘principe nero’ stava organizzando un golpe in Italia per la notte dell’Immacolata di quell’anno?
Inoltre, l’amicizia con un ambiguo personaggio, tale Roberto Dotti, allontana quasi subito Franceschini e Mara Cagol (foto sopra) dal Superclan. Roberto Dotti è intimo amico e sodale di Edgardo Sogno (partigiano bianco), l’uomo che organizza un progetto di un colpo di stato di stampo liberale e presidenzialista in Italia che sarebbe dovuto avvenire nei primi anni ‘70. Nelle memorie dell’ex br Alberto Franceschini, c’è una confidenza ricevuta da Mara Cagol. All’epoca della militanza nelle “zie rosse”, Margherita Cagol (detta Mara), era l’incaricata della raccolta delle schede che i militanti del CPM dovevano compilare per ordine di Simioni. Cagol riferisce a Franceschini che un giorno Simioni la portò presso la terrazza Martini di Milano, presentandogli proprio Dotti. Simioni informò Cagol che proprio a lui avrebbe dovuto consegnare le schede biografiche dei compagni del collettivo. Non solo, gli disse anche che era a lui che avrebbe dovuto rivolgersi nel caso in cui avesse avuto bisogno di soldi o di altri aiuti. Perché schedare i compagni del collettivo? Perché consegnare le schede biografiche dei militanti proprio a Dotti, che tra l’altro non apparteneva al CPM?
Particolare è anche la biografia di Duccio Berio, il braccio destro di Simioni. Figlio di un medico milanese, è legato sentimentalmente a Silvia Malagugini, figlia di Alberto (foto sopra), importante dirigente nazionale del Pci che dirigeva la delicatissima sezione “problemi dello Stato” del partito. Dal 1972 è probabilmente un agente o un informatore del Servizio Informazioni Difesa (il servizio segreto italiano dal 1966). Suo padre è probabilmente un collaboratore dei servizi segreti israeliani. Quest’ultima ipotesi è stata smentita dal figlio Duccio dinanzi alla Commissione parlamentare che indaga sul sequestro Moro, dove ha tuttavia riferito che suo padre era stato piuttosto un massone di 33° grado. Ma un’ultima stranezza, prima che il trio lasci l’Italia, avviene dopo il rapimento di Ettore Amerio, il direttore del personale Fiat auto (il sequestro è avvenuto il 10/12/1973 e dura fino al 18 dicembre). L’ex BR Franceschini ricorda che dopo il sequestro, attraverso Pierino Morlacchi (foto sotto con la moglie Heidi Ruth Peusch), il Partito Comunista ci consigliò di consegnarci ai magistrati, prima di una grande retata. I brigatisti rifiutano, mentre quelli del Superclan vanno dal magistrato e poi si trasferiscono in Francia. Il 21/10/1976 il trio Simioni-Berio-Mulinaris fonda in rue Lucienne 10 una scuola di lingue che si chiama Agorà. Ufficialmente, la fondatrice e presidente è Giulia Archer, convivente di Corrado Simioni. In realtà i veri promotori sono, oltre a Simioni, Mulinaris e Berio, anche Innocente Salvoni e sua moglie Francoise Marie Tuscher, quest’ultima nipote del famoso Abbé Pierre. Meno di due mesi dopo, il 15 dicembre, Giulia Archer si dimette da presidente e al suo posto subentra la Tuscher. Il 24/8/1977 l’associazione cambia nome in Hyperion. Questo è dovuto all’esistenza di un’altra società con stesso nome e funzione omologa.
La scuola Hyperion, attraverso i suoi maggiori referenti (il trio Simioni-Berio-Mulinaris), entra prepotentemente in molte vicende oscure italiane e internazionali. Infatti, Hyperion si intreccia in alcuni filoni di indagini su un traffico d’armi tra le Brigate Rosse e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e, soprattutto, molte convergenze avvicinano la scuola francese al processo di destabilizzazione dell’Italia, compresso il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. L’Hyperion è uno dei grandi dilemmi con cui la “Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l’assassino di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia” si è misurata senza giungere a risultati esaurienti. Di sicuro Hyperion ha un potente “protettore”, il famoso Abbé Pierre, ossia Henri Antoine Grouès, presbitero cattolico francese, partigiano, politico e fondatore dei Compagnons d’Emmaüs (organizzazione assistenziale dei poveri e dei rifugiati), zio di Francoise Marie Tuscher, a sua volta moglie di Innocente Salvoni. Proprio l’Abbé Pierre si prodigherà per scagionare il suo nipote acquisito dall’accusa di aver partecipato all’eccidio di via Fani. Infatti, il giorno stesso del rapimento di Moro, il Viminale diramò una ventina di fotografie di presunti brigatisti che potevano aver preso parte a raid di via Fani. Tra questi c’era la foto di Innocente Salvoni, riconosciuto da due testimoni che lo avevano visto quella mattina col brigatista Franco Bonisoli. Per una strana coincidenza, la foto segnaletica di Salvoni fu tolta proprio dopo l’intervento a Roma dell’ambiguo cattolico Abbé Pierre. Ma non è finito qua il potere di Abbé Pierre: quando Corrado Simioni, Duccio Berio e Vanni Mulinaris, dopo le rivelazioni di due pentiti (Michele Galati e Antonio Savasta), furono inquisiti per un traffico di armi, l’Abbé Pierre si precipitò in Italia per perorare la causa dei suoi protetti, a suo dire perseguitati da “una centrale di Destra”. Fatto sta che il trio fu prosciolto dall’accusa di terrorismo e traffico d’armi. Oltre alla benedizione dello zio della Tuscher, Hyperion poteva vantare la “protezione” del padre domenicano Félix Andrew Morlion (foto sotto), fondatore del servizio segreto vaticano Pro Deo e persona molto vicina alla CIA.
A queste “strane protezioni”, nella storia di Hyperion si vanno ad accumulare anche ambiguità e particolarità collegate alle vicende italiane del periodo della cosiddetta “strategia della tensione”. Hyperion ha 3 sedi: a Parigi, Londra e Bruxelles. Ognuna di queste poteva essere sia un buon osservatorio politico sia un occulto collegamento con qualche servizio segreto. Quello che più attira l’attenzione degli inquirenti italiani, è invece una villa a Rouen, nel Nord della Francia. Si scopre che la struttura è protetta da un triplice anello di sensori, che di fatto rende difficile qualsiasi avvicinamento in incognito e qualunque intercettazione ambientale. Ora, a parte il fatto che un simile dispositivo di sicurezza poteva essere nella disponibilità di poche potenze straniere, perché dare una iperprotezione a una villa che ufficialmente serviva solo come luogo di riposo?
Quello che più spaventa sono le troppe coincidenze che legano l’Hyperion (foto sopra) al sequestro e all’uccisione di Aldo Moro. Innanzitutto è verificata anche la frequentazione dei leader delle BR, Mario Moretti prima e Giovanni Senzani poi, con l’Hypérion. Poi c’è l’apertura di 3 sedi in Italia, tra il giugno 1977 e il giugno ‘78, proprio nel lasso di tempo che comprende la fase conclusiva della preparazione del rapimento di Moro e tutti i 55 giorni in cui lo statista è tenuto in ostaggio. Gli uffici saranno chiusi appena dopo la conclusione del sequestro del leader della DC. La sede di Milano è in via F. Albani 33, ha come referenti Dimma Vezzani e suo marito Giuseppe Sacchi, quest’ultimo presente al convegno di Chiavari del 1969. Oltre la sede di Milano, Hyperion apre due succursali a Roma: una in viale Angelico e l’altra in via Nicotera. La sede di via Nicotera, che ha come referente Carlo Fortunato, in contatto con la CIA, si trova nello stesso edificio dove sono domiciliate alcune società di copertura del Sismi. Nell’ufficio di viale Angelico collabora Luigi Perini, militante del PCI, che afferma la presenza di Berio e Simioni durante i giorni del rapimento Moro nella sede romana (presenza ovviamente smentita dai due). Quando Perini lascia l’Hyperion romana, prende in affitto un locale in via Pio Foà per condurre un’attività in proprio. La stranezza è che in questo locale era stata allestita la tipografia delle Br che stampò i comunicati del sequestro Moro. Durante il caso Moro, Hyperion è collegata a un altro ‘istituto di lingue’ francese che ha sede in piazza Campitelli, ossia a 150 metri da via Caetani, strada dove è ritrovato il cadavere di Moro.
Nel 1997 Alberto Franceschini scrive un romanzo (foto sopra) che ha nomi di fantasia, c’è un intreccio indicibile di relazioni pericolose riguardanti il sequestro del signor M. Ad esempio, compare un personaggio che arriva dalla Francia per interrogare il rapito, poiché insoddisfatto di farlo tramite altri. Questo personaggio, guarda caso, ha lo stesso profilo di Simioni. Quando il 4/4/1981 viene arrestato il leader brigatista Moretti, il suo posto è preso da Giovanni Senzani, un’altra figura ambigua nel panorama eversivo italiano di quegli anni. Senzani è strettamente in contatto con Luciano Bellucci, agente del Sismi, e con Francesco Pazienza, anche lui agente del Sismi (Pazienza è il mediatore con le BR nel sequestro dell’assessore campano Ciro Cirillo). La storia di Hyperion è dunque disseminata da ambigui personaggi e strane coincidenze che riportano alla strategia della tensione Atlantica anticomunista, realizzata in Italia.
Come Mafia e Stati Uniti CONTROLLANO l’Italia dal 1943https://www.youtube.com/watch?v=SpS5qeal8Xo
Alberto Franceschini e la verità accettabile su Aldo Morohttps://www.youtube.com/watch?v=q6Y_qiKgTVg&t=1410s
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Se la democrazia potesse essere altro
che un mezzo di ingannare il popolo,
la borghesia, minacciata nei suoi interessi,
si preparerebbe alla rivolta e si servirebbe
di tutta la forza e tutta l’influenza che
le sono date dal possesso della ricchezza,
per ricordare al governo la sua funzione
di semplice gendarme al suo servizio.
Errico Malatesta
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Né col potere militare della NATO, né col potere militare della Russia!
Basta armi, basta guerre!
Anarchia: l’unica via!
Solidarietà alle Anarchiche e agli Anarchici ingiustamente incarcerati.
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)