ILARIA ALPI: “L’ultimo viaggio”. Questa sera, ore 21,30 Rai 3

ILARIA ALPI: “L’ultimo viaggio”. Questa sera, ore 21,30 Rai tre

 

Va in onda questa sera alle 21.30 su Rai3 la docu-fiction Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio.

Sono passati 21 anni dalla morte di Ilaria Alpi, giornalista Rai e del suo operatore Miran Hrovatin, uccisi in un agguato a Mogadiscio il 20/3/1994. Da allora molti misteri, molti depistaggi, hanno tenuta nascosta la verità sui mandanti, sugli esecutori materiali, sul movente di quel sangue. La docufiction prova a accendere qualche nuova luce sull’inchiesta che Ilaria Alpi stava facendo in Somalia sul traffico internazionale di armi, ora che nuovi documenti sono stati de-secretati e nuove testimonianze acquisite. Claudio Caneapari e Lisa Iotti presentano in particolare due nuovi documenti Onu, che si occupano proprio del traffico di armi nel 1992 e 1994 e seguono una nuova pista che porta molto lontano dalla Somalia: è da Riga in Lettonia, che forse si può fare luce sul traffico di armi che Ilaria stava inseguendo.

La docufiction offre anche spettacolari e commoventi materiali inediti, le molte cassette girate da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in quell’ultimo viaggio, immagini delle 7 inchieste precedenti nella Somalia di quegli anni. Tutte cassette rimaste per anni negli archivi della Camera dei deputati, dove 4 commissioni di inchiesta, in questi 21 anni, non hanno dissipato nebbie e interrogativi. Attraverso quelle immagini e le interviste di Lisa Iotti, già inviata di Presa diretta, ad amici, colleghi e testimoni diretti, la docu-fiction ci restituisce un ritratto inedito di Ilaria Alpi, giornalista ostinata, che non si accontentava mai delle verità ufficiali, specie nei teatri di guerra, dove la verità è sempre la prima vittima.

Cosa aveva scoperto Ilaria Alpi durante il suo ultimo viaggio? Che cosa le è stato impedito di raccontarci con quell’ultimo agguato a Mogadiscio?

Il 23/2/2006 un’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta, dopo due anni, concluse i suoi lavori con tre relazioni contrapposte. Durante le audizioni vennero sentiti numerosi testi a vario titolo coinvolti o a conoscenza delle dinamiche e dei fatti. Tra essi Mario Scialoja, ex ambasciatore italiano, che escluse o ritenne minima la possibilità di matrice fondamentalista islamica, e vari appartenenti ai servizi informativi SISMI e SISDE che invece contemplarono una forte possibilità di questa matrice.

La commissione cercò di riscontrare l’ipotesi che l’omicidio fosse avvenuto “nell’ambito di un tentativo di rapina o di sequestro di persona conclusosi solo fortuitamente con la morte delle vittime, e questa tesi veniva accreditata anche in base ad un rapporto riservato di UNOSOM del 3/4/’94, da cui citava “è probabile che i banditi intendessero non appropriarsi del veicolo, ma rapinare due cittadini occidentali…”. Contestualmente, veniva citato come fonte il somalo Ahmed Ali Rage, detto “Gelle”, che accusava un altro somalo, Hashi Omar Hassan, di avergli raccontato che l’intenzione iniziale fosse di rapire i due giornalisti e che la situazione fosse poi degenerata nella sparatoria; Hassan venne arrestato anche sulla base di queste dichiarazioni quando arrivò in Italia per testimoniare ad un altro processo, quello sulle presunte violenze a carico di soldati del contingente italiano appartenenti alla brigata paracadutisti Folgore. Altro movente che venne preso in considerazione fu il rancore verso gli italiani a causa di un arresto subito dallo stesso Hassan da parte proprio di un contingente della Folgore intervenuto a separare una rissa, durante il cui intervento Hassan colpì un ufficiale italiano. Ancora ad avvalorare questa ipotesi, nella relazione lunga 687 pagine, Valentino Casamenti dichiara che “i banditi liberati (dopo l’arresto da parte italiana) versavano in gravi condizioni economiche. Dovevano ripagare i loro avvocati ed avevano comunque urgente bisogno di soldi. Avevano deciso allora di sequestrare degli italiani per vendicarsi del trattamento subito dalla Folgore…”, anche se la giornalista Giuliana Sgrena, amica della Alpi ed arrivata a Mogadiscio subito dopo l’uccisione, nella sua audizione il 20/7/2005 dichiarò che “Si è detto che potesse essere un sequestro, ma allora sembrava abbastanza inverosimile. La stessa Sgrena fu ascoltata in merito all’ipotesi di una “ritorsione di natura economica, ovvero vendetta anti italiana o anti occidentale” insieme al giornalista di Repubblica Vladimiro Odinzoff, che intervistò un suo contatto somalo, un morian che aveva a suo dire partecipato alla battaglia del Pastificio e che raccontò di una banda di 15 criminali somali arrestati da un gruppo misto del Col Moschin e della polizia somala, brutalmente picchiati all’arresto e anche in carcere, tanto che uno avrebbe perso l’uso delle gambe, da cui la ragione della vendetta; questa fonte, sebbene ritenuta credibile da Odinzoff e dalla Sgrena, tanto che il primo ne ricavò un articolo pubblicato su La Repubblica il 5/4/1994 con titolo Ilaria e Miran uccisi dalla malavita somala, sebbene nessun riscontro fosse stato trovato a supporto.

Il 5/9/2012, come già su un articolo de l’Unità del 7/2/2006, Taormina ha dichiarato: «Ilaria Alpi è morta a causa di una rapina. Era in vacanza non stava facendo nessuna inchiesta, la commissione che presiedevo lo ha accertato. Ho un documento che manterrò privato per rispetto alla sua memoria che racconta tutta un’altra storia».

Il 20 marzo 2014, esattamente venti anni dopo la scomparsa, Rai3 ha ricordato le figure di Ilaria e Miran attraverso uno speciale in prima serata, condotto da Andrea Vianello, chiamato La strada della verità, in cui sono state raccontate, anche grazie alle testimonianze, le ricostruzioni e i racconti dei vari ospiti in studio, le ultime ore di vita dei due giornalisti inviati in Somalia. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fda5fa4d-95f2-4777-8490-851c92929dbf.htm

Il 21/11/ 2014 Luciana Alpi, madre di Ilaria, ha scritto una lettera ai vertici dell’associazione e del premio Ilaria Alpi in cui, dimettendosi da socio, chiede di chiudere il premio giornalistico perché non è stata fatta giustizia sulla morte della figlia “questo impegno con l’andare degli anni è divenuto particolarmente oneroso, anche per l’amarezza che provo nel constatare che, nonostante il nostro impegno, le indagini in sede giudiziaria non hanno portato alcun risultato.”

“Un traffico d’armi per conto della Cia”: l’ultima verità su Ilaria e Miran

10 aprile 2015

NESSUNA rapina o tentativo di sequestro. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono caduti in un’imboscata. Un agguato studiato nei dettagli per mettere a tacere due giornalisti diventati troppo pericolosi. Grazie ad una soffiata della parte dei Servizi italiani rimasta legata al signore della guerra Mohammed Farah Aidid, il Tg3 della Rai avrebbe raccolto sufficienti indizi per smascherare un traffico d’armi clandestino portato avanti da due noti broker internazionali: il siriano Monzer al-Kassar e il polacco Jerzy Dembrowski. Il tutto in un territorio controllato dall’altro signore della guerra somalo, Mohammed Ali Mahdi, su cui avevano puntato gli Usa. Un traffico svolto per conto della Cia e gestito dalla flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia per incrementare l’industria peschiera nell’Oceano Indiano del Corno d’Africa. Non è facile rievocare l’assassinio di Ilaria e Miran. Soprattutto dopo 21 anni da quella tragica esecuzione a Mogadiscio. E’ stata esplorata in 8 processi, indagata da 4 Commissioni parlamentari e conclusa, almeno da un punto di vista giudiziario, con una condanna a 26 anni nei confronti di un cittadino somalo, Hashi Omar Assan, che molti (compresa la mamma di Ilaria) credono innocente.

Con la docu-fiction elaborata in oltre un anno di indagini che andrà in onda su Rai 3 alle 21,30, gli sceneggiatori Claudio Canepari e Massimo Fiocchi, sono riusciti a ripercorrere gli ultimi mesi di lavoro e di vita di Ilaria Alpi. Col titolo “Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio “, realizzato anche da Mariano Cirino e Gabriele Gravagna e raccontato dall’inviata Lisa Iotti, il video si snoda in un racconto chiaro, dal ritmo battente, con immagini del tutto inedite sui 200 giorni trascorsi in Somalia dalla giornalista del Tg3. Grazie alle riprese conservate dall’operatore Rai Alberto Calvi che ha sempre seguito con Ilaria l’operazione Restore Hope, rinunciando all’ultima, fatale missione, si scopre il lavoro costante della collega.

Solo la lettura degli atti desecretati, assieme alle testimonianze dello stesso Calvi, di Franco Oliva, l’ex funzionario della Farnesina spedito in Somalia per mettere ordine nell’attività della Cooperazione e vittima a sua volta di un attentato a cui è scampato per miracolo, il lavoro di Ilaria e Miran prende corpo e forma. Le rivelazioni di un ex appartenente alla “Gladio“, rete clandestina anticomunista, riempiono infine quei vuoti che né la magistratura né la Commissione di indagine erano riuscite a colmare, aprendo la strada all’agguato per rapina o sequestro.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin si erano avvicinati troppo ad un traffico che doveva restare segreto: riguardava anche la spedizione in Somalia di una partita di 5000 fucili d’assalto e 5000 pistole da parte degli Usa. Ufficialmente. Ma in realtà, attraverso una triangolazione che aggirava l’embargo decretato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu nel 2002, una partita destinata alla neonata federazione croata-bosniaca durante la guerra nell’ex Jugoslavia.

Due differenti carichi, trasferiti da navi della Lettonia a navi della Shifco sempre al largo della Somalia, sono segnalati in due rapporti delle Nazioni Unite del 2002 e del 2003. Il primo avviene il 14/6/1992; il secondo nel marzo del ‘94: è identico a quello registrato a bordo della “21 Oktoobar“, l’ammiraglia della flotta Schifco, la cui rotta è tracciata dai Lloyds fino al porto iraniano di Bandar Abbas. Di qui, avrebbe preso il largo verso la Croazia a bordo di un’altra nave. Ilaria e Miran moriranno pochi giorni dopo.

La “Faarax Oomar“, l’altra nave della Schifco, con a bordo 2 italiani e ormeggiata a Bosaso su cui indagava la giornalista Rai, era ostaggio del clan di Ali Mahdi. Serviva come garanzia del pagamento della tangente per il traffico d’armi Usa-Italia destinato a Zagabria. Ilaria Alpi ignorava tutto questo. Ma aveva dei sospetti. Cercò di chiarirli nella sua ultima intervista al sultano di Bosaso: gli chiese se la “Farax Oomar” ormeggiata in porto era sotto sequestro. Una domanda fatale.

Nella docu-fiction basta osservare la reazione del capo tribù. Ilaria e Miran verranno attirati in una trappola con una telefonata di cui si ignora l’autore. Lasciano il loro albergo e si avventurano nella parte sud di Mogadiscio per raggiungere l’hotel Amana. Fanno qualcosa che non avrebbero mai fatto se non davanti a qualcosa di eccezionale. Dopo un agguato verranno freddati entrambi con un colpo alla nuca. Una vera esecuzione. Per mettere fine a quella curiosità e al riparo un segreto imbarazzante….

Rsp (individualità Anarchiche)