Il disastro ambientale di Černobyl’

Il disastro ambientale di Cernobyl

Il 26 aprile 1986 ci fu il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare. È uno dei due incidenti classificati come catastrofici con il livello 7 e massimo della scala INES dell’IAEA, insieme all’incidente avvenuto nella centrale di Fukushima Dai-ichi nel marzo 2011.

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Il disastro di Cernobyl è avvenuto alle ore 1.23 circa, presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale (all’epoca parte dell’URSS), a 3 km dalla città di Pryp’jat e 18 km da quella di Cernobyl, 16 km a sud del confine con la Bielorussia. Le cause furono indicate variamente in gravi mancanze da parte del personale, sia tecnico che dirigente, in problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’ impianto stesso e nella sua errata gestione economica ed amministrativa. Nel corso di un test definito “di sicurezza”, il personale si rese responsabile della violazione di svariate norme di sicurezza e di buon senso, portando a un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore n. 4 della centrale: si determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l’aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore che a sua volta innescò un vasto incendio.

Una nube di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessari l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di alta contaminazione, toccando anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America.

EFFETTI E MALFORMAZIONI DI CHERNOBYL 20 ANNI DOPO.

Le prime reazioni delle fonti ufficiali tesero a minimizzare il possibile impatto della nube radioattiva sul territorio italiano. La rivista La Nuova Ecologia e la Lega per l’Ambiente, ai primi di maggio, resero invece noti durante una conferenza stampa i dati che documentavano la presenza preoccupante di radionuclidi su molte aree del Paese. Nei giorni successivi le autorità vietarono perciò il consumo degli alimenti più a rischio come latte e insalata. Il 10 maggio a Roma una grande manifestazione popolare a cui parteciparono più di 200.000 persone segnò il primo passo verso il referendum che l’anno successivo portò all’abbandono dell’energia nucleare in Italia.

L’incidente e soprattutto i ritardi da parte delle autorità italiane a dare l’allarme, in una situazione che vedeva già dalla metà degli anni ‘70 una crescente mobilitazione contro il nucleare, rappresentarono un punto di svolta nella storia dell’ambientalismo italiano.

Ancora oggi sono riscontrabili nell’ambiente e nei sedimenti dei fiumi alcune tracce degli elementi radioattivi depositati dalla nube.

Si è tenuto un processo per il disastro di Černobyl a porte chiuse e svariati provvedimenti disciplinari a carico del personale e di alcuni dirigenti, che hanno condotto a 67 licenziamenti e 27 espulsioni dal partito comunista. Dieci anni di lavori forzati per l’imputazione di “negligenza criminale”, vennero dati a Viktor Bryukhanov, direttore della centrale nucleare e a Nikolai Fomin, ingegnere capo, 5 anni per “abuso di potere” a Anatoly Dyatlov, vice-capo ingegnere e a Boris Rogozhkin, capo della vigilanza notturna, 3 anni a Alexander Kovalenko, supervisore del reattore n°4, 2 anni per Yuri Laushkin, ispettore nella centrale nucleare della compagnia Gosatomnadzor.

Il professor Pierre Pellerin è stato citato in giudizio da 500 persone francesi, affette da malattie ufficialmente legate alle radiazioni di Chernobyl, dopo aver mangiato prodotti di latte contaminati dalla radioattività.

I problemi alla centrale di Černobyl non finirono col disastro avvenuto nel reattore 4. Il governo ucraino continuò a mantenere operativi i tre reattori rimanenti. Nel 1991 divampò un incendio nel reattore 2; in seguito le autorità lo dichiararono danneggiato irreparabilmente e fu dismesso. Il reattore 1 fu decommissionato nel novembre 1996 nell’ambito di accordi stipulati tra il governo ucraino e le organizzazioni internazionali come l’AIEA. Il 15/12/2000, con una cerimonia ufficiale, il presidente ucraino Leonid Kučma premette personalmente l’interruttore per lo spegnimento del reattore 3, cessando definitivamente ogni attività nell’intero impianto.

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Le repubbliche (oggi paesi indipendenti) di Ucraina, Bielorussia e Russia, sono tuttora gravate dagli ingenti costi di decontaminazione e le popolazioni delle aree contaminate subiscono gli effetti dell’incidente. Il sarcofago non è un contenitore permanente e duraturo per il reattore distrutto a causa della sua affrettata costruzione, spesso eseguita a distanza con l’impiego di robot industriali. Il progetto originario aveva considerato una durata massima del sarcofago di 30 anni, in quanto esso era stato previsto solo come misura di emergenza temporanea per dare il tempo di realizzare una struttura permanente.

Nonostante vengano periodicamente eseguiti dei lavori di ristrutturazione e consolidamento, l’edificio sta invecchiando. La presenza di crepe nella struttura ne può accelerare il deterioramento e permette le infiltrazioni di acqua. Inoltre l’edificio non venne costruito su solide fondamenta, perciò sprofonda lentamente nel terreno deformandosi….

In tutto il 2010, secondo il Center for Russian Environmental Policy di Mosca e l’Institute of Radiation Safety di Minsk, Bielorussia, pubblicato dalla New York Academy of Sciences, il conto della mortalità totale è di 1 milione di persone.

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Vi consigliamo il filmato di: www.La storia siamo noi Ora zero – Apocalisse a Chernobyl

Rsp (individualità Anarchiche)