La Nato anticomunista e la strategia della Tensione

Da Piazza Fontana a Piazza della Loggia e alla stazione di Bologna: sono tanti gli elementi storici emersi di connessione tra gruppi neofascisti e ufficiali dell’Alleanza atlantica e le stragi di stato. L’ultima inchiesta sulla strage fascista di Brescia del 28 maggio 1974 ha condotto gli inquirenti sulla soglia d’ingresso di Palazzo Carli a Verona, sede del comando Nato. Li ha portati lì un testimone all’epoca interno agli ambienti di Ordine Nuovo (On), il gruppo fondato da Pino Rauti [nella foto con Fini],responsabile dell’eccidio di Piazza Fontana come di quello a Piazza della Loggia.

Chi è Stato Pino Rauti? Breve storia di un moderato al di sopra di ogni sospetto

Per raccontare la storia delle stragi in Italia si deve partire dal «principio di realtà», crudo ma efficace, espresso dal generale Mario Arpino in commissione parlamentare stragi: «C’era una parte politica che per noi [i militari] era quasi rappresentante del nemico. Allora era così». Quella era la cornice storico-politica: la Guerra Fredda tra blocchi militari contrapposti.

In quel quadro in Italia emerse il fenomeno dello stragismo con una continuità e una violenza senza pari nell’Europa dell’epoca. Il Paese era zona di frontiera geopolitica, inserito nella Nato ma «abitato» dalla contraddizione irriducibile: la presenza del più grande partito comunista d’Occidente, fondatore della Repubblica.

I caratteri anticomunisti dell’eversione 1969-1974 indicano quanto le stragi siano «figlie» della divisione bipolare del mondo e come sia ineludibile discutere il ruolo della Nato nel nostro Paese, ovvero un’alleanza militare strumento della Guerra Fredda in funzione anti-sovietica.

La guerra fredda, riassunto di storia per gli alunni del terzo anno della Scuola Sec. di I grado a cura della Prof.ssa Gabriella Rizzo | Homework & Muffin

Nei decenni che hanno visto il lento singhiozzare dei processi per le stragi di stato, sono emersi molti elementi di connessione tra gruppi neofascisti e ufficiali della Nato.

L’inchiesta del giudice Guido Salvini su Piazza Fontana ha mostrato come i dirigenti di On, Carlo Digilio (che fabbricava le bombe), Sergio Minetto e Giovanni Bandoli fossero legati al capitano del comando Nato di Verona David Carret. I rapporti dei capi ordinovisti con i servizi segreti (agli atti della commissione parlamentare stragi), configurano On come gruppo inquadrato nei cosiddetti «Stati Maggiori Allargati» ovvero un ambito operativo anticomunista «misto» militari-civili delineato nel convegno dell’Istituto Pollio di Roma nel 1965 (finanziato dal ministero della Difesa) in cui venne teorizzata la strategia stragista.

Marco_Pozzan

Vertici delle forze armate sono stati condannati per fatti relativi alle stragi (Gianadelio Maletti, capo del controspionaggio del Sid, per favoreggiamento di Marco Pozzan [foto sopra] e Guido Giannettini per Piazza Fontana); riconosciuti referenti dei gruppi neofascisti (il generale Giuseppe Aloia commissionò a Rauti e Giannettini l’opuscolo provocatorio «Le mani rosse sulle forze armate»); individuati come responsabili di apprestamenti militari anticomunisti (il generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo col «Piano Solo» [perché fatto solo dai carabinieri] del 1964). La più importante figura dell’intelligence italiana Federico Umberto D’Amato, capo dell’Ufficio Affari Riservati, è indicato dalla nuova inchiesta sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 come uno dei mandanti del massacro. A lui è intitolata una sala della sede Nato di Bruxelles. Junio Valerio Borghese per il suo «governo» aveva redatto un programma (agli atti dell’inchiesta sul golpe dell’8 dicembre 1970) che prevedeva l’aumento dell’impegno finanziario e militare dell’Italia nella Nato e una politica filo-atlantica nel Mediterraneo con le dittature di Grecia, Spagna e Portogallo. La commissione Pike del Congresso USA, denunciò nel 1976 i finanziamenti illeciti della CIA alle attività anticomuniste in Italia. 800.000 dollari giunsero a Vito Miceli (capo del SID) e da lui ai gruppi dell’estrema destra e al Msi, come raccontò nel 1993 a «La Stampa» il missino Giulio Caradonna «I soldi del Dipartimento di Stato, che vennero attraverso il generale Miceli allora capo del Sid e quindi alta autorità della Nato, li portò Pierfrancesco Talenti direttamente ad Almirante». Tale complessa dinamica fu sintetizzata dalla formula “strategia della tensione”, per rappresentare la combinazione di 2 fattori: la destabilizzazione della vita civile attraverso l’uso anonimo della violenza e la stabilizzazione politica in senso reazionario come risposta alla democrazia conflittuale disegnata dalla Costituzione. Si aggiornò il conflitto continuità/rottura che aveva già informato il carattere della transizione dell’Italia del dopoguerra. La «continuità [scrive Claudio Pavone] non è sinonimo di immobilismo», essa tende ad esprimersi come un moto dinamico e forte di fronte alle spinte innovatrici di rottura (quelle presenti nell’Italia degli anni 1943-‘45 e ’60-’70), per garantire il perdurare degli equilibri storici e degli assetti sociali dati. La Costituzione antifascista e non anticomunista fu il principale obiettivo di questo moto. Nei “giorni del Quirinale” appena trascorsi è stata evocata con animosità (da stampa e politici) una guida istituzionale saldamente “atlantista”. Obliando il significato di quel termine in Italia negli anni della Guerra Fredda e dimenticando che presidenti della Repubblica e del Consiglio giurano fedeltà alla Carta del 1948 dove non si menzionano alleanze militari e invece si rifiuta la guerra. Varcando la soglia dei comandi Nato a Verona si troverà, forse, qualcuna delle prove che Pasolini non aveva quando spiegava «cos’è questo golpe». Si potrebbe dare, così, soluzione anche all’altro cruccio del poeta: «Il problema è questo: i giornalisti e i politici pur avendo delle prove, e certamente degli indizi, non fanno i nomi».

 

Più di 20 morti sospette a Capo Frasca e nessuna indagine. A Foras: “Raccoglievano bombe senza protezione”

In Sardegna dagli anni ‘50 sperimentano nuove armi all’uranio impoverito (cancerogeno).

Da allora la Sardegna è un territorio segnato dalle bombe, pur essendo sempre stata in pace. In 5 province conta 31 basi militari Nato. Quelle principali si trovano a Capo Frasca ad Ovest, Capo Teulada a Sud-Ovest, e Sartu de Chìrra (Salto di Quirra) a Sud-Est.

La regione Sardegna venne scelta allo scopo, molti anni fa, per la scarsa densità abitativa e per la sua posizione strategica al centro del Mar Mediterraneo. Per 9 mesi all’anno i militari della Nato si esercitano via aria, terra e mare. Qui sperimentano nuove armi prima di immetterle sul campo: missili, razzi e componenti a base di uranio impoverito. Dagli anni ‘50 quindi, la Sardegna ospita poligoni interforze. Una presenza controversa, contestata da molte associazioni della società civile che denunciano effetti negativi su ambiente, uomini e animali. Nel 2020 il governo italiano ha stanziato 46 milioni di euro per la tentata bonifica delle aree interessate…

Nel 1956 a Capo Teulada, nel Sulcis (foto), è stato creato il 2° poligono più grande d’Europa. Si tratta dell’unico poligono che consente di svolgere esercitazioni anche in territorio fuori area ospitando attività addestrative “combined”, cioè condotte in combinazione con forze di altri Paesi alleati. Comprende 7mila ettari di demanio militare e si divide essenzialmente in 4 zone che, in posizione oraria, vengono classificate in alfa, bravo, charlie e delta. Delta è il promontorio finale in cui i militari si esercitano con missili e bombe sperimentali, occupando altri 75mila ettari di zona militare. Alcuni di questi chilometri sono interdetti agli stessi militari, troppo pericolosi anche per loro. Queste cosiddette servitù militari – “zone di restrizione dello spazio aereo e interdette alla navigazione” – sono così impiegate per le esercitazioni di tiro contro costa e tiro terra-mare.

Sul terreno, restano tracce visibili. Durante l’estate i bagnanti trovano resti di bombe, bossoli e cumuli di rifiuti. Tra le profondità del paradiso terrestre sardo, la realtà non è molto diversa. Si trovano buche che arrivano ad un diametro di 3-4 metri derivate da esplosioni di 500-600 chili di tritolo, bombe inesplose d’aereo lunghe circa 2 metri e altre di 400 chili risalenti ancora agli anni ‘50, anche queste inesplose.

Perdasdefogu, il Poligono Sperimentale Interforze non è recintato e c'è libero accesso a tutti

Tra la provincia di Nùoro e quella del Sud Sardegna, si trova Sartu de Chìrra (Salto di Quirra: letteralmente “campagna di Quirra”), zona storica aragonese nel Sud-Est della regione. L’area comprende 11.6 chilometri quadrati a terra a cui vanno aggiunti 9946 miglia quadrate a mare. Nel Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze, si svolgono attività missilistiche e di collaudo pur essendo sotto inchiesta dal 2011 dalla Procura di Lanusei per via della cosiddetta “sindrome di Quirra”.  La “sindrome” si può sintetizzare come uno stato di vulnerabilità tumorale che da anni affligge, inspiegabilmente, uomini e animali che nascono, vivono e crescono nella zona. I pastori si ammalano di tumori, e le leucemie sono diffuse tra cittadini e militari. Gli animali da allevamento subiscono la stessa sorte e le malformazioni dei nuovi nati non lasciano altri dubbi. La causa si ritiene risieda nell’uranio impoverito, utilizzato nelle munizioni fornite alle unità militari per le esercitazioni. Tre tracce biologiche ne proverebbero la pericolosità: nelle ossa degli animali sono stati trovati valori di torio il triplo più alti del normale; nei polmoni e nei reni residui di piombo e nanoparticelle di cadmio. È diventata molto nota, in località Perdasdefogu, la storia di una famiglia colpita interamente da tumori linfatici. La famiglia era proprietaria di una lavanderia dove i soldati portavano al lavaggio le tute mimetiche. L’inchiesta nel tempo si è arricchita di nuove testimonianze. Gli ex-militari che lavoravano al poligono e che pagano ancora oggi le conseguenze del loro servizio, eseguivano le operazioni di tentata bonifica senza protezione adeguata, ossia con dei semplici guanti in lattice. Se mai venisse riconosciuta la pena di danno ambientale, si potrebbe arrivare ad una sentenza definitiva sul processo sui “veleni di Quirra”

Sentenza Quirra, la parola agli attivisti: le dichiarazioni di Bettina, Teti e Francesco

Per adesso sull’uso di uranio impoverito nelle esercitazioni militari abbiamo solo la denuncia del Presidente della Regione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta.

La Commissione, presieduta dal senatore Paolo Franco, era stata in Sardegna il 17 ottobre del 2005, e durante la permanenza nell’isola aveva ascoltato il Presidente della Regione. Renato Soru in quell’occasione, ha riproposto i temi dell’equilibrio delle servitù militari, della restituzione agli usi civili di Capo Teulada, sollevando per questo territorio anche il problema del tipo di armamenti e munizioni in uso nelle esercitazioni.

Spiega SORU: “Cercherò di inquadrare il problema dal punto di vista della Regione. Intanto comprendo che vi occupiate di problemi legati all’utilizzo dell’uranio impoverito e non direttamente di servitù militari, ma per noi sono una componente dello stesso problema.

Vale la pena ricordare che in Sardegna si spara quasi l’80% di tutte le bombe che si sparano in Italia in tempo di pace, sia da parte dell’esercito italiano che da parte degli eserciti nostri alleati. L’80% dell’attività di Poligono viene svolta nella nostra Regione. Nonostante vi abiti circa il 2,5% della popolazione italiana, viene sparato l’80% di bombe. Ricordo in particolare i Poligoni di Salto di Quirra, di Capo Teulada, di Capo Frasca e di Capo San Lorenzo. Oltre a questi vorrei ricordare anche la base di Santo Stefano presso La Maddalena, nata in maniera segreta nel 1972 per garantire ad una nave appoggio di sommergibili nucleari il diritto di attracco.

Gli enti militari utilizzatori sono unità dell’esercito militare italiano, altre Forze armate o corpi armati dello Stato per proprie esigenze o per esercitazioni in cooperazione con unità terrestri, unità alleate terrestri, navali, aeree. Lo Stato Maggiore dell’Esercito dispone e autorizza inoltre, nel rispetto delle norme per l’utilizzo del Poligono di Capo Teulada, lo svolgimento di particolari esercitazioni (non è chiaro cosa si intenda con «particolari esercitazioni»), o sperimentazioni di interesse nazionale o NATO.

”Non solo (conclude il Presidente della Regione), non ci viene detto che non si utilizza munizionamento contenente uranio impoverito, ma anzi, in base al disciplinare in scadenza nel 2005, risulta che a Capo Teulada in questo momento sono autorizzate particolari esercitazioni o sperimentazioni di interesse nazionale o NATO. Si dice poi che «il Poligono viene autorizzato per l’effettuazione di esercitazioni a fuoco terrestri, esercitazioni navali di tiro contro costa e sbarchi anfibi, esercitazioni a fuoco aeree», sempre con l’indicazione di esercitazioni particolari e sperimentazioni. Cosa accade li esattamente non è dato sapere”.

 L’Ucraina (dove vengono esplose le bombe sperimentate in Sardegna), ha vietato l’utilizzo dell’amianto soltanto nel 2020. Tutti gli edifici sono quindi ancora contaminati e la loro distruzione causa il disperdersi delle sue fibre che sono cancerogene e per questo estremamente dannose per la salute.

L’esperto parla non solo di amianto, ma anche di uranio impoverito, mercurio e arsenico. E ancora idrocarburi ed emissioni.

Tutti elementi che in Ucraina stanno contaminando i terreni, le falde e l’aria. “La guerra (ha detto Baldi), è di per sé un’attività che inquina, non solo dal più banale punto di vista delle emissioni in atmosfera dovute al passaggio di mezzi che bruciano carburante, ma anche e soprattutto delle sostanze nocive rilasciate dalle deflagrazioni o dell’amianto largamente utilizzato nelle costruzioni che sono state distrutte rilasciando le pericolose fibre”.

I mass media nel 2000 dichiarano: Diecimila e ottocento proiettili a uranio impoverito sono stati sparati dagli aerei americani A-10 nella missione in Bosnia tra il 1994 e il ‘95. Lo ammette la Nato e lo dice l’allora ministro della Difesa italiano, Sergio Mattarella, nel corso dell’audizione in commissione difesa della Camera.

Per la prima volta l’Alleanza Atlantica dichiara di avere usato in maniera massiccia quel tipo di munizioni. Lo fa 5 anni dopo, suscitando le perplessità del governo italiano: “Devo manifestare rammarico (disse Mattarella), per il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un’informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionale”.

Solo nel 2000 si viene a sapere che i proiettili all’uranio sono stati utilizzati in tre tornate: il 5 agosto e il 22 settembre 1994 nell’operazione Deny Flyght, e tra il 29 agosto e il 14 settembre 1995 nell’operazione Deliberate Force. Troppo tardi, al punto che lo stesso Mattarella chiese “di prevedere in seno all’Alleanza atlantica procedure più adeguate di condivisione delle informazioni e approntare misure comuni su materie così delicate”.

 

Un vero amico della libertà dev’essere

nemico di ogni potere; di ogni autorità,

di ogni comando, di ogni elevazione di uomo

al disopra di altri uomini, dev’essere nemico

di ogni legge, di ogni ordine prestabilito,

dev’essere, in una parola, un anarchista.

C. Cafiero

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)