Massomafia: l’AMIANTO e i danni della RIVOLUZIONE INDUSTRIALE…
Ieri, 28/4/2015 era la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. Un momento importante per ricordare chi ha perso la vita a causa di questa fibra altamente dannosa e riflettere sull’attuale situazione degli interventi e delle bonifiche.
I dati sono allarmanti: ogni anno in Italia muoiono 4mila persone per malattie correlate all’amianto. Secondo i dati del Registro Nazionale Mesotelioma di Inail, dal 1993 al 2008 sono stati diagnosticati oltre 15mila casi di mesotelioma maligno.
Nonostante sia stato messo al bando 23 anni fa, l’amianto è ancora molto diffuso sul nostro territorio e i suoi effetti dannosi sono amplificati dall’abbandono incontrollato di lastre e manufatti in eternit. Il mesotelioma, il tumore che provoca, non determina in tutte le persone gli stessi effetti, dipendendo dalla reazione dei singoli organismi nei confronti delle fibre, piccolissime, di amianto che si depositano nei polmoni.
Qualcosa è stato fatto negli ultimi anni a livello pubblico per smantellare la presenza di amianto ammalorato, ma purtroppo ancora molto altro rimane da fare.
Oltre a monitorare con estrema attenzione lo stato di conservazione dei manufatti pubblici contenenti amianto, occorre risanare le discariche inquinanti e reintrodurre gli incentivi per la sostituzione delle coperture in amianto, anche con tetti fotovoltaici. Bisogna investire sulla salute di tutti gli esseri viventi e contro la devastazione ambientale, ma quello che interessa di più a politici, banchieri e imprenditori (massomafia), sono le “grandi opere”, inutili e dannose per il territorio.
Ma bisogna tornare indietro più di 100 anni per partire dall’inizio di questa assurda e macabra storia fatta di profitti economici di pochi (massomafiosi impuniti) e di troppe morti e sofferenze di migliaia di persone ignare del rischio di esposizione all’amianto.
Nel 1901 l’austriaco Ludwig Hatschek brevetta il cemento-amianto, un materiale che egli stesso chiamò, per rimarcarne la sua elevata resistenza. Un anno dopo Alois Steinmann acquista la licenza per la produzione e apre nel 1903 a Niederurnen le Schweizerische Eternitwerke AG.
L’Eternit guadagna popolarità in breve tempo e, nel 1911, la produzione di lastre e tegole sfrutta appieno la capacità produttiva della fabbrica. Nel 1928 inizia la produzione di tubi in fibrocemento, che fino agli anni ‘70 rappresenteranno lo standard nella costruzione di acquedotti, case, ospedali, treni, scuole, fabbriche. Nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, usate spesso per tetti e capannoni. Nel 1935, viene prodotto anche dalla ditta Fibronit a Bari. Nel 1955 nasce lo stabilimento di Eternit Siciliana, chiuso nel 1993. Altri stabilimenti si trovavano a Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Broni (Pavia) e Bari.
A partire dal 1984 le fibre di amianto vengono sostituite da altre fibre non cancerogene. Nel 1994 l’ultimo tubo contenente asbesto lascia la fabbrica. La commercializzazione di Eternit contenente cemento-amianto è (ufficialmente…) cessata in Italia tra il 1992 e il 1994.
Negli anni ‘60, ricerche mostrarono come la polvere di amianto, generata dall’usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, provoca asbestosi e una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico. Eternit e Fibronit continuarono tuttavia a produrre manufatti sino al 1986, con drammatiche conseguenze per la salute degli operai.
A Casale Monferrato lo stabilimento disperdeva la polvere di amianto nell’ambiente circostante. Avendo la malattia un periodo di incubazione di circa 30 anni, coloro i quali risiedevano nelle zone intorno alla fabbrica negli anni ’80 corrono tutt’oggi rischi per la salute: ad esempio, tra il 2009 e il 2011 sono stati registrati 128 nuovi casi di persone ammalate. Nella provincia di Alessandria si contano circa 1.800 morti per esposizione ad amianto.
Nel 2009, inizia il processo contro Stephan Schmidheiny, ex presidente del consiglio di amministrazione, e contro Louis De Cartier de Marchienne, direttore dell’azienda negli anni ‘60 (De Cartier è morto nel 2013 a 92 anni). Essi sono ritenuti responsabili delle morti per mesotelioma avvenute tra i dipendenti delle fabbriche Eternit a contatto con l’asbesto.
Il 13/2/2012 il Tribunale di Torino condanna di primo grado De Cartier e Schmidheiny a 16 anni di reclusione per “disastro ambientale doloso permanente” e per “omissione volontaria di cautele antinfortunistiche“, obbligandoli a risarcire circa 3.000 parti civili. Il 3/6/2013 la pena viene “parzialmente riformata” e aumentata a 18 anni. Il 19/11/ 2014 la Corte di Cassazione ha annullato la condanna dichiarando prescritto il reato ……
La Corte d’Appello di Torino ha inoltre disposto il risarcimento alla Regione Piemonte di 20 milioni di euro e 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato.
Il 19/11/ 2014 la Corte suprema di cassazione dichiara prescritto il reato di disastro ambientale, annullando le condanne e i risarcimenti in favore delle parti civili.
Rsp (individualità Anarchiche)