Apparato repressivo: altro che ‘poche mele marce’… (3° parte)

3° parte

De Corato nuove minacce del CARC a Fontana

Ma non sono finite qua le malefatte e gli abusi di potere dei servizi segreti e del loro braccio armato, le forze dell’ordine, appunto…

I mass media l’8 settembre scrivono che a Milano il responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili, sta aspettando l’informativa della Digos per denunciare gli attivisti del Carc presenti al presidio di maggio. Secondo loro, è proibita perfino la libera espressione! Siamo in uno stato cattofascista, vogliono ancora incentivare la guerra fredda (Oves/Est).

Ma noi Anarchici, non stiamo al gioco sporco e ambiguo dei servizi segreti atlantici.

Con tutti i problemi che hanno creato a livello anche sociale, hanno ancora il il coraggio di proporci il contesto sociale della strategia della tensione, del terrorismo psicologico; piani premeditati dal patto Atlantico nel 1949. La denuncia sarebbe partita per una scritta su un cartellone (la libera espressione non è un reato), che recitava: ‘Fontana assassino’, messo e rivendicato da alcuni manifestanti dei Carc davanti a Palazzo Pirelli, sede del Consiglio regionale, in occasione della discussione della mozione di sfiducia, appunto, al governatore lombardo. La Procura di Milano aprirà altre indagini per i murales fatti sul governatore della Lombardia e anche quelli indirizzati al sindaco di Milano Giuseppe Sala. Politici che ricordano il famigerato ventennio: quando la costituzione italiana proibisce la riorganizzazione del partito fascista, questi sono ancora al potere!

Abbiamo la massomafia ai vertici del potere, siamo sotto assedio militare, e la digos si dà da fare per scoprire chi sono quelli che artisticamente fanno i murales sui muri spogli delle citta, e non per rompere i coglioni ai loro amici corrotti della P2, e ai loro compari….

Per noi Anarchici, sia la destra che la sinistra, sono sempre stati due poteri politici che si sono sempre scannati per detenere il primato politico economico e militare, ecco perchè non è mai cambiato niente, è sempre lo stesso gioco che fanno per fare massa e comandare politicamente lo stato, come quando l’insieme dei partigiani bianchi era formato da: Dc/Pc – Andreotti cattofascista (centrodestra), Dossetti e la Pira cattosinestroidi (centrosinistra)…

Ma non sono finite qua le incoerenze degli sbirri e dello stato:

Nel 2019 i mass media scrivono che è stato arrestato Vincenzo Vecchi l’ultimo partecipante al G8 di Genova che in quei giorni organizzarono come tanti altri delle barricate per difendersi dalla violenza e dagli abusi di potere delle forze dell’ ordine.

Ma nonostante gli sbirri sono rimasti inpuniti da quei reati gravissimi, hanno sempre perseguitato i manifestanti che in quei giorni del 19, 20 e 21 luglio 2001, parteciparono alle manifestazioni.

C’erano 700 mila persone presenti al corteo, per protestare contro le tante ingiustizie siociali economiche e militari provocate da questi poteri internazionali (G8), che hanno sempre classificato l’Italia come 3° mondo, un paese da militarizzare e sfuttare per portarci via i tesori, e tutto a guadagno loro, a noi ci hanno sempre lasciati nella miseria (con tutte le conseguenze sociali causate dalla miseria), e quando abbiamo cercato di alzare la testa negli anni ’70, ce l’hanno voluta schiacciare con la strategia della tensione, un piano militare internazionale, fatto apposta per dividere ed eliminare il movimento studentesco e operaio di allora che si stava alzando di livello culturale, ecco perchè faceva paura ai nostri politicanti corrotti…

In quei giorni eravamo in 700 mila persone presenti al corteo per evidenziare e protestare contro lo strapotere dei governanti del G8 (dittatori), radunati a Genova per parlare dei loro affari aumma umma – magna magna:

L’11 agosto 2019 i mass media scrivono che la polizia francese, l’8 agosto aveva arrestato Vincenzo Vecchi a Saint Gravé dans le Morbhian, un piccolo borgo nella regione della Bretagna. Vincenzo Vecchi, faceva parte dell’area anarco-autonoma milanese, era stato condannato con sentenza definitiva nel 2012 a 11 anni e 6 mesi di reclusione per aver difeso la piazza a un certo punto del percorso, dai soprusi e dalle violenze delle forze dell’ordine durante le manifestazioni del G8 (golpe militare). Vecchi è stato l’ultimo manifestante condannato per il G8 di Genova, ancora irreperibile. Nel 2017 era stato arrestato in Svizzera il latitante Luca Finotti.

Ma non sono finiti qua gli abusi di potere degli sbirri:

Nel 2010 i mass media scrivono che il comandante del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dei carabinieri di Bergamo, Giampaolo Ganzer, è stato condannato a 14 anni per «aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati, con lo scopo di fare una carriera rapida». Davanti ai giudici dell’ottava sezione penale presieduta da Luigi Capazzo, il pm Luisa Zanetti aveva chiesto 18 condanne tra i 5 e i 27 anni di reclusione. La pena più alta era stata chiesta proprio per il generale Ganzer e per Mauro Obinu, ex ufficiale del Ros poi passato al Sisde (servizio segreto).

Dopo oltre 5 anni di processo e quasi 200 udienze, viene fuori che il Comandante del Ros dei Carabinieri Giampaolo Ganzer, per trent’anni uomo dell’arma e delle istituzioni, per fare carriera, per guadagnare più prestigio e visibilità, ha forzato le norme della legge, trasformando la caccia ai narcos (per portagli via il mercato) in una partita dove, in nome del risultato, si potevano importare, raffinare, vendere chili di droga. Una partita che lui avrebbe giocato come ha sostenuto l’accusa rappresentata dal pm Luisa Zanetti, come colui che “dirigeva e organizzava i traffici”….

Con Ganzer viene condannato a 7 anni e sei mesi anche Mauro Obinu, ex colonnello del Ros e attuale alto dirigente dei servizi segreti, oltre a diversi ex appartenenti all’arma.

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“Il Ros (scrivono i giudici), instaura contatti diretti e indiretti con rappresentanti di organizzazioni sudamericane e mediorientali dedite al traffico di stupefacenti, senza procedere nè alla loro identificazione nè alla loro denuncia. Ordina quantitativi di stupefacente da inviare in Italia con mercantili o per via aerea, versando il corrispettivo con modalità non documentate e utilizzando anche denaro ricavato dalla vendita in Italia dello stupefacente importato. Denaro di cui viene omesso il sequestro”. “Si tratta (annota la Procura di Milano) di istigazione ad importare in Italia sostanze stupefacenti”.

Nel 2011 all’ufficio del sostituto procuratore della Repubblica Daniela Borgonovo, arriva l’inchiesta ampiamente istruita, con una quarantina di nomi iscritti al registro degli indagati, che da 2 anni va inutilmente cercando un giudice che ne tragga una conclusione. Le domande che quelle carte pongono suonano così: cosa è stata per tutti gli anni ’90 la sezione antidroga del Ros dei carabinieri? E’ stato forse, per riassumere le gravi conclusioni dell’inchiesta del sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone, “un’associazione a delinquere” in divisa che, del traffico di stupefacenti aveva fatto, non il mezzo d’indagine, ma il fine della sua attività? Che ha “abusato” dei suoi poteri, omettendo arresti dovuti? Che ha “riciclato” i proventi in denaro della droga sequestrata?

Nel 1997 fu scoperta una raffineria di cocaina a Rosciano (Pescara). In un secondo tempo si scoprì che la raffineria era uno stabilimento sotto copertura dei Ros (un pò come gli appartamenti di via Gradoli che erano riconducibili a società immobiliari e a personaggi legati ai ‘Servizi segreti deviati’, in particolare al Sisde). Per loro lavoravano 4 campesinos colombiani, erano assunti dai Ros che gli hanno messo a disposizione la materia prima da raffinare, oltre agli alloggi a Roseto degli Abruzzi.

I nomi dell’intera squadra antidroga del Ros di Bergamo, finiscono nel registro degli indagati insieme a quelli di trafficanti di stupefacenti.

Nelle maglie dell’inchiesta finisce il nome del magistrato Mario Conte, pm di Bergamo, referente della squadra di Lovato. Per competenza, dunque, gli atti raccolti in 60 faldoni partono alla volta di Milano.

I protagonisti sono tutti rimasti al loro posto: inquirenti e inquisiti. A uno solo di loro, il destino ha giocato un tiro mancino: il sottufficiale del Ros Gianfranco Benigni oggi è in carcere. Lo hanno arrestato a Forlì qualche tempo fa. L’accusa: sempre droga…

Ma non sono finite qua le malefatte delle forze del disordine ….

Pierino . Le barzellette sui carabinieri facevano ridere da ragazzini, adesso meno! Carabinieri di Piacenza. Nicocomix

Il 22 luglio 2020 i mass media scrivono che stata sequestrata la caserma dei carabinieri della Stazione di Levante a Piacenza. Nella caserema, secondo la Procura della Repubblica, sarebbe accaduto di tutto: spaccio di droga, arresti falsificati, perquisizioni illecite. Violenza, brutale e gratuita, fino alle torture, sui pusher che non volevano collaborare (spacciare per loro). Ribadisce inoltre la Procura della Repubblica che “mentre la città di Piacenza contava i tanti morti del coronavirus, questi carabinieri approvvigionavano di droga gli spacciatori rimasti senza stupefacente a causa delle norme anti covid. Siamo di fronte a reati impressionanti se si pensa che sono stati commessi da militari dell’arma dei carabinieri”. Cinque carabinieri sono ora in carcere, un sesto, il maresciallo comandante di quella caserma, è agli arresti domiciliari. La lista dei capi di imputazione, a vario titolo, è lunga e pesante: traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, sequestro di persona, peculato, abuso d’ufficio e falsità ideologica.

Il capo della Procura dichiara ai mass media: «Faccio fatica a definire questi soggetti come carabinieri, perché i loro sono stati comportamenti criminali. Non c’è stato nulla in quella caserma di lecito».

E se pensate che gli sbirri maledetti (ambiziosi venduti), avevano perso il vizio…

Il 4 febbraio 2009 i mass media scrivono che al processo d’appello sono stati chiesti dal Pg 15 anni per il colonello Michele Riccio (in primo grado venne condannato a 9 anni), per Angelo Piccolo: chiesti 4 anni per un solo reato, la sparizione di un rapporto su un sequestro di stupefacenti, Gianmario Doneddu prescrizione, ex maresciallo Augusto Del Vecchio: 18 anni (12 anni in primo grado), Maurizio Parrella 4 anni. Per Antonio Gullà, indicato come trafficante di droga, e collaboratore dei carabinieri, chiesti 10 anni.

L’ex ufficiale dell’Arma Michele Riccio (alle dipendenze del generale Dalla Chiesa), viene imputato insieme ad alcuni suoi collaboratori, per la facile gestione delle operazioni di servizio a Genova, Savona e in altre regioni. Le accuse nei suoi confronti erano associazione a delinquere finalizzata a traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro e di aver organizzato operazioni di polizia false per ottenere promozioni ed encomi. Il 10 marzo 2011 la Cassazione ha chiuso definitiva la condanna a 4 anni e 10 mesi per il colonnello dei carabinieri Michele Riccio (foto sopra), ex comandante del Ros e della Dia di Genova, accusato di avere svolto con metodi illegali, indagini su traffici di stupefacenti negli anni ’80. In particolare, la III sezione penale ha respinto il ricorso dei difensori di Riccio e ha inoltre confermato la condanna inflitta dalla corte d’appello di Genova nel luglio 2009 al maresciallo Giuseppe Del Vecchio.

Il 6/6/’97 Michele Riccio veniva prelevato dal suo ufficio romano dagli uomini del Ros (lo stesso gruppo che aveva ‘servito’), il raggruppamento speciale di cui era stato comandante per vari anni, per poi passare presso il centro operativo della Dia di Genova e successivamente presso quello di Palermo, per essere rinchiuso nel carcere militare di Forte Boccea a Roma, nella stessa cella che ha ospitato il capitano delle SS Erich Priebke…

In quello stesso giorno altri 5 marescialli venivano arrestati: Giuseppe Del Vecchio, Angelo Piccolo, Gian Mario Doneddu, Giuseppe Sesto e Ernesto Capra (Doneddu, Sesto e Capra verranno scarcerati un mese dopo). Gli episodi oggetto dell’inchiesta abbracciavano il decennio 1983/’93.

Secondo gli investigatori: Riccio, Piccolo, Del Vecchio e Doneddu avrebbero condotto indagini di polizia giudiziaria con l’aiuto di confidenti e sarebbero entrati in contatto con trafficanti acquistando quantità di droga di cui, in certi casi, avrebbero in parte omesso la segnalazione all’autorità giudiziaria. In altri casi avrebbero trattenuto una parte dello stupefacente e, in alcune occasioni, avrebbero fatto risultare con atti falsi il sequestro di un quantitativo minore di quello reale. Secondo i Pm, l’obiettivo soprattutto di Riccio sarebbe stato quello di compiere operazioni clamorose per acquisire fama, soldi e rapida carriera.

Il 4 gennaio 1999 la procura di Genova chiede il rinvio a giudizio del col. Riccio per diversi capi di imputazione, tra cui l’associazione per delinquere, tutti i reati hanno come trait d’union l’accusa di un “utilizzo di confidenti riconvertiti all’impiego di istigatori/determinatori di reati, o ‘coperti’ nelle loro illecite attività; attività di raffinazione di stupefacenti per scopi di arricchimento personale, o di calunnia dei sospettati, o di malinteso senso del prestigio del reparto; manipolazione sistematica dei corpi di reato per coprire irregolarità amministrative nelle consegne controllate di stupefacente”.

Il 5 novembre 2015 i mass media scrivono che riprendeva quella mattina, davanti alla Corte d’Assise di Palermo, il processo sulla trattativa Stato-mafia: Oggi sarà sentito il colonnello dei Carabinieri Michele Riccio, che siederà sul banco dei testimoni. L’ufficiale dei Carabinieri dovrà raccontare ai pm il rapporto con il confidente Luigi Ilardo, ucciso proprio mentre aveva iniziato a collaborare con l’autorità giudiziaria.

Ilardo, tra le alte cose, raccontò a Riccio dei rapporti con esponenti della politica e delle istituzioni e soprattutto con l’allora boss latitante Bernardo Provenzano. Fu proprio il confidente a parlare ai cc di un vertice tra boss che si sarebbe tenuto nell’ottobre del 1995 a Mezzojuso, col capomafia Bernardo Provenzano. Ma il blitz a Mezzojuso non ci fu mai. Da qui l’inchiesta che ha portato alla sbarra il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu (rapresentante e dirigente dei servizi segreti), imputati per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra nel processo d’appello in corso a Palermo. Mori è imputato anche nel processo sulla trattativa, accusato di minaccia a corpo politico dello stato.

“Nel ’94, nel corso di una riunione a Caltanissetta, fu comunicata ai capimafia locali la strategia di Bernardo Provenzano: tornare a un vertice unitario di Cosa nostra, far cessare la violenza e appoggiare il centrodestra di Forza Italia con cui si era stabilito un contatto tramite un personaggio insospettabile che era nell’entourage di Berlusconi. In cambio cosa nostra avrebbe avuto dei vantaggi anche normativi”. Lo ha detto il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, deponendo al processo sulla trattativa stato-mafia, riferendo le rivelazioni che, nel ’94, gli fece l’allora capo provinciale di cosa nostra di Caltanissetta Luigi Ilardo, suo confidente, ucciso prima di formalizzare la collaborazione con la giustizia. Ilardo, che non partecipò alla riunione di Caltanissetta, sarebbe stato informato dei diktat di Provenzano dai boss presenti. Al colonnello Riccio, inoltre, il suo confidente avrebbe rivelato che dietro le stragi mafiose c’erano mandanti esterni…

Ancora oggi paghiamo per come è finito il patto stato mafia: una negoziazione avvenuta nel 1992 tra importanti funzionari dello stato italiano e rappresentanti di Cosa nostra, portata avanti nel periodo successivo alla cosiddetta “stagione stragista” al fine di giungere a un accordo, per porre fine alle stragi mafiose in cambio di un’attenuazione della lotta alla mafia stessa da parte dello stato italiano (in particolare in seguito all’attività del pool di Palermo guidato da Giovanni Falcone, che aveva condannato nel Maxiprocesso di Palermo centinaia di criminali mafiosi (si era reso conto che aveva arrestato i pesci piccoli), per giungere a delle forme di reciproca convivenza…

Nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia, i magistrati hanno indagando anche sul cosiddetto “Protocollo Farfalla”, siglato nel 2004. Il vicepresidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, ha affermato di avere le prove dell’esistenza del protocollo, che era stata messa in dubbio da Rosy Bindi. Il protocollo è un accordo tra i servizi segreti italiani ed il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, per permettere ad agenti dei servizi di entrare ed uscire dalle carceri e incontrare detenuti del 41 bis senza lasciare traccia, all’insaputa dell’autorità giudiziaria italiana.

massoneria politici

Anche la loggia massonica P2 è al centro dell’attenzione per il processo sulla trattativa stato mafia. In particolare, si indaga sui rapporti tra l’ex generale dei carabinieri Mario Mori e Licio Gelli e i contatti dell’ex ufficiale dell’Arma, per anni al SID, col terrorismo nero. Un ex ufficiale del SID, Mauro Venturi, che negli anni ’70 lavorò con Mori, racconta che quest’ultimo gli propose di entrare nella P2. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto ha firmato la richiesta di processo per i 12 imputati dell’inchiesta sulla trattativa del ’92 tra stato e mafia. Imputati i capimafia Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma anche gli ex ufficiali del ROS Mario Mori e Antonio Subranni, i senatori Marcello Dell’Utri e Calogero Mannino, accusati di attentato a un corpo politico. L’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, risponde invece per falsa testimonianza, mentre Giovanni Conso, Adalberto Capriotti e Giuseppe Gargani sono accusati di aver dato false informazioni ai pubblici ministeri.

Il GIP di Caltanissetta, Alessandra Bonaventura Giunta, ritiene che la trattativa stato mafia ci sia stata e che Paolo Borsellino fu ucciso perché, secondo il boss Totò Riina, ostacolava questa trattativa.

La ‘ndrangheta in Lombardia si è insediata in tutte le province ma soprattutto in quelle di Milano, Varese, Como, Lecco, Brescia e Pavia. La sua infiltrazione è cominciata negli anni ’50 con elementi di spicco provenienti dalla Locride, come i Barbaro e i Papalia, i Bruzzaniti-Morabito-Palamara e i Pizzata.

La malavita organizzata è sempre stata usata dalle forze dell’ordine come braccio armato (originalmente erano le guardie del latifondismo) per i loro sporchi giochi, e la trattativa stato mafia ne è la conferma. Già dal ’47 la mafia lavorava come braccio armato, o come polizia privata per lo stato, collaborando coi vari gruppi clandestini dello stato (vedi es: nuclei clandestini dello stato). Poi, siccome i pentiti di mafia raccontavano spesso di questi intrecci occulti con politici e alti gradi delle forze dell’ordine (che li usavano per organizzare stragi e uccisioni di deputati comunisti), allora lo stato negli anni ’90 pensò di arrestarli, istituendo una commissione antimafia per capire le loro gerarchie e il loro potere. Sopratutto lo stato vuole proteggere quei nomi di alte cariche politiche che si concordarono con la mafia dopo il ’45, per farla collaborare, come organizzazione armata, alla strategia della tensione, alle stragi di stato.

Basta guerre, basta sbirri

I furbetti del cantierino:

https://www.infoaut.org/prima-pagina/i-furbetti-del-cantierino

https://www.notav.info/documenti/le-strane-amicizie-del-pm-rinaudo-parte-iii/

Solidarietà a tutti i compagni che hanno dovuto subire la repressione sbirresca, e sono finiti in carcere!!

Pinelli vive e lotta insieme a Noi! Le nostre idee non cambieranno mai!!

Basta guerra fredda! Basta strategia della tensione!

 

Bisogna pure che la verità venga su

dai tuguri poichè dall’alto non vengono

altro che menzogne.

Louise Michel

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)