Solidarietà alla compagna antifascista Lavinia

Solidarietà alla compagna antifascista che il 22 febbraio partecipò alla risposta antifascista di Torino contro l’arrivo del candidato premier di Casapound.

Un corteo antifascista che ha tentato a più riprese di raggiungere l’albergo nel centro storico in cui il fascistone Simone Di Stefano era presente per un appuntamento elettorale (propaganda fascista). Naturalmente la repressione ha dovuta subirla il movimento antifascista e non quello anticostituzionale fascista. Ancora una volta il movimento antifascista si ritrova a dover affrontare e subire la solita repressione fascista da parte degli sbirri, che erano li (anche quel giorno), per difendere i loro camerati. Durante una ‘carica di alleggerimento’ come dicono loro quando tirano i lacrimogeni (considerati cancerogeni) e manganellano i manifestanti, una insegnante precaria esasperata dall’ignoranza e dalla violenza repressiva sbirresca, in un momento di plausibile incazzatura insulta gli sbirri che stanno difendendo i fascisti di Casapaund che, come tutti ormai sanno, stanno uscendo dalle fogne per aprire sedi in tutt’Italia (alla faccia della Legge Scelba che condanna il reato di apologia del fascismo…). L’insegnante che già era precaria, è preoccupata per la campagna mediatica, costruita a tavolino contro di lei (contro un’antifascista che difendeva la costituzione dal fascismo), contro il suo lavoro, ma non è pentita di quanto fatto e detto durante la manifestazione contro Casapound. La compagna antifascista non ci sta a passare per il “male assoluto di questo Paese” e sulla richiesta di licenziamento immediato da parte del segretario del Pd, Matteo Renzi, è netta e dichiara ai mass media: “Quelle sue parole hanno dell’assurdo, Matteo, ancora si affanna per cercare di sembrare un sincero democratico di sinistra? [si chiede la maestra] Si testimonia da solo”. Un licenziamento immediato per un’insegnante (antifascista), che giustamente è delusa dal proprio sistema statale, per il vilipendio quotidiano che viene praticato, ogni giorno, nei confronti della Costituzione Italiana e per le connivenze, ormai non più tanto nascoste, tra la politica istituzionale e l’incalzare dell’ideologia, ma soprattutto delle pratiche fasciste, in questo Paese. “Oltre che un’insegnante, sono una persona e sono antifascista, perché amo la vita e credo nell’umanità” spiega l’insegnante antifascista, difesa dal sindacato Cub scuola.

Naturalmente quel massomafioso del pm di Torino, Antonio Rinaudo (già tristemente noto per le sue sporche vicende), ha iscritto l’insegnante antifascista nel registro degli indagati con l’accusa di istigazione a delinquere e minacce. Tre capi d’accusa che la donna non riconosce, perché avvenuti in un contesto concitato in cui gli agenti in tenuta antisommossa, avevano appena caricato il corteo di antifascisti in piazza… Naturalmente quell’arpia della ministra Fedeli, si è subito mossa per mettere in moto un bel procedimento disciplinare nei confronti dell’insegnante, che è stata prima sospesa e ora rischia il licenziamento. A chiedere l’immediato intervento contro l’insegnante sono stati soprattutto i sindacati di polizia, anche il segretario generale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia) Gianni Tonelli si è subito associato….

Invece alle manifestazioni antifasciste, organizzate il 24 febbraio scorso a Roma, c’era anche Amnesty International Italia, per monitorare il comportamento delle forze di polizia ed eventuali usi sproporzionati della violenza. Naturalmente il tema delle violenze e delle torture perpetrate dalle forze dell’ordine è ancora un grosso problema che, nonostante l’approvazione della legge contro il reato di tortura (dopo trent’anni), non ha risolto. Ricordiamo alcuni tra i tanti uccisi dalle violenze e dalle torture delle forze del disordine: Giuseppe Pinelli, il 18enne Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, F. Mastrogiovanni, A. Bianzino , S. Frapporti, Carlo Giuliani, M. Lonzi, R. Maranzano, G. Uva, C. Saturno, Gino Zordan, Sole e Baleno.

Ricordiamoci che Casapound, è un partito politico italiano anticostituzionale di estrema destra, di matrice neofascista e populista e fu costituito nel giugno 2008 come associazione di promozione sociale. Nel dicembre 2003 occuparono uno stabile nel rione Esquilino di Roma e Casapound, fondò il primo centro sociale di ispirazione fascista. http://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/11/03/news/tutti-i-soldi-e-le-societa-di-casapound-e-forza-nuova-cosi-si-finanziano-i-partiti-neofascisti-1.313304

Naturalmente non posiamo dimenticare la repressione, le bastardate e l’orrore creato dalle tante violenze e violazioni dei diritti, (dittatura militare) perpetrati dalle delle forze dell’ordine durante i 3 giorni del G8 di Genova nel 2001….

Ma il paradosso in Italia non finisce qua, infatti il 9 marzo scorso, i mass media scrivono che a Genova, la corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu), ha dichiarato «ammissibile» il ricorso presentato dai funzionari di polizia condannati in via definitiva per i fatti della Diaz relativi al G8 di Genova del 2001: i poliziotti, che erano stati assolti in primo grado, sono poi stati condannati in appello e in Cassazione per falso e calunnia. Gilberto Caldarozzi, oggi vicedirettore della Dia, Fabio Ciccimarra, Carlo Di Sarro, Filippo Ferri, Salvatore Gava, Francesco Gratteri e Giovanni Luperi (entrambi in pensione), Massimo Mazzoni, Spartaco Mortola, e Nando Dominici sono i funzionari condannati e che hanno presentato ricorso (lo stato non condanna se stesso…). Nella serata, il sostituto procuratore Enrico Zucca, ha ribadito e dichiarato ai mass media che «il fatto che la Corte europea abbia detto che il ricorso è “ammissibile” non significa che verrà accolto: ricordiamoci delle motivazioni della Cassazione, ma anche delle sentenze della Cedu su Diaz e Bolzaneto».

Il 26 Dicembre 2017, pochi mesi fa, i mass media scrivono che a Genova non si è placata la causa degli avvocati e magistrati che hanno combattuto per la verità sui pestaggi, le violenze e le torture praticate nel capoluogo ligure nel luglio di 16 anni fa, e dichiarano ai mass media che la nomina decisa dal ministero dell’Interno Minniti a numero due della Direzione investigativa antimafia di Gilberto Caldarozzi, ex capo della sezione Criminalità organizzata della polizia (Sco), condannato a 3 anni e 8 mesi in via definitiva per falso per i fatti del G8, è «qualcosa di grottesco». Per la corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, Caldarozzi è stato uno dei responsabili di quanto fatto a Genova dalle forze di polizia, mentre la Cassazione aveva sancito che quei fatti avevano gettato «discredito sull’Italia agli occhi del mondo intero». Dichiara inoltre che è bizzarro che il ministro lo ritenga all’altezza di un ruolo così importante, visto che è stato condannato in via definitiva per avere partecipato alla realizzazione di false prove per occultare (giustificare) la violenza usata su giovani indifesi. Quell’evento fu soprannominato la “macelleria della scuola Diaz” per la violenza e le torture che hanno dovuto subire i manifestanti che protestavano contro lo strapotere economico e militare del G8 (dittatura militare). Ma del resto, tutti i condannati per quelle vicende si sono sempre comportati da finti tonti, come se avessero fatto solo il loro dovere, come se fossero loro le ingiuste vittime». Puntualizza ancora la corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo: «La cosa che fa ancora più specie è che nessuno dei politici che è pronto a battersi per la legalità abbia detto nulla su questa nomina»….

Troiani, condannato anche lui per falso perché portò le false molotov alla scuola Diaz, andrà invece a dirigere il centro operativo autostradale di Roma. Nel corso delle indagini sui fatti del G8 del 2001 di Genova, i magistrati scoprirono che Troiani aveva dato, tramite il suo autista, due molotov da consegnare agli uomini che stavano facendo le perquisizioni alla scuola Diaz, dove decine di manifestanti vennero picchiati brutalmente nel corso di un blitz mentre dormivano. Troiani era stato sospeso, era stato affidato ai servizi sociali e espiata la pena era rientrato in polizia….

Ma ritorniamo in dietro nella storia, puntualizzando che Torino è sempre stata la palestra della repressione sbirresca fin dagli anni ‘70 e che ancora oggi la dobbiamo subire!! Ma andiamo a vedere meglio la storia: il movimento No Tav nasce a fine anni ‘80 e comincia subito a dare fastidio (per la sua visibilità) agli interessi di mafiosi, agenti dei servizi segreti disoccupati e ufficiali dei carabinieri che in quel periodo erano molto attivi nel traffico di armi e di droga…

Nel 1998 esce l’inchiesta sugli attentati contro l’Alta velocità …..

I cento chilometri che dal capoluogo piemontese giungono al confine francese di Modane, sono stati teatro dei ricatti mafiosi dei clan calabresi insediati a Bardonecchia, dei traffici d’armi dell’armeria Brown Bess di Susa, delle azioni, a fine anni ’70, dei terroristi di Prima Linea, delle attività non sempre limpide degli uomini dei servizi insediati da Dalla Chiesa per reprimere (anche attraverso le infiltrazioni), lo stesso terrorismo e poi rimasti in valle sull’orlo di una imbarazzante disoccupazione. Al centro delle inchieste anche la Sitaf, la società che ha costruito l’autostrada per Modane e che nel 1998 voleva entrare a tutti i costi nel business degli appalti sull’Alta velocità. Il verminaio della val di Susa però, comincia a essere scoperchiato il 17/6/’93 con l’arresto dei titolari dell’armeria Brown Bess di Susa, Luisa Duodero e il figlio, Andrea Torta. I due sono accusati di traffico d’armi per aver fatto sparire 397 pistole. Finite a chi? E con quali complicità? Il 12/12/’94 il processo si chiude con la condanna dei due armieri, e nella requisitoria finale il pm avanza il sospetto che i due abbiano gestito il traffico grazie alla complicità di pubblici ufficiali. I responsabili dei carabinieri della zona avevano infatti reso dichiarazioni evasive al processo. La svolta nell’inchiesta arriva nel marzo del ’95 con una serie di esposti presentati in procura dall’ex maresciallo dei carabinieri di Susa, Germano Tessari, già uomo dei servizi antiterrorismo di Dalla Chiesa, che per salvarsi dall’inchiesta, svende il suo compare Fuschi. Infatti Tessari suggerisce ai magistrati di interrogare un altro personaggio legato ai servizi, Franco Fuschi, fino ad allora sconosciuto alle cronache. La procura approfondisce con Fuschi l’inchiesta sul traffico d’armi e sui misteriosi ritrovamenti di pistole ed esplosivi avvenuti in valle negli ultimi anni. Com’era prevedibile, Fuschi coinvolge pesantemente nelle sue rivelazioni l’ormai ex amico Tessari, accusandolo di aver organizzato, insieme ai servizi segreti, il traffico d’armi dell’armeria. Germano Tessari è stato maresciallo dei carabinieri di Susa fino al febbraio 1990. Nel corso della sua lunga permanenza in servizio si è occupato, oltreché di Prima linea, anche di vicende minori. E’ stato lui, ad esempio, ad arrestare nel 1981 Silvano Pellissero, uno dei tre frequentatori dei centri sociali accusato degli attentati contro l’Alta velocità. Pellissero viene arrestato col padre in seguito all’esplosione nel pollaio di casa, a Bussoleno, di un rudimentale ordigno. Terminata, nel ’90, la carriera di maresciallo, Tessari si ricicla in politica e viene eletto nello stesso anno assessore ai servizi sociali di Susa e consigliere provinciale nelle liste del Psdi. Nel ’92 si alza (per convenienza) in consiglio provinciale per una circostanziata denuncia contro la corruzione alla Sitaf (la vicenda porterà successivamente al processo e alla condanna di due funzionari della società). Nel ’94 lascia il consiglio provinciale tentando di farsi candidare dai Progressisti alle elezioni politiche. Nel ’95 ci riproverà nelle file del patto Segni alle regionali, anche qui senza successo. Sempre nel ’95 siccome non ha successo in politica si ricicla di nuovo nell’intreccio sporco del malaffare: all’ inizio del 1995 vengono ritrovati 100 candelotti di dinamite all’interno di una galleria in costruzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia. Altri ritrovamenti di esplosivi vengono effettuati nelle settimane successive. All’inizio del marzo ’95 la Sitaf lo assume. Effettivamente i ritrovamenti cessano ma nel dicembre del ’96, nell’ambito delle nuove indagini sull’armeria di Susa, vengono perquisiti l’ufficio e l’abitazione di Tessari, dove l’ex maresciallo custodiva apparecchiature di intercettazione ambientale. L’ex carabiniere dei servizi segreti in pensione ha continuato a lavorare nel settore? Il suo avvocato, Claudio Novaro, lo difende affermando che tutte le attività di Tessari si sono svolte alla luce del sole. Ma le rivelazioni del loquace Fuschi riguardano anche altri esponenti dei servizi. In particolare i due agenti del Sisde Dante Caramellino e Raffaele Guccione: “Con loro (ha detto Fuschi ai magistrati) ci mettevamo d’accordo. Una volta hanno messo un po’ di armi in un furgone a Rivoli per poi farcele ritrovare”, naturalmente al termine di una brillante operazione. Tutte Iniziative e trame occulte escogitate da agenti dei servizi segreti disoccupati e in pensione, che si considerano ancora oggi super protetti e impuniti da questa società perbenista e ipocrita …

Il 19/4/’96, mentre viene interrogato in procura, Fuschi si fa accompagnare in bagno e si spara alla tempia. Sopravvivrà, ma da quel giorno la storia delle sue rivelazioni diventa di dominio pubblico… Pochi mesi dopo, in questo scenario di intrighi e ricatti, comincia la serie dei 13 attentati contro l’Alta velocità che si apre il 23/8/’96 e si chiude il 10 novembre. Per questi reati sono stati accusati: Edoardo Massari (Baleno), Pelissero e l’argentina Maria Soledad Rosas (Sole). Tre squatters anarchici che a partire dal marzo 1998 furono vittime di un vero e proprio complotto giudiziario e istituzionale guidato dal PM Maurizio Laudi. Accusati ingiustamente di aver compiuto azioni ecoterroristiche nel torinese, subirono una terribile gogna mediatica che portò al “suicidio” di Baleno (28 marzo) e Sole (11 luglio). Il processo conseguente porterà alla condanna di Silvano Pelissero, ma solo per reati minori e non certo per associazione terroristica.

Metafora della vita: il 18 febbraio i mass media scrivono che la presidenza del Consiglio dei Ministri ha recentemente pubblicato un documento dal titolo: «Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030». A pagina 58, si legge: «Non c’è dubbio, infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse. Quello che è stato fatto nel presente documento ed interessa oggi è, invece, valutare se il contesto attuale, del quale fa parte la costruzione del nuovo tunnel di base, ma anche le profonde trasformazioni attivate dal programma TEN-T e dal IV pacchetto ferroviario, richiede e giustifica la costruzione delle opere complementari: queste infatti sono le scelte che saremo chiamati a prendere a breve. Non importa che quelle valutazioni errate siano costate la più grave, e irreversibile per molti aspetti, crisi tra una comunità vasta e lo Stato repressivo che negli ultimi decenni ha risposto sempre con migliaia di processi, centinaia di arresti pur di ostacolare le lotte del movimento No Tav, che resiste da 25 anni e ancora oggi combatte energicamente contro questi meschini intrighi (trappole dei servizi segreti) e agli affari sporchi che girano attorno al business dell’alta velocità, facendo anche (già allora), una bella analisi sui danni ambientali (gli scavi nella roccia producono polvere di amianto e di metalli pesanti) che provoca questa mega infrastruttura. Le parole del governo, che riconoscono pienamente le ragioni del movimento Notav, non generano in val Susa il minimo senso di soddisfazione, bensì un vasto sentimento di rabbia. Anche perché la conclusione del papello governativo, prende atto anche dell’assenza di traffico sulla direttrice est – ovest: una struttura che non serviva, ma la si fa lo stesso….

La responsabilità sarebbe dell’Unione Europea che sbagliò i calcoli, par di capire dal documento governativo, ma ormai è tardi per tornare indietro. Chiosa enigmatica, perché al momento della Torino – Lione Av non esiste un solo metro, a meno che non si prenda in considerazione un piccolo tunnel geognostico costruito in val Clarea. Piercarlo Poggio, docente presso il Politecnico di Torino, fa parte del gruppo di accademici che hanno contrastato sul piano scientifico la tratta Torino – Lione Av, commenta: «Sono parole, quelle del Governo, che provano l’approccio scientifico tenuto dal movimento Notav: non abbiamo mai avuto una posizione ideologicamente contraria. I nostri sono sempre stati studi corretti, che provano l’inutilità dell’opera. A maggior ragione oggi è momento per tornare indietro, non per andare avanti come se nulla fosse». Il Tunnel di base costerà 8,6 miliardi di euro ripartiti tra Francia e Italia nella misura del 42,1% e del 57,9%, al netto del cofinanziamento UE che copre il 40% del costo complessivo. L’Italia quindi spenderà tre miliardi di euro a cui si devono sommare 1,7 miliardi necessari per il potenziamento della linea storica: è il cosiddetto «Tav low cost».

Per fare un macabro paragone, in Italia si spendono più di 100 milioni di euro al giorno per spese militari e controllo sociale!!! Ma chi controlla il controllore? (Diceva già allora Shakespeare)

E, come disse invece Totò: “E noi paghiamo…”.

Le strane amicizie del pm Rinaudo (dossier completo)

Le strane amicizie del pm Rinaudo (dossier completo)

 

Al minimo segno di ribellione, tutto il peso del governo,

della legge e dell’ordine ti cadrà sulla testa,

a cominciare dal manganello del poliziotto, dal carcere, dalla prigione,

fino alla forca o alla sedia elettrica.

A. Berkman

 

Pinelli, con Sole e Baleno, vivono e lottano insieme a noi.

Le nostre idee non cambieranno mai!!!

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)