La mafia: soldati, politici, psichiatri e secondini

 Marina-militare-comandanti

L’arroganza e il malaffare (magna magna) dell’apparato militare della marina italiana
13 gennaio 2015
“Pizzo come i malavitosi”, 7 arresti per le tangenti su appalti della Marina militare
Scandalo in Marina Militare. Per la procura di Taranto ufficiali e responsabili degli uffici
imponevano il pizzo alle aziende fornitrici e dell’appalto. Un sistema di tangenti a percentuale fissa,
il 10% sull’importo di ogni appalto o fornitura, sotto minaccia di rallentare o ostacolare i pagamenti.
“Come la malavita organizzata”, il pizzo veniva imposto “in modo rigido e con brutale e talora
sfacciata protervia”, scrive il gip Pompeo Carriere nell’ordinanza di custodia cautelare, causando
danni notevoli sia alle singole imprese che all’intera economia locale. Con l’aggravante che il giro di
tangenti era imposto da dipendenti dello Stato, per la maggior parte militari, “che hanno giurato
fedeltà alla Repubblica e all’osservanza delle regole, innanzitutto deontologiche, dell’ordinamento di
appartenenza”. Secondo gli investigatori, il “sistema del 10 %” andava avanti da almeno 10 anni,
una prassi illecita che tacitamente si trasferiva da un comandante all’altro, come un passaggio di
consegne.
All’alba di questa mattina sono scattate le manette, per l’attuale e due ex vice direttori del
commissariato militare marittimo di Taranto (Maricommi), un ex capo reparto, un sottufficiale capo
deposito, un dipendente civile addetto alla contabilità del reparto e un capo ufficio del settore
logistico dello Stato Maggiore della Marina militare, tutti accusati di concussione. Gli arresti sono
stati eseguiti a Roma, Napoli e Taranto.
In carcere sono finiti il capitano di vascello Attilio Vecchi, di 54 anni (in servizio al Comando
Logistico di Napoli); il capitano di fregata Riccardo Di Donna, di 45 anni (Stato Maggiore della
Difesa-Roma); il capitano di fregata Marco Boccadamo, di 50 anni (Stato Maggiore Difesa-Roma);
il capitano di fregata Giovanni Cusmano, di 47 anni (Maricentadd Taranto); il capitano di fregata
Giuseppe Coroneo, di 46 anni (vice direttore Maricommi Taranto); il luogotenente Antonio Summa,
di 53 anni (V reparto Maricommi Taranto); e Leandro De Benedectis, di 55 anni (dipendente civile
di Maricommi Taranto).
Il fascino delle divise….
Secondo gli investigatori le tangenti venivano riscosse dall’ufficiale alla guida del V reparto e poi
divise in percentuali a seconda degli accordi con chi aveva seguito l’iter amministrativo della
pratica. C’era da oliare diversi ingranaggi: chi dal comando di vertice assicurava la copertura
finanziaria sui relativi capitoli di bilancio, chi autorizzava l’atto di spesa, chi sottoscriveva l’atto
dispositivo, chi materialmente contabilizzava assegni e provviste ed infine chi si interfacciava
direttamente con la vittima del sistema. Il tutto naturalmente suddiviso in percentuali formulate in
base all’importanza che rivestiva nel procedimento ogni singolo attore.
L’inchiesta del sostituto procuratore Maurizio Carbone è decollata il 13/3/2014 quando fu arrestato
in flagranza di reato il capitano di fregata Roberto La Gioia, 45 anni, comandante del 5° reparto di
Maricommi, fermato nel suo ufficio subito dopo aver intascato una tangente di 2mila euro da un
imprenditore. Questo aveva già denunciato tutto ai carabinieri sostenendo di aver subìto per anni il
“sistema del 10%” e versato tangenti per circa 150 mila euro per mantenere l’appalto dello
smaltimento delle acque di sentina delle navi militari. Fra casa ed ufficio del militare, gli
investigatori trovarono circa 44mila euro ma soprattutto alcune pen drive su cui era annotata la
contabilità occulta e la lista delle imprese che pagavano tangenti.
Giro di pizzo alla marinara…
Il 5° reparto di Maricommi, guidato da La Gioia fino al suo arresto, è quello che si occupa
dell’approvvigionamento, stoccaggio e rifornimento di combustibili e lubrificanti delle unità navali
della Marina Militare e dei mezzi aeromobili, assicurando rifornimenti h24 e 365 giorni all’anno.
Nei successivi 9 mesi gli investigatori si sono concentrati sulle dichiarazioni dell’ufficiale arrestato,
hanno ascoltato i titolari delle imprese che lavorano con la Marina militare, messo sotto controllo
telefoni e sequestrato documenti, computer e buoni carburanti, portando alla luce un giro di pizzo di
notevoli dimensioni.

 

 

parlamentare vitalizio-a-vita

 

Alla a società dei magnaccioni non gli basta mai!!
Che figura di merda ‘sti borghesi ipocriti….
13 gennaio 2015
“Non tagliateci i vitalizi”: da sinistra alla Lega.
Le larghissime intese in carta bollata, pur di rivendicare i propri “diritti acquisiti”. Sono 54 gli ex
consiglieri regionali del Pirellone che hanno presentato ricorso al Tar lombardo (sperando di portare
il caso in Corte costituzionale) contro la legge regionale che ne ha decurtato l’assegno vitalizio. Si
va dal leader del ‘68 e di Democrazia proletaria Mario Capanna al leghista Alessandro Patelli,
passato alla storia come un “pirla” (si definì così da solo) per il suo coinvolgimento in
Tangentopoli; dall’ex comunista (finito in Forza Italia) Giampietro Borghini all’attuale assessore
comunale alla casa, Daniela Benelli; dal dc Gian Carlo Abelli, gran visir della sanità ciellina, all’ex
assessore Antonio Simone, poi finito in carcere per i fondi neri della Maugeri. Tutti eletti che dopo
una legislatura (o anche meno) e allo scattare dei 60 anni di età si sono portati a casa un vitalizio
medio da 2mila 600 euro.
Secondo una stima di poco meno di un anno fa, la Regione Lombardia in questi anni aveva speso
oltre 150 milioni di euro in vitalizi: più di 4 volte i contributi effettivamente maturati dai
consiglieri….

 

psichiatri

 

Clan Mallardo: così gli psichiatri aiutarono il boss a fingersi pazzo, 12 arresti,
sequestri da 8 mlioni
13 gennaio 2015
Dodici arresti, sequestri di beni per un valore di oltre 8 milioni di euro, decine di perquisizioni in
Campania ed altre regioni. E’ il bilancio di un blitz contro il clan camorrista dei Mallardo, con base
operativa nel territorio di Giugliano. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip del
Tribunale di Napoli: tra i reati contestati, associazione di stampo mafioso, estorsione, truffa,
ricettazione, violenza privata, minaccia, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti
pubblici e false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, turbativa d’asta.
Nel mirino, l’ala “militare” del clan, capeggiata da Vincenzo D’Alterio, Giuseppe Ciccarelli e
Giuliano Pianese (quest’ultimo formalmente dipendente della Asl Napoli 2 Nord), che, “mediante
l’intimidazione mafiosa, hanno controllato il territorio sulla fascia costiera dell’area settentrionale di
Napoli (Varcaturo, Lago Patria e Licola)”. Contestualmente, si è proceduto al sequestro di un
ingente patrimonio costituito da aziende operanti in diversi settori economici (produzione di
prodotti di panetteria, commercio di auto, supermercati, intermediazione finanziaria ed edilizia),
veicoli, beni immobili e rapporti finanziari.
Le indagini, condotte attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche,
videosorveglianza occulta, accertamenti patrimoniali e bancari, hanno consentito di ricostruire
“numerosi e gravissimi episodi criminali, nonchè le prassi operative utilizzate per il mantenimento
economico e logistico dell’organizzazione”.
Tra l’altro, sono state documentate “le false attestazioni redatte da medici psichiatri (tra cui un degli
arrestati di oggi, Gennaro Perrino) in servizio presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl
Napoli 2 Nord, in favore di Vincenzo D’Alterio, propedeutiche al riconoscimento della infermità
mentale, che gli hanno consentito l’ottenimento non solo dei benefici carcerari ma anche di specifici
emolumenti previdenziali”. In particolare, gli investigatori del Gico di Roma hanno accertato come
in realtà il D’Alterio avesse, “sistematicamente e per l’intera durata delle indagini, assunto
comportamenti certamente non indicativi di deficit psichiatrici, soprattutto se coniugati alla sua
capacità di impartire direttive ai propri sodali”.
Certificati anche la riscossione delle cosiddette ‘mesate’, ovvero le provviste di denaro che il clan
Mallardo elargisce, mensilmente, in favore degli affiliati e dei rispettivi congiunti; “episodi estorsivi
perpetrati in danno di aziende e società che, nel tempo, si sono aggiudicate
appalti pubblici con il Comune di Giugliano in Campania ovvero finalizzati all’imposizione di
forniture di prodotti di panetteria”; “le collusioni con un appartenente alla Polizia penitenziaria,
in servizio presso l’Istituto di Secondigliano, che veicolava notizie riservate di interesse tra
detenuti e affiliati non detenuti dell’organizzazione”. Le indagini hanno attestato anche “il costante e
determinante apporto fornito al sodalizio criminale da diversi imprenditori.

 

Rsp (individualità Anarchiche)