Il mondo occulto del Vaticano e la sparizione di Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, dalle foto restaurate nuovi indizi  sulle ragazze scomparse - la Repubblica

Il 10 novembre i mass media scrivono che  è arrivato il via libera definitivo dall’Aula del Senato all’istituzione della commissione d’inchiesta sul caso di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, le due ragazze scomparse a Roma il 22 giugno e il 7 maggio del 1983. Soddisfatto Pietro Orlandi: “La verità non potrà essere occultata per sempre”. La commissione dovrà verificare ed esaminare il materiale e i dati acquisiti che possano avere costituito ostacolo o ritardo nella ricostruzione veritiera dei fatti.

Emanuela Orlandi era una ragazza di 15 anni (cittadina vaticana), quel giorno stava rientrando dalla lezione di musica, ma non farà mai più ritorno a casa. Per il quarantennale della scomparsa, la famiglia ha organizzato una grossa manifestazione, in modo da tenere i riflettori accesi sulla vicenda. Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, commenta la decisione sulla Commissione assunta dal Senato. “Questa Commissione potrà fare tanto, più di quanto ha fatto l’inchiesta vaticana”(che invece ha boicottato la verità).  “Siamo contenti, ci auguriamo che la Commissione d’inchiesta parta quanto prima” dichiara Laura Sgrò, l’avvocata di Pietro Orlandi. “Sono contenta di questa intromissione del Parlamento in questa vicenda” ha aggiunto il legale della famiglia Orlandi. “Buon lavoro ai parlamentari che si occuperanno di questa vicenda che aspetta la verità da quarant’anni” conclude Sgrò. La commissione dovrà indagare in particolare sul caso di Orlandi, quindicenne figlia di un funzionario del Vaticano, è uno dei più famosi e discussi casi di cronaca nera italiana, su cui lunghe indagini hanno coinvolto di volta in volta il Vaticano, organizzazioni criminali, servizi segreti italiani e stranieri. Questa commissione avrà la possibilità di acquisire documenti, interrogare testimoni, visionare atti secretati, e avrà una dotazione di 50mila euro all’anno. Pietro Orlandi aggiunge: «Oggi ci sono stati un paio di astenuti, come Casini e Gasparri. Non sono rimasto soddisfatto delle astensioni, avrei preferito dicessero no». Il fratello di Emanuela dichiara ai mass media: «Non l’ho apprezzato: ha tirato fuori di nuovo Wojtyla, ha chiesto rispetto per i santi. Ha parlato dei patti lateranensi». Se alla Camera il disegno di legge aveva riscosso un consenso generale, a Palazzo Madama la strada è apparsa più in salita. A scagliarsi in modo netto contro la commissione che dovrà indagare è stato colui che sta conducendo un’inchiesta sul caso per conto della Santa Sede, ovvero il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, che ha parlato di una «intromissione perniciosa» del parlamento. A dirla tutta, anche Sergio Mattarella non è mai parso troppo entusiasta dell’eventuale istituzione di una commissione d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il giornalista Gianluigi Nuzzi parla oggi del caso di Emanuela Orlandi. E ipotizza che l’Istituto per le Opere di Religione (lo Ior) e i soldi della criminalità siano alla base di un ricatto al Vaticano. Serviva per ricattare, fare pressioni nell’ambiente vaticano. Affinché si esercitassero dei poteri all’interno di dinamiche soprattutto finanziarie che c’erano tra soggetti criminali e lo Ior», sostiene il giornalista.

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La prospettiva storica di cui parla Nuzzi è il collegamento tra il crack del Banco Ambrosiano, le responsabilità dello Ior e la scomparsa della ragazza. Che sparisce un anno dopo la morte (ovvero l’omicidio) di Roberto Calvi, ritrovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. E per il quale il giudice ha assolto per insufficienza di prove Flavio Carboni, Pippo Calò, Licio Gelli (capo della loggia massonica P2 dove la maggior parte dei componenti erano alti gradi delle forze dell’’ordine – servizi segreti) , Francesco Pazienza ed altri. Prima che arrivi papa Francesco in Vaticano, accade che allo Ior chiudeva centinaia di conti privati. Conti non riconducibili alla beneficenza offerta per i poveracci, quindi che non avevano diritto a essere lì. Per cambiare banca ci devono essere dei motivi, invece questa movimentazione improvvisa, anticipa addirittura le dimissioni di Benedetto XVI. Le sentenze sulla morte di Calvi ritengono accertato che l’Ambrosiano fungesse da centrale di riciclaggio dei soldi sporchi che arrivavano all’Istituto. Il collaboratore di giustizia Nino Giuffré ha sostenuto durante i processi che lo Ior fosse il luogo in cui i boss di Cosa Nostra portavano («in contanti») i soldi a riciclare fin dall’inizio degli Anni ‘70. Ma il Vaticano se voleva dire la verità, possedeva altri documenti: ricordiamoci che avevano dedicato una linea telefonica che rispondeva direttamente al segretario del Vaticano (dal ‘79 al ‘90), il cardinal Casaroli. E la storia della tomba di De Pedis a Sant’Apollinare e quella delle ossa al Cimitero Teutonico va approfondita: «Qui l’unica cosa interessante è che gli scavi alla tomba vengono fatti e poi interrotti. Alla repertazione delle ossa mancano diverse cassette di zinco. Gli inquirenti dissero semplicemente che non erano afferenti alla famiglia Orlandi. Ma nessuno può dire il contrario, nessuno ha potuto fare delle controperizie. Infine, la presunta trattativa di cui ha parlato il magistrato Giancarlo Capaldo: «Anche qui ci sono punti oscuri.

Mehmet Ali Ağca Archivi - Il Riformista

Dopo quarant’anni il caso Orlandi è rimasto ancora irrisolto, e le indagini sono state riaperte. Molte le piste seguite nel corso di questi quattro decenni: si è indagato sui rapporti della famiglia Orlandi col Vaticano; si è ipotizzato un coinvolgimento della Banda della Magliana, collegamenti con l’attentato a Giovanni Paolo II (a destra nella foto), avvenuto il 13/5/1981 per mano di Mehmet Ali Ağca (a sinistra nella foto), circa un anno prima del rapimento Orlandi. Non è stata esclusa neppure la pista della pedofilia.

Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a Roma, aveva appena finito il secondo anno di liceo scientifico e studiava flauto e canto corale nella scuola di musica in piazza Sant’Apollinare nell’istituto Tommaso Ludovico da Vittoria. Emanuela Orlandi e tutta la sua famiglia, la madre Maria Pezzano e gli altri quattro fratelli: Pietro, Natalina, Federica e Maria Cristina, vivevano in Vaticano. È proprio in Vaticano che lavorava suo padre, Ercole, come commesso della Prefettura della casa pontificia. La prima pista sulla sparizione di Emanuela è che possa essere stata rapita da una persona conosciuta il giorno della scomparsa o già nei giorni precedenti. Come di consueto, si era recata in piazza Sant’Apollinare, a pochi passi dalla sede del Senato di Palazzo Madama. La scomparsa di Emanuela è uno dei più grandi casi irrisolti della nostra storia, si incrocia coi grandi scandali delle cronache del secolo scorso.

Due emissari del vaticano in Procura da Capaldo. |

A partire dal 1980, il Banco Ambrosiano, ha dovuto affrontare due profonde crisi: la seconda un anno dopo, è nata a seguito della scoperta della loggia P2 quando Calvi sarebbe rimasto senza protezioni. È allora che sembra abbia chiesto aiuto al Vaticano e alla sua istituzione finanziaria, lo IOR. Nonostante questo tentativo, due mesi dopo è stato arrestato per reati valutari, processato e condannato. In attesa della condanna, però, è tornato in libertà e si è avvicinato a Flavio Carboni, legato a boss della mafia e i malavitosi della Banda della Magliana, con cui ha iniziato attività di riciclaggio di denaro sporco. Ma dopo anni di indagine sotto il capo della procura Giancarlo Capaldo, il suo successore, Giuseppe Pignatone (nella foto con papa Francesco), ha deciso di archiviare il caso.

Giuseppe Pignatone: "Ora faccio il giudice in nome del Papa" - Famiglia  Cristiana

Nel 2019 sembrava essere arrivata la svolta, con una possibile collaborazione da parte del Vaticano, con l’apertura delle tombe di due principesse nei sotterranei del Cimitero Teutonico Vaticano. Le indicazioni sono arrivate in una lettera anonima accompagnata dalla foto di una tomba in cui si leggeva: “Cercate dove indica l’angelo”, facendo riferimento alla scultura di un angelo che sovrasta i due loculi e indica verso il basso. L’analisi è poi stata affidata a Giovanni Arcudi, dell’Università Tor Vergata di Roma che si è occupato di analizzare i reperti per prelevare i campioni del dna e prelevarli, insieme al perito indicato dalla famiglia Orlandi. Secondo il Giudice Unico dello Stato della Città del Vaticano, però, le ossa rinvenute risalirebbero a più di un secolo fa. In questo modo, il Vaticano ha scelto di archiviare l’indagine lasciando, però, alla famiglia Orlandi la possibilità di procedere, privatamente, ad eventuali ulteriori accertamenti su alcuni frammenti già repertati e custoditi, in contenitori sigillati, presso la gendarmeria. Secondo quanto hanno più volte ribadito il fratello di Emanuela e i legali della famiglia Orlandi, le analisi sulle ossa rinvenute sarebbero state svolte soltanto visivamente, con esami non sufficienti per datare i reperti: “Come si fa a dire che si tratta di ossa centenarie se queste non sono state esaminate? I test genetici e con Carbonio14 non sono stati effettuati”, ha dichiarato l’avvocata della famiglia.

Pietro Orlandi: "Su Wojtyla non mi scuso, sapeva la verità. Il Vaticano se  vuole può chiudere il caso"

Come ogni anno, il 22 giugno il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi (foto sopra) che, dall’inizio delle ricerche insieme al padre non ha mai trascurato il caso della sorella, ha rivelato che ci sarebbero nuovi elementi per una possibile svolta sulla sua scomparsa: “Però ci serve la collaborazione di persone anche che lavorano in Vaticano, che sono a conoscenza di questo fatto, che si liberino la coscienza e che abbiano il coraggio di non rimanere nell’anonimato. Abbiamo bisogno di loro”, ha dichiarato. Anche papa Francesco sarebbe a conoscenza della verità su Emanuela: a svelarlo sarebbero delle chat Whatsapp di alcune persone vicine al pontefice. “Un giorno la Chiesa dovrà chiedere scusa, nessun potere, per quanto forte, potrà mai fermare la verità, anche se resterà solo una persona a difenderla”, ha continuato il fratello.

Segreto criminale": le rivelazioni di Sabrina Minardi sulla Banda della  Magliana - Tiscali Spettacoli

Suo fratello non si è mai rassegnato all’idea di aver perso Emanuela: “Finché non avrò un corpo, ho il dovere di cercarla viva”. Il fratello Pietro ricorda quando  Wojtyla, venne a casa da noi e ci parlò di terrorismo internazionale, ci assicurò che avrebbe fatto il possibile ma poi permise al silenzio e all’omertà di calare su questa vicenda. Ha mantenuto il silenzio fino alla fine, così è successo per Ratzinger e Papa Francesco lo ha fatto per dieci anni, forse ora hanno capito che il silenzio non è servito, questi 40 anni passati non posso però dimenticarli e la parola perdono l’ho cancellata dal vocabolario”. “Quando sento la dichiarazione del segretario di Stato, Parolin, sono contento che dica che con questa inchiesta dobbiamo fare chiarezza per una madre che soffre”. Le indagini svolte negli ultimi quarant’anni dalla magistratura italiana non hanno portato a nessun arresto. La giornalista di inchiesta Raffaella Notariale, con un delicato e massiccio lavoro di ricerche incrociate, riesce a entrare in contatto con Sabrina Minardi, un tempo amante di Enrico De Pedis (foto sotto), boss dell’organizzazione criminale romana Banda della Magliana. Il racconto di Sabrina Minardi, conosciuta come la “Pupa” di De Pedis, è a dir poco scioccante.

Solo noi, l'amore disperato tra Renatino e Sabrina»

Emergono elementi inediti sbalorditivi che metterebbero in relazione il mancato ritrovamento della giovanissima Orlandi e alcune figure chiave del Vaticano, oltre a rivelazioni inquietanti sulla Banda della Magliana e i suoi rapporti con mafia, camorra, servizi segreti, politici, massoni, imprenditori e alti prelati (l’americano). Alla luce della nuova apertura del caso Orlandi da parte della magistratura vaticana, questa inchiesta di Raffaella Notariale e la testimonianza di Sabrina Minardi danno la misura di quanto poco si sia voluto fare in questi lunghi quattro decenni per arrivare alla verità. Nei documenti sui mandanti dell’attentato al papa, trovai una serie di atti su Orlandi e contatti trascritti dal suo diario. Presi gli elenchi telefonici dell’83, era il 2014, e andai agli indirizzi dell’epoca. Tra i vari testimoni, sentii una sua amica. A cui Emanuela confidò che tempo prima, durante una passeggiata ai giardini vaticani, fu avvicinata da un ecclesiastico che la infastidì. Tra l’altro, sempre la stessa amica, disse che due settimane prima della sparizione la vide rabbuiata».

Gelli e P2 mandanti della strage» - PressReader

Ma partiamo dalla storia per capire il problema: nel maggio del 1981, nella villa di Gelli (foto sopra), è stata scoperta una lista di appartenenti alla P2 che ha generato uno dei più gravi scandali politici della storia della Repubblica italiana, negli elenchi erano riportati i nomi di rappresentanti del governo, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine, nonché di magistrati, imprenditori, prelati (Marcinkus detto l’americano), banchieri e giornalisti. Mossi da finalità eversive, i membri dell’organizzazione avevano come obiettivo quello di assumere occultamente il controllo dello Stato attraverso la creazione di un vero e proprio sistema politico sotterraneo (parallelo a quello istituzionale). A metà degli anni ‘90 il massone Gelli è stato condannato per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna e per la bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano (oltre che per calunnia nei confronti di tre magistrati milanesi e procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato). Indagato per l’omicidio di Calvi (2005), nel 2008 Gelli è tornato a far parlare di sé: ha condotto una trasmissione su Odeon TV, Venerabile Italia. Il 17/3/1981, a Castiglion Fibocchi, comune in provincia di Arezzo, negli uffici dell’allora sessantaduenne Licio Gelli, imprenditore con un passato da ex volontario franchista nella guerra di Spagna e quindi repubblichino di Salò, uomo legato all’Internazionale nera e ai regimi militari sudamericani, vengono scoperti dalla magistratura di Milano gli elenchi della loggia massonica segreta P2.

IL GIORNO DELLA NON VERITÀ | Libertà e Giustizia

Si tratta di 962 nomi che disegnano la geografia di un potere occulto nel cuore delle istituzioni. Un network di potere che ha come suo programma quello di torcere, fino a modificarne forma e sostanza, l’architettura repubblicana figlia della Costituzione del 1948 e che tiene insieme uomini di vertice degli apparati di sicurezza, della classe politica, dell’establishment finanziario e dell’informazione, della magistratura e dell’avvocatura. È lo scandalo più grave della storia della Repubblica, destinato a segnarne il corso. Non fosse altro perché a quelle della loggia P2 s’intrecciano, in quel decisivo passaggio della storia del nostro Paese, mille vicende oscure: dalla stagione delle stragi (nel 2020, Gelli verrà indicato come uno dei mandanti dell’eccidio di quella di Bologna), al sequestro e omicidio di Aldo Moro.

Licio Gelli, dopo periodi di detenzione in Svizzera e in Francia, ha continuato per oltre trent’anni a vivere a Villa Wanda, la sua residenza in provincia di Arezzo, dove si è spento il 15/12/2015. La sua storia e quella della P2, dei suoi 962 iscritti, non hanno mai smesso di fare da quinta al contesto della cosiddetta prima e seconda Repubblica. Il sistema di relazioni e la rete di ricatti scoperti in quel marzo 1981 hanno continuato a pesare nella vita pubblica del Paese, consegnandoci un’eredità sporca.

La storia della nostra Repubblica è anche la storia di un connubio spaventoso fra politica e criminalità che ha visto la saldatura fra apparati dello Stato, servizi segreti, logge massoniche, stragismo neofascista, finanza corrotta, mafia dove ministri, terroristi, giudici, agenti segreti, generali, giornalisti, potenze atlantiche (anticomuniste) straniere hanno tramato contro le istituzioni democratiche e la Costituzione. Nemici della Repubblica, come scrive Corrado Stajano nella prefazione al libro di Giuliano Turone “Italia occulta”, che hanno causato tanto sangue e tanto dolore. Dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ’80 l’azione della P2 è centrale in quella strategia della guerra a bassa intensità, ben sintetizzata nella espressione “destabilizzare per stabilizzare”, una “guerra non ortodossa” combattuta dall’Occidente contro il comunismo, in cui si passa da veri e propri piani golpisti, dalla collusione con la destra eversiva e dal terrorismo delle stragi all’occupazione a tutti i livelli delle istituzioni. Tra eversione, criminalità e corruzione nessun altro paese in Europa o nel cosiddetto primo mondo è stato attraversato da una simile esperienza, che ha visto un vero e proprio corpo a corpo all’interno delle istituzioni stesse, fra stragi, depistaggi, coperture istituzionali e ricerca di verità e giustizia da parte di magistrati, servitori dello Stato e società civile.

cafonal – alla presentazione del libro di gianni barbacetto sale in  cattedra dago – foto + video - Cafonal

Oggi quella guerra è finita, ma ancora la verità sembra indicibile, come osserva Gianni Barbacetto ne “Il Grande Vecchio”. “I processi (da piazza Fontana alla P2) si chiudono, si riaprono senza quasi mai poter accertare in via definitiva i colpevoli. Due generazioni di magistrati si sono spesi a cercare questa verità. E sono sempre stati misteriosamente fermati poco prima di svelarla. Eppure, le loro sentenze hanno dimostrato che, senza l’ombra dei servizi e le coperture internazionali, non una delle stragi italiane sarebbe stata commessa e, se commessa, non sarebbe potuta rimanere impunita. E che solo guardandole tutte insieme se ne può capire il senso. Perché il Grande Vecchio altro non è che un network di poteri criminali che ha fortemente limitato la sovranità della nostra democrazia e che ha nutrito, al di là degli obiettivi iniziali, quella cultura della illegalità che, ancora oggi, detta legge in Italia”.

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“Ci avete sconfitti, ma sappiamo chi siete”, dice il magistrato Libero Mancuso, pubblico ministero nel primo processo per la strage di Bologna, che si concluse con le condanne degli autori materiali (i neofascisti del Nucleo Rivoluzionario Armato Giusva Fioravanti, Francesca Mambro) e degli uomini dei servizi segreti e della P2 che li protessero. “Le nostre inchieste sono state rallentate da continui depistaggi di apparati dello Stato e frenate da alcuni capi degli uffici giudiziari.

La direttiva Renzi che prevede la declassificazione degli atti sulle stragi è stata boicottata (denunciano i familiari delle vittime), da ministeri, prefetture e organizzazioni dello Stato. Ancora nel 2019 ci sono stati tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna (2 agosto 1980). Nel 2014 Ferruccio De Bortoli  evocava a proposito del Patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi (tessera P2 1816) “uno stantio odore di massoneria”… Ritornano in mente le parole di Gustavo Zagrebelsky che nel 2013 parlò di piduismo perenne nel nostro paese.

Caso Orlandi, parla il fratello Pietro: le ultime rivelazioni nell’intervista di Andrea Purgatorihttps://www.youtube.com/watch?v=tw7pNAHfvIs

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Solidarietà a Cospito e a tutti i compagni/e reclusi ingiustamente.

Un pensiero particolare va a tutti i bambini massacrati  in Palestina, come in Chiapas, in Kurdistan e in tutti i paesi stravolti dalla guerra.

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La religione è l’odio seminato tra gli uomini

è il servilismo fiacco e rassegnato di milioni

di sottomessi, è la feroce arroganza

dei pontefici e dei preti.

S. Faure

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)