Le trame occulte di un potere militare sovranazionale (P2) e gli intrallazzi dei loro servi (i servizi segreti)

LE TRAME OCCULTE DI UN POTERE MILITARE SOVRANAZIONALE (P2)

E GLI INTRALLAZZI DEI LORO SERVI (SERVIZI SEGRETI)

I Servizi Segreti Usa, già nel 1942 durante il fascismo, allacciano rapporti con la mafia siciliana e determinati settori politici (massomafia…), e instaurano durature alleanze coi gabellotti.

Il SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) fu istituito il 1°/9/1949 ed era subordinato ai servizi segreti che facevano parte della Nato. Il Sifar era simile al vecchio SIM fascista. Fu istituito, con procedura anomala, senza nessun dibattito parlamentare. Il repubblicano ministro della Difesa, Randolfo Pacciardi, firmò una semplice circolare interna. Il primo direttore del SIFAR, il generale di brigata Giovanni Carlo Del Re, operava sotto l’esplicita supervisione dell’emissario della Nato in Italia, Carmell Offie.

Nel 1951 il gen. Umberto Broccoli, almeno sulla carta, darà l’avvio a “Gladio“.

La NATO fu creata In Italia nell’aprile del 1949, e fu istituita non solo per evitare che il comunismo entrasse nel potere politico, ma anche per controllare la situazione politica nei paesi che facevano parte dell’Alleanza atlantica…

Le attività “antisovversive”, cioè le azioni per arginare la crescita elettorale dei partiti di sinistra, cominciarono prima ancora che in Italia venissero ricostituiti i servizi segreti.

Gli Stati Uniti avrebbero fornito “assistenza militare e economica al movimento clandestino “Osoppo” formata da partigiani bianchi, che costituirono l’ossatura della gladio( bianca e nera) atlantica.

Ad esempio, durante le elezioni del 18/4/1948, l’organizzazione “Osoppo” ( l’antenata di Gladio), composta da 4.484 uomini, venne schierata segretamente lungo il confine orientale per contrastare una ipotetica invasione dell’esercito sovietico.

All’Italia, con la sua adesione al Patto Atlantico, furono imposti numerosi obblighi, tra cui quello di passare notizie riservate e ricevere istruzioni da una speciale centrale della CIA, chiamata in codice “Brenno“.

Il SIFAR, servizio informazioni difesa, del generale Giovanni De Lorenzo reggerà le fila del controllo occulto della politica italiana degli anni caldi precedenti al rivoluzionario decennio aperto dalla contestazione del 1968 ( gli studenti con gli operai).

Si infittirono i rapporti coi servizi segreti della Nato, che fin dal dopoguerra avevano installato un’importante centro operativo in Italia.

La stazione CIA di Roma funzionerà egregiamente, gli americani furono in grado di tessere una fitta ragnatela che piegherà le decisioni del governo alla volontà degli alleati d’oltreoceano.

La rete Stay Behind, cioè in Italia la Gladio, era attiva anche in molti altri paesi europei, coordinata da accordi che intercorrevano tra i vari servizi segreti che avevano aderito al Patto atlantico. Nel caso italiano la CIA e il SIFAR, come ha rilevato lo stesso giudice Casson nella sua indagine, operavano a condizionare e a scavalcare qualsiasi decisione del nostro Parlamento, unico organismo in grado di ratificare trattati internazionali di questa natura, qualora essi fossero ritenuti legittimi.

E’ vecchia abitudine, questa, di organizzare reti clandestine totalmente svincolate da qualsiasi controllo, per piegare una democrazia, già vacillante in realtà sotto i colpi delle feroci repressioni operaie del Ministro dell’Interno, on. Mario Scelba, protagonista della repressione di operai e braccianti negli anni immediatamente a ridosso della proclamazione della Repubblica democratica fondata sul lavoro.

Mario Scelba va ricordato come il fondatore del reparto Celere della polizia di stato (negli anni divenuto tristemente famoso per i metodi antiguerriglia, nella repressione delle agitazioni operaie e popolari di piazza).

Come lo stesso Scelba conferma in un’intervista comparsa nel 1988 “[…] Posso aggiungere che non mi limitai a reclutare forze di Polizia affidabili, ma creai una serie di poteri per l’emergenza, una rete parallela a quella ufficiale che avrebbe assunto automaticamente ogni potere in caso di insurrezione.”   Durante gli anni del generale dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, che assunse la dirigenza del SIFAR nel 1955, fu creato il progetto del “Piano Solo” per un colpo di stato e gli agenti del SIFAR (brigata meccanizzata dei carabinieri comandati da De Lorenzo …) cominciarono a schedare in massa gli italiani: oltre 155.000 esponenti della sinistra istituzionale e non, semplici simpatizzanti, sindacalisti, operai.

Si volle far credere che la schedatura generalizzata del SIFAR fosse una operazione “deviata” messa in atto per iniziativa singola del generale De Lorenzo, mentre gli erano complici autorevoli esponenti democristiani del governo italiano, con l’appoggio dei servizi segreti della Nato.

In un accordo, stipulato coi servizi segreti Usa nel giugno 1962, De Lorenzo impegnava il SIFAR a programmare azioni di emergenza coi servizi segreti atlantici, senza avvertire il governo.

Nel marzo 1963 William Harvey, il responsabile dell’assassinio di Patrice Lumumba, l’eroe della lotta per l’indipendenza del Congo, diventava “capostazione” della CIA a Roma.

Col colonnello Rocca concordava la formazione di “bande d’azione” che dovevano attaccare sedi della DC, per fare ricadere la responsabilità sulle sinistre.

Il col. Rocca organizzò le squadre di Milano, Torino, Genova e Modena, aiutato da Luigi Cavallo, un ex militante del PCI, espulso dal Partito come spia.

Nominato sul finire del 1962 comandante generale dell’arma dei Cc e quindi costretto a lasciare la guida del servizio segreto, De Lorenzo comunque mantenne il controllo del SIFAR, facendo nominare al suo posto un suo fedelissimo, Egidio Viggiani e facendo occupare i posti chiave da suoi fedelissimi: Giovanni Allavena – responsabile, contemporaneamente, dell’ufficio D (informazioni) e del CCS (controspionaggio) ed in seguito egli stesso ai vertici del SIFAR- e Luigi Tagliamonte che assumerà il doppio (e incompatibile) incarico di responsabile dell’amministrazione del SIFAR e capo dell’ufficio programmazione e bilancio dell’Arma…

Tra il 1960 e il 1964 i socialisti riuscirono ad entrare nell’area di governo.

Nel giugno del 1960, il governo Tambroni, aveva ottenuto la fiducia coi voti determinanti del MSI e della Confindustria, autorizzò il MSI a tenere il suo congresso nazionale a Genova, ci fu una rivolta popolare durata tre giorni, perché si ritenne questa autorizzazione una sfida alle tradizioni operaie e antifasciste della città. Altre manifestazioni antigovernative, dilagate in molte città, furono represse dalla polizia, in qualche caso anche con le armi, che provocò una decina di morti. Cinque nella sola Reggio Emilia.

Uno stato di polizia che usava ancora metodi fascisti (vili e infami). La DC dovette, quindi, sconfessare Tambroni, il fondatore delle polizie parallele…

i protagonisti di quel periodo. Da sinistra Amintore Fanfani, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, Fernando Tambroni

Da sinistra nella foto: Amintore Fanfani, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e Fernando Tambroni

Nel marzo 1962 si formò un nuovo governo Fanfani, concordato coi socialisti che si impegnavano a dare il loro appoggio ai singoli progetti legislativi. Nelle elezioni politiche dell’aprile del 1963 ci fu una fortissima avanzata del PCI.

La ragnatela massomafiosa atlantica e anticomunista si mobilitò: Nel luglio del 1964, si fece udire il famoso “rumòr di sciabole”, di cui parlò l’allora segretario socialista Pietro Nenni: la formazione del secondo governo di centro-sinistra, guidato da Aldo Moro, fu minacciata dalla possibile messa in atto del già progettato colpo di stato, il “Piano Solo”, che sarebbe scattato se il governo di sinistra avesse adottato un programma veramente progressista.

Carabinieri, gruppi di civili, ex parà e repubblichini di Salò, addestrati nella base segreta di Gladio di Capomarrargiu e reclutati dal col. Rocca, capo dell’ufficio Rei (Reparto enucleandi interni) del SIFAR, avrebbero partecipato al golpe. La Confindustria e alcuni circoli militari, legati all’ex ministro della Difesa Pacciardi, avrebbero finanziato alcune formazioni paramilitari……

In un elenco, rinvenuto negli archivi della CIA di Roma, c’erano i nomi di circa duemila anticomunisti che si dichiaravano pronti a compiere anche atti terroristici. Il “Piano Solo” prevedeva la cattura degli “enucleandi”, cioè di dirigenti comunisti, socialisti, e di sindacalisti; e l’occupazione armata delle sedi dei partiti di sinistra, le redazioni dell’Unità, le sedi della Rai e le prefetture.

Nel 1965 il SIFAR fu sciolto. Ed era l’ennesimo scioglimento di facciata di un servizio segreto corrotto e “deviato”.

Con un decreto del Presidente della Repubblica, il 18/11/1965, nacque il SID (Servizio Informazioni Difesa), che del vecchio servizio continuerà a mantenere uomini e strutture cattofasciste.

Il comando del SID venne affidato all’amm. Eugenio Henke, molto vicino al ministro dell’Interno dell’epoca Paolo Emilio Taviani, democristiano. Sotto la gestione Henke – che resterà in carica fino al 1970 – prenderà avvio la “Strategia della tensione” che avrà come primo, tragico, risultato la strage di piazza Fontana (12/12/1969).

Il 18/10/1970 Henke venne sostituito dal gen. Vito Miceli, che già dal 1969 guidava il SIOS (il servizio informazioni) dell’Esercito.

Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 un gruppo di neofascisti, capeggiati dal “principe nero” Junio Valerio Borghese, ex comandante della X MAS, mise in atto un tentativo di colpo di stato, nome in codice “Tora, Tora“, passato alle cronache come il “Golpe Borghese“.

Il tentativo di colpo di stato fallì e ancora oggi per molti aspetti appare velato di “misteri”.

Il neo capo del SID, il gen. Vito Miceli, molto legato ad Aldo Moro e nemico giurato del potente democristiano on. Giulio Andreotti, tacque di quel tentativo di golpe, prima di tutto con la magistratura.

Quando nel 1975 l’inchiesta giudiziaria sul golpe Borghese arriverà alla sua stretta finale, Miceli aveva già lasciato il servizio, a causa delle incriminazioni che lo porteranno ad essere arrestato per altri fatti, ancora oggi non del tutto chiariti, come la creazione della Rosa dei Venti, un’altra struttura militare para-golpista (al servizio del Viminale) e dello scontro durissimo col capo dell’ufficio D, un fedelissimo di Andreotti, il gen. Gianadelio Maletti.

gianadelio maletti

Il generale Maletti faceva parte della corrente filo-israeliana( Mossad), mentre il suo rivale, Il generale Miceli, stava coi servizi segreti filoarabi (Enrico Mattei ex partigiano bianco)…

Gli anni della gestione Miceli sono stati gli anni dello stragismo in Italia: da Peteano, alla strage alla Questura di Milano, dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia, all’Italicus. Come era già accaduto a De Lorenzo, anche Miceli finirà la sua carriera in Parlamento: eletto, anche lui, nelle file del MSI-DN di Giorgio Almirante, così come anni dopo capiterà ad un altro capo dei servizi segreti, il gen. Antonio Ramponi, nelle file dell’Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.

Di certo oggi sappiamo che entrambi i servizi segreti furono coinvolti fino al collo nel caso Moro, in quei 55 giorni che trascorsero fra il sequestro del presidente della DC da parte di un commando delle Br e l’uccisione dell’uomo politico (16 marzo-9 maggio 1978).

Nei 55 giorni del sequestro di Aldo Moro accaddero una incredibile serie di stranezze, misteri, coincidenze, buchi nelle indagini, al punto da far pensare che il sequestro Moro fosse stato teleguidato da qualcuno (Nuclei clandestini dello stato), che nulla aveva a che fare coi brigatisti “puri”.

Era ministro dell’Interno l’on. Cossiga, che la mattina del rapimento di Moro stava andando in Parlamento dove doveva nascere un governo con l’appoggio esterno del Partito comunista…

Qualche settimana prima, Aldo Moro era uscito sconvolto da un colloquio avuto negli USA con Henry Kissinger, allora segretario di stato. “Mi ha intimato di non fare il governo con l’appoggio dei comunisti”, dirà ai suoi collaboratori Moro.

Anche in Italia, molti la pensavano come quell’anticomunista, liberale e cattofascistoide di Kissinger: la massoneria, la destra DC e larghi settori del mondo industriale.

Durante il rapimento Moro venne costituito un comitato di crisi presso il ministero dell’Interno, comitato che risulterà composto tutto da aderenti alla P2 (Gelli operava con un proprio ufficio presso la Marina Militare…).

Tra gli esperti, chiamati da Cossiga per il comitato di crisi nei giorni del sequestro, c’era Steve Pieczenick, del dipartimento di stato americano. Cossiga lodò il consulente americano. Non disse nulla, però, della attività svolta da Pieczenick, che in un documento, di cui esiste copia presso l’ambasciata americana di Roma, così si esprimeva: “E’ essenziale dimostrare che nessun uomo è indispensabile alla vita della Nazione”. Sembra, insomma, che Piecznick fosse interessato più alla svalutazione di Moro nella politica italiana che alla sua liberazione.

Il magistrato Libero Mancuso, al processo di primo grado per le bombe del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, esprime la sua opinione al giornalista Gianni Barbacetto, nel libro “Il grande vecchio“:

“Con le nostre inchieste abbiamo capito che quella in cui abbiamo vissuto é una democrazia limitata, con forti condizionamenti all’esterno. Si sono utilizzati mezzi di ogni tipo per impedire qualunque mutamento degli equilibri di potere nel nostro paese. Sono fatti, proseguiti negli anni. Tutti i tentativi eversivi in Italia hanno avuto alle spalle le forze armate, i nostri servizi di sicurezza, la massoneria e i finanziamenti atlantici. Questo é stato il filo nero di questi nostri anni, coperto da segreti di stato, menzogne, attacchi, processi insabbiati, conoscenze disperse. Chi ha lavorato sui misteri d’Italia sa bene cosa deve aspettarsi. Mi hanno definito un capocordata.

E’ stato deprimente vedere attacchi provocatori e meschini partire dai vertici dello Stato, di cui le vittime sono servitori. Volevano farmi passare come un uomo di uno schieramento, che aveva fatto inchieste, non sulla base di indagini, ma per tesi e complotti.”

In questo caso sono stati condannati per depistaggio, con sentenza passato in giudicato, assieme a Licio Gelli, alcuni uomini del SISMI, come il gen. Pietro Musumeci, il col. Giuseppe Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza.

In seguito, costoro furono imputati anche per aver creato, all’interno del servizio segreto militare, una super-struttura occulta, (il cosiddetto SUPERSISMI), addirittura sospettata di aver operato in collegamento con elementi della criminalità organizzata (patto stato-mafia- massomafia)…

La Loggia P2, era una loggia massonica formata dagli alti gradi militari: arma, aereonautica, esercito, marina, un vero e proprio servizio segreto atlantico, trasformata anche in una sede di raccordo e di incontro tra tutte le strutture parallele (servizi segreti) che gestivano il potere reale in Italia.

Nelle liste della P2, rinvenute il 17/3/1981 nella villa di Gelli di Castiglion Fibocchi, risultavano iscritti numerosi nomi di dirigenti dei servizi segreti: Miceli, Maletti, La Bruna, D’Amato, Fanelli, Viezzer.

Vi risultavano anche Giuseppe Santovito, Grassini e Walter Pelosi, capo del CESIS dal maggio 1978.

C’erano i nomi di numerosi altri dirigenti, tra cui Musumeci, capo della segreteria di Santovito, Sergio Di Donato e Salacone, dell’ufficio amministrativo…

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I legami tra CIA e P2 sono stati confermati in un’intervista al TG1 nel 1990, dalle rivelazioni di Richard Brenneke (nella foto) e Razin, ex agenti della CIA, sui finanziamenti dei servizi segreti Usa alla P2.

Presero, quindi, l’avvio le inchieste che portarono a scoprire il ruolo della CCI, la “Kriminal Bank”, usata dai servizi segreti ( che facevano parte della Nato) e dai trafficanti internazionali di valuta, di droga e di armi…

Aveva ragione Shakespeare, già allora, a dire: “con tutti questi sbirri in circolazione (assedio militare- stato di polizia) chi controlla poi il controllore ?”…

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro servi

Rsp (individualità Anarchiche)