
Oggi, 12 giugno i mass media scrivono che per il 14 giugno è prevista a Washington la presenza di più di 140 blindati che sfileranno per la celebrazione dei 250 anni della nascita delle forze armate americane e i 79 anni di quella merda del presidente USA. Il costo della pagliacciata celebrativa allegorica della parata militare voluta da Donald Trump, è di 45 milioni di dollari. Dovrebbe cominciare tutto alle 18:30 (mezzanotte e mezza in Italia) e concludersi per le 19:30. La parata prevede la presenza di novemila soldati, che marceranno lungo Constitution Avenue con più di 140 blindati, tra cui carri armati, e 50 velivoli, tra cui gli elicotteri militari Black Hawk (foto sotto) e un bombardiere della II guerra mondiale. La celebrazione voluta a tutti i costi dal presidente, ha diviso gli americani. La parata comincerà all’altezza del Lincoln Memorial e terminerà all’Ellipse, dietro la Casa bianca, lungo la direttrice monumentale di Constitution Avenue.

Ma ricordiamoci dei danni che sta facendo quel mediocre razzista del presidente Trump: le proteste negli USA sono esplose il 6 giugno a Los Angeles (foto sotto), dopo una serie di operazioni coordinate dall’ICE che hanno portato all’arresto di 118 persone sospettate di essere migranti irregolari. I blitz hanno innescato manifestazioni contro le politiche migratorie di Trump. La risposta della Casa bianca, con arresti di massa, coprifuoco e l’invio di guardia nazionale e marines, ha alimentato la tensione e la denuncia di un’escalation autoritaria.

Le immagini e i video delle retate hanno fatto rapidamente il giro del Paese, e poi del mondo, innescando un’ondata di indignazione che, nel giro di poche ore, ha portato migliaia di persone in strada. Un’escalation che ha acceso un confronto istituzionale durissimo e che, secondo molti osservatori, segna un punto di rottura nella tenuta democratica nordamericana. Da giorni, gli Stati Uniti sono attraversati da manifestazioni contro la gestione dell’immigrazione da parte del governo federale e, in particolare, contro le operazioni repressive volute dal presidente Trump. Le proteste, nate a Los Angeles, si sono diffuse rapidamente in tutto il Paese, con cortei e sit-in a San Francisco, Chicago, New York e altre grandi città. I manifestanti denunciano una deriva autoritaria, l’utilizzo sproporzionato della forza e la criminalizzazione sistematica delle comunità migranti. A scatenare la mobilitazione è stata una serie di retate condotte dall’ICE tra il 6 e il 9 giugno, ma il malcontento si estende a tutta la politica migratoria di Trump, percepita come punitiva, xenofoba e mirata a spaventare le fasce più vulnerabili della popolazione. Le autorità locali, soprattutto in California, si oppongono all’approccio federale, ritenendo che l’intervento diretto del presidente, senza il consenso dei governatori, rappresenti una grave violazione delle prerogative costituzionali degli States. A proposito di Costituzione, in Italia abbiamo alla guida del governo quella autoritaria della Meloni anticostituzionale, ecco perchè quella cattofascista della Meloni è spesso da Trump (foto sotto), per mettersi d’accordo (aumm aumm), sulla repressione militare in atto (dittatura militare).

Le operazioni si sono svolte in pieno giorno, in quartieri densamente abitati da comunità latine e asiatiche, e sono state immediatamente documentate da giornalisti, attivisti e cittadini. Già nella serata dello stesso giorno, centinaia di persone si sono radunate nel centro cittadino per chiedere lo stop alle retate e la liberazione degli arrestati. La tensione è cresciuta poi nelle giornate successive: tra il 6 e il 10 giugno si sono verificati abusi della polizia, con oltre 370 arresti. A partire dal 9 giugno, il movimento di protesta si è diffuso anche in altre città: a San Francisco migliaia di manifestanti hanno sfilato davanti agli uffici dell’ICE e alla sede locale del Dipartimento della Sicurezza Interna. A New York, decine di arresti sono avvenuti nei pressi di Foley Square e Union Square. Proteste simili si sono poi registrate anche a Portland, Seattle, Denver e Atlanta, col coinvolgimento di sindacati, associazioni, studenti. La scintilla che ha dato il via agli scontri a Los Angeles è stata l’operazione dell’ICE che ha visto l’imponente schieramento di forze intervenire per arrestare migranti irregolari. Ma a monte c’è un malcontento più profondo, legato alla politica migratoria di Donald Trump, che prevede un approccio violento, militarizzato e spesso svincolato dal coordinamento con le autorità locali. Secondo la sindaca Karen Bass, la città di Los Angeles è stata deliberatamente scelta come ‘esperimento’ per testare fino a che punto l’amministrazione federale possa spingersi nel forzare la mano, violando norme locali e diritti civili. In un’intervista ha parlato di ‘una strategia per colpire la nostra economia e minare la coesione sociale, dato che molti settori fondamentali dipendono dal lavoro degli immigrati’. Secondo molti osservatori, la protesta non riguarderebbe più solo l’immigrazione, ma sarebbe diventata una contestazione più ampia, contro l’autoritarismo e la volontà del presidente di accentrare il potere federale, ignorando il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione.

L’ICE, acronimo di Immigration and Customs Enforcement, è l’agenzia federale statunitense incaricata del controllo delle frontiere, della gestione dei rimpatri e dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione. Dipende dal Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) ed è spesso oggetto di controversie per l’approccio aggressivo e militarizzato delle sue operazioni. Negli ultimi anni, soprattutto sotto le amministrazioni repubblicane, l’ICE ha intensificato le retate in quartieri abitati da minoranze etniche e migranti; gli agenti operano spesso in borghese ma col supporto di unità tattiche in grado di condurre operazioni simili a quelle militari. Intanto, il dipartimento di polizia di Los Angeles avrebbe effettuato più di 400 arresti in 4 giorni, molti dei quali durante raduni pacifici fatti passare come “assembramenti non autorizzati”. Il governatore Newsom (a destra nella foto), ha parlato di “democrazia sotto attacco” e ha annunciato un’azione legale per bloccare l’uso dei militari federali senza il consenso statale: “Trump e i suoi fedelissimi si nutrono della divisione per accumulare potere. Ma noi non ci faremo intimidire”, ha dichiarato.

Ma per capire il contesto sociale e politico di oggi, è meglio rifarci alla Storia, solo così siamo in grado di capire meglio le bastardate di Trump. Andiamo ad analizzare cosa sono stati i ‘Nuclei clandestini dello stato’, prendendo atto del materiale archiviato dalla Commissione Parlamentare sul Terrorismo.
In sede giudiziaria, è stato ipotizzato che gli intenti programmatici ampiamente enunciati nel convegno dell’istituto Pollio, avrebbero avuto pratica attuazione nei 2 anni immediatamente successivi mediante la creazione di una vasta rete clandestina denominata “nuclei clandestini dello stato”, che avrebbe avuto notevolissima consistenza numerica e diffusione su vasta parte del territorio nazionale. La rete sarebbe stata operativa fino alla fine del 1973, quando sarebbe stata sciolta per il timore che indagini giudiziarie su avvenimenti sporchi in cui la stessa era coinvolta, ne potessero consentire la individuazione. Sul piano di un primo riscontro oggettivo va sottolineato come la sigla “nuclei di difesa dello stato” compaia per la prima volta in una lettera che sul finire del 1966 fu inviata a molti ufficiali dell’esercito italiano per iniziativa (come ormai può ritenersi accertato) di due estremisti di destra: Franco Freda e Giovanni Ventura (foto sotto).

La lettera anonima conteneva un invito pressante e minaccioso ad aderire alla struttura occulta, che si affermava costituita “in seno alle forze armate da militari di grande prestigio e di autentica fedeltà col compito di stroncare i comunisti e gli Anarchici”. Nei suoi contenuti quindi, si muoveva nella logica ispiratrice di un noto pamphlet militare intitolato “Le mani rosse sulle forze armate” redatto da Pino Rauti e Guido Giannettini (foto sotto), che furono tra i partecipanti al convegno dell’Istituto Pollio. L’inchiesta giudiziaria alla quale si fa riferimento, riprende e approfondisce spunti investigativi già presenti in vicende giudiziarie anteriori, in particolare nella nota indagine del G.I. di Padova dottor Tamburrino, sulla “Rosa dei Venti“, organizzazione segreta italiana di stampo neofascista con finalità anticomuniste, collegata con ambienti militari e individuata alla fine del 1973 dalla magistratura.

L’organizzazione (che tempo dopo la stampa battezzò “Supersid” o “Sid parallelo”), sarebbe nata negli anni ‘60 contestualmente alla progettazione del Piano Solo, un colpo di stato fatto dai carabinieri nel 1964, organizzato da Giovanni de Lorenzo comandante generale dell’arma dei cc, per volere del presidente della rep. Antonio Segni, 4º presid. della rep. dall’11/5/1962 al 6/12/1964, uno dei membri più conservatori della Democrazia Cristiana. Questi gruppi clandestini dello stato avrebbero avuto una sorta di battesimo del fuoco nella controguerriglia in Alto Adige. Secondo quanto prevalentemente emerge da tale quadro giudiziario, si tratterebbe di una struttura occulta nettamente distinta da Gladio e che solo in piccola parte in Gladio sarebbe confluita dopo il suo scioglimento. Diversa sarebbe anche la catena di comando e cioè il punto di riferimento istituzionale, individuato nello stato maggiore della difesa. In Italia Gladio veniva ricondotto alla Stay-behind italiana. Durante la guerra fredda, quasi tutti gli stati dell’Europa occidentale organizzarono reti analoghe. L’esistenza di Gladio fu riconosciuta il 24/10/1990 dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che parlò di una «struttura di informazione. Francesco Cossiga nel 2008 affermò che i padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del SIFAR.

Si è già osservato affrontando il nodo Gladio, che nella prospettiva di indagine assunta dalla Commissione non appare poi decisivo affermare che la Gladio sia stata organizzata per “cerchi concentrici” o per “livelli distinti”, ciascuno attivabile in ragione di un diverso obiettivo specifico; ovvero affermare che con Gladio convissero e da Gladio furono presupposte altre strutture paramilitari, che rispondevano a diverse catene di comando.

La soluzione del problema può avere rilievo in un’indagine giudiziaria volta ad individuare specifiche ed individuali responsabilità; vede invece scemare, anche se non sino all’annullamento, la sua importanza in un’indagine storico-politica, dove può essere sufficiente una ricostruzione anche per grandi linee di tale realtà occulta, per cogliere il senso di (e per esprimere una valutazione in ordine a) molti eventi che drammaticamente sconvolsero la vita del Paese o tragicamente lo insanguinarono. Tutto in una prospettiva di metodo che rifiuti l’azzardo di ipotesi e si ancori ad un ambito di certezze o almeno di elevate probabilità. In tali limiti è quindi già possibile riaffermare nel periodo storico considerato (e cioè nella prima metà degli anni ‘60), la realtà di strutture paramilitari che furono pensate per compiti che andavano ben al di là dello “stare dietro”, nell’ipotesi sempre più improbabile di una occupazione bellica di parte del territorio nazionale, perché ebbero non solo compiti informativi, ma anche destinazione a fini di controinsorgenza e di contrasto politico, spinti in alcuni casi sino a progetti di natura golpista. Trattasi di una realtà che appare non riconducibile, nei suoi riferimenti istituzionali, soltanto agli apparati di sicurezza, bensì ad ambiti ben più ampi, anche in considerazione della circostanza che la stessa costituiva la traduzione in termini operativi di culture e interessi diffusi in strati ancora larghi del ceto dirigente italiano, anche se indubbiamente più ristretti di quanto fossero in un periodo anteriore. Anche in ragione di ciò può giustificarsi: da un lato la maggiore “profondità” del livello sotterraneo in cui tale realtà venne in concreto ad articolarsi rispetto sia a strutture clandestine dell’immediato dopoguerra, sia al livello oggi conosciuto di Gladio; dall’altro la non riducibilità al solo P.C.I. di un obiettivo di contrasto politico, che invece abbracciava tutte le componenti culturali e politiche e le singole personalità dei vari schieramenti, che operavano per una distensione internazionale, ovvero per instaurare democraticamente nel Paese nuovi e più avanzati equilibri politici. Anche ciò chiarisce un ulteriore aspetto che merita di essere sottolineato: la maggiore inerenza, rispetto a quella verificabile per il livello conosciuto di Gladio, di personaggi e gruppi della destra eversiva a tale più ampia realtà clandestina. Si è in presenza peraltro, ancora nel periodo considerato, come nel precedente quindicennio, di una sostanziale potenzialità operativa e cioè di strutture che non conobbero forme di attivazione fino a quando il quadro sociale e politico del paese non mutò profondamente per l’esplodere di un fenomeno opposto, (la contestazione studentesca e operaia), che caratterizzò il finire del decennio.

A proposito di ingiustizie sociali: in questi giorni i mass media scrivono che i Paesi del G7 stanno ‘abbandonando’ i poveri del mondo. L’Oxfam denuncia i tagli pesanti negli aiuti per il Sud globale: nel 2026 i Paesi del G7 (ma quanto spendiamo per tenere in piedi il G7?) ridurranno del 28% la spesa per gli aiuti allo sviluppo del Sud Globale. Un taglio di ben 44 miliardi di dollari rispetto al 2024, il più alto mai registrato dalla costituzione del G7, nel 1975. È quanto denuncia Oxfam (confederazione internazionale di organizzazioni non profit) alla vigilia del vertice in programma a Kananaskis, in Canada, dal 15 al 17 giugno. “Da soli i Paesi del G7 rappresentano 3/4 dell’aiuto pubblico globale, ma il 2026 segnerà per il terzo anno consecutivo un calo delle risorse. Si tratta di un disimpegno mai visto in queste proporzioni e che non potrebbe arrivare in un momento peggiore. Siamo di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove povertà globale, fame, inquinamento, desertificazione e caos climatico, sono in drammatico aumento. Il G7 sembra però disinteressarsene, a parole dichiara di voler costruire ponti tra Nord e Sud del mondo, ma in realtà abbandona chi ha più bisogno, mettendo a repentaglio la propria credibilità”. A piu’ di 50 anni dall’impegno delle Nazioni Unite di stanziare lo 0,7% del reddito nazionale lordo per la spesa per gli aiuti, la maggior parte dei Paesi del G7 rimane infatti ben al di sotto di questa soglia. Oxfam esorta inoltre il G7 a sostenere gli sforzi globali, guidati da Brasile e Spagna, per aumentare le tasse sui super-ricchi.

.
Assalti Frontali – “ROMA METICCIA” official videoclip – 2011https://www.youtube.com/watch?v=DDiyBA94w_g
Emsi Caserio: Rap Anarchico Popolare (VIDEOCLIP 2014)https://www.youtube.com/watch?v=qg4N2z7g_5k
Assalti Frontali – Compagno Orso – Feat. Er Tempesta e Nummiriunhttps://www.youtube.com/watch?v=UokQz9XIpEk
ASSALTI FRONTALI – FAN**LO CI SIAMO ANCHE NOIhttps://www.youtube.com/watch?v=gA0D-lhnIbE
“SIMONETTA” – Assalti Frontali feat. Filippo Andreanihttps://www.youtube.com/watch?v=R5MHe-TEIas
.
Non si può abolire il privilegio e stabilire
solidamente e definitivamente la libertà
e l’uguaglianza sociale se non abolendo
il governo, non questo o quel governo,
ma l’istituzione stessa del governo.
dal ‘Programma’ del Unione Anarchica Italiana (1899)
.
Solidarietà alle compagne e ai compagni ingiustamente arrestati.
.
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)