16 marzo 1978 – I lati oscuri del rapimento Moro…

16 marzo 1978 – I lati oscuri del rapimento Moro …..

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23 /9/2016

“La Regione Lazio digitalizza sul suo archivio un importante contributo sulla storia della Repubblica”. Lo scrive su Twitter il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti…..

Ci sono stati e ci sono, molti lati oscuri nel rapimento di Aldo Moro: troppe contraddizioni e situazioni a dir poco ambigue, come del resto, tutta la storia dell’Italia “post fascista” …..

Aldo Moro fu uno dei fondatori della Democrazia cristiana di centro destra (1948), guidò diversi governi di centro-sinistra (1963-‘68), promuovendo la “strategia dell’attenzione” verso il Partito comunista (1974-‘76).

Il 16 marzo 1978 Moro fu rapito in via Fani a Roma, proprio nello stesso giorno in cui il governo guidato da Giulio Andreotti (partigiano bianco, piduista liberale – cattofascista) stava per essere presentato in parlamento per ottenere la fiducia…..

Di fronte al drammatico evento, cui seguì da parte delle BR la richiesta di rilascio di brigatisti prigionieri e di un riconoscimento politico, organi di stampa e mondo politico si divisero tra fautori e avversari della trattativa, con netta prevalenza dei secondi…..

Ma i più contradditori della lotta armata (di classe?) erano i leaders, personaggi ambiziosi che provenivano dall’alta borghesia, per loro era naturale collaborare anche coi servizi segreti antifacisti di Yalta, usando la base operaia per i loro porci comodi di arrivismo intellettuale piccolo borghese ……

A Reggio Emilia negli anni ‘70 si formò il gruppo dell’ appartamento, un Collettivo politico operai-studenti (Alberto Franceschini, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene, Fabrizio Pelli, Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, Ivan Maletti, Attilio Casaletti, Loris Tonino Paroli, Prospero Gallinari), il cui leader era l’intellettuale altoborghese e doppiogiochista Corrado Corghi, fondatore, nei primi anni ‘60 di Azione cattolica e segretario regionale della Dc.

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Corghi era l’animatore dei cattolici del dissenso, amico personale di Che Guevara e Fidel Castro, ben introdotto in Vaticano di cui era addirittura l’ambasciatore itinerante in Sud America”. In quell’appartamento di Reggio Emilia si riunivano: maoisti, anarchici, comunisti, socialisti e cattolici del dissenso (sotto il nome ‘One Way’ si celavano: Maurizio Ferrari, Arialdo Lintramir, Giorgio Semerari, Giulia Archer, Sandro D’alessandro, il ciellino Franco Troiano, Roberto Ognibene e i leader, i fratelli Folloni, uno dei quali, Guido, sarebbe diventato direttore dell’Avvenire, Senatore democristiano e nel 1998 ministro nel governo di Massimo D’Alema).

Nell’organizzazione Br si aggiunsero anche i militanti dell’Università cattolica di Trento, tra cui Corrado Simioni (fondatore dei centri Rousseau di Milano), Renato Curcio e Margherita Cagol, e quelli del gruppo di operai e impiegati delle fabbriche milanesi Pirelli e Sit-Siemens come Mario Moretti….

Nell’autunno del 1969, Simioni (amico di Toni Negri che cominciò la militanza negli anni ’50 nella Gioventù Italiana Azione Cattolica e nel 1958 entrò nel Partito Socialista), partecipa al convegno di Chiavari, organizzato dal CPM sotto l’ala protettrice della Curia, il dibattito si svolge presso la sala Marchesani e i convegnisti alloggeranno nell’albergo ‘Stella Maris’, l’uno e l’altra di proprietà della Curia. Ma i rapporti di Corrado Simioni con personaggi di sicura fede atlantica e molto addentro ad attività anticomuniste, non si fermano solo ai soggetti precedentemente descritti. Un ruolo nella nascita di Hyperion sarebbe stato svolto anche da padre Felix Andrew Morlion il domenicano belga, fondatore della Pro Deo e della rete spionistica al servizio del Vaticano e degli americani.

A Berna Simioni otteneva, dai suoi contatti, soldi per realizzare gli obiettivi prefissati (infiltrare e manovrare i movimenti di sinistra).

Sia Gallinari che Moretti sono entrati nelle Br attraverso la mediazione di Corrado Simioni, fondatore della scuola di lingue “Hyperion“, punto d’incrocio tra servizi segreti dell’Ovest e dell’Est e permeabile all’influenza israeliana.

Dopo il convegno del 1970 a Reggio Emilia (Pecorile?), le Br si dividono: da una parte Curcio, Franceschini e la Cagol, i quali non si fidavano più dell’ leader vile e borghese Corrado Simioni, dall’altra invece il gruppo di Corrado Simioni che decide di allontanarsi dal movimento per formare una struttura chiusa e sicura, super-clandestina chiamata Superclan e si trasferiscono a Parigi, dove fondano dapprima le associazioni culturali internazionali Agorà e Kiron, e poi la scuola di lingue Hyperion (stanza di compensazione dei servizi segreti di Yalta).

Sono loro, gli uomini di Simioni, che decidono di fondare il Superclan, una nuova struttura super clandestina, con la volontà di egemonizzare e coordinare le varie organizzazioni terroristiche su scala internazionale: Corrado Simioni, Vanni Mulinaris, Maurizio Ferrari, Duccio Berio, Mario Moretti, Prospero Gallinari e Innocente Salvoni, la cui moglie, Françoise Tuscher, era segretaria dell’Hyperion, nonché nipote dell’Abbé Pierre.

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L’ambizioso leader borghese Simioni, da giovane aveva iniziato a militare nel PSI con Bettino Craxi a cui era molto legato, in quel partito era conosciuto per il suo viscerale anticomunismo. Si occupò di attività culturali promosse dall’United States Information Service (Usis). Si trasferì per un paio d’anni a Monaco, dicendo che stava studiando teologia, invece lavorava per Europa libera, una radio legata alla CIA, che trasmetteva nei Paesi dell’Est. Simioni ha militato in Falce e martello, uno dei gruppi nati prima della contestazione studentesca del’68, poi è diventato marxista-leninista. In seguito sarà tra i fondatori del CPM poi di Sinistra proletaria.

Corrado Simioni (fondatore della scuola di lingue Hyperion), schedava i suoi compagni per conto di Roberto Dotti, il braccio destro del repubblichino monarchico Edgardo Sogno……

Dopo Simioni si infiltra anche Giovanni Senzani, l’ultimo capo delle Br, quello che ideò il rapimento Moro… Era un Criminologo altoborghese, docente, fu consulente del ministero di Grazia e Giustizia ed ebbe incarichi universitari a Firenze e Siena. Visse per anni una doppia vita, lavorando per il ministero e operando ai vertici delle Brigate Rosse. A Roma, negli anni ’70 abitava in un appartamento che condivideva con un informatore dei servizi segreti.

Ma le infiltrazioni all’interno delle Br non finiscono coi loro capi: la prima talpa di cui si hanno notizie certe fu Marco Pisetta; già compagno di Renato Curcio e di Mara Cagol.

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Poi c’era Francesco Marra “Rocco”, paracadutista addestrato in Toscana e in Sardegna all’uso delle armi e con una sorta di specializzazione nella pratica delle “gambizzazioni” (della quale faranno ampio ricorso le Br) prima di entrare nelle Brigate Rosse; in seguito, a differenza di Pisetta, la doppia identità di Marra non è venuta alla luce, ed il suo nome è rimasto fuori da tutti i processi, stranamente coperto anche dal brigatista Alfredo Bonavita dopo il suo pentimento. Per sua stessa ammissione, Marra si era infiltrato nelle Br per conto del brigadiere Atzori, braccio destro del generale dei carabinieri Francesco Delfino. Tra gli avvenimenti “strani” della vita delle Br è impossibile non menzionare anche l’infiltrazione da parte dei carabinieri di Silvano Girotto sopranominato Frate Mitra, la terza infiltrazione all’interno del gruppo e chissà quanti ancora ce ne erano, di infiltrati ….

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Dopo aver analizzato l’ambiguità dei capi supremi delle Br, andiamo ad analizzare le problematiche geopolitiche di quel periodo storico, quando l’Italia dei compromessi rapisce Moro:

Dopo la fine della II Guerra Mondiale e l’avvento della Guerra Fredda, l’Italia era diventata una colonia della Nato (1949 Paesi fondatori: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo Norvegia, Paesi Bassi Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti).

Anche l’Unione Sovietica era interessata allo Stivale e difatti le maggiori formazioni politiche del periodo dipendevano perlopiù da una o dall’altra parte in gioco: la DC e buona parte dell’élite della destra conservatrice era sostenuta e finanziata dagli USA , il PCI e buona parte dell’élite della sinistra progressista e radicale dall’URSS.

La “strategia della tensione – stragi di stato” è stata considerata come il tentativo (riuscito) di mantenere l’Italia sotto l’orbita della Nato rafforzandone la dipendenza e bloccando una possibile rivoluzione comunista.

Aldo Moro si opponeva sia all’ala considerata più “conservatrice” e filo-atlantica del Paese (vertici del Vaticano, militari e buona parte della DC), sia a quella cosiddetta “progressista”, tendente all’estrema sinistra e filo-sovietica.

Moro da una parte era accusato di essere in combutta coi “comunisti” in quanto era favorevole ad un’alleanza con una buona parte della sinistra, dall’altra veniva considerato di “destra” in quanto rifiutava di consegnare tutto il Paese in mano alla sinistra ed era antisovietico….

Nel 1977 Moro dopo una lezione all’istituto di scienze politiche dell’università ” La Sapienza ” di Roma in cui insegnava, disse agli affezionati studenti che gli chiedevano del suo futuro incarico come presidente del consiglio:

“Ma voi che davvero credete che non sappia che farò la fine di Kennedy?”

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Sono circa le 9 del mattino del 16 marzo 1978. La Fiat 130 dell’On. Moro e l’Alfetta di scorta che percorrono via Trionfale svoltano in via Fani. Fanno pochi metri quando all’altezza dell’incrocio con via Stresa le due auto vengono bloccate da una Fiat 128 ( guidata dall’ ambiguo Mario Moretti) con targa diplomatica che provoca un tamponamento…

Negli istanti successivi i terroristi esplodono un numero impressionante di colpi. Furono rinvenuti 39 colpi ricoperti da una vernice protettiva che viene impiegata per assicurare una lunga conservazione al materiale. Inoltre questi bossoli non recano l’indicazione della data di fabbricazione”. Vi è scritto GFL, Giulio Fiocchi di Lecco e il calibro però non viene indicato. Il fatto che non venga indicata la data di fabbricazione, è il tipico modo di operare delle ditte che fabbricano questi prodotti per la fornitura a forze statali militari non convenzionali… E quando verranno scoperti i depositi “Nasco” della struttura paramilitare segreta della Nato “Gladio”, si riscontreranno le stesse caratteristiche nelle munizioni di quei depositi”. In questo inferno di fuoco vengono colpiti tutti gli uomini della scorta di Aldo Moro, ma il presidente della DC resta miracolosamente illeso.

Tre uomini della scorta, feriti ma ancora vivi, ricevono il colpo di grazia. Perché? Cosa non dovevano dire?

Perché i componenti del commando di via Fani indossavano delle divise dell’aviazione civile, sicuramente poco adatte a passare inosservati? Forse perché alcuni componenti del commando, magari i tiratori scelti, era sconosciuti ai brigatisti e la divisa serviva ad identificarli?…

Ma non è finita: alle ore 9 in via Stresa, a circa 200 metri da dove avviene la strage c’è il colonnello del Sismi Camillo Guglielmi.

“Il colonnello Guglielmi, in forza al servizio segreto militare, era uno stretto collaboratore del generale piduista Giuseppe Santovito, ed era stato istruttore presso la base di “Gladio” di Capo Marrargiu, dove aveva insegnato ai “gladiatori” le tecniche dell’imboscata… L’inspiegata presenza “a pochi metri da via Fani” del colonnello Guglielmi al momento della strage è stata rivelata molti anni dopo, nel 1991, da un ex agente del Sismi addestratosi a capo Marrargiu, Pierluigi Ravasio.

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Ad agevolare la fuga del commando un improvviso black-out interrompe le comunicazioni telefoniche della zona. L’allora direttore generale della Sip Michele Principe, era iscritto alla P2.

Dopo il rapimento Di Moro Cossiga decide di istituire dei comitati per gestire la crisi. Non vi furono decreti di nomina, solo chiamate e partecipazioni informali, cooptazioni fatte senza renderne conto a nessuno. Unico dato certo e documentato è che le riunioni dei “Comitati di crisi” nominati da Cossiga per la liberazione di Moro, pullulavano di “fratelli massoni” che avevano giurato fedeltà alla P2 di Licio Gelli.

L’operato delle forze di polizia dipendenti dal Viminale e dei servizi segreti (affidati da Cossiga e Andreotti ed affiliati alla Loggia massonica segreta P2) è stato caratterizzato da una lunga sequela di errori e conniventi inerzie, tali non solo da rendere dubbia l’effettiva volontà dello stato di salvare la vita dell’onorevole Moro arrestando i sequestratori, ma perfino da indurre a sospettare complicità e convergenze di intenti con i terroristi. Tutto il comitato di crisi che avrebbe dovuto liberare Moro era formato dai piduisti: Giulio Grassini, capo del Sisde (tessera P2 numero 1620); Giuseppe Santovito, capo del Sismi (tessera 1630); Walter Pelosi, capo del Cesis (tessera numero 754 Roma), il generale Raffaele Giudice, comandante generale della Guardia di Finanza (tessera 535); il generale Donato Lo Prete, guardia di Finanza (tessera numero 1600), l’ammiraglio Giuseppe Torrisi, Capo di Stato Maggiore della Marina (tessera numero 631 Roma); il colonnello Giuseppe Siracusano (tessera numero 1607), il prefetto Mario Semprini (tessera numero 1637); lo psichiatra Franco Ferracuti (tessera n. 2137) agente della Cia e consulente personale del senatore Francesco Cossiga; il colonnello Pietro Musumeci dell’arma dei carabinieri, vice capo del Sismi e piduista; ed il dottor Stefano Silvestri dello IAI, Istituto Affari Internazionali….

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Ma l’enigma non finisce qua: alcuni macchinari presenti nella tipografia utilizzata dai brigatisti per la stampa dei comunicati (da quasi un anno prima del rapimento), erano gestiti dai brigatisti Enrico Triaca e da Mario Moretti. I macchinari, si scoprì dopo, erano stati precedentemente di proprietà dello stato: si trattava di una stampatrice AB-DIK260T, che era di proprietà del Raggruppamento Unità Speciali dell’Esercito (facente parte del SISMI) e che, seppur con un pochi anni di vita ed un elevato valore, era stata venduta come rottame ferroso, e di una fotocopiatrice AB-DIK 675, precedentemente di proprietà del Ministero dei trasporti, acquistata nel 1969 e che, dopo alcuni cambi di proprietario, era stata venduta a Enrico Triaca.

Anche l’appartamento di Via Gradoli presenta alcune contraddizioni: innanzitutto fu affittato da quella merdina di Moretti, sotto lo pseudonimo di Mario Borghi nel 1975. Inoltre, in quello stabile vivevano anche un confidente della polizia e diversi appartamenti erano intestati ad uomini del SISMI. La palazzina venne perquisita dai carabinieri del colonnello Varisco ma venne saltato l’appartamento dove si presume fosse tenuto prigioniero Moro. Il contratto d’affitto tra Borghi (Moretti) e la controparte (Luciana Bozzi) non venne registrato. La signora Bozzi si scoprirà successivamente essere amica di Giuliana Conforto, il cui padre era nella lista Mitrokhin di agenti del KGB, e nel cui appartamento furono arrestati i brigatisti Morucci e Faranda….

La Nato nel 1956 creò un piano militare anticomunista fondando una rete clandestina internazionale chiamata stay-behind. La Nato quindi era contraria ad un governo aperto ai comunisti come quello a cui puntava Moro.

Moro sul memorandum scritto durante la sua prigionia, forse anche nel tentativo di salvarsi, accennò ai brigatisti l’esistenza della struttura parallela ed ultrasegreta “Gladio“, molti anni prima che divenisse di pubblico dominio (1991), anche se poi i brigatisti non hanno colto l’importanza delle rivelazioni di Moro e quindi persero l’occasione di attaccare il cuore marcio dello stato, eliminando così le tantissime ingiustizie che il potere di uno stato cattofascista liberale, piduista e massomafioso, aveva inflitto fino ad allora a tutti i cittadini poveri (schiavi), influenzando in senso negativo anche la storia d’Italia dal dopoguerra fino agli anni ‘70, con la strategia della tensione – stragi di stato….

La vedova dell’onorevole Moro, Noretta Chiavarelli, ebbe modo di dichiarare al primo processo contro il nucleo storico delle BR (1983), direttamente interrogata dal presidente Severino Santiapichi, che suo marito era inviso agli Stati Uniti fin dal 1964, quando venne varato il Governo di Centro-Sinistra e che più volte fosse stato “ammonito” da esponenti politici d’oltreoceano a non violare la cosiddetta “logica di Yalta” (conferenza di Yalta dal 4 all’11 febbraio 1945 – inizio della guerra fredda).

Con la conferenza di Yalta nel 1945, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica si spartiscono il potere economico geopolitico militare del mondo…

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Le “pressioni” della Nato sul marito, secondo la deposizione della signora Moro, s’accentuarono dopo il 1973, quando lo statista creò un’alleanza stretta col PCI che prese il nome di “Compromesso Storico“. Nel settembre del 1974 fu il segretario di stato americano, a margine di una visita di stato negli USA, Henry Kissinger ad ammonire severamente Moro della “pericolosità” di tale legame col PCI. E di nuovo, nel marzo 1976 le minacce si fecero più esplicite.

Ma non è finita, prima del rapimento di Moro, Franceschini e Curcio nel 1974, vanno alla sede dei Comitati di Edgardo Sogno e portano via alcuni elenchi di personaggi piduisti che stavano organizzando un colpo di stato, ideato dal capo dell’arma dei carabinieri, il generale Giovanni De Lorenzo durante la crisi del I governo Moro. I documenti sottratti sparirono quando arrestarono Curcio e Franceschini. Nel 1974 il partigiano Bianco Edgardo Sogno avrebbe organizzato il cosiddetto “golpe bianco“, un piano per rapire il presidente Leone, costringerlo a sciogliere il Parlamento e nominare un governo di tecnici e militari presieduto da Pacciardi. Sempre secondo l’accusa, il piano prevedeva anche campi di concentramento, un tribunale speciale, la sospensione dell’immunità parlamentare e lo scioglimenti del Msi e dei gruppi extraparlamentari di destra e di sinistra. Sul presunto golpe apre un’inchiesta l’allora giudice istruttore torinese Luciano Violante che chiede al Sid i documenti su Sogno, che però saranno quasi tutti coperti da segreto di stato. Il 12/9/1978 Sogno, con Cavallo, Randolfo Pacciardi, Remo Orlandini e altri vengono prosciolto perché il fatto non sussiste. Tra il 1975 e il 1976 Sogno, con Licio Gelli, Carmelo Spagnuolo, Anna Bonomi Bolchini e altri, furono i firmatari degli ”affidavit” a favore di Michele Sindona, dichiarazioni giurate rilasciate all’ambasciata Usa e rivolte alla magistratura americana, che sostenevano che Sindona era perseguitato dalla giustizia italiana perché anticomunista e prendevano posizione contro la sua estradizione in Italia per il crack della “Banca privata italiana“. Nel 1981 il suo nome compare negli elenchi dei presunti iscritti alla P2 trovati negli uffici della Gio.Le. di Gelli a Castiglion Fibocchi. Edgardo Sogno (partigiano bianco, monarchico, cattofascista, liberale) riprende l’attività politica nel 1986, intervenendo al congresso del Pli, che nel 1988 esorta a “favorire in ogni modo il successo del progetto politico di Craxi, verso un sistema bipolare in cui dialogano e si avvicendano al governo due schieramenti, uno riformista-innovatore, l’altro tradizionalista e moderato. Nel 1997, in un’ intervista dichiara che se la secessione di cui parla Bossi divenisse realtà, chiamerebbe a raccolta gli uomini della Resistenza, tutti, senza distinzione alcuna in una situazione del genere. A gennaio di quell’anno il piduista Berlusconi dichiara che “Edgardo Sogno è uno degli uomini che in Italia merita maggior rispetto e considerazione”….

 

Non appena aspirazioni e le idee contrarie

incominciano a penetrare nelle masse, tutto il sistema

del liberalismo borghese crolla come un castello di carte.

La sua umanità si trasforma in furore;

il suo rispetto dei diritti del prossimo,

il suo culto della libertà, cede il posto alla feroce repressione,

il liberalismo politico scompare e, non trovando in se stesso

né i mezzi né la forza necessarie per reprimere le masse,

fa largo alla dittatura militare.

M. A. Bakunin

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

 

Rsp (individualità Anarchiche)