21/04/015
Proseguono senza sosta le ricerche nel Mediterraneo delle vittime e di eventuali sopravvissuti dell’ultimo terribile naufragio che avrebbe provocato almeno 800 morti nella notte tra sabato e domenica nelle acque libiche. Ventotto le persone salvate e fra loro sembra esserci anche uno degli scafisti, un tunisino.
Nelle prime ricostruzioni si era parlato di 700 morti, ma un superstite del Bangladesh, ricoverato ieri in ospedale a Catania, ascoltato dai magistrati, ha parlato di 950 persone a bordo del barcone affondato.
I sopravvissuti provenivano da paesi dell’Africa sahariana (eritrei, somali, sudanesi) ma anche dal Bangladesh
Stamattina è stata decapitata un’organizzazione dedita al traffico di esseri umani che aveva la base al Cara di Mineo, il più grande centro di accoglienza della Sicilia finito nel mirino dell’operazione “Mafia capitale” per l’affidamento dei servizi e degli appalti. La cellula scoperta organizzava in tutta Italia il traffico di persone tra l’Africa e l’Europa, spesso compiacendosi di stipare i barconi fino all’inverosimile per guadagnare di più senza farsi scrupolo del rischio per la vita dei migranti….
Ma andiamo al cuore del problema, e poniamoci una domanda:
PERCHE’ SI FANNO LE GUERRE ?
Partiamo dalla Storia per cercare una risposta …
Il colonialismo italiano, che ebbe inizio nel 1882 col possedimento di Assab in Eritrea, fu un fenomeno storico che comportò l’espansione della sovranità del Regno d’Italia su 4 territori d’Africa (la Libia, la Somalia, l’Etiopia e l’Eritrea), sul Dodecaneso e sull’Albania. In Cina vi fu una piccola concessione nella città di Tientsin. Con la II guerra mondiale tutte le colonie furono perse; solamente la Somalia italiana rimase sotto amministrazione fiduciaria italiana fino al 1960.
L’ Impero coloniale fascista italiano, si era costruito nel XX secolo dall’Italia, con colonie in Asia, Africa ed Europa orientale. Ufficialmente l’impero viene istituito il 9 maggio 1936 con la nomina di imperatore d’Etiopia di Vittorio Emanuele III di Savoia.
La Libia fu una colonia italiana nell’Africa settentrionale, durata ufficialmente, dopo la gestione distinta della Tripolitania e della Cirenaica, dal 1934 al 1943.
Il primo ministro (cattofascista) italiano Giovanni Giolitti iniziò l’invasione della Tripolitania e della Cirenaica il 4 ottobre 1911, inviando a Tripoli contro l’Impero Ottomano 1 732 marinai al comando del capitano Umberto Cagni.
Tra il 1921 e il 1925 il Governatore della Tripolitania, Giuseppe Volpi, diede il via a nuove guerre militari e conquistò Misurata, la Gefara, il Gebel Nefusa e Garian. A stroncare in Cirenaica la dura resistenza dei Senussi provvidero i generali Luigi Bongiovanni e Ernesto Mombelli. Poi furono Emilio De Bono in Tripolitania e Attilio Teruzzi in Cirenaica ad ampliare il territorio sotto controllo italiano.
Il governatore Pietro Badoglio tra il 1930 ed il 1931 occupò tutto il Fezzan e l’oasi di Cufra, al comando del generale Rodolfo Graziani, che era riuscito a ottenere l’apporto della cavalleria indigena e dei meharisti integrati nelle “colonne mobili”.
La situazione, nel 1930, era quindi volta a favore degli italiani. La guerra proseguiva solo in Cirenaica, dove resisteva ancora il capo senussita della guerriglia, Omar al-Mukhtar. Per impedire i rifornimenti dall’Egitto, Graziani militarizzo il territorio, innalzando una lunga barriera di filo spinato lunga 270 chilometri, dal porto di Bardîyah (Bardia) all’oasi di al-Giagbūûb (Giarabub), presidiata costantemente dalle truppe italiane.
Inoltre Graziani fece deportare l’intera popolazione del Gebe in campi di concentramento situati sulla costa del golfo della Sirte, vicino ad Agheila; tale deportazione causò la morte (per gli stenti e le malattie) di circa 60 000 persone, soprattutto donne e bambini. La popolazione del Gebel ammontava a circa 100 000 persone; lo sgombero dell’altopiano cirenaico iniziò nel giugno 1930 e si protrasse per diversi mesi. Le perdite di vite umane furono dovute specialmente alle epidemie (come quelle collegate alla “spagnola”) ed alle fatiche della lunga ed estenuante marcia (a volte lunga più di 1000 chilometri), oltre che alle violenze ed alle durissime condizioni cui vennero sottoposte quelle popolazioni nei campi di concentramento italiani. Le truppe italiane nel corso di queste operazioni distrussero molti centri abitati sgomberati, insieme alle coltivazioni e al bestiame che ospitavano, e compirono varie esecuzioni sommarie di rappresaglia quando assalite.
Per avere la superiorità numerica e tecnologica nei confronti dei guerriglieri, l’esercito italiano creò dei reparti mobili composti da effettivi italiani e di colore reclutati nelle colonie africane. Questi ultimi erano perlopiù provenienti dall’Eritrea e Somalia, di religione cristiana e ferocemente avversi ai musulmani. Ma non mancavano collaborazionisti libici che ingrossavano le file dei reparti coloniali, considerati dai comandi italiani come poco affidabili (erano quindi discriminati e talora sottoposti a duri trattamenti). Le truppe italiane inoltre, per la prima volta in una guerra coloniale, per affrontare e decimare i guerriglieri, ricorsero ad alcuni aerei ed autoblindo.
La morte del capo della guerriglia libica Omar al-Mukhtar nel settembre 1931 comportò la totale pacificazione delle regioni che, solo con l’unione fra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, si sarebbero chiamate Libia. La conquista italiana costò alla Libia pesanti perdite umane e materiali, causando decine di migliaia di morti e sconvolgendo l’arretrata organizzazione sociale ed economica tradizionale.
Al principio degli anni ‘30, Mussolini ordinò l’inizio di una vasta immigrazione di coloni italiani nelle aree coltivabili della colonia libica.
Nel 1934, col Regio decreto n°2012 del 3 dicembre sull’unione della Tripolitania e della Cirenaica italiana, venne proclamato il Governatorato Generale della Libia, e successivamente i cittadini islamici poterono godere dello status di “cittadini italiani libici”, una condizione che garantiva loro numerosi diritti all’interno della loro colonia. Il decreto recepiva e formalizzava peraltro una situazione che durava già da 5 anni, ossia da quando al governatore della Tripolitania, Pietro Badoglio, era stato conferito un potere di supremazia sulle autorità degli altri due territori libici, la Cirenaica e il Fezzan.
Mussolini dopo il 1934 iniziò una politica favorevole agli Arabi libici, chiamandoli “Musulmani Italiani della Quarta Sponda d’Italia” e costruendo villaggi con moschee, scuole ed ospedali, ad essi destinati.
Il Regno d’Italia dopo la prima guerra mondiale avviò una colonizzazione che ebbe il culmine, sotto l’impulso di Mussolini, soprattutto verso la metà degli anni ‘30 con un afflusso di coloni provenienti in particolare da Veneto, Sicilia, Calabria e Basilicata. Nel 1939 gli italiani erano il 13% della popolazione, concentrati nella costa intorno a Tripoli e Bengasi (dove erano rispettivamente il 37% ed il 31% della popolazione). Con gli Italiani si ebbe un incremento del cattolicesimo. Al Vicariato apostolico di Tripoli del vescovo Camillo Vittorino Facchinetti nel 1940 era assegnato circa un quarto del totale della popolazione della Libia italiana (includendo i coloni italiani).
In Libia gli italiani costruirono in circa trent’anni (1912-1940 strade, ponti, ferrovie, ospedali, porti, edifici). Numerosi contadini italiani resero coltivabili terreni semidesertici, specie nell’area di Cirene. Inoltre il governo italiano creò il business del Gran Premio di Tripoli, una corsa automobilistica internazionale istituita nel 1925 nel periodo fascista e svoltasi fino al 1940.
Negli anni ‘30 la Libia italiana arrivò ad essere considerata la nuova “America” per l’emigrazione italiana.
In Libia nel periodo del colonialismo fascista, nasceranno 26 villaggi: Oliveti, Bianchi, Micca, Breviglieri, Littoriano, Giordani, Tazzoli, Marconi, Crispi, Garabulli, Garibaldi, Corradini, Castel Benito, Filzi, Baracca, Maddalena, Sauro, Oberdan, D’Annunzio, Mameli, Razza, Battisti, Berta, Luigi di Savoia e Gioda.
Dal 1934 Governatore della Colonia Libica fu Italo Balbo, un uomo mediocre e cattofascistoide. E’ proprio Balbo che, tra il 1938 e il 1939, in due migrazioni di massa, farà arrivare dall’Italia migliaia di famiglie di coloni, assegnatarie dei poderi….
Italo Balbo fece costruire anche 10 villaggi rurali libici (ghetti), questa volta dai nomi arabi: i maggiori erano El Fager (Alba), Nahima (Deliziosa) ed Azizia (Profumata).
Dopo l’eventuale vittoria contro gli Alleati, la Libia doveva essere parte del progetto fascista di una Grande Italia nella sua sezione costiera, mentre l’interno sahariano doveva fare parte dell’Impero Italiano.
All’inizio della II guerra mondiale vi erano circa 120 000 Italiani in Libia, ma Balbo aveva in progetto di raggiungere il mezzo milione di coloni italiani negli anni ‘60. Del resto Tripoli aveva già nel 1939 una popolazione di 111 124 abitanti, dei quali 41 304 (37%) erano italiani. Italo Balbo nel 1940 aveva costruito 4000 km di nuove strade (la più nota era la Via Balbia col suo nome, che andava lungo la costa da Tripoli a Tobruk); analoga crescita invece non ebbero le ferrovie, la cui rete raggiunse la massima espansione (circa 400 km) nel 1926, a parte alcuni tentativi effettuati tra il 1941 e il ‘42, poco prima della perdita della colonia.
Gli Italiani della Libia erano poche migliaia quando Mussolini salì al potere e riuscì a sconfiggere la guerriglia araba, ma dopo la nomina di Italo Balbo a governatore nel 1934 il loro numero si incrementò continuamente fino ad essere quasi 120 000 nel 1940. Allo scoppio della guerra contro gli inglesi i coloni italiani erano concentrati nella regione costiera della Libia, specialmente nei villaggi agricoli creati da Balbo, mentre gli italiani erano quasi la maggioranza a Tripoli e Bengasi.
La II guerra mondiale devastò la Libia italiana e costrinse i coloni italiani a lasciare in massa le loro proprietà, specialmente nella seconda metà degli anni ‘40.
Attualmente gli italiani in Libia sono 22 530, quasi lo stesso numero del 1962, in prevalenza operai specializzati delle industrie petrolifere arrivati a fine anni ‘90.
Secondo i dati in possesso del Governo italiano e verificabili presso gli Uffici diplomatici e consolari della Repubblica in Libia, gli italiani in Libia negli anni 2000 sono meno di 1 000, poiché la manodopera delle imprese italiane che si registra come “italiana” è in realtà asiatica….
Nel Trattato di Pace del 1947 l’Italia ha dovuto rinunciare a tutte le sue colonie, compresa la Libia. Vi fu comunque nel 1946 un vano tentativo di mantenere la Tripolitania come colonia italiana (assegnando la Cirenaica alla Gran Bretagna ed il Fezzan alla Francia).
Le nazioni come Inghilterra, USA, Francia, Italia e Germania si comportano ancora oggi come i loro antenati colonialisti di stampo cattofascista. Insomma, morale della storia è che, prima fanno le guerre ai paesi poveri per impossessarsi dei territori e rubargli le materie prime, uccidendo civili inermi coi genocidi, poi organizzano gli aiuti militari (gli stessi che li hanno bombardati) umanitari per speculare sulle persone che sono costrette a scappare dalla miseria, dalla violenza e dall’atrocità della guerra.
Fanno fare il lavoro sporco ( come sempre) alla mafia ….
Ricordiamoci che il costo per ogni profugo, erogato dallo stato alle associazioni cattoliche attraverso le ambasciate, è di 80 euro al giorno!!!
Quando finiscono i soldi dall’ambasciata, i cattolici dopo aver speculato, li sbattono in mezzo alla strada a fare i clandestini secondo la legge italiana, senza diritti ….
Attualmente 62 stati sono coinvolti in guerre internazionali o interne, a cui debbono aggiungersi 549 milizie, cartelli della droga, gruppi indipendentisti.
L’Africa è il continente che “ospita” il maggior numero di conflitti, con 25 Stati coinvolti in guerre. Le aree più calde sono: l’Egitto (instabilità successiva alla rivolta del 2011), il Mali (continui scontri con i tuareg e le milizie islamiche), la Nigeria (attacchi delle milizie islamiche, in particolare dei Boko Haram), la Repubblica Centroafricana (guerra civile), la Repubblica Democratica del Congo (razzie di gruppi armati nelle regioni orientali), la Somalia (guerra civile in corso dal 1991), il Sudan (scontri tra l’esercito e milizie ribelli) e il Sud Sudan (conflitto etnico).
A seguire troviamo l’Asia con 15 Stati coinvolti in guerre, tra cui particolarmente cruente sono quelle combattute in: Afghanistan (guerra in corso dal 2001 ), Birmania-Myanmar (guerra civile tra l’esercito e l’etnia Kokang), Filippine (dal 1990 continui scontri tra guerriglieri comunisti e l’esercito locale), Pakistan (scontri tra l’esercito e milizie antigovernative), Thailandia (violenze successive al colpo di stato del maggio 2014).
Per quanto riguarda l’Europa, 9 Stati europei sono attualmente coinvolti in un conflitto, tra cui occorre ricordare: l’Ucraina ( guerra civile tra ribelli filo-russi e esercito regolare), la Cecenia (scontri tra l’esercito russo e miliziani indipendentisti), il Daghestan (attacchi da parte di milizie islamiche).
In Medio Oriente 8 Stati sono attualmente in guerra di cui la più nota è sicuramente quella in corso tra Palestina e Israele. Altre aree calde sono: l’Iraq (scontri tra governo locale e milizie islamiche, in particolare ISIS), la Siria (guerra civile in corso dal 2011) lo Yemen (scontri tra l’esercito regolare e le milizie islamiche che, a loro volta, combattono tra loro).
Infine nelle Americhe 5 Stati sudamericani stanno combattendo dei conflitti contro gruppi separatisti, cartelli della droga , milizie locali. Tra questi occorre ricordare: la Colombia (guerra civile in corso dal 1964 ), il Messico (continui scontri tra l’esercito locale e i cartelli della droga).
Questa mappa rappresenta i conflitti attualmente in corso nel mondo. Il giallo è utilizzato per indicare guerre che hanno causato meno di 1.000 morti nell’ultimo anno. Il rosso, invece, è utilizzato per conflitti che da gennaio 2014 hanno causato più di 1000 morti.
Basta guerre! Basta armi!
Ne’ dio Ne’ stato Ne’ servi Ne’ padroni
Fuori i colonialisti fascisti dai coglioni ….
Rsp (individualità Anarchiche)