10 novembre 2018
Il 10 novembre c’è stata a Torino la marcia Sì Tav. Sono oltre 30 mila i colletti bianchi (borghesi – imprenditori, politici, tecnocrati, industriali, banchieri, cooperative) che hanno partecipato a favore della Torino-Lione e tra di loro ci sono in prima fila anche 20 sindaci della Val Susa. I promotori della manifestazione sono stati: Mino Giachino (sottosegretario ai trasporti nell’ultimo governo Berlusconi), Gianmarco Moschella (studente di Economia), Guglielmo Nappi (studente di Ingegneria). ” In piazza Castello, per la Lega erano presenti i parlamentari Elena Maccanti, Gualtiero Caffarrato, Marzia Casolati e Alessandro Benvenuto. Il massoborghese Mino Giachino dichiara ai mass media:” Quella di oggi è stata una «manifestazione storica, ancora più della marcia dei 40mila, perché quella riguardava una grande azienda, questa riguarda la possibilità per il Paese di realizzare le grandi opere che generano nuovo sviluppo»….
Uno strano paragone nella dichiarazione di Mino Giachino! Più che “possibilità per il Paese”, le possibilità (di fare soldi a palate) se le spartisce il filone massomafioso che c’è dietro alla marcia Si Tav, che è ancora quello di allora (1980). Quello repubblichino liberale monarchico antifascista e anticomunista, visto il paragone con quel periodo storico….
Dal palco Giachino ha dedicato l’iniziativa a due «imprenditori lungimiranti», Sergio Pininfarina e Sergio Marchionne. Quel leccaculo di Gioachino, ha espresso inoltre solidarietà alle forze dell’ordine ….
Il 12 novembre invece, Di Maio, da buon mediocre borghese opportunista, vista la massa dei Si Tav, ha dichiarato ai mass media che: nei prossimi giorni insieme al premier Giuseppe Conte e il ministro Danilo Toninelli e altri rappresentanti del governo del cambiamento incontreranno i rappresentanti della manifestazione Si Tav di Torino (concetto di massa). Gli fa eco il presidente della Camera e compagno di partito, Roberto Fico: “Giustissimo incontrare i Sì Tav. Chiara Appendino la sindaca di Torino ha scritto anche lei alle organizzatrici della manifestazione Sì Tav di sabato scorso invitandole in Comune, ma la risposta degli organizzatori della marcia si Tav è negativa: “Ringraziamo per l’invito ma prima di Appendino vogliamo incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella” (puntano più in alto, ‘sti massomafiosi!). A proposito di massomafia, ricordiamoci che l’8 agosto a Roma, quel piduista di Berluska ha dichiarato ai mass media: “La Torino-Lione è un’opera proficua e dobbiamo approfittarne e incentivare la Lega”. Tutto questo nel giorno in cui il premier, Giuseppe Conte, prende tempo spiegando che sulla Tav deciderà il consiglio dei ministri…
A proposito ricordiamoci che il 22 aprile i mass media scrivono che Luigi Di Maio è andato a pranzo con l’Istituto Studi per la politica internazionale, l’ISPI di Milano: L’Ispi è il think tank più autorevole sulla politica internazionale, conta come presidente onorario l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. Ma Di Maio a pranzo (magna, magna) non era solo, c’era anche il professor Carlo Secchi, già rettore della Bocconi e presidente della berlusconiana Mediolanum, ma soprattutto presidente del ramo italiano della Trilateral Commission.
Ma andiamo a ricordare cosa era stata la marcia dei quarantamila, quella marcia citata da Mino Giachino, il sottosegretario ai trasporti nell’ultimo governo Berlusconi!!
Il 14 ottobre 1980 ci fu lo sciopero organizzato dai quarantamila quadri della Fiat, fu l’inizio della frattura tra i salariati del ceto medio (i cosiddetti colletti bianchi- borghesi) e quelli della catena di montaggio (tute blu – operai). Tutto iniziò il 5 settembre 1980 dove si registrò un nuovo capitolo della crisi tra azienda e sindacato, quando la FIAT preannunciò la messa in cassa integrazione di 24 000 operai per 18 mesi. Dopo quasi una settimana di difficili trattative, l’azienda annunciò l’11 successivo 14 469 licenziamenti. Il consiglio di fabbrica, in risposta alla decisione aziendale, proclamò lo sciopero. La marcia dei colletti bianchi ebbe l’effetto di imprimere un’imprevista svolta nelle trattative e i sindacati confederali giunsero tre giorni più tardi a un compromesso: la FIAT ritirò i licenziamenti ma mantenne la cassa integrazione a zero ore per i ventiduemila operai. La linea dura tenuta dall’amministratore delegato Romiti rinforzò la posizione dell’alto dirigente al vertice del gruppo Gianni Agnelli, noto cocainomane.
I rapporti e le amicizie del doppiogiochista Agnelli con John Fitzgerald Kennedy, allora Senatore democratico, risalgono agli anni ‘70, come pure la frequentazione dei banchieri David D. Rockefeller (uno dei fondatori del gruppo Bilderberg 1952 e della Commissione Trilaterale 1973) e André Meyer della banca d’affari internazionale Lazard, conosciuto attraverso Raffaele Mattioli ed Enrico Cuccia. Nel 1959 diviene presidente dell’Istituto Finanziario Industriale (IFI), una società finanziaria, una delle casseforti di famiglia e che assieme all’IFIL, (altra cassaforte di famiglia), controllano la Fiat. Diventa inoltre Amministratore Delegato della stessa Fiat nel 1963. L’avvento di Agnelli al timone della Fiat segna anche una svolta nella politica finanziaria della Fiat: l’Avvocato si avvicina sempre più alla Mediobanca di Enrico Cuccia (forse anche a seguito delle traversie finanziarie della Fiat e ai buoni rapporti che intercorrono fra Romiti e Cuccia (banchiere di Dio). Nel 1971, il pretore Raffaele Guariniello a seguito di una perquisizione, scoprì una colossale attività di schedature messa in atto dalla FIAT: nell’ufficio “servizi generali” erano custodite illegalmente 354.000 cartelle e dossier su lavoratori, sindacalisti, giornalisti, insegnanti, comuni cittadini. Furono rinvenute anche mazzette di denaro destinate a carabinieri e servizi segreti italiani infiltrati tra gli operai, come confermato successivamente dallo stesso Romiti (circa 100 agenti per 1 miliardo di lire l’anno).
Se le lotte sindacali di fine anni ’60 portarono a grandi successi, come il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e il riconoscimento dello Statuto dei lavoratori, con l’inizio degli ’70 i vertici dell’azienda preparavano il tavolo per la repressione (Patto Atlantico anticomunista – strategia della tensione – controllo sociale). Dagli schedari (controllo sociale) degli assunti e dei respinti della Fiat, risultava che l’operaio ideale doveva essere apolitico, frequentatore della parrocchia, godere di buona reputazione pubblica, e andava bene anche se iscritto ai partiti di centro, oppure monarchico e missino. L’ inventore delle schedature fu il presidente della Fiat, il massone Vittorio Valletta. La struttura del sistema di spionaggio Fiat era articolatissima ed utilizzava dai servizi segreti dello stato ai messi comunali e ai vigili urbani dei paesi minori, alle parrocchie. A capo del servizio di spionaggio interno vi era un ex colonnello di aviazione, Mario Cellerino (pilota personale di Giovanni Agnelli) che per vent’anni era stato nei servizi segreti. Venne assunto nel 1965 alla Fiat insieme ad una ventina di ex carabinieri. Il Cellerino, col consenso del Sid, costituì il collegamento esterno dello spionaggio Fiat, che prevedeva il passaggio di informazioni reciproche con carabinieri, polizia, Sios dell’aeronautica di Torino e Sid. La Fiat assunse praticamente anche il colonnello dei carabinieri Enrico Settermaier che comandava il Sid di Torino. I dirigenti della Fiat addetti alla selezione del personale avevano praticamente libero accesso agli schedari del Sid, del Sios, dei carabinieri e della polizia e potevano commissionare a basso costo qualunque tipo di schedatura. Per la Fiat lavoravano anche Marcello Guida, questore, implicato nel caso Pinelli a Milano e costruttore della pista anarchica per piazza Fontana; e Filippo De Nardis, che Giovanni Leone dopo la nomina a presidente della repubblica volle a capo dell’ispettorato di Ps al Quirinale. Anche l’ufficio di collocamento di Torino era al servizio della Fiat e si limitava a dare il nullaosta sulle richieste avanzate dall’azienda. I lavoratori che costruirono la fabbrica di Togliattigrad in Urss ed i tecnici sovietici in Italia furono costantemente sorvegliati dai servizi segreti Fiat. Le schedature proseguirono tranquillamente anche dopo l’approvazione dello Statuto dei lavoratori nel 1970. La perquisizione del pretore Guariniello colse di sorpresa Agnelli, che si trovava in vacanza. Rientrato precipitosamente, Agnelli si incontrò col presidente Saragat e col procuratore generale Colli. Quest’ultimo avocò a sé l’inchiesta, la tenne nei cassetti per un mese e successivamente la spedì alla Corte di cassazione a Roma, sostenendo che per motivi di ordine pubblico l’inchiesta non poteva essere fatta a Torino. La Cassazione accettò la tesi di Colli e il processo venne trasferito a Napoli dove fu insabbiato. Venne apposto anche il segreto di stato per i rapporti con la Nato di alcune produzioni Fiat. I rapporti della Fiat coi servizi segreti non si limitavano alle schedature, erano molto più fitti e avevano la caratteristica della dipendenza diretta di agenti nei confronti di Valletta. Ad esempio il colonnello Renzo Rocca, era capo dell’ufficio ricerche economiche del Sifar. In effetti era dipendente Fiat, alla quale inviava regolarmente rapporti riservati. Tra le misure per disgregare il potere sindacale, vennero utilizzati dai vertici Fiat anche mezzi non convenzionali, come la loggia massonica del Grande Oriente del Maestro Lino Salvini. Lino Salvini fu il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1970 al ‘78. Il massone Salvini in quegli anni incentivò la crescita a dismisura della Loggia coperta P2 e le sue strategie eversive Atlantiche attivate e sovvenzionate dal Maestro Venerabile Licio Gelli. Salvini fu iscritto al Partito Socialista Italiano (anche Agnelli fu un fervente sostenitore di Mussolini il quale si convertì rapidamente al liberismo…). Dall’inchiesta del giudice Catalani emerse che la Fiat nel periodo fra il 1971 e il ‘76, tramite la Banca popolare di Novara, emise circa 3.000 assegni per un valore di allora di circa 15 miliardi, una cifra enorme, tale da giustificare ben altri obiettivi che non il semplice finanziamento alla massoneria. Tramite un prestanome, a riscuotere gli assegni presso la Cassa di risparmio di Firenze era un industriale farmaceutico, Piero Cerchiai, gran tesoriere aggiunto della massoneria di palazzo Giustiniani (Grande Oriente). La conferma dell’emissione degli assegni venne anche dalle deposizioni di Luciano Macchia, condirettore dell’IFI della famiglia Agnelli e di Maria Cantamessa, cassiera generale della Fiat e inquisita per il tentativo di colpo di stato (Golpe Bianco 1974) attribuito a Edgardo Sogno e Luigi Cavallo. Altri finanziamenti giunsero a Sogno dalla Fiat (400 milioni nel 1974) per mezzo del consigliere particolare di Giovanni Agnelli, deputato europeo (1984) della Dc Vittorino Chiusano, che dal 1966 svolge la funzione di collegamento della Fiat con la Dc. La Fiat aveva anche altri canali di collegamento con l’area del golpismo bianco e della destra Dc. Finanziamenti della Fiat finirono anche alla Cisal, un sindacato autonomo attorno al quale lavoravano elementi legati al Fronte di Borghese (golpe Borghese 1970-colpo di stato Rosa dei venti 1973) ed il solito Edgardo Sogno.
Edgardo Sogno (nella foto con Reagan) era un partigiano bianco liberale monarchico antifascista e anticomunista. Il conte Edgardo Sogno era l’ambasciatore leader della destra liberale, massone P2 (assieme al repubblicano Pacciardi anch’egli massone) ha rappresentato negli anni della strategia della tensione una sorta di crocevia attraverso il quale si incontravano le varie facce del golpismo e del presidenzialismo. Ex partigiano bianco, Sogno era legato ai servizi segreti alleati (Francia, Inghilterra, USA e URSS) e successivamente alla Nato e alla Cia: in quanto ambasciatore, poteva godere dell’immunità diplomatica per le sue trame. Sogno teneva contatti con tutte le aree del golpismo bianco (Mar di Fumagalli, Rosa dei venti, Europa 70) e nero (Fronte di Borghese, Ordine nuovo, eccetera) ed agiva in proprio, in stretto rapporto con l’esercito e i carabinieri. Sogno era uomo della Fiat e non si limitava ad agire nell’ombra, nel 1973 organizzò a Firenze sotto l’egida del suo “Comitato di resistenza democratica” nei locali della “Nazione” del golpista Attilio Monti un convegno sulla “rifondazione dello stato”. Al convegno non intervennero nostalgici golpisti suonati, ma personaggi con cariche pubbliche importanti, come il giudice costituzionale Vezio Crisafulli, il quale aprì i lavori affermando che “il tema delle modificazioni costituzionali pone i seguenti problemi: repubblica presidenziale, abolizione dell’assurdo, ingombrante bicameralismo, delimitazioni delle competenze parlamentari, con conferimento di poteri normativi propri al governo, unificazione della figura del presidente del consiglio con quella del segretario del partito di maggioranza”. Tra gli altri intervennero sul medesimo tono Aldo Sandrelli, Domenico Fisichella, il componente del consiglio superiore della magistratura Gianni Di Benedetto, Valerio Zanone, Antonio Patuelli. Intervenne anche il consigliere speciale di Fanfani Antonio Lombardo, ex appartenente a Ordine nuovo il quale pose il problema: costituzione antifascista o anticomunista?. Il 22 agosto 1974 il PM di Torino Violante ordinò una perquisizione nella casa di Sogno (che ebbe tempo di sparire) ritenendo che “Edgardo Sogno agisce per la costituzione di una organizzazione intesa a riunire tutti i gruppi di estrema destra, tra i quali Ordine nuovo in epoca successiva al suo scioglimento”. Nello stesso periodo, con un comunicato stampa congiunto, il Mar di Fumagalli, le Sam, Avanguardia nazionale, Potere nero, dichiararono guerra allo stato. Negli anni ‘70 Sogno si era convinto che l’Italia necessitasse di una repubblica presidenziale e quindi di una riforma costituzionale simile a quella che il generale Charles de Gaulle (favorevole a dare il potere ai militari e non ai politici) aveva ottenuto in Francia con l’instaurazione della Quinta Repubblica.
Strinse amicizia con Randolfo Pacciardi (nella foto con De Gasperi al consiglio della NATO del ’53), ex partigiano bianco e politico repubblicano, fautore della repubblica presidenziale, e si affiliò alla massoneria del Grande Oriente d’Italia, associandosi alla loggia massonica P2. Il 28/7/’74 durante il congresso del Pli, Sogno denunciò il pericolo di un golpe marxista (terrorismo psicologico) e attuò un colpo di stato liberale (golpe bianco). Poco dopo, il 4/8/’74, avvenne la strage dell’Italicus (strategia della tensione). Il giudice Violante fece perquisire anche la sede del sindacato autonomo Cisal e aprì un’inchiesta sui finanziamenti della Fiat all’agente dei servizi segreti inglesi Edward Sciclune, amico di Sogno e direttore della filiale Fiat di Malta, il quale nel 1982 darà ospitalità al generale Lo Prete in fuga dall’Italia per lo scandalo petroli. Nel maggio 1976 il giudice Violante fece arrestare Edgardo Sogno e Luigi Cavallo per il tentativo di golpe bianco del ‘74 con la seguente motivazione: “nella strategia del disegno eversivo il pronunciamento militare appare essere soltanto l’innesco di una complessa operazione, che aveva alle spalle importanti settori industriali e della quale sarebbero state protagoniste ristrette élites tecnocratiche della burocrazia statale”. Stretto collaboratore di Sogno, anch’egli sui libri paga della Fiat e del Sid, era Luigi Cavallo, pubblicista torinese, ex giornalista dell’Unità espulso come agente della Cia. Fondatore di riviste e movimenti finanziati dalla Cia come “Pace e libertà” con Sogno, “Fronte del lavoro”, “L’ordine nuovo” e “Tribuna operaia”, già nel 1955 era consigliere politico e sindacale di Valletta. Cavallo fu anche fondatore del sindacato “Iniziativa sindacale” finanziato dagli Agnelli ed organizzatore, insieme al principe nero Borghese, di squadre di picchiatori antipicchetti operai. A seguito di una perquisizione nella sua abitazione furono trovate molte relazioni indirizzate all’ingegner Valletta sulle azioni delle squadre di Cavallo, assieme a centinaia di matrici di assegni emessi dalla Fiat. Nel 1997 Sogno ha rivelato l’elenco del governo che avrebbe dovuto nascere e dei generali che aderirono al progetto di colpo di stato nel 1974, tra essi Giuseppe Santovito, allora a capo della Divisione meccanizzata “Folgore”, poi del SISMI; aderì anche il giornalista di destra Giano Accame e aderirono anche elementi della DC e persino comunisti delusi che avevano lasciato il PCI.
Ricordiamoci che nel 1974 Gianni Agnelli fu eletto presidente della Confindustria, il sindacato degli industriali. La sua politica fu una sorta di compromesso coi sindacati, nella speranza che l’asprezza delle lotte si mitigasse e fosse possibile così riprendere lo slancio produttivo (sovrapproduzione…). L’interlocutore privilegiato divenne Luciano Lama, segretario generale della CGIL e responsabile della politica dei tre sindacati principali (la cosiddetta “triplice”, cioè CGIL, CISL e UIL). Gianni Agnelli nel 1994 fu tra i tre senatori a vita (insieme a Giovanni Leone e allo stesso Cossiga) a votare la fiducia al primo governo Berluska. Quando però nel 1998 cadde il governo Prodi I e fu nominato premier Massimo D’Alema (il primo post-comunista), fece scalpore il suo voto a favore della fiducia berlusconiana; come ebbe a spiegare alla stampa: «…oggi in Italia un governo di sinistra è l’unico che possa fare politiche di destra». Sto stronzo, ‘na faccia tosta peggio de Togliatti che diede l’amnistia ai gerarchi fascisti!! Ricordiamoci che a fine anni ‘90 ci fu una commissione stragi che desegretò i documenti militari top secret dal dopoguerra in poi…
La Propaganda due (meglio nota come P2) è stata una loggia massonica aderente al Grande Oriente d’Italia (GOI), fondata nel 1877 col nome di Propaganda massonica. La P2 fu sospesa dal GOI il 26/7/1976; successivamente, la Commissione parlamentare d’inchiesta Anselmi ha concluso il caso P2 denunciando la loggia come una vera e propria “organizzazione criminale” ed “eversiva”. Essa fu sciolta con un’apposita legge, la n. 17 del 25/1/1982. Sin dalla fondazione, la caratteristica principale della loggia Propaganda massonica fu quella di garantire un’adeguata copertura e segretezza agli iniziati di maggior importanza, sia all’interno che al di fuori dell’organizzazione massonica. Nella loggia massonica P2 c’erano molti banchieri, industriali, imprenditori, politici, aderenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti. Dopo la caduta del regime fascista, la loggia massonica P2 fu ribattezzata “Propaganda due” alle dipendenze dirette del Gran maestro dell’Ordine Lino Salvini sino all’avvento di Licio Gelli. Quest’ultimo venne prima delegato dal Gran maestro Salvini a rappresentarlo in tutte le funzioni all’interno della loggia (1970), poi ne fu nominato Maestro venerabile, cioè “capo” a tutti gli effetti (1975). Tra i vari crimini attribuiti alla P2, oltre al cospirazionismo politico per assumere il controllo dell’Italia, si possono citare: la strage dell’Italicus, la strage di Bologna, lo scandalo del Banco Ambrosiano, l’assassinio di Roberto Calvi, l’ipotetico assassinio di Albino Luciani (ovvero Papa Giovanni Paolo I, che dopo lo scandalo dell’ambrosiano voleva cambiare l’amministrazione dello IOR, ma non fece in tempo…), il depistaggio sul rapimento di Aldo Moro (il lago della duchessa – il falso comunicato nº 7), l’assassinio di Carmine Pecorelli e alcune affiliazioni con lo scandalo di Tangentopoli. Il 17/3/1981 a Villa Wanda nell’abitazione di Gelli furono trovati alcuni elenchi degli iscritti alla P2. In tutto c’erano 963 persone iscritte, vi erano anche i nomi di 44 parlamentari, 2 ministri dell’allora governo, un segretario di partito, 12 generali dei carabinieri, 5 generali della guardia di finanza, 22 generali dell’esercito italiano, 4 dell’aeronautica militare, 8 ammiragli, vari magistrati e funzionari pubblici, i direttori e molti funzionari dei vari servizi segreti, diversi giornalisti ed imprenditori. C’era anche l’iscrizione di Silvio Berlusconi tessera n° 1816…. Già allora Shakespeare, si preoccupava e si poneva il problema: ma con tutti questi controllori, poi chi controlla il controllore??!! ….
Solidarietà a tutti i No Tav arrestati per aver difeso la val di Susa dall’inquinamento ambientale e dalle speculazioni edilizie della massomafia !!
Sole e Baleno vivono e lottano insieme a noi, le nostre idee non cambieranno mai !!
https://ricercatorisenzapadroni.noblogs.org/post/category/notav/
Tutti i governi, sedicenti lavoratori, promisero di
smantellare le fortezze erette dalla tirannia per tenere
in soggezione il popolo;
ma, una volta insediati, lungi dallo smantellarle,
le fortificarono ancora meglio per continuare
a servirsene contro il popolo
(C. Cafiero)
Entrai dunque in Massoneria…
e mi accorsi subito che essa non serviva
che per favorire gli interessi dei fratelli più furbi.
Da allora non ebbi colla Massoneria che relazioni di ostilità
(Errico Malatesta)
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)