Il 15 novembre i mass media scrivono che il governo gialloverde, con la scusa di risolvere il problema del magna magna (massomafia) che c’è stato dietro al ponte Morandi, ha firmato decreti e leggi per sovvenzionare un altro ponte e imporci poi vigliaccamente in sordina, anche l’articolo 41, inventato apposta per eliminare i rifiuti industriali!
Secondo i lor signori, l’articolo 41 ce l’hanno rifilato “per superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione” per l’agricoltura, ma sono veleni altamente tossici e quindi risolvono il problema (con tutta la loro arroganza di classe senza scrupoli), alzando ancora di più i livelli consentiti per numerose sostanze tipicamente di tipo industriale pericolose. Nel 2017 la Cassazione aveva stabilito i limiti di tossicità: gli idrocarburi non dovevano superare da 50 mg/kg, oggi invece con l’ articolo 41 i limiti sono saliti a 1000 mg/kg. Ma c’è un’ulteriore gabola: L’art. 41 prevede che gli idrocarburi, a differenza di tutti gli altri inquinanti, vengano esaminati con un campione di sostanze presente nei fanghi liquidi (per misurare il tasso di inquinamento dei metalli pesanti), ma questi fanghi vengono poi disidratati (seccati) e diventano polvere concentrata con tassi elevatissimi di inquinanti, usati naturalmente in agricoltura sotto forma di concime e fertilizzanti….
Anche il Movimento democristiano 5 stelle (borghesi ambizioni spregiudicati attaccati alla gloria cattolica e ai soldi) coalizzato con la destra di Salvini (governo Giallo Verde), ha firmato l’art 41, consapevoli del danno irreversibile che causeranno all’ambiente e alla salute dei cittadini. Ma si sa, l’ingordigia del potere (stato, chiesa e i loro adepti – massomafia) logora, e gli ideali iniziali, con tutte le buone intenzioni e le promesse, si trasformano presto in una frenetica abbuffata generale delle ‘alte sfere’…
Ma facciamo un po’ di storia giusto per capire meglio il problema:
Nelle società agricole tradizionali, i rifiuti umani e animali venivano usati per arricchire il terreno. E’ con la rivoluzione industriale che cambia il sistema. La prima rivoluzione industriale secondo il sistema capitalistico (rivoluzione, termine abusato fin dai tempi delle costruzioni delle piramidi), iniziò nella seconda metà del ‘700 e interessò il settore tessile-metallurgico. La seconda rivoluzione industriale (1870) interessò il settore elettrico, quello dei prodotti chimici e del petrolio. Con l’industrializzazione (prima c’erano negozianti o piccole imprese) si era creato un aumento dell’urbanizzazione e si era presentata anche la necessità di creare sistemi fognari per eliminare i rifiuti umani, per scaricare le acque reflue direttamente nei laghi, fiumi e oceani. E’ poi con la rivoluzione industriale fine 1800 (soprattutto quella chimica), che il business si ampliò: aumentando i loro rifiuti nocivi, le grosse industrie usufruirono già allora delle fogne, eliminando grosse quantità di rifiuti inquinanti, compromettendo gravemente l’ecologia e l’ambiente. Già allora, ai grassi industriali inanellati senza scrupoli e con poco cervello, interessava di più il profitto che la salute del pianeta. Forse il loro progetto è, dopo aver distrutto la Terra, di conquistare altri pianeti?
L’articolo 41 naturalmente non prevede l’analisi delle acque sotterrane, così da evitare di scoprire l’inquinamento anche delle falde! A quei criminali interessa solo magnare e basta.
Dalla prefazione al Rapporto Ecomafia 2009: Pietro Grasso, procuratore nazionale Antimafia
In Sicilia e Calabria, Cosa nostra e ‘Ndrangheta hanno una duplice strategia: il classico sistema dell’utilizzazione di imprese di diretta espressione delle cosche, ovvero ad esse collegate, per la partecipazione alle gare, con la conseguente estromissione delle altre ditte; oppure lo sfruttamento dei canali che legano le cosche alle amministrazioni locali e/o agli enti che gestiscono particolari aree del nostro paese, in modo da pervenire alla creazione di società a capitale misto pubblico-privato per poter confezionare procedure di aggiudicazione del servizio con esito assicurato. I traffici illeciti di rifiuti, con la sistematica falsificazione dei documenti di identificazione, cioè solo cambiando un codice o una certificazione di laboratorio di analisi si abbattono i costi del 50/60%. In alcuni casi il risparmio dei costi può essere anche maggiore. Anche se i danni sono enormi e difficilmente stimabili. Scaricare sostanze velenose nei terreni agricoli, contaminando i cibi che arrivano sulle nostre tavole e le falde acquifere, significa commettere degli omicidi differiti nel tempo: niente spargimenti di sangue ma lenti e inesorabili avvelenamenti (che causano il cancro a lungotermine). I motivi della convenienza stanno nell’alto profitto e i pochi rischi. Nel nostro ordinamento giuridico i reati ambientali sono essenzialmente di tipo contravvenzionale, assolutamente inidonei a garantire la giusta tutela. Da anni si discute di introdurre i delitti ambientali nel Codice penale per questo genere di delitti, ma niente è stato fatto. Il business dell’ecomafia oscilla ogni anno intorno ai 20 miliardi di euro. L’ecomafia non c’è solo in Campania ma anche in tutta Italia. Ci sono rifiuti che da Nord vanno al Sud e viceversa. Anzi, sono le aziende del Nord Italia, principali produttrici di rifiuti industriali, che cercano nell’illegalità il modo per risparmiare sullo smaltimento. Nei traffici illeciti di rifiuti le organizzazioni mafiose si avvalgono del decisivo apporto di altri soggetti (massomafia – colletti bianchi, funzionari pubblici, politici, latifondisti), creando una vera e propria holding criminale, una filiera illegale composta da soggetti incensurati ed estranei (esterni) alla criminalità organizzata (massomafia). Soggetti fondamentali per gestire il ciclo illegale, poiché per portare avanti i traffici servono tecnici che falsificano i risultati delle analisi, servono trasportatori, occorrono dipendenti comunali corrotti ecc. Purtroppo nel ciclo del cemento le mafie soprattutto al Sud (si sono comperati anche i politici delle regioni del Centro e del Nord), si muovono direttamente nelle istituzioni locali, intervenendo nei momenti e nei luoghi dove si redigono i piani urbanistici e si assumono le scelte delle comunità locali. (…) L’ecomafia fa parte della massomafia. La massoneria è il committente, la mafia invece è sempre stato l’ultimo gradino, pagato dalle lobby o cordate massoniche per fare il lavoro sporco. L’ecomafia avvelena coi traffici di rifiuti, soffoca col cemento abusivo, distrugge l’economia sana… Ma mette le mani anche negli incendi (per fini speculativi, per quelli legati al rimboschimento e alle altre attività lavorative), nei furti d’acqua, nel settore agricolo, nel racket degli animali. Hanno tentato pure di inserirsi nel settore delle energie rinnovabili, come in Sicilia per un parco eolico e in Calabria per il ripristino di vecchie e piccole centrali idroelettriche.
Insomma questo intreccio di ecomafie e di ecomostri, ormai ha creato un immenso potere economico, tanti soldi per comperare anche la borghesia perbenista, corrotta ambiziosa e morta di fame.
La Lombardia è un ricco cenacolo per chi esercita il business dello smaltimento rifiuti. Migliaia di tonnellate di fanghi di depurazione, chiamati fanghi biologici (61% fanghi civili, 24% industriali, 15% agroindustriali) vengono riversate sui terreni agricoli. Ogni anno in Italia viene prodotto poco meno di un milione di tonnellate di fanghi di depurazione, il 30% dei quali è utilizzato in agricoltura. La Lombardia assieme a Puglia ed Emilia Romagna ne destina il 53%. Questi fanghi ormai hanno inquinato anche la filiera alimentare, il cibo che portiamo tutti i giorni sulle nostre tavole e che ci dovrebbe servire non per ammalarci, ma per tenerci energici e in salute!!
Ma noi cittadini comuni ci domandiamo: ma è più importante la salute di tutti o il profitto di pochi? C’è un problema di smaltimento e di costi, e il sistema più economico è riversarli nelle campagne con l’avallo degli agricoltori (spesso te li compri con poco) che risparmiano in lavoro e concimi (lo spandimento e la successiva aratura, obbligatoria, sono a carico dell’azienda che tratta i fanghi), delle istituzioni che sono sempre state zitte, a parte qualche partito rampante come i borghesucci di 5 stelle che hanno fatto grandi promesse facendosi propaganda, per poi vendersi al potere dello stato e delle sue lobby malefiche (massomafia).
Secondo la legislazione imposta dal libero mercato liberal fascista, i fanghi sono definiti come residui derivanti dai processi di depurazione delle acque reflue e vengono considerati rifiuti speciali non pericolosi (ipocriti!!). I parametri previsti per i fanghi si riferiscono ai metalli (Cadmio, Rame Nichel, Piombo, Zinco, Cromo esavalente, Cromo trivalente, Mercurio, Arsenico), agli inquinanti organici nell’eluato (Idrocarburi totali, Solventi organici aromatici, Solventi clorurati, Pesticidi totali, Pesticidi fosforiti, Tensioattivi anionici) Nutrienti (Carbonio organico, Azoto to tale, Fosforo totale, Potassio totale) microbiologici (uova di Elminti vitali, Salmonella), biologici (Test di fitotossicità, che è l’effetto sulla crescita delle piante superiori)…
Il 12 luglio 2016 i mass media scrivono che la procura di Milano condanna 11 persone per aver sversato illegalmente grosse quantità di fanghi di depurazione, recuperati tra quelli regolarmente trattati dalla loro società. Li riversavano sui terreni agricoli privi di qualsiasi trattamento, con l’obiettivo di risparmiare sugli abituali costi di smaltimento. Tra le 11 persone indagate c’è anche un amministratore unico e 5 dipendenti della Cre spa, (società autorizzata a ricevere fanghi derivanti dalla depurazione di acque reflue urbane e industriali). Per gli indagati l’accusa è di far parte di una struttura criminale facente capo ad imprenditori del settore del trattamento e recupero rifiuti. Avrebbero sversato illecitamente circa 110mila tonnellate di fanghi di depurazione, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2015, in diversi comuni delle province di Lodi, Cremona e Pavia. E stato sequestrato anche l’impianto di Maccastorna e Meleti in provincia di Lodi, e Lomello a Pavia, tutte di proprietà della Cre spa. Gli inquirenti hanno accertato circa 400 casi di spandimento illecito di fanghi di depurazione, reperiti tra quelli regolarmente ritirati e gestiti dalla Cre Spa. Tramite questa operazione i dipendenti avrebbero consentito alla propria azienda di ottenere notevoli profitti fraudolenti, circa 4,5 milioni. I fanghi provenivano dallo stabilimento di Maccastorna ed erano costituiti da frazioni solide di varia natura, cosiddetta sostanza secca, derivanti dalla depurazione di acque reflue urbane, quindi provenienti in prevalenza da depuratori comunali e industriali. Tra febbraio 2011 e marzo 2015, secondo le accuse, gli indagati avrebbero recuperato grandi quantità di fanghi, molto più di quanto consentono le prescrizioni provinciali, aggirando fattori come la scarsità, il basso fattore di spandimento dei terreni disponibili e l’alto contenuto di sostanza secca dei fanghi recuperati. Sempre illecitamente la Cre Spa (massomafia) sarebbe poi riuscita a risparmiare sui costi di trattamento-condizionamento e trasporto del rifiuto, e intervenendo quindi su due fattori con l’obiettivo di limitare l’attività di recupero nel suo complesso: la quantità e la qualità di appezzamenti disponibili, intesa come capacità di ricevere più o meno fanghi in base al cosiddetto fattore di spandimento, e il contenuto di sostanza secca dei fanghi, genericamente la loro densità-concentrazione. Il primo fattore, infatti, obbliga l’impianto ad approvvigionarsi solo delle quantità che potrà poi spandere a seconda degli ettari di terreno disponibili ponendo un limite di ingresso, mentre il secondo può ridurre la quantità di fanghi in uscita, in quanto ogni appezzamento ha un proprio fattore di spandimento che limita la quantità di sostanza secca, la parte più solida, utilizzabile.
Il 21 dicembre 2017 invece i mass media scrivano che: Il magistrato di Firenze dell’antimafia Giulio Monferini ha chiuso l’inchiesta su un presunto traffico illecito di rifiuti e sullo sversamento di scarti nocivi in terreni agricoli, nel settembre del 2016 per questo disastro ambientale sono stati arresti 6 imprenditori, 5 residenti a Lucca e uno a Padova. La massomafia (industriali , grosse imprese, politici, colletti bianchi ecc…) gestivano abusivamente i fanghi di depurazione per lo spandimento in agricoltura. Tutto questo intreccio losco si colloca in Toscana, Veneto e Basilicata. Dalle indagini è emerso che scarti industriali tossici sarebbero stati smaltiti senza essere trattati, e poi dispersi nell’ambiente anche tramite l’incenerimento. Inoltre, fanghi nocivi sarebbero stati riversati in terreni di aziende agricole poi adibiti a coltivazioni di grano. Le indagini, in particolare per il filone dei presunti fanghi tossici spacciati come concimi e finiti su terreni adibiti anche a coltivazioni «bio», si sono focalizzate sull’attività di una società pisana, che, grazie alla connivenza dei proprietari che venivano risarciti con somme di denaro, avrebbe sversato circa 45 mila tonnellate di fanghi su campi agricoli destinati a graminacee, per una superficie complessiva di 800 ettari, nelle zone tra Peccioli, Palaia, Lajatico, Crespina Lorenzana, Fauglia e Montaione: un’attività abusivamente organizzata che ha portato un profitto illecito di circa 2milioni e mezzo di euro con la gestione di 13-15 mila tonnellate l’anno di fanghi. Gli agricoltori che ricevevano i fanghi non li pagavano, ma al contrario venivano compensati (500 euro ad ettaro) per permettere agli smaltitori di sversarli. I titolari degli impianti di produzione dei fanghi finiti sotto la lente, secondo accusa i fanghi erano destinati all’impiego in agricoltura sebbene il rifiuto non fosse conforme alla normativa e presentasse concentrazioni inquinanti: «tali da peggiorare la qualità ambientale delle matrice suolo su cui erano destinati», poiché i fanghi non derivavano dal trattamento di acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili (fogne). Si parla di valori di idrocarburi notevolmente oltre il limite di tolleranza fissato dalla legge. La Procura contesta inoltre il delitto di falso in certificati ai gestori degli impianti di spandimento, ai trasportatori, ai gestori dell’impianto di pre trattamento. Anche i campioni che venivano mandati ai laboratori per ottenere le autorizzazioni, per l’accusa, erano confezionati ad arte. I trasportatori partivano, quindi, coi certificati falsi verso gli impianti di destinazione…
Non sono i delitti punibili dalla legge quelli a cui
Bisogna imputare i peggiori mali del mondo.
Sono i torti legalizzati, i crimini che godono
Di impunità, giustificati e protetti
Dalle leggi e dal governo.
A. Berkman
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)