Strage di Bologna: terrorista è lo stato e i suoi servizi segreti
Il 2 agosto 1980, nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna un ordigno esplode causando il crollo dell’ala Ovest. Il grande orologio esterno della stazione si ferma alle 10.25, segnando anche l’ora in cui la democrazia italiana è stata sospesa (dittatura militare).
Circa 23 chilogrammi di esplosivo (approssimativamente 5 chili di una miscela di tritolo e T4 e 18 chili di nitroglicerina a uso civile) provocarono la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200. La miscela esplosiva era stata posta in una valigia, poi sistemata su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala Ovest nella sala d’attesa di seconda classe dello scalo ferroviario. Il 13 gennaio 1981, il provvidenziale ritrovamento sull’espresso Taranto-Milano di una valigia contenente esplosivo identico a quello utilizzato a Bologna, assieme ad alcuni documenti di due neonazisti (un francese e un tedesco legati al gruppo eversivo neofascista Avanguardia Nazionale) conferma sostanzialmente la validità che ascrive a menti e mani di Estrema Destra l’attentato. Il ritrovamento della valigia scoprirà il giudice romano Domenico Sica, era stata messa sul treno da uomini del SISMI, il Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare per depistare le indagini….
Con l’eliminazione di Aldo Moro si chiude ogni possibilità per il Partito Comunista Italiano di entrare in politica. Con l’apertura a un governo di “alternativa democratica (centro destra – centro sinistra)”, la situazione politica interna era grosso modo stabilizzata e invece successe la strage di Bologna….
Per la strage di Bologna furono fatti molti depistaggi nel tentativo di sviare l’attenzione dai veri esecutori, è stato poi conclamato dalla sentenza della Corte di Cassazione del 23 novembre 1995 (15 anni e 5 gradi di giudizio dopo la strage) che a sua volta ha confermato la sentenza d’appello dell’anno precedente in cui Gelli (10 anni di reclusione), il colonnello Giuseppe Belmonte, il generale Pietro Musumeci, insieme al collaboratore del servizio militare Francesco Pazienza, tutti ex agenti del Sismi, erano stati condannati per calunnia aggravata volta ad assicurare l’impunità agli esecutori della strage.
Dopo la strage, il governo italiano (allora presieduto da Francesco Cossiga) e le forze di polizia depistarono da subito le indagini dichiarando ai mass media che lo scoppio alla stazione di Bologna fu causato dall’esplosione di una vecchia caldaia sita nel sotterraneo della stazione….
Il 28 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emise 28 ordini di cattura nei confronti di militanti di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari, di Terza Posizione e del Movimento Rivoluzionario Popolare. A questi se ne aggiunsero altri, per un totale di oltre 50. Le accuse erano quelle di associazione sovversiva, banda armata ed eversione dell’ordine democratico.
Tutto questo risulterà essere un montaggio costruito a tavolino, utilizzando vecchie informazioni e notizie completamente inventate. Le operazioni di depistaggio furono progettate ed eseguite da un settore deviato del SISMI ( doppio Sid, quello che raccontò ai suoi rapitori Sossi per essere liberato), all’epoca diretto dal generale Giuseppe Santovito (iscritto alla P2).
La Corte d’assise di Roma accertò che «le informazioni erano false, costruite nell’ufficio di Musumeci e Belmonte, con la connivenza di Santovito».
Alla stazione di Bologna la valigia piena di esplosivo fu messa da un sottufficiale dei carabinieri.
La motivazione del depistaggio è stata identificata nell’obiettivo di celare la strategia della tensione e quella di proteggere Gheddafi e la Libia da possibili accuse (Ustica), in quanto divenuti ormai partner commerciali importanti per FIAT ed Eni.
Il 29/7/1985 Pietro Musumeci è stato condannato a 9 anni di carcere per associazione a delinquere, Francesco Pazienza a 8 anni e 6 mesi per lo stesso reato (l’accusa di violazione del segreto di stato fu coperta da amnistia), mentre Giuseppe Belmonte fu condannato a 7 anni e 8 mesi per associazione a delinquere, peculato e interesse privato in atti di ufficio.
In appello, il 14/3/1986, le condanne scesero a 3 anni e 11 mesi per Musumeci, a 3 anni e 2 mesi per Pazienza, e a 3 anni per Belmonte. Per tutti gli imputati cadde l’accusa di associazione per delinquere. Per i giudici corrotti della Corte d’appello di Roma non esisteva il «Super-SISMI», ma una serie di attività censurabili e realizzate con fini di lucro, che non rientravano in alcuna organizzazione segreta parallela ai servizi segreti militari….
Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime delle strage di Bologna, ha affermato che i colpevoli vanno cercati nelle istituzioni dell’epoca e in gruppi come la P2. Afferma, inoltre, che Licio Gelli diede 10 milioni di dollari a persone dei servizi segreti e ad appartenenti all’organizzazione Gladio, prima e dopo il 2 agosto 1980.
L’Associazione dei familiari delle vittime ha sempre respinto le piste estere sia di estrema sinistra e arabe, sia quelle che coinvolgono i servizi segreti dei Paesi NATO (in Italia ci sono 56 basi Nato ed è sempre stata subordinata alla Nato) affermando che la strage fu ideata da mandanti italiani (persone che stavano «nel cuore delle istituzioni»), per mantenere il potere in maniera autoritaria…. I NAR avrebbero collaborato perché ricompensati con una contropartita, in collusione con la criminalità organizzata e le strutture segrete deviate, della quale avrebbero agito come semplici sicari e ultimo anello della catena….
Lo stesso Bolognesi ha scritto, con Roberto Scardova, il libro Stragi e mandanti. Sono veramente ignoti gli ispiratori dell’eccidio del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna? (uscito nel 2012) in cui è stata ipotizzata un’unica strategia anticomunista internazionale, attuata in Grecia con la dittatura dei colonnelli, in Italia con la strategia della tensione, comprendente golpe di avvertimento e reali stragi, di cui Bologna fu il culmine, e in America Latina coi colpi di stato (Cile, dittatura argentina) dell’operazione Condor, con mandanti originari, uomini dei servizi segreti atlantici che facevano parte anche dei servizi segreti di Yalta e importanti politici italiani e stranieri.
La strategia della tensione sarebbe partita da prima della fine della II guerra mondiale con la costituzione, in ambito fascista, della struttura parastatale denominata Noto servizio o «Anello», il cui capo durante la Repubblica, secondo quanto detto anche da Licio Gelli, sarebbe stato Giulio Andreotti. Lo stragismo avrebbe quindi da sempre usato manovalanza neofascista, neonazista, criminali comuni e mafiosi e avrebbe goduto di finanziamenti esterni provenienti dall’estero (sia dalla NATO, sia dal petrolio della Libia di Gheddafi, in affari segreti coi governi di Andreotti e con l’Eni di Eugenio Cefis) e da faccendieri italiani (Pazienza).
Dopo la morte di Licio Gelli, nel 2015, Paolo Bolognesi ha ribadito la sua convinzione che l’ex capo della P2 fosse il mandante e l’organizzatore della strage.
Nel 2017 la Procura di Bologna ha depistato le inchieste, chiedendo l’archiviazione dell’inchiesta sui mandanti, in quanto non esisterebbero evidenze che legano gli esponenti della P2 Licio Gelli, Umberto Ortolani e suo figlio Mario, né l’organizzazione Gladio, alla pianificazione o finanziamento della strage come sostenuto nella denuncia….
L’idea alla base degli esposti dell’associazione guidata da Paolo Bolognesi era che dell’analisi incrociata di migliaia di pagine di atti giudiziari di processi per fatti di strage e terrorismo dal 1974 ad oggi si può arrivare ad identificare i mandanti dell’attentato del 2 agosto. La rilettura di atti di processi di stragi come piazza Fontana e piazza della Loggia, appunto, consentirebbe (per l’associazione) di risalire dal terrorismo nero al “cuore oscuro delle istituzioni” dietro la strage. Parte di questi atti erano stati inviati anche al pm di Bologna per competenza territoriale e alla Procura di Roma.
La richiesta di archiviazione è stata firmata dal procuratore capo Giuseppe Amato, dal procuratore aggiunto Massimiliano Serpi e dai sostituti Enrico Cieri, Antonello Gustapane e Antonella Scandellari.
Paolo Bolognesi dichiara anche che la direttiva del governo Renzi ha consentito la declassificazione dei documenti sulle stragi. E’ stata una misura che abbiamo molto apprezzato ma siamo di fronte a gravi ritardi. E questo non dipende dal fatto che i documenti non si trovano. Si vuole guadagnare tempo cosicché, se si scavalca la legislatura magari quella direttiva viene dimenticata. “I ritardi sono un modo per frenare il conseguimento della verità, perché il tempo aiuta a dimenticare e aiuta anche i mandanti e gli ispiratori politici a farla franca. Ci sono dei documenti che potrebbero essere top secret, ma le carte sulle stragi non possono essere inaccessibili. Ma se su mille documenti ce ne mostrano solo novecento ci devono spiegare perché quei cento secretati non possono essere visti. Altrimenti non è una declassificazione seria”. Poi continua “Il 6 luglio 2016 è scattato il reato di depistaggio, questa è stata un’enorme soddisfazione e non solo per quanto riguarda la strage di Bologna. Può valere anche per fatti più recenti, penso al caso Cucchi o alla Diaz o alle torture avvenute nella caserma di Bolzaneto, perché può servire ad esempio a denunciare i poliziotti che si sono macchiati di reati”. Che ruolo ha avuto l’informazione in questi ultimi anni? Ha fatto il suo dovere o ha abdicato dal ruolo di cane da guardia anche sulla verità delle stragi?
Ricordiamoci che in Italia ci sono state 11 stragi di stato, 150 morti e 652 feriti.
Per 15 anni, dal 1969 al 1984, l’Italia è stato un paese insanguinato dalla logica del terrore (strategia della tensione). Una logica stragista al servizio di finalità politiche che volevano condizionare la vita democratica di una nazione col mantenimento del potere nelle mani degli apparati più reazionari e conservatori, la lotta politica concepita come scontro senza quartiere ed improntata al ricatto del terrore (anticomunismo atlantico – stragi di stato.
Il disordine sociale, l’instabilità, la minaccia e il terrore sono i mezzi con cui, dietro le quinte del potere, per anni, un coacervo di forze, spesso in antitesi (servizi segreti della Nato – servizi segreti di Yalta) e in competizione tra loro, hanno giocato sporco.
Servizi segreti italiani ed internazionali, strutture armate occulte, la parte della destra estrema più sensibile alle scorciatoie del golpismo, lobby segrete, gruppi di dominio corrotti, centrali economiche preoccupate del cambiamento, complicate alleanze dove sfumano e si mescolano le differenze tra legalità e illegalità, tra corpi dello stato e criminalità, tra fenomeni spontanei ed altri abilmente infiltrati e manovrati…
La strategia della tensione viene organizzata e pianificata al convegno dell’Istituto Pollio che si svolge dal 3 al 5 maggio 1965 all’Hotel Parco dei Principi di Roma. Ma è coi grandi sommovimenti sociali del ’68-’69, con le lotte studentesche (i figli degli operai che finalmente poterono studiare e entrare per la prima volta all’università, ma che poi rimanevano disoccupati a causa delle raccomandazioni che non avevano…) e le lotte degli operai che protestavano per ottenere i diritti minimi in un contesto sociale di sfruttamento (lotta di classe – autunno caldo), che il Partito della Tensione (Dc Andreottiana) scende sistematicamente in campo, mettendo in atto la sua vera strategia repressiva che si realizza, al ritmo cadenzato delle bombe gettate nel mucchio, nel periodo (1969-‘74). Una strategia per nulla destabilizzante delle istituzioni, ma l’esatto contrario: la stabilizzazione al centro del potere politico democristiano cattofascista. La Strategia della tensione, quindi, come un apparato perfettamente intercambiabile di uomini (per lo più servitori dello stato) al servizio di un’idea precisa: la conservazione del potere rispetto a qualsiasi forma di cambiamento. Ed è proprio in quest’ottica di immutabilismo che si collocano strutture segrete come Gladio, come i Nuclei di Difesa dello Stato e formazioni dal profilo politico quanto mai ambiguo come il MAR di Fumagalli. Oppure teorie dalle conseguenze nefaste, come quella degli opposti estremismi e la sua diretta conseguenza, che portò alle infiltrazioni dei nuclei clandestini dello stato all’interno dei due opposti (fascismo-antifascismo). Non è un caso che il Partito della Tensione e la strategia che lo stesso sviluppa comincino a defilarsi dalla scena nella seconda metà degli anni Settanta, cioè appena la sinistra (il PCI) si è fatta comprare prima con la teoria del compromesso storico (amnistia di Togliatti ai fascisti) e poi con la piena accettazione della pratica cattosinistroide del consociativismo (nessuna scelta di governo senza il consenso dell’opposizione) cessano di essere un’alternativa temibile all’assetto dominate.
Ma facciamo un po’ di storia:
I servizi segreti nascono nel 1866, cinque anni dopo l’Unità risorgimentale. Se c’è in Italia un organismo dove la trasparenza è meno di un optional, questi sono i servizi segreti, un’area dove regna l’impunibilità più assoluta. Formalmente esistenti per proteggere la sicurezza, interna ed esterna del paese, i servizi segreti italiani (nonostante i continui cambiamenti di nome) continuano a rimanere uno strumento per i giochi politici della classe di volta in volta dominante. Se quest’ultima affermazione è riscontrabile in molti paesi dell’area civile, in Italia è sempre esistita una sua variante specifica, ben riassunta in questa frase di un importante magistrato, Giovanni Tamburino, che, proprio coi servizi, si è scontrato più di una volta: “Le deviazioni delle polizie segrete non sono un fenomeno accidentale, ma nascono contemporaneamente alle polizie segrete”. La potenza di una polizia segreta fa sì che, da strumento in mano al Principe per perseguire gli scopi di sicurezza del regime, essa si trasformi in potere separato che persegue i propri scopi di sicurezza o, quanto meno, interpreta a suo modo la “sicurezza necessaria” al regime.
La storia dell’estrema destra italiana invece attraversa per intero quella della Repubblica e si intreccia costantemente con le vicende più oscure d’Italia. Formazioni come il Movimento Politico Ordine nuovo ed Avanguardia nazionale conservano a tutt’oggi nel loro Dna non poche zone buie impenetrabili ed alcune zone grigie indecifrabili con alleanze e compromessi coi lati più oscuri del potere (servizi segreti P2). Entrambe le organizzazioni (ma in particolare Ordine nuovo) sono state usate dai servizi segreti e poi gettate in pasto alla magistratura. Il limite politico di queste e di altre formazioni della destra estrema (che ha poi finito per qualificarle sotto il profilo criminale) è stata la scelta, golpista e stragista operata in tutto l’arco degli anni ‘70. E’ proprio sul finire di questo periodo storico che, in seno alla destra estrema, si produce una prima significativa lacerazione con la scelta (che sarà attuata soprattutto nei settori più giovanili) del terreno della lotta armata: nasce la destra radicale che cerca di uscire dalla logica stritolante del binomio fascismo-antifascismo e cominciano una lotta anti-statale mettendosi in competizione coi gruppi di estrema sinistra…
Ma cosa era la loggia massonica P2?
L’esistenza di una loggia massonica coperta, denominata “Propaganda 2”, emerge nel marzo del 1981 quando, indagando sul caso Sindona, i magistrati di Milano, Turone e Colombo, sequestrano molti documenti nella villa e negli uffici aretini di Licio Gelli, grande maestro della massoneria, un personaggio dal passato ambiguo. Tra quei documenti una lista di 953 nomi, per lo più di esponenti politici, alti ufficiali, personaggi del mondo economico e uomini dei servizi segreti, tutti raccolti in una loggia segreta, potente strumento di intervento nella vita del Paese. Licio Gelli ed alcuni suoi consulenti avevano anche stilato un “piano di Rinascita Democratica” che, attraverso il controllo dei mass media, mirava alla subordinazione dei sindacati, al controllo della magistratura e al rafforzamento in senso autoritario del potere istituzionale. La Loggia P2 si delinea così come un potere parallelo in grado di promuovere e gestire la strategia della tensione, mirata a minare la struttura democratica del Paese. Il dubbio che a tutt’oggi rimane è che in realtà quella che è stata scoperta è soltanto una parte della loggia e che il potere cospirativo ed occulto della massoneria riservata sia continuato negli anni….
Una delle pagine più oscure dell’Italia e sulla quale (nonostante le tante inchieste della magistratura siciliana) poco o nulla è stato fatto per gettarvi un po’ di luce, riguarda il viaggio di Michele Sindona in Sicilia nell’estate del 1979, l’anno di svolta per Cosa nostra, l’anno in cui nasce e si ramifica una nuova forma di mafia, la stessa che, con ogni probabilità, ancora impera ai giorni nostri….
Ma chi è Michele Sindona? Originario di Patti (Messina), diventa nel corso degli anni ‘60 uno dei più aggressivi banchieri del mondo. Secondo il democristiano cattofascista Giulio Andreotti, addirittura “il salvatore della Lira”. La sua abilità? Legare in un nodo inestricabile di affari i 4 pilastri della società italiana (non solo dell’epoca): potere politico (democristiano), vaticano, massoneria e mafia. L’impero di Sindona (arriverà a controllare un numero incalcolabile di banche e società finanziarie e a controllare la metà dei titoli quotati a Piazza Affari) comincia a scricchiolare nel 1974, col fallimento della Franklin Bank e l’accusa di bancarotta mossagli dal governo americano. Fuggito in Sicilia nel 1979, dove resterà per 75 giorni, per evitare l’arresto delle autorità d’oltreoceano, accusato di essere il mandante dell’omicidio Ambrosoli, il liquidatore di uno dei suoi istituti, ricompare negli Stati Uniti, inscenando un finto sequestro e con una ferita ad una gamba. Condannato e poi estradato in Italia, morirà nel supercarcere di Voghera (guardato a vista giorno e notte), sorseggiando un caffè al cianuro. Come mai, indagando proprio su Sindona, la magistratura, questa volta milanese, arriverà a scoprire la loggia P2 di Licio Gelli? L’uccisione di Michele Sindona e Roberto Calvi sono segreti della mafia moderna, i misteri dei delitti politici degli anni ‘80, gli enigmi delle stragi mafiose degli anni ‘90 nascono da qui. Dal mistero Sindona….
Il 18 giugno 1982 invece muore a Londra, il banchiere italiano Roberto Calvi. E’ l’epilogo di una travagliata avventura finanziaria, cominciata laddove era finita quella di un altro banchiere, Michele Sindona. Calvi viene trovato impiccato sotto il Blackfriars bridge…
Ad accomunare i due, oltre all’iscrizione alla Loggia P2, le loro capacità professionali nel sistema dei mille incroci societari, la politica delle “scatole vuote” acquistate e poi rivendute. Nel 1975 Roberto Calvi diventa presidente dell’Ambrosiano. Per impadronirsene completamente, crea una rete di strutture ad hoc, formate da filiali off shore alle Bahamas, holding in Lussemburgo, società pirata in Centroamerica e casseforti in Svizzera. Nel corso degli anni Calvi crea così un impero (giovandosi soprattutto dei suoi legami piduisti e delle entrature che possiede in Vaticano attraverso lo IOR di monsignor Paul Marcinkus) che si sviluppa a dismisura e che diventa punto nodale non solo del riciclaggio dei soldi sporchi della criminalità organizzata, ma anche per operazioni internazionali di vario spettro: dal traffico d’armi per la guerra delle Falkland-Malvine al sostegno della di Somoza, fino al finanziamento del sindacato cattolico polacco Solidarnosc, tanto caro a papa Giovanni Paolo II. Ma il gioco delle scatole vuote di Roberto Calvi non dura a lungo. Nel 1981, travolto dal fallimento del Banco Ambrosiano, Calvi viene arrestato. Appena scarcerato, fugge all’estero nel tentativo di salvare un impero in disfacimento col sistema del ricatto politico: un’operazione che non gli riuscirà. Qualcuno gli legherà un cappio attorno al collo. Il suo corpo verrà trovato, penzolante dal traliccio di un ponte, macabra messinscena di un suicidio che in realtà è solo un altro delitto di potere…
Non appena le aspirazioni e le idee contrarie
incominciano a penetrare nelle masse,
tutto il sistema del liberalismo borghese
crolla come un castello di carta.
La sua umanità si trasforma in furore;
il suo rispetto dei diritti del prossimo,
il suo culto della libertà,
cede il posto alla feroce repressione.
Il liberalismo politico scompare e,
non trovando in se stesso né i mezzi né la forza
necessaria per reprimere le masse,
fa largo alla dittatura militare.
M. Bakunin
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)