A proposito di: puzzo del compromesso morale, indifferenza, contiguità e complicità…

A proposito di: puzzo del compromesso morale, indifferenza, contiguità e complicità…

mafia capitale

Il 20 luglio il tribunale di Roma ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa a 19 imputati del processo a mafia capitale, e li ha condannati per associazione per delinquere (piccoli furti per sopravvivere) diminuendo la pena anche ai 2 capi: Salvatore Buzzi, un imprenditore ambizioso e senza scrupoli che speculava sulle cooperative mafiose no profit, viene condannato a 19 anni, e Massimo Carminati a 20 anni. Per Luca Gramazio, ex capogruppo del Pdl in Comune invece, sono stati dati 11 anni. Per l’ex capo dell’assemblea capitolina Mirko Coratti (Pd) la corte ha deciso invece una pena di 6 anni di reclusione. Luca Odevaine, ex responsabile del tavolo per i migranti, è stato condannato a 6 anni e 6 mesi. Undici anni per il braccio destro di Carminati, Riccardo Brugia, 10 per l’ex Ad di Ama Franco Panzironi. L’ex minisindaco del municipio di Ostia, commissariato per infiltrazione mafiose, Andrea Tassone è stato condannato a 5 anni. Su 46 imputati tre sono stati assolti. Si tratta dei massoni: Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, per i quali la Procura aveva chiesto 16 anni di carcere, e l’ex dg di Ama Giovanni Fiscon, per il quale erano stati chiesti 5 anni. Secondo l’accusa Rotolo e Ruggiero avrebbero garantito i contatti tra Mafia Capitale e ambienti della ‘ndrangheta. Rispetto alle richieste della Procura che aveva proposto per tutti gli imputati 5 secoli di carcere, i giudici della decima Corte presieduta da Rosanna Ianniello ha di fatto dimezzato le pene ai suoi amici degli amici massomafiosi P2 compresi. Quando si va a toccare il filone massomafioso P2 le indagini vanno sempre a sciamare e per gli imputati esecutori, c’è sempre l’impunità garantita dal potere militare organizzato anch’esso in logge massoniche….

Ma chi è Massimo Carminati ?

ITALIA Roma Mafia Capitale, Buzzi chiede il patteggiamento a 3 anni e 9 mesi Il presidente della cooperativa '29 giugno' in carcere dallo scorso dicembre.

Massimo Carminati nasce nell’ambiente dell’estremismo di destra ed era amico e compagno di scuola di Valerio Fioravanti, e di Franco Anselmi. In breve diviene un personaggio carismatico di uno dei gruppi fondanti dei Nar: quello cosiddetto dell’Eur. Valerio Fioravanti, considerava Carminati “uno pronto a sequestrare, uccidere, rapinare, partecipare a giri di droga, scommesse, usura” e quindi un profilo adatto, per un percorso di lotta armata che i suoi Nuclei Armati Rivoluzionari intendevano seguire, tanto da coinvolgerlo in molte azioni criminose, oltre che utilizzarlo come intermediario con la malavita romana e i servizi segreti (Contrada), è stato usato anche per la sua dimestichezza con gli ordigni esplosivi e alla disponibilità di materiale esplodente che poteva vantare in quegli anni. Tra il 1980 e i primi mesi del 1981 Carminati si trova in Libano insieme ad altri componenti dei NAR a sostenere i falangisti cristiano-maroniti di Kataeb nella guerra civile contro i filo-palestinesi. Il 13 gennaio 1981, in una valigetta rinvenuta su un treno, contenente un fucile da caccia, due biglietti aerei a nome di due estremisti di destra, del materiale esplosivo T4 dello stesso tipo utilizzato per la strage di Bologna, fu rinvenuto anche un mitra Mab proveniente dal deposito- arsenale della banda all’interno del Ministero della Sanità. Analizzando proprio quell’arma, gli inquirenti poterono risalire ai legami tra la Banda e la destra eversiva dei Nuclei Armati Rivoluzionari. Per questa vicenda, il 9 giugno 2000, nel processo di primo grado, Carminati fu condannato a 9 anni di reclusione assieme al generale del Sismi Pietro Musumeci, al colonnello dei carabinieri Giuseppe Belmonte, al colonnello del Sismi Federigo Mannucci Benincasa e a Licio Gelli.

Le operazioni di depistaggio per la strage di Bologna furono progettate ed eseguite dal SISMI, il direttore del servizio segreto del Sismi allora era il generale Giuseppe Santovito iscritto alla P2 . Il curriculum criminale di Carminati quindi è maturato all’ombra dei NAR e della Banda della Magliana. Carminati era quindi l’anello di congiunzione tra la criminalità organizzata romana ed i gruppi eversivi di estrema destra manovrati dai servizi segreti , fu indagato in diversi processi per aver collaborato con l’estremismo di destra ai misteri più oscuri della repubblica italiana, da cui Carminati uscì praticamente quasi sempre impunito perché pagato ( comprato) come paramilitare (come fecero anche col Bandito Giuliano) dai servizi segreti, per destabilizzare, per poi stabilizzare il potere militare democristiano di destra andreottiano. A Carminati gli fu data l’impunità anche per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, gli fu data l’impunità anche per il tentativo di depistaggio legato alla strage alla stazione ferroviaria di Bologna ( STRAGE DI STATO che faceva parte del piano militare chiamato STRATEGIA DELLA TENSIONE), in entrambi i casi, fu assolto per non aver commesso il fatto. Stessa sorte nel processo per l’omicidio di Fausto e Iaio, i due militanti di sinistra uccisi a Milano, la sera del 18/3/1978, con 8 colpi di pistola. Per l’omicidio furono indagati Carminati e altri due neofascisti romani, Claudio Bracci e Mario Corsi per i quali, il 6/12/2000, il Giudice delle Udienze preliminari del Tribunale di Milano, Clementina Forleo, decretò l’archiviazione (occultamento) del procedimento a loro carico mettendo così la parola fine a un’inchiesta durata 22 anni e indirizzata, sin dall’inizio, negli ambienti dell’estremismo neofascista ma che, come recitano le conclusioni di quel documento: “pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura del reato delle pur rilevanti dichiarazioni.” Massimo Carminati insomma era un criminale che collabora con la banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale romana e intratteneva rapporti di subordinanza coi servizi segreti (Tacito accordo). Fausto e Iaio davano fastidio ai poteri forti perché stavano analizzando la condizione economica e sociale di allora e facevano interviste anche sul campo (alla gente comune, in mezzo alla strada), registravano meticolosamente tutto su nastri, poi trafugati misteriosamente dopo la loro morte ( il vecchio vizio dei servizi segreti) sul traffico di eroina e cocaina nel loro quartiere di Casoretto e nelle vicine zone di Lambrate e Città Studi, traffico gestito da potenti ambienti della malavita organizzata e dell’estrema destra milanese. Fausto e Iaio la sera dell’omicidio si stavano recando a casa della famiglia Tinelli in via Montenevoso 9. Ma a 7 metri di distanza dalla camera di Fausto, al civico numero 8, c’è un covo: delle Brigate Rosse o dei servizi segreti?…. Il covo verrà scoperto il 1º ottobre del 1978, gli inquirenti trovano le carte originali del memoriale di Aldo Moro, lettere scritte dallo statista, verbali del suo lungo interrogatorio prima di essere ucciso. All’ultimo piano della palazzina dove abita la famiglia Tinelli, c’è una mansarda trasformata in un mini appartamento, da lì gli agenti dei servizi segreti controllano il covo delle Br (ma chi controlla il controllore?). Alla ‘Commissione Moro’ sarà detto che l’appartamento era stato affittato solo nel luglio del 1978, ma secondo la madre di Fausto già dal gennaio del 1978 vedeva persone entrare in quella mansarda con scatoloni e strane parabole. Massimo Carminati parlando con la sua legale Ippolita Naso, esulta e commentando la sentenza che lo condanna a 20 anni, anziché a 28 anni, non essendo stata riconosciuta l’associazione mafiosa. “Ora mi devono togliere subito dal 41 bis“….

Ma cos’ è “Mafia Capitale? imprenditori, politici, dipendenti pubblici e personaggi della criminalità organizzata ( gabellotti – colletti bianchi) che fanno affari con la mafia borghese (massomafia). Tutto ciò con la complicità e il contributo di una classe politica compiacente e servile coi poteri forti….

Il controllo degli appalti pubblici è utilizzato dai Gabellotti (la cultura e il vecchio vizio delle guardie del latifondismo Siciliano nel 1812) per fornire lavoro nero ai suoi affiliati imprenditori, eludendo così l’autoregolamentazione sindacale dei rapporti di lavoro. In questo modo viene messo sotto controllo non solo l’appalto ma anche la gestione del lavoro e la speculazione sull’acquisto delle materie prime. La gestione mafiosa degli appalti pubblici ha anche favorito la corruzione nelle pubbliche amministrazioni e ha accresciuto, col voto di scambio, l’associazione mafiosa della classe politica borghese ( massoneria politica) coi gruppi mafiosi imprenditoriali. Il gettito di denaro pubblico di cui i criminali si sono appropriati attraverso gli appalti pubblici, ha contribuito sia a finanziare il sistema mafioso con denaro pulito, che a riciclare il denaro sporco. Il capitale di base viene reperito tramite l’estorsione in cambio di protezione, la rapina, il sequestro di persona, la prostituzione. I soldi poi vengono investiti nell’acquisto e spaccio di sostanze stupefacenti, che comporta l’accumulo di enormi capitali. Il capitale così accumulato viene poi reinvestito in attività varie, possibilmente legali, come alberghi e ristoranti, dove è possibile spacciare più tranquillamente ma anche illegali come le case da gioco, investire nell’edilizia e negli appalti truccati. Poi, per mezzo della corruzione di uomini politici ed amministratori locali, si fanno ottenere gli appalti alle società (Consorzi –cooperative) controllate dai Gabellotti, influenzando le relative gare d’appalto. Il 20/2/1991 nell’inchiesta su mafia capitale era già stata individuata l’esistenza di un comitato d’affari illegale e si facevano i nomi di società e persone coinvolte. Nell’indagine salta fuori Angelo Siino, il riferimento centrale per la gestione illecita di tutte le gare pubbliche in Sicilia. Il dossier fu dato a Giovanni Falcone depurato dei nomi di politici, Salvo Lima, Rino Nicolosi, presidente della Regione Siciliana e Calogero Mannino. Il 9 luglio 1991, furono arrestati Angelo Siino, organizzatore, un massone mafioso legato ai Brusca di S. Giuseppe Jato. Il geometra Giuseppe Li Pera, capoarea in Sicilia occidentale della Rizzani De Eccher di Udine, e gli imprenditori Cataldo Farinella, Alfredo Falletta e Serafino Morici. All’inizio del 1992, si aggiungeranno Vito Buscemi e Rosario Cascio.

Angelo Siino spiegò che da un dato momento in poi Cosa Nostra non si accontentò più di estorcere tangenti, ma passò direttamente a far aggiudicare gli appalti a imprese a lei sottomesse. Dirigevano gli appalti Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Antonino Buscemi, Giuseppe Lipari, Giovanni Bini responsabile della Calcestruzzi Spa del gruppo Italcementi, di proprietà Ferruzzi, Antonino Reale, Benedetto D’Agostino, Agostino Catalano (amministratore della Reale costruzioni e consuocero di Vito Ciancimino). Paolo Borsellino aveva deciso di approfondire l’indagine mafia e appalti. Pietro Giammanco, procuratore capo della Repubblica a Palermo, il 13/7/1992, fece depositare da Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato e controfirmò il 22 luglio la richiesta di archiviazione dell’inchiesta Mafia e Appalti (quella che diede il via alla sentenza di morte per Borsellino) …..

Il 4/6/2009 a Trapani, nell’operazione Benny viene arrestato l’imprenditore Benedetto Valenza di Borgetto, vicino ai mafiosi Michele e Leonardo Vitale, di Partinico, che si era reinserito nella produzione e fornitura di calcestruzzo, intestando beni e società a prestanome; nell’operazione sono stati sequestrati 5 impianti di calcestruzzo e una società di trasporto merci, per un valore di circa 20 milioni di euro. Nell’inchiesta salta fuori il controllo esercitato sugli appalti pubblici dalla mafia della Sicilia occidentale e l’utilizzo di cemento depotenziato per la realizzazione delle opere, allo scopo di incrementare i profitti ma producendo immobili soggetti a crolli. Sono stati messi in rilievo anche altri appalti nei quali è stato fornito cemento depotenziato, tra cui quelli per gli aeroporti di Trapani Birgi e Palermo Punta Raisi, per il porto di Balestrate (operazione Benny 2) e per le infrastrutture dell’area industriale di Partinico e del lungomare di Mazara del Vallo. Il 17/6/2011 a Palermo, la Direzione Investigativa Antimafia, ha sequestrato la cava di marmo di Giuseppe Bordonaro e beni per un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro. L’imprenditore era coinvolto nel sistema degli appalti di Cosa nostra e condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa. Il cemento depotenziato per i lavori a Punta Raisi era procurato dall’imprenditore Bordonaro per mezzo di società intestate a prestanome. Giuseppe Bordonaro faceva parte del cosiddetto “metodo Siino” per mezzo del quale Cosa nostra controllava l’aggiudicazione degli appalti, con un “tavolo tecnico”, del quale facevano parte imprenditori, politici e mafiosi, e che era presieduto da Angelo Siino, detto il “ministro dei lavori pubblici” della mafia. Il 4/1/2015 sulla strada Palermo-Agrigento è crollato il viadotto Scorciavacche. Il magistrato della Procura di Termini Imerese, in provincia di Palermo, ha aperto un’indagine per crollo colposo, il capo progetto Pierfrancesco Paglini, coadiuvato da Davide Tironi e dal direttore tecnico Giuseppe Buzzanca, della ditta Bolognetta scpa, raggruppamento di imprese tra la capofila Cmc di Ravenna, Tecnis e Ccc, sono stati imputati per difetto di esecuzione….

Il lido ostiense per esempio è da sempre soggetto ad appalti criminali da parte di clan mafiosi che si accaparrano aree demaniali e stabilimenti balneari per mezzo della corruzione di pubblici ufficiali, a favore di imprenditori associati ai clan mafiosi. Dal 2003 ad oggi, è stata denunciata la presenza di infiltrazioni di stampo mafioso che dal porticciolo di Ostia si sono addentrate sino all’economia di Roma tramite le famiglie mafiose dei Triassi, dei Fasciani, dei Casamonica, dei D’Agati, degli Spada e del clan camorristico Senese. Cesare Bove per esempio era l’ispettore di Polaria, ed era un intermediario della massomafia, lavorava all’interno della Polizia di frontiera e ha coinvolto poliziotti e finanzieri dentro un gioco sporco, ha fatto transitare almeno 5 volte il peso della cocaina sequestrata in dieci anni di operazioni. La cocaina veniva introdotta dall’aeroporto di Fiumicino, corrompendo i funzionari, aspetti della vicenda che lasciano ancora oggi molti interrogativi sul livello di sicurezza dell’aeroporto romano.…

Ai primi di giugno 2015, vengono indagate dalla Procura di Catania 6 persone, tra cui il sottosegretario Giuseppe Castiglione, per turbativa d’asta nell’inchiesta sull’appalto per la gestione del Centro di Accoglienza migranti irregolari e Richiedenti Asilo di Mineo. Il 3/8/2015, Luca Odevaine (uno dei principali indagati) annuncia di voler collaborare con gli inquirenti, rivelando l’esistenza di aspetti irregolari nel sistema di gestione degli appalti del Centro di accoglienza.

Ma è a Londra che si nasconde la cassaforte di Massimo Carminati, l’estremista di destra, il capo di mafia Capitale. Il tesoro è protetto a Londra nella capitale finanziaria d’Europa da un complicato meccanismo di scatole societarie e dalla segretezza che tutela la finanza internazionale. All’ombra dei grifoni della City, i soldi dell’organizzazione criminale si spostano tra paradisi fiscali e banche senza lasciare traccia, diventando di fatto ville, aziende immobiliari, ristoranti per un valore complessivo di milioni di sterline. Carminati (l’estremista di destra) per muoversi a Londra si appoggia a due vecchi amici e compagni di battaglie: Vittorio Spadavecchia e Stefano Tiraboschi. Entrambi militanti in gruppi neofascisti attivi negli anni ‘70.

Un sistema imprenditoriale imposto da Carminati quello di mafia capitale, ma portato avanti anche da quello spregiudicato senza scrupoli di Salvatore Buzzi il capo delle cooperative sociali no profit, era lui che faceva da tramite per la compravendita dei politici. Per esempio la cooperativa 29 giugno nasce vent’anni fa, ma nel primo decennio di vita i ricavi aumentano in modo abbastanza graduale. Nel 2007 invece c’è il primo salto di qualità, con una crescita superiore al 25%, ma è nel 2011 che la cooperativa, diventata ormai un imponente gruppo di imprese, spicca veramente il volo, passando da 26 a 36 milioni di euro e arrivando nel 2013 al raddoppio sul 2010. E l’insediamento a Roma della giunta di centrodestra guidata da Gianni Alemanno, che nel 2008, gli fa vincere un appalto con la Cooperativa 29 giugno di oltre 1,2 milioni di euro. Buzzi avrebbe usato la cooperativa 29 giugno per distrarre e ripulire ingenti quantità di denaro a beneficio suo e dei suoi sodali Massomafiosi. Il business no profit-speculativo di Buzzi inizia 29 giugno 1984, (i detenuti diventano utenti) quando partecipò al convegno che si tenne all’interno del carcere di Rebibbia dove venne pianificato un business sulle misure alternative alla detenzione, evento che diede origine a tutto l’intreccio massomafioso nel cosiddetto no profit. Più che una cooperativa, oggi la onlus che fa capo a Salvatore Buzzi è un mosaico di srl, consorzi e altre coop. Nel 2013 ebbe un utile di 29 milioni di euro. …

Ricordiamoci che noi comuni mortali siamo venuti a conoscenza di questo mondo torbido massomafioso solo quando nel 1991 fu istituita una commissione stragi che tolse il segreto di stato sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli, che ripuliva i soldi delle organizzazioni mafiose grazie alla banca Vaticana dello Ior (Marcinkus). E’ da li poi, che noi ‘ricercatori senza padroni’ siamo andati ad analizzare storicamente come era composta la classe sociale aristocratica della massoneria, partendo dalle 2 logge fondatrici: la loggia massonica del Grande Oriente d’Itali e la sua ‘rivale’, la loggia massonica di Piazza del Gesù.

Ma ricordiamoci anche che cosa era la loggia massonica Scontrino di Trapani!!!

Era il 6 aprile dell’86, quando ci fu una perquisizione al Centro Studi Scontrino di Trapani dove in realtà si celava la sede di ben sei logge massoniche: Iside, Iside 2, Hiram, Cafiero, Ciullo d’Alcamo, Osiride, e una settima, scoperta successivamente e chiamata Loggia Cristo. Ma chi erano gli appartenenti a quella loggia che, riuniti in comitato, decidevano le sorti della città di Trapani e dell’intera provincia? C’era l’assessore regionale democristiano agli Enti locali Francesco Canino, l’ex assessore provinciale Dc Salvatore Bambina, il primo dirigente della prefettura, alcuni dirigenti del Comune, tra cui Bartolomeo Agugliaro, Giuseppe Ferrauto, Giovanni Soldano, e Filippo Sparla, Segretario generale della Camera di Commercio di Trapani, arrestato nel 2001 per lo “Scandalo Asili Nido” e consulente dell’ex sindaco di Marsala Giulia Adamo. C’era il questore Giuseppe Varchi iscritto alla P2 con la tessera n. 908, il comandante dei vigili urbani, il sacerdote don Agostino Coppola, nipote del mafioso Frank Coppola. Poi c’erano altri colletti bianchi come Francesco Ingrande, funzionario della Commissione provinciale di controllo, il maresciallo dei vigili urbani di Trapani Nino Corselli. Accanto a questi personaggi delle istituzioni, c’erano anche i boss mafiosi: Mariano Agate di Mazara del Vallo, Natale L’Ala di Campobello di Mazara, Mariano Asaro di Castellammare del Golfo, ricercato per avere organizzato la strage al tritolo di Pizzolungo, Vincenzo Rimi figlio di Natale Rimi, boss della famiglia di Alcamo, e Gioacchino Calabrò ritenuto l’autore della strage di Pizzolungo. Secondo gli inquirenti, la loggia coperta aveva contatti anche con fratelli che trafficavano con le armi, e con affiliati che appartenevano ai servizi segreti dei paesi dell’Est e dell’ Ovest (Yalta)…

Il 1 marzo 2014 i mass media annunciano che i devoti del Gadu (grande architetto dell’universo) si ritrovano per eleggere il nuovo Gran Maestro. 802 logge e 22 mila iscritti si ritrovano all’ex cinema Belsito, alle pendici di Monte Mario, Roma per tramare a livello geopolitico economico e militare e per decidere le elezioni del nuovo Gran maestro. Sono tutti li che aspettano il gran maestro uscente del Goi Gustavo Raffi. Ci sono tutti, alti funzionario di stato, giornalisti, politici di destra e di sinistra, militari in carriera, giudici, magistrati, criminali organizzati, tutti iscritti alle varie allegoriche associazioni massoniche, sparpagliate per lo stivale e spesso in guerra fra loro al punto che la storia dell’Italia unita, è stata formata da faide tra fratelli massoni: Agostino Depretis contro Francesco Crispi, Enrico Cuccia contro Michele Sindona e il piduista accidentale Silvio Berlusconi contro il tecnocrate Mario Monti, presunto braccio armato delle logge internazionali del Grande Oriente D’Italia. Ma all’ex cinema Belsito c’è anche il sindaco di Roma Ignazio Marino fino al presidente della rep. Giorgio Napolitano (ufficiale di collegamento tra i fratelli americani e i grembiuli europei). La Gran Loggia, assise annuale che si tiene a Rimini in aprile, è diventata un happening esoterico-spettacolare a metà tra Sanremo (con tanto di concerto di Ornella Vanoni) e il Meeting di Comunione e liberazione. A differenza della gestione precedente, quando il cagliaritano Armandino Corona pensava più che altro a salvare il Goi dai contraccolpi dello scandalo P2, con Raffi i fratelli sono stati obbligati a una frequentazione regolare della loggia e al pagamento puntuale della quota annua di base (400 euro), pena l’esclusione dai piedilista dell’associazione. Di soli contributi ordinari, il Goi incassa circa 10 milioni di euro l’anno, escluse le capitazioni straordinarie e le donazioni. E se il conto economico è florido, lo stato patrimoniale non è da meno. Le principali casseforti societarie (Urbs e Augusta 2002) hanno decine di immobili registrati a bilancio per una ventina di milioni di euro. A vincere le elezioni (per il potere massonico) del 2014, come Grande Maestro, per i prossimi 5 anni sarà il giornalista senese Stefano Bisi. Le disavventure del Monte dei Paschi e del suo ex numero uno Giuseppe Mussari, ufficialmente profano ma certo ben collegato agli ambienti della muratoria senese e toscana, non hanno affatto indebolito la candidatura di Bisi, amico di Mussari. Anzi. Col vicedirettore del “Corriere di Siena” si sono schierate compatte le logge calabresi, forti di 2 mila maestri votanti. Ma la domanda sulle logge coperte, se esistono e quanto sono influenti, è destinata a restare senza risposta. All’interno delle logge, governanti e oppositori sono uniti sul no quando si chiede se esistono ancora le iniziazioni “sulla spada” o “all’orecchio del Gran maestro”, riservate ai massoni di maggiore influenza, e se i pezzi grossi preferiscano iscriversi a logge straniere, a Montecarlo, in Canton Ticino, a Malta o a Londra, per mantenere il riserbo. Ma gli aggiornamenti sulla P2, la P3, la P4 e la P5 sono ormai certi e infiniti. Sono esempi di deviazioni di un sistema economico che ha intrecci militari massomafiosi e intrallazzi economici geopolitici tanto vasti quanto oscuri e impunibili….

 

La morale non ha altra sorgente, altro stimolante,

altra causa, altro oggetto che la libertà.

Essa stessa non è altro che libertà.

Tutte le restrizioni che sono state imposte

a quest’ultima allo scopo di proteggere la morale

si sono dunque volte a detrimento di questa.

M. A. Bakunin

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)