Strage piazza Loggia: strategia della tensione…
A Brescia il 28 Maggio c’è stata la 43ma cerimonia di commemorazione della Strage di Piazza della Loggia avvenuta nel 1974. Un lungo applauso ha accompagnato il corteo guidato dai familiari delle vittime e rappresentanti delle istituzioni. Il corteo ha sostato davanti alle stelle collocate nel punto in cui esplose l’ordigno. Alla cerimonia era presente anche Franco Castrezzati, il sindacalista che stava parlando sul palco al momento dello scoppio.
Ma facciamo un po’ di storia…..
Carlo Maria Maggi era il capo della cellula veneta di Ordine Nuovo che venne condannato dopo, 41 anni per la strage di piazza della loggia , insieme a Maurizio Tramonte. La strage di piazza della Loggia avvenne il 28 maggio 1974, alle ore 10:12, nel cuore di Brescia. Otto persone morirono, oltre 100 rimasero ferite. Fu un eccidio, un macabro film già visto, un piano militare chiamato “Strategia della tensione” firmato dall’eversione nera e dai servizi segreti.
Quell’attentato avvenne in una piazza piena, gremita. I sindacati avevano convocato una manifestazione antifascista, particolare non secondario in una stagione contrassegnata dalla violenza stragista, sostenuta e/o tollerata dai piani alti dello stato, propinata come risposta politica alle tensioni della “Guerra fredda”, alle rivendicazioni di diritti civili e al battito delle lotte sociali. Il 23 luglio 2015 la Corte di assise di appello di Milano ha messo un punto definitivo su questa strage, condannando all’ergastolo gli 80enni Maggi e Tramonte, al vortice giudiziario sulla strage di Brescia. Dopo tre inchieste e tredici processi, il giudice istruttore di Milano, Guido Salvini, ha potuto dichiarare: «Ora abbiamo anche una verità giudiziaria, oltre che una verità storica». È stato proprio Salvini a fornire una svolta processuale determinante per la strage di piazza della Loggia, scoprendo, negli anni ’90, l’identità di “Tritone”, amico di una famiglia dei servizi segreti italiani, quella militare del Sid (Servizio informazioni difesa, istituito nel 1966 e sciolto, dopo gli scandali, nel 1977!!!).
Il 25 maggio 1974, tre giorni prima della strage, si svolse una riunione ordinovista ad Albano Terme: Maggi disse che c’era la necessità di fare un altro “grande botto”, per proseguire la strategia fatta partire il 12 dicembre 1969 in piazza Fontana a Milano, quando esplose una micidiale bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura. Tramonte, col nome in codice “Tritone”, come informatore gestito dal generale del Sid, Gianadelio Maletti, fece arrivare all’orecchio dei servizi quel che stava per accadere. Maletti tenne per sé la velina, perché compromesso nel gioco della deviazione interessata, permettendo quindi la strage. L’antefatto fondamentale di Albano Terme ha dato il la alla ricostruzione della procura di Milano su piazza della Loggia. Quarantuno anni dopo è arrivata la sentenza: Maggi e Tramonte sono stati condannati all’ergastolo, Digilio e Soffiati si sono salvati perché oramai deceduti. “Giustizia è fatta”, così dice solitamente la vittima quando raggiunge il risultato sperato in un’aula di Tribunale, ma il presagio dell’umore di chi si accontenta non abbandona il campo, troppi punti interrogativi restano sulla scena e troppo è stato il tempo impiegato, fra depistaggi e silenzi, per arrivare ad una qualche giustizia.
È stata una bomba fascista, non c’è dubbio alcuno, è stato Ordine Nuovo a far sobbalzare piazza della Loggia. Ancor prima di essere verità giudiziaria è innanzitutto verità storica, di un Paese che non ha mai saputo fare i conti con quel che è stato. Non casualmente, il giudice Salvini, complimentandosi con la Procura di Brescia, ha confessato: «Se la Procura di Milano avesse fatto altrettanto, credo che sarebbe stato possibile andare anche per piazza Fontana al di là di quella responsabilità storica che comunque le sentenze hanno accertato in modo indiscutibile». Qui si spezza il filo della giustizia, lo stragismo nero italiano ha sempre beneficiato delle condanne evitate più che scontato il prezzo dell’insanguinato caos. Tra gli altri, in mezzo a lutti e rinascite, Delfo Zorzi, nera eminenza ordinovista fuggita in Giappone, già imputato per le bombe di Milano e Brescia, ora è ancora nella sua megagalattica dimora di Tokyo.
Ma ritorniamo indietro nel tempo, al colpo di stato avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 da un gruppo di neofascisti, capeggiati dal “principe nero” Junio Valerio Borghese, ex comandante della X MAS, mise in atto un tentativo di colpo di stato, nome in codice “Tora, Tora“, passato alle cronache come il “Golpe Borghese“. Il tentativo di colpo di stato fallì e ancora oggi per molti aspetti appare velato di “misteri”. Il neo capo del SID, il gen. Vito Miceli, molto legato ad Aldo Moro e nemico giurato del potente democristiano on. Giulio Andreotti, tacque di quel tentativo di golpe, prima di tutto con la magistratura.
Quando nel 1975 l’inchiesta giudiziaria sul golpe Borghese arriverà alla sua stretta finale, Miceli aveva già lasciato il servizio, a causa delle incriminazioni che lo porteranno ad essere arrestato per altri fatti, ancora oggi non del tutto chiariti, come la creazione della Rosa dei Venti, un’altra struttura militare para-golpista e dello scontro durissimo col capo dell’ufficio D, un fedelissimo di Andreotti, il gen. Gianadelio Maletti.
Gli anni della gestione Miceli furono gli anni dello stragismo in Italia: da Peteano, alla strage alla Questura di Milano, dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia, all’Italicus. Come era già accaduto a De Lorenzo, anche Miceli finirà la sua carriera in Parlamento: eletto, anche lui, nelle file del MSI-DN di Giorgio Almirante, così come anni dopo capiterà ad un altro capo dei servizi segreti, il gen. Antonio Ramponi, nelle file dell’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.
Il primo scandalo in cui incapparono i servizi riformati è quello della Loggia P2. I nomi di tutti i comandanti al vertice dei servizi segreti (SISMI, SISDE ed anche del CESIS, l’organo di coordinamento) sono compresi nella famosa lista della Loggia P2 del Maestro Venerabile Licio Gelli, scoperta nella villa del Gelli a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981 dai magistrati milanesi che indagano su Michele Sindona. Di certo oggi sappiamo che entrambi i servizi segreti furono coinvolti fino al collo nel caso Moro, in quei 55 giorni che trascorsero fra il sequestro del presidente della DC da parte di un commando delle Brigate rosse e l’uccisione dell’uomo politico (16 marzo-9 maggio 1978). Era ministro dell’Interno l’on. Cossiga, che la mattina del rapimento di Moro stava andando in Parlamento dove doveva nascere un governo con l’appoggio esterno del Partito comunista, il primo importante passo verso l’ingresso del PCI di Berlinguer nella maggioranza.
Qualche settimana prima, Aldo Moro era uscito sconvolto da un colloquio avuto negli USA con Henry Kissinger, allora segretario di stato. “Mi ha intimato di non fare il governo con l’appoggio dei comunisti”, dirà ai suoi collaboratori Moro. Sarà il piduista Miceli che si recherà in USA a prendere ordini. Nel 1966 Cossiga diventò sottosegretario alla Difesa nel governo guidato da Moro. Iniziò così a destreggiarsi fra i sottoscala del potere in cui si fa la storia dell’Italia, parallela e segreta.
Kossiga svolgeva volentieri una serie di lavoretti “di coraggio”, come quello di apporre gli omissis ai risultati della commissione d’inchiesta sul “piano Solo“, in modo da coprire le responsabilità di De Lorenzo, e partecipava alla formazione di atti amministrativi concernenti Gladio, come lui stesso ha in seguito ammesso. Dunque Cossiga era legato anche agli uomini del “partito del Golpe, le stesse persone che Moro occultò, non evidenziò, e per questa leggerezza pagò con la sua morte, perché furono quelle, le persone che decisero realmente la sua morte (Moro, per salvarsi aveva raccontato cos’era Gladio e chi erano i nuclei clandestini dello stato!)….
Gli amici golpisti di Cossiga erano :
- Giuseppe Santovito, che Cossiga nominerà a capo del Sismi nel 1978
- Edgardo Sogno, capo dei “resistenti democratici”, che diventerà nel 1991 uno dei “consiglieri” più accreditati al Quirinale
- Licio Gelli, clamorosamente riabilitato assieme a tutti i membri della loggia P2, sempre dallo stesso Cossiga;
- il colonnello Giuseppe D’Ambrosio che diventerà consigliere militare del presidente Cossiga, che tenterà di farlo nominare capo del Sismi, nel 1991.
Il colonnello D’Ambrosio, secondo i documenti in mano alla commissione P2, era stato coinvolto in un progetto di colpo di stato. I giudici milanesi, come quelli di Palmi, che indagavano sulle nuove logge coperte, scoprirono che attraverso la P2 passavano molti dei misteri e degli scandali italiani di quegli anni, e furono costretti a suddividere in capitoli il materiale raccolto: la P2 e lo scandalo Eni; la P2 e il Banco Ambrosiano; la P2 e lo scandalo dei petroli; la P2 e la magistratura; la P2 e la Rizzoli; la P2 e i segreti di Stato; la P2 e i finanziamenti all’eversione nera; la P2 e le stragi; la P2 e il sequestro Moro; la P2 e il caso Pecorelli. Ma la P2 era implicata in molti altri casi: strage del treno Italicus; strage di Bologna; strage di Ustica; strage di Piazza Fontana; strage del rapido 904; omicidio Calvi; omicidio Pecorelli; omicidio Olof Palme; omicidio Semerari; colpo di stato militare in Argentina; tentativo di colpo di stato di Junio Valerio Borghese; tentativo di colpo di stato della Rosa dei Venti; caso dei dossier illegali del SIFAR; operazione Minareto; falso rapimento Sindona; tentativo di depistaggio durante il rapimento Moro ( comunicato lago della duchessa) ; rapimento Bulgari; rapimento Ortolani; rapimento Amedeo; rapimento Danesi; rapimento Amati; rapporti con la banda della Magliana; rapporti con la banda dei marsigliesi; inchiesta sul traffico di armi e droga del giudice Carlo Palermo; riciclaggio narcodollari (caso Locascio); caso Cavalieri del Lavoro di Catania; fuga di Herbert Kappler; crack Sindona
– crack Banco Ambrosiano- crack Finabank
– scandali finanziari legati allo IOR
– caso Rizzoli-Corriere della Sera
– caso SIPRA-Rizzoli
– scandalo dei Petroli
– caso M. Fo. Biali
– caso Eni-Petronim
– caso Kollbrunner
– cospirazione politica e truffa di Antonio Viezzer
– cospirazione politica di Raffaele Giudice
– cospirazione politica di Pietro Musumeci
– cospirazione politica e falsificazione documenti di Antonio La Bruna
– finanziamenti FIAT alla massoneria
Un altro gigantesco capitolo fu aperto dall’inchiesta del giudice Carlo Palermo sul traffico di armi, che coinvolgeva molti piduisti e da cui trasparivano forti legami con la criminalità organizzata e col traffico di droga……
Ma cos’ è la strategia della tensione?
E’ una strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario. L’inizio della strategia della tensione fu attuata nel 1947 con la strage di Portella della Ginestra e proseguito poi col piano Solo del generale De Lorenzo (colpo di stato 1964). La bomba di piazza Fontana costituì la risposta di parte delle forze più reazionarie della società italiana, di gruppi neofascisti e di settori deviati degli apparati di sicurezza dello stato, non privi di complicità e legami internazionali, alla forte ondata di lotte sociali del 1968-‘69 e all’avanzata anche elettorale del Partito comunista italiano. L’arma stragista fu usata ancora nel 1970 (strage di Gioia Tauro), nel 1973 (strage della questura di Milano), nel 1974, all’indomani della vittoria progressista nel referendum sul divorzio (strage dell’Italicus, strage di piazza della Loggia), e ancora nel 1980 (strage di Bologna), ma non fu l’unica espressione della strategia della tensione. La strategia della tensione fu organizzata e attuata da strutture segrete, in alcuni casi paramilitari e comunque eversive (Rosa dei Venti, Nuclei di difesa dello Stato, loggia P2 ecc.), i collegamenti internazionali (le strutture Gladio o Stay-behind; Hiperion, la falsa scuola di lingue francese), la progettazione e la minaccia di colpi di stato (il piano Solo del 1964, il tentato golpe Borghese del 1970), e infine la sistematica infiltrazione nei movimenti di massa e nelle organizzazioni extraparlamentari, comprese quelle di sinistra, al fine di innalzare il livello dello scontro.
Teniamo presente che il 22 Novembre 1973 un Decreto della Presidenza del Consiglio scioglie il Movimento Politico Ordine Nuovo che era stato, in precedenza, processato e condannato insieme ai suoi principali esponenti per “ricostruzione del Partito Fascista”. Questa decisione è controversa dal punto di vista costituzionale non essendoci stato un iter giudiziario completo, ma è un atto politico voluto con forza dal Ministro degli Interni del tempo, il Ministro Paolo Emilio Taviani, e vede l’opposizione di un altro autorevole esponente politico del Governo, il democratico cristiano Aldo Moro, illustre costituzionalista, che, all’epoca, è Ministro degli Esteri. Moro, per l’occasione, decide di non partecipare al Consiglio dei Ministri per non sottoscrivere un atto di volontà politica della cui legittimità costituzionale dubitava. E’ consapevole del periodo difficile che vive la politica italiana per le pressioni dell’eversione terroristica per cui decide di non rendere nota una sua presa di posizione sul tema. Cosa spinge il Ministro Taviani ad essere così determinato, tanto da portare avanti una sorta di forzatura rispetto, come già detto, all’iter costituzionale? Taviani è uno dei leader della Resistenza Antifascista, il più autorevole esponente della “Resistenza Bianca” (le Brigate Partigiane), fortemente motivato in ogni battaglia antifascista. Al tempo stesso è anche uno dei principali referenti della rete di Sicurezza Atlantica che è passata alla storia come Gladio. Organizzazione fondata dallo stesso Taviani, Gladio costituisce il retrovia di Resistenza Italiana contro una eventuale invasione sovietica. Sia come Presidente del Consiglio che come membro dei Partigiani Bianchi, della Resistenza Atlantica e come fondatore di Gladio, Taviani è particolarmente attento e molto ben informato sulle dinamiche e sulla forte presenza del terrorismo “nero” che, all’epoca, è il principale sospettato della strage di Piazza Fontana.
Ah !! Non dimentichiamoci di quel 22 dicembre 2014!!, quando furono arrestati personaggi ambigui (coordinati dalla procura distrettuale antimafia dell’Aquila), che facevano parte di un «gruppo clandestino denominato “Avanguardia ordinovista“, che, richiamandosi agli ideali del disciolto movimento politico neofascista Ordine Nuovo, progettava azioni violente nei confronti di obiettivi istituzionali», porta all’arresto di 14 persone, in diverse regioni italiane, oltre a una serie di perquisizioni a carico di altri indagati. Tra gli indagati: Stefano Manni, ex carabiniere residente a Montesilvano e indicato come possibile leader del gruppo eversivo e il 92enne Rutilio Sermonti, intellettuale di estrema destra che avrebbe fornito «sostegno ideologico alla struttura avendo inoltre redatto un documento denominato “Statuto della Repubblica dell’Italia Unita” che rappresenta una nuova Costituzione della Repubblica nella quale viene tracciato il nuovo ordine costituzionale nazionale, esplicitamente ispirato all’epoca fascista. Tra i reati contestati all’organizzazione, l’associazione con finalità di terrorismo, di eversione dell’ordine democratico e finalizzata all’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi.
Secondo gli inquirenti, il «compimento di atti di violenza al solo fine di destabilizzare l’ordine pubblico e la tranquillità dello Stato» avrebbe dovuto realizzarsi attraverso una serie di possibili attentati a magistrati, forze dell’ordine, prefetture ed uffici di Equitalia. Un altro progetto dell’organizzazione, poi sfumato, sarebbe stato anche quello di assassinare lo storico militante ordinovista Marco Affatigato, attualmente latitante e accusato di associazione sovversiva e legato ai servizi segreti…..
Ma nonostante quell’ipocrita cattosinistroide del sindaco milanese Sala abbia dichiarato ai mass media, il 25 aprile scorso, che le manifestazioni fasciste sono anticostituzionali, i fasci hanno manifestato liberamente a Milano il 27 maggio, terminando la pagliacciata allegorica in piazza Duca d’Aosta davanti alla Stazione Centrale di Milano. La manifestazione ‘No Invasion’ contro gli immigrati organizzata dal comitato Milano Sicura e appoggiata da diverse sigle dell’area di destra. Tra il centinaio di persone presenti, anche una piccola rappresentanza di Forza Nuova ha accompagnato il corteo in coda e durante la marcia verso la Centrale, ha acceso diversi fumogeni e urlato slogan contro gli immigrati. Una volta arrivati nel piazzale della stazione un gruppo di immigrati ha urlato in risposta agli slogan. In chiusura ci sono stati diversi interventi dei rappresentanti dei vari gruppi partecipanti.
Ma con tutti questi controllori mafiosi, chi controlla poi il controllore? Si domandava già allora Shakespeare ……
Se il benessere dello stato è il fine, la guerra è
un mezzo consentito; se la giustizia dello stato
è il fine; l’omicidio è un mezzo sacrosanto
e viene ridefinito “esecuzione”. Il sacrosanto stato
consente tutto ciò che gli torna utile.
Max Stirner
Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro servi bombaroli
Rsp (individualità Anarchiche)