Sono passati 45 anni da quel 9 maggio 1978, quando dopo 55 giorni di rapimento, le Brigate Rosse uccisero il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, il cui corpo fu lasciato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, a pochi metri dalle sedi della Dc, in piazza del Gesù, e del Pci.
Aldo Moro (partigiano bianco: quelli che tradirono la lotta di classe firmando nel 1949 il Patto Atlantico anticomunista) è stato un personaggio ambiguo e complesso: leader politico e intellettuale, ha sempre unito e intrecciato queste due dimensioni diverse (Dc-cattolici fascisti e Pci). Moro era un uomo molto ambizioso, negli anni ‘60 vide nella Dc (centrodestra e centrosinistra assieme), la via d’uscita per dividere il potere politico della destra e il potere politico della sinistra. Fu il primo presidente che attraverso il centrosinistra fece entrare il partito comunista dentro il potere politico militare, economico italiano (consapevole dell’adesione italiana al Patto Atlantico anticomunista con la Nato (un potere ancora più forte della stessa repubblica italiana). E qui comincia il gioco sporco fatto di vari intrecci oscuri: quando negli anni ’70, Moro diede vita alla “Terza fase”, la stagione di apertura al Pci.
Berlinguer, segretario del Partito comunista, dopo il colpo di stato cileno che aveva deposto Salvador Allende l’11 settembre 1973, aveva accettato il compromesso (Dc – Pc)…
Moro, con quella sua scelta ambiziosa di fondare la Dc (composta da cattolici fascisti e cattolici del dissenso, dossettiani di sinistra), si fece nemico il segretario di stato americano, l’anticomunista Henry Kissinger (a destra nella foto).
Le tante contraddizioni del Vaticano: negli anni di piombo, partirono dallo IOR (la banca internazionale del Vaticano, diventata internazionale grazie ai sovvenzionamenti sporchi del Vaticano stesso, provenienti dalle speculazioni economiche fatte sulle disgrazie della povera gente dai banchieri, dalla massomafia, insieme ai massoni Sindona, Calvi e Gelli, che trattavano affari miliardari e contribuivano a scrivere interi capitoli della storia della guerra fredda coi finanziamenti in chiave anti-comunista in Italia, in Polonia e Sud America), soldi macchiati di sangue e sottratti ai poveri. E pensare che, se il vaticano donasse tutti i soldi dello Ior ai poveri, a quest’ora non ci sarebbe più la fame e la miseria nel mondo: meditate mediocri, meditate…
Moro, durante la sua prigionia, scrisse una lettera anche al papa dicendo: «Il papa ha fatto pochino».
Il capitano P2ista dei carabinieri Francesco Delfino, aveva usato il brigatista Alessio Casimirri (foto sopra), per controllare le Brigate rosse e poi come premio, era passato alla gestione del Sismi (servizi segreti). Gli sbirri avevano contattato Casimirri proponendogli di collaborare all’operazione del pagamento del riscatto per la liberazione di Moro. Casimirri è stato l’unico brigatista condannato per la strage di via Fani e l’omicidio di Moro, ed è sfuggito alla giustizia. Casimirri insieme a sua moglie, anche lei brigatista, sono rimasti latitante fino al gennaio 2004. I due insegnavano ginnastica in una scuola privata di Roma, non furono coinvolti nell’inchiesta giudiziaria relativa al caso Moro fino al 16/2/1982 ma, esattamente il giorno prima che la magistratura emettesse un mandato di cattura nei loro confronti, si resero irreperibili iniziando una pluridecennale latitanza, in una missione cattolica dell’Africa centrale. Casimirri, un mese dopo l’arresto della sua ex moglie, ha concesso un’intervista a un giornale nicaraguense, in cui ha mostrato la foto che lo ritrae adolescente accanto ai genitori, ai nonni e a Paolo VI (fervente anticomunista), nell’atto di officiare la sua prima comunione. Egli, con una punta di autocompiacimento, ha raccontato all’avido cronista di quando giocava nei giardini vaticani, tra guardie svizzere e alti prelati.
Moro, ancora prigioniero, tornava sull’argomento (Lodo Moro), rivolto al capogruppo della Dc Flaminio Piccoli e a Pennacchini, allora presidente del Comitato parlamentare per il controllo sui Servizi di informazione e di sicurezza e sul segreto di Stato. Egli voleva far capire che il problema principale del suo rapimento, erano proprio i servizi segreti P2, una loggia massonica anticomunista formata da carabinieri – alte gerarchie militari. Come è agevole constatare, si tratta di destinatari sceltissimi e di messaggi carichi di prudenti sottintesi che rivelano una contezza della trattativa segreta allora in corso da parte di Moro col Vaticano e i servizi segreti). Una ventina di giorni dopo questi messaggi, Moro è stato lasciato beffardamente cadavere proprio davanti a palazzo Caetani, da chi, evidentemente, aveva letto quelle lettere, le aveva sapute interpretare non solo nel loro dettato esplicito, ma nel secondo livello di comunicazione tra le righe che celavano e, scegliendo quel luogo di riconsegna dell’ostaggio, aveva voluto dileggiare il tentativo di liberazione ordito dal pontefice e miseramente fallito (il Vaticano all’ultimo momento non volle più pagare il riscatto, e Moretti uccise Moro). Il 18/4/1978 venne diffuso un falso comunicato delle Br che annunciava la morte di Moro e che costrinse le stesse Brigate rosse a inviare una foto del prigioniero, dimostrando così che egli era ancora in vita. A distanza di oltre trent’anni dai fatti, è stato accertato che l’autore del falso comunicato fu Antonio Chichiarelli, un esperto falsario di quadri che usava la malavita e prendeva ordini dai servizi segreti italiani. Le Br però, hanno smentito di avere utilizzato quel contatto.
L’operazione Moro si bloccò per l’intervento dei servizi segreti dell’Est e dell’Ovest, coi quali intratteneva i rapporti Mario Moretti, che mediava con la composizione del condominio di via Massimi, dove ci abitavano: Morucci, faccendieri libici e iraniani, società di intelligence Usa, esponenti di Autonomia come Piperno, e il brigatista Gallinari!!
Il “memoriale Morucci” fu trasmesso al Presidente Cossiga in data 13/3/1990 da suor Teresilla, per il tramite di Remigio Cavedon (ex direttore del quotidiano democristiano ‘Il Popolo’)…
Ancora più importante è un successivo memorandum che Morucci stese per il SISDE il 3 novembre 1990, relativo al secondo ritrovamento delle carte di Moro in via Monte Nevoso, avvenuto il 9 ottobre 1990. In questo testo, Morucci affermò tra l’altro che le lettere di Moro date a Morucci e Faranda (foto sopra), erano circa 36 e che le altre non spedite furono trattenute senza che Morucci e Faranda ne fossero a conoscenza. Precisò inoltre che era il solo Moretti a decidere quali lettere recapitare. Morucci scrisse inoltre di non essere sicuro che Gallinari (ultimo gradino – braccio armato) avesse distrutto gli originali delle lettere e che solo Moretti, Azzolini, Bonisoli e Micaletto, potevano avere una simile notizia. Ipotizzava che gli originali stessi fossero nella disponibilità di Moretti o, più probabilmente, di Micaletto, che “governava” sia la colonna genovese che quella torinese. Il 17/11/’90 venne perquisito l’alloggio di suor Teresilla. In quell’occasione, la suora consegnò copia del Memoriale. Il Memorandum consegnato da Suor Teresilla era indirizzato al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Interno; nell’elaborato sono comprese le copie di 23 lettere dell’On. Moro: di queste, 20 erano già note, 3, indirizzate alla famiglia, non risultavano in precedenza acquisite dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, ma sono state ritrovate in via Monte Nevoso nei palazzi della Milano bene, zona Lambrate.
Moro viene sottoposto a lunghi interrogatori da parte del brigatista Mario Moretti. Questi interrogatori vennero registrati su un normale registratore, ma le bobine contenenti le domande di Moretti e le risposte di Moro non verranno mai ritrovate. Al riguardo il brigatista Germano Maccari disse: “La trascrizione dei nastri venne interrotta semplicemente perché non eravamo in grado di interpretare il linguaggio politicante e occulto di Moro” . I documenti di Moro vennero inizialmente sequestrati dalla Digos e archiviati.
Durante la prigionia e successivamente, i messaggi contenuti negli scritti di Moro furono disconosciuti dalla classe dirigente, in particolare democristiana, e occultati dai destinatari.
Nel comunicato n. 5 Moro attacca il suo compagno di partito Paolo Emilio Taviani (a sinistra nella foto), per essersi schierato con la linea della fermezza. Taviani è considerato l’uomo degli accordi segreti col doppio Sid, gli USA, Gladio e Stay-Behind. Moro segnala nel brano gli importanti incarichi ministeriali ricoperti da Taviani tenuti a lungo con tutti i complessi meccanismi, centri di potere e diramazioni segrete che essi comportano. Taviani aveva contatti diretti e fiduciari con la Nato anticomunista, quella della strategia della tensione, un piano militare fatto di colpi di stato e di stragi di stato, dove usarono come braccio armato (ultimo gradino) sia la mafia che la destra e la sinistra, infiltrandosi nei movimenti, o comperandoli direttamente come collaboratori (spie), per i loro sporchi piani geopolitici di supremazia e di potere. Le affermazioni che Moro aveva scritto, crearono il massimo allarme tra i pochi che erano in grado di decifrarli e capire i contenuti (il cervello delle Br: Senzani, Duccio Berio, Simioni che si sentiva un essere superiore alla base – braccio armato, e comunicava dandogli i comandi e parlando in latino).
La seconda sezione civile della Corte d’Appello del Tribunale di Milano, ha stabilito con una sentenza (n. 1505 del 7 aprile 2015), che il colonnello Bonaventura entrò nel covo brigatista durante la perquisizione, portò via le carte, restituendole dopo qualche ora, visibilmente assottigliate, prima della numerazione dei fogli. Umberto Bonaventura passò successivamente ai servizi segreti. Il nuovo materiale scoperto nel 1990 contiene importanti riferimenti ai dirigenti dei servizi segreti e severe valutazioni su taluni leader democristiani e contengono notizie ritenute “segreto di stato”. In queste pagine Moro rivela, tra l’altro, l’esistenza della struttura dell’Organizzazione Gladio, ben nota ai servizi segreti. La versione del 1990 del memoriale, sviluppa anche queste riflessioni di Moro. Il tentativo di colpo di Stato nel ’64 (fatto solo dai carabinieri P2), ebbe certo le caratteristiche esterne di un intervento militare, secondo una determinata pianificazione proprio dell’arma dei Carabinieri, ma finì per utilizzare questa strumentazione militare essenzialmente per portare a termine una pesante interferenza politica rivolta a bloccare la politica di centro-sinistra. Questo obiettivo politico era perseguito dal Presidente della Repubblica Segni (partigiano bianco anticomunista). Il 19/11/1967 il giornalista Mino Pecorelli, legato da rapporti sotterranei coi servizi segreti e coi centri di potere, aveva rivelato un misterioso progetto per uccidere Moro nell’estate del 1964 in caso di attuazione del Piano Solo.
Nel memoriale, Moro parlò di segreti di stato ancora Top Secret (il segreto militare fu tolto solo alla fine degli anni ‘90), parlo di Giulio Andreotti e il rapporto col massone Michele Sindona, la strategia della tensione, lo scandalo Lockheed, la strage di Piazza Fontana, lo scandalo Italcasse e l’Operazione Gladio (Patto Atlantico – strategia della tensione), nonché giudizi molto pesanti sia politicamente che umanamente riguardo a Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, anche per questo fu ucciso. Moro dopo aver analizzato i fatti riferiti ad Andreotti, aveva e denunciato anche l’appartenenza di Guido Giannettini (giornalista, agente segreto e attivista italiano di estrema destra), come agente del SID e amico di Andreotti.
Gli interrogatori a Moro (durante la prigionia), furono fatti da quell’esaltato e mediocre stalinista di Moretti (che poi non ha saputo nemmeno interpretare il linguaggio politico occulto di Moro), che mediava, pur di fare il ’tupamaro dei miei coglioni’, con cani, gatti, canarini e porci. La copia originale del memorandum di Moro, non verrà mai ritrovata, mentre alcuni esemplari dattiloscritti e fotocopiati vennero ritrovati nel covo di via Monte Nevoso 8 a Milano il 1º ottobre 1978 e il 9 ottobre 1990. Gli interrogatori vennero registrati su un normale registratore, ma le bobine contenenti le domande di Moretti e le risposte di Moro non furono mai ritrovate. Il “miracolo economico”, che aveva portato l’Italia rurale a diventare in pochi decenni una delle grandi potenze industriali mondiali, comportò anche un cambiamento sociale, col risveglio delle masse richiedenti una presenza attiva nella vita del paese.
Duccio Berio, uno dei fondatori del Superclan, studente universitario e seguace di Simioni, all’inizio del 1972 affronta il servizio di leva e, mentre fa il militare come ufficiale di complemento, accetta di collaborare con un ufficiale del SID. Lo riferisce lo stesso Berio in una lettera che il 29/8/1972 manda all’avvocato Alberto Malagugini, dirigente milanese del PCI nonché padre della sua fidanzata. Nella lettera, Berio scrive di essere stato contattato dai servizi segreti per fare l’informatore e, in pratica, di avere accettato raccontando all’ufficiale del SID quello che sa sui GAP di Feltrinelli, sul CPM, su Sinistra proletaria, BR e Superclan. Insomma, l’ufficiale di leva Berio collabora di fatto col servizio segreto militare.
Anche Giovanni Senzani (foto sopra), era un personaggio ambiguo: ha iniziato la sua attività da brigatista negli anni ’70, arrivando ad essere uno dei massimi esponenti del movimento di estrema sinistra sul finire del decennio al fianco di Mario Moretti. Nel 1981, dopo l’arresto di Moretti, fonda il Partito della Guerriglia avviando la scissione dalla parte militarista delle BR. Verrà arrestato l’anno successivo a Roma, in seguito a delle indagini che lo vedevano coinvolto in intrighi internazionali tra attività di spionaggio e servizi segreti. L’uccisione di Moro avvenne con 11 colpi, corrispondenti ai giorni di segregazione di Aldo Moro. Oggi Giovanni Senzani, dopo 17 anni di carcere e 11 di semilibertà, è un uomo libero ma lontano da movimenti politici.
Senzani condusse per anni una doppia vita: da una parte lavorava al ministero di Grazia e Giustizia come consulente e conduceva incarichi accademici nelle università di Firenze e Siena, dall’altra operava ai vertici delle Brigate rosse. Senzani era stato arrestato, ma poi rilasciato dopo appena tre giorni ed entrato in clandestinità (aiutato dai suoi amici sbirri).
Lo sbaglio più grosso secondo noi ‘ricercatori senza padroni’, è stato quello (a parte i vari inciuci incoerenti con la logica di classe che fecero le Br), fu quello di uccidere Moro senza divulgare il memorandum che scrisse, dove spiegava già allora, dei piani militari Atlantici, ancora oggi top secret.
Se avessero divulgato gli scritti di Moro, avrebbero vinto e sarebbero stati più coerenti con la lotta di classe, che invece fu sconfitta.
Noi anarchici, non è per vantarci, ma non saremmo mai caduti nella trappola, perché non abbiamo capi!
W l’Anarchia: l’unica via…
Tutti i governi, sedicenti liberatori,
promisero di smantellare le fortezze erette dalla tirannia
per tenere in soggezione il popolo; ma, una volta insediati,
lungi dallo smantellarle, le fortificarono ancora meglio,
per continuare a servirsene contro il popolo.
Carlo Cafiero
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)