Figurati se noi, Ricercatori senza padroni, ci lasciavamo scappare che il 9 agosto i mass media hanno scritto che è tornato in carcere Marino Occhipinti (nel riquadro), lo sbirro doppiogiochista infame venduto e bastardo senza scrupoli, componente della ‘banda della Uno bianca’. È accusato di aver picchiato la propria compagna.
Teniamo a precisare prima di andare ad analizzare il problema, che anche tra le varie ‘forze dell’ordine’, c’è una gerarchia sociale: I poliziotti erano composti da proletari e piccola borghesia, mentre i carabinieri facevano parte dell’élite (P2): media e alta borghesia. Precisiamo che erano 962 gli iscritti alla P2, e tra gli iscritti alla loggia massonica, vi erano soprattutto politici, imprenditori, avvocati, dirigenti di impresa (Berluska), ma soprattutto membri delle forze armate italiane e dei servizi segreti italiani.
Ma torniamo indietro nel tempo per analizzare meglio chi sono i componenti della Uno Bianca.
I componenti della banda della Uno Bianca facevano parte della polizia di stato (sbirri), vennero arrestati tutti alla fine del 1994 e successivamente condannati. I processi si conclusero il 6 marzo 1996, con la condanna all’ergastolo per i tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi e per Marino Occhipinti. Ventotto anni di carcere per Pietro Gugliotta, diminuiti poi a 18. Luca Vallicelli, patteggiò una pena di 3 anni e otto mesi.
Roberto Savi, faceva parte della ps presso la questura di Bologna, dove rivestiva il grado di assistente capo ed effettuava il servizio di operatore radio nella centrale operativa. Alberto Savi invece, prestava servizio presso il commissariato di Rimini, da giovane militò come attivista nell’organizzazione di estrema destra Fronte della Gioventù, era un fascistone bastardo infatti, nel 1992 venne trasferito (non licenziato ma riciclato) per abuso di potere alla centrale operativa, per aver rasato i capelli a un giovane, trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Roberto Savi, possedeva una collezione di armi, regolarmente registrate. Dopo la strage del Pilastro avvenuta il 4 gennaio 1991, la procura dispose che venisse compilata una lista dei cittadini dell’Emilia-Romagna possessori del fucile d’assalto Beretta AR 70 utilizzato durante la strage. Dalla lista compariva il nome di Roberto, che ne aveva acquistati: uno il 3/1/1989 e l’altro il 27/12/1990 (il secondo, solo 8 giorni prima della strage del Pilastro). Roberto Savi, da buon furbone che te lo compri con quattro soldi, quando la procura gli chiese chiarimenti, consegnò ai suoi colleghi sbirri il fucile che non aveva mai usato. Nessuno andò mai a controllare l’altro fucile regolarmente registrato che deteneva in casa, quello che aveva usato nella strage del Pilastro. Fabio Savi, fece domanda per entrare in polizia, ma un difetto alla vista gli pregiudicò questa carriera (forse non ci vedeva bene, ma la mentalità da sbirro, ce l’aveva nel sangue…).
Puntualizziamo che a noi, Ricercatori senza padroni, non dispiace affatto anzi, siamo contenti quando si ammazzano tra sbirri (come nella strage del Pilastro), non ci sta bene invece quando, tra le altre nefandezze, abusano di potere e fanno i bastardi soprattutto coi manifestanti che sono sempre composti da uomini, donne, anziani e adolescenti (es: G8 di Genova, i compagni NoTav, ecc.) è questo che ci fa odiare profondamente le forze del disordine, soprattutto quando quelle merde bastonano i manifestanti inermi e usano i lacrimogeni che sprigionano sostanze tossiche cancerogene.
Roberto Savi, fu arrestato la sera del 21/11/1994, mentre si trovava in questura a Bologna. Immediatamente dopo l’arresto, disse ai colleghi: «Potevo farvi saltare tutti in aria…», (per poi dare la colpa a noi Anarchici, come è successo ad es. con la strage di Piazza Fontana). La moglie lo definì un uomo strano ed aggressivo, di carattere molto taciturno e schivo, e che passava gran parte del suo tempo libero a giocare ai videogiochi (per capire il suo livello culturale…).
Insieme ai fratelli Savi c’era anche lo sbirro Pietro Gugliotta (foto sopra), catanese che svolgeva la funzione di operatore radio nella questura di Bologna assieme all’amico Roberto Savi. Venne scarcerato nel 2008, con l’indulto (legge Gozzini).
Poi c’era il compare Marino Occhipinti di Rimini (foto sopra), anche lui sbirro, era vice-sovrintendente della sezione narcotici della squadra mobile di Bologna. Occhipinti, per far vedere che era diventato bravo (tutta apparenza, esteriore cattolico), uscì dal carcere per partecipare ad una Via crucis a Sarmeola di Rubano, nel Padovano. L’11/1/2012 gli venne concessa la semilibertà e lavorò per la cooperativa sociale Giotto (chi aiuta cosa?). Il tribunale decise poi che il suo pentimento era sincero, quindi non era socialmente pericoloso. Venne scarcerato, il 2/7/2018.
Poi c’era Luca Vallicelli (foto sotto), agente scelto presso la sezione Polizia Stradale di Cesena. Patteggiò tre anni e otto mesi in carcere, e attualmente è libero.
L’unico che ebbe il coraggio di denunciare l’implicazione di apparati dello stato nella vicenda della Banda della Uno Bianca, fu il senatore Libero Gualtieri. Secondo Gualtieri, l’assalto criminale in Emilia Romagna e la scelta di Cesena non era casuale. A Cesena ci abitava anche lui, il presidente della commissione stragi Libero Gualtieri, impegnato a desegretare anche i documenti sulla vicenda Gladio (!!!).
Ma facciamo un po’ di storia:
La banda della uno bianca non era una storia di mafia ma piuttosto una storia politica, avvenuta alla fine della Prima repubblica, quando comandava ancora la chiesa (partigiani bianchi), insieme ai socialisti e ai comunisti (Dc: Don Sturzo, Alcide De Gasperi, insieme al socialista Pietro Nenni e al comunista Togliatti). Ricordiamoci che la chiesa traditrice (attraverso i partigiani bianchi), nel 1949, pur di conquistare il potere dello stato, aderì al patto Atlantico anticomunista della Nato.
I crimini degli uomini in divisa della banda tra il 1987 e il ‘94, lasciarono una lunga scia di sangue (82 delitti, 23 morti, centinaia di feriti) e un bottino di quasi due miliardi di lire. L’azione criminale della Uno Bianca era eterodiretta e prendeva ordini anche dalla Falange Armata. Il magistrato Spinosa ha documentato le voragini investigative, le bugie, i depistaggi operati dai Savi, soprattutto in relazione ai rapporti che essi ebbero con la mafia catanese e con la camorra cutoliana, che trattò con lo stato per la liberazione di Ciro Cirillo, e casalese (tutti fratelli – tutti compari). Il magistrato Spinosa dedusse che le imprese militari dei Savi, erano atti di destabilizzazione che facevano parte del piano militare chiamato Strategia della Tensione, e iniziarono nel 1980 con la strage bolognese del 2 agosto, e con numerosi omicidi tra cui quello del giornalista Walter Tobagi, il caso dell’aereo DC-9 Itavia, abbattuto nei cieli internazionali da un missile. Ma per capire meglio gli intrighi e gli intrecci occulti militari e politici che ci sono dietro alla banda della Uno Bianca, dobbiamo soffermarci ad analizzare l’abbattimento dell’aereo civile DC-9 Itavia:
I mass media scrissero subito prima dei magistrati che l’aereo civile DC-9 Itavia era stato abbattuto nell’ambito di operazioni militari straniere di segno Nato. Solo dopo diversi anni fu approvata anche dai magistrati, che analizzarono il periodo della Guerra fredda dal 1980 al ‘92, constatando che il caso Ustica rientrava nell’interazione tra poteri nazionale e internazionali in un periodo che comprendeva l’installazione degli euromissili nucleari sia ad Est in Europa orientale, che a Ovest in occidente, con la conseguenza della disgregazione dell’URSS dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 (fine della guerra fredda? Non si direbbe…). Il muro di Berlino fu costruito nel 1961 dai sovietici per isolare la zona Ovest di Berlino sotto il controllo occidentale (NATO), a quella di Berlino Est, sotto il controllo orientale (Russia).
Col governo Craxi, anche l’Italia servile e subordinata ai poteri forti, acconsentì ad accogliere gli euromissili con testate nucleari nelle basi Nato italiane (lecca culi), per rafforzare l’impegno italiano nel quadro dell’Alleanza atlantica anticomunista. Con la strage di Ustica, emerge ancora di più la complessità della collocazione internazionale dell’Italia inserita nella NATO, che però intratteneva relazioni importanti anche col mondo arabo (con la Libia di Gheddafi), ma questo non piaceva alla Nato. l’Italia quindi, si rese conto del contesto e delle contraddizioni della politica estera italiana, e definì la vicenda di Ustica al confine tra le dimensioni interna ed esterna della politica italiana, permettendo di mettere a fuoco dinamiche inserite non solo nella gestione politica nazionale, ma anche nella sfera internazionale (i rapporti con gli Stati Uniti, la Libia di Gheddafi, e la Francia). La riflessione storica, nell’ambito dello studio del fenomeno terroristico in Italia, si soffermava sullo scivoloso terreno dei cosiddetti “poteri occulti” e del “doppio stato”. Nel 2013 la Corte Suprema di Cassazione afferma quanto aveva già detto nel 1999 la procura di Roma: l’abbattimento del DC-9 da parte di un missile, e l’accertamento di attività di depistaggio messe in atto da ufficiali e generali dell’Aeronautica militare. Ma il problema di Ustica non finisce qua, anche l’accesso agli archivi, in particolare alla documentazione prodotta dagli organi statali, sono stati occultati. Infatti in Italia, hanno messo in atto norme più restrittive sulla consultazione degli atti top secret, rispetto a quelle in vigore all’estero. Poi c’è anche la complessa questione degli archivi dei servizi segreti, che nonostante la riforma del 2007, continuano a essere “archivi negati ”. Oggi (2022), parte della documentazione, su Ustica, è stata desegretata, declassificata, digitalizzata e resa consultabile su internet. Le responsabilità politiche di coloro che al tempo del disastro di Ustica ricoprivano rilevanti incarichi di governo, ebbe un rilievo potenzialmente destabilizzante. Attenzione particolare merita il ruolo svolto dal capo del governo in carica nel giugno 1980, Francesco Cossiga, eletto nel giugno 1985 come presidente della Repubblica. Sotto il governo Cossiga era avvenuto l’abbattimento, rimasto impunito, dell’aereo civile. Le indagini dei magistrati, approvarono nel 1980 una mozione che addossava ingiustamente le colpe sulla compagnia Itavia (per un cedimento strutturale), rivelatasi poi infondata. La posizione di Cossiga si presentava ambigua: era infatti lui il presidente del consiglio nel 1980 e capo politico dei servizi segreti militari (legge 801).
Tra il 1989 e il 1990, il ruolo dei servizi militari segreti nel caso Ustica, furono al centro dell’inchiesta della commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi. Il Presidente della Commissione Parlamentare Stragi Libero Gualtieri (nella foto con Cossiga), nel 1989 individuò numerosi responsabili dei servizi segreti che il presidente della commissione stragi definì nella sua relazione trasmessa al Parlamento nel 1992 “ambigui e contraddittori”. Le conclusioni di Gualtieri e della commissione stragi individuarono nell’operato dei servizi segreti, attività di depistaggio e di ostacolo delle indagini, conclusioni che vennero sottoscritte e condivise nella sentenza ordinanza di rinvio a giudizio depositata dal sostituto procuratore Rosario Priore nel 1999. Gli effetti politicamente destabilizzanti del caso Ustica, con le sue vicende di depistaggi e insabbiamenti, arrivarono quindi a coinvolgere anche le più alte carica dello stato. Il magistrato Libero Gualtieri, parlò del rischio che il caso Ustica provocasse una “grave crisi politico-istituzionale” e sottolineò la necessità di “cercare più in alto” le ragioni di 9 anni di bugie e reticenze(vedi: Massomafia – P2). Nell’estate del 1990 rispuntò fuori ancora il problema della loggia massonica P2 (sempre occultata dalle istituzioni), grazie a un’inchiesta del TG1 che aveva raccolto rivelazioni su legami intercorsi durante gli anni ’70 tra la loggia di Licio Gelli (Gran maestro della P2), e la CIA. Successivamente sarebbe scoppiato il caso dei nuclei clandestini dello stato e della Gladio. Poi a distanza di poco tempo, clamorose novità legate al periodo della guerra fredda tornarono di attualità: dalle inchieste del TG 1 sui legami tra la P2 e la CIA, al ritrovamento dopo anni in via Monte Nevoso, a Milano, di numerose lettere di Aldo Moro (occultate). Questo intreccio tra dimensione internazionale e dimensione interna fu il contesto che portò all’incriminazione di 13 alti ufficiali dell’aeronautica militare per alto tradimento e alla tematizzazione del caso Ustica nell’ambito delle relazioni tra Italia e Nato.
L’avvento del giudice Priore (nel riquadro), mise in discussione anche il ruolo della Francia. Di questa attività istruttoria tuttavia, si venne a conoscenza solo in seguito, a causa del segreto di stato vigente sulle indagini. Il ruolo della Francia si pose concretamente all’attenzione dell’opinione pubblica italiana per la prima volta nel 1991, quando fu reso noto che molte parti del DC-9, tra cui la scatola nera dell’aereo, giacevano ancora nei fondali marini. Le prime operazioni di recupero erano state effettuate nel 1987 da una società francese, l’Ifremer, legata ai servizi segreti di Parigi. Anche le stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, dell’Italicus e della stazione di Bologna, rimasero impunite, ed erano state caratterizzate da opacità che avevano messo in luce le connivenze esistenti tra gli ambienti della destra eversiva, (braccio armato – esecutori degli attentati), e alcuni settori dei servizi di segreti (P2?). Le indagini della magistratura avevano incontrato innumerevoli difficoltà nel tentativo di determinare i responsabili delle stragi, anche a causa di depistaggi per i quali erano stati responsabili settori dei servizi segreti (per nulla deviati…). Ustica era una vicenda che rientrava nelle strategie atlantiche dei servizi segreti, una strage riconducibile alla “strategia della tensione”. Ma il momento più cruciale fu piuttosto rappresentato dalla richiesta del magistrato Gualtieri, che nel 1989 inviò 23 avvisi di reato a ufficiali e sottufficiali dell’aeronautica militare in servizio presso i centri radar di Licola e Marsala la sera del 27 giugno 1980, con le accuse di concorso in falsa testimonianza aggravata, concorso in favoreggiamento personale aggravato e concorso di occultamento dei documenti.
Indro Montanelli (quel fascistone pedofilo), scrisse che se i comandi militari italiani avevano serbato il segreto non poteva essere per “nascondere le proprie responsabilità”, che “nessuna persona sensata” gli avrebbe attribuito, bensì per coprire quella dei “comandi alleati”.
Gladio è una rete clandestina creata nel 1956 in base ad un accordo tra la CIA e il servizio militare italiano, l’allora SIFAR, nell’ambito della complessiva operazione «Stay Behind», portata avanti dagli USA nei paesi del Patto Atlantico anticomunista. Si trattava, come è noto, di una struttura armata composta da civili e militari, avente il compito di difendere il territorio nazionale in caso di aggressione da parte di un esercito straniero, della cui esistenza a livello politico, erano al corrente solamente i Presidenti del Consiglio e i Ministri della Difesa. La rivelazione dell’esistenza di Gladio, rappresentò la prova dell’esistenza effettiva di un servizio segreto ‘parallelo’ che operava nell’ombra. La rete italiana di «Stay Behind», era nata da un accordo stretto, da parte italiana, coi servizi segreti militari: quegli stessi servizi che, secondo le ricostruzioni, erano alla base della mancata individuazione dei responsabili delle gravi stragi verificatesi in Italia dal 1969 in poi.
I lavori della commissione presieduta dal giudice Libero Gualtieri, procedevano non senza difficoltà, dal momento che al suo interno vi erano posizioni diverse in merito alla necessità o meno di convocare in audizione tutti i Presidenti del Consiglio e i Ministri che si erano succeduti dal 1980, anno della strage di Ustica. Dopo iniziali resistenze, anche la DC finì (per convenienza), per concordare sulla necessità di convocare gli ex uomini di governo, tra cui si annoveravano chiaramente numerosi notabili democristiani. Lo scontro tra Cossiga e Gualtieri sul caso Ustica, arrivò a raggiungere alti livelli polemici, si inserì così come “detonatore” nei rapporti tra Quirinale e Parlamento….
E pensare che quelle merde di Salvini e della Meloni hanno proposto in periodo di elezioni, di aumentare i soldi e il numero delle forze dell’ordine…
Basta sbirri: siamo noi civili che dobbiamo controllare loro!!
Ricordiamoci sempre, che a fare le stragi sono stati loro: gli sbirri! Non Noi Anarchici, sognatori e utopisti, che siamo in galera (o siamo stati in galera) perché combattiamo ancora oggi contro tutto il marciume che c’è dentro allo stato, mentre loro invece (gli sbirroidi), rimangono sempre impuniti e sono liberi, nonostante sono stati accusati e condannati per strage (di innocenti).
Lo Stato è nato dalla forza militare;
si è sviluppato servendosi della forza militare;
ed è ancora sulla forza militare che
logicamente deve appoggiarsi per mantenere
la sua onnipotenza.
Dal “Manifesto internazionale Anarchico contro la guerra” (1915)
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Ne’ con lo stato! Ne’ con la massomafia! Ne’ con la mafia! Anarchia: l’unica Via !!
Siamo stufi di fare la miseria che ci ha portato il Covid e la guerra in Ucraina! Riprendiamoci i nostri diritti che ci hanno tolto! Espropriamo i 250 miliardi del Pnrr, altrimenti se li mangiano tutti (se li distribuiscono equamente) tra: politici, grossi imprenditori e apparati delle forze dell’ordine….
Solidarietà alle compagne e ai compagni Anarchici arrestati e rinchiusi nelle galere, nei lager dello stato!!
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Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)