Il business creato dallo smaltimento degli scarti cancerogeni che produce il nucleare

Il piano militare chiamato Patto Atlantico, firmato anche dall’Italia nel 1949, non è altro che terrorismo psicologico, fatto di colpi di stato e stragi di civili – stragi di stato, per incolpare fin dagli anni ’60 gli operai e gli studenti che stavano lottando per i loro diritti e contro le tante ingiustizie sociali che dovevano subire per avere un salario dignitoso e non un salario che ti lasciava sempre al limite della sopravvivenza (sfruttamento), attuato nei paesi più ricchi e potenti del mondo. Un piano militare (massomafia – P2) che serviva per attuare i loro giochi politici, (sporchi) organizzati per aumentare il capitalismo e il loro potere economico- militare.

Ma partiamo da un argomento specifico e drammaticamente attuale:

Quel venduto, opportunista e psicopatico leader della Lega e senatore, Matteo Salvini. il 15 settembre dichiara ai mass media: “Metterei una centrale nucleare in Lombardia? Che problema c’è? La Svezia ha 8 centrali. Ci sono centrali nei centri storici di grandi città: a Copenaghen c’è un termovalorizzatore in centro città, con una pista di sci”.

Ma non è finita qua anche il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana (cultura spregiudicata, spilorcia, venduta e attaccata ai soldi, come quel cattofascista di Andreotti, il gobbo), dichiara sempre il 15 settembre ai mass media che: “L’attuale nucleare è sicuro e green, non emette alcun tipo di sostanza inquinante [il problema maggiore però, è dato dagli ‘scarti di lavorazione’, le scorie radioattive], per cui può e deve essere preso in considerazione, tenuto conto non solo del rincaro delle bollette, ma anche del fatto che dipendiamo in maniera massiccia nell’utilizzo dell’energia dall’estero. Non è più il nucleare di Chernobyl, bisogna avere il coraggio di spogliarci dalle ideologie e guardare alla realtà e al mondo che cambia e che è andato avanti con le tecnologie. E allora perché dobbiamo a priori escludere una possibilità molto vantaggiosa a livello economico”..

Oggi anche la persona mediocre sa che il nucleare produce un’energia molto inquinante e controproducente per la salvaguardia dell’ambiente e della salute. Vallo a spiegare te all’ opportunista cattolico democratico di Salvini, abituato ad obbedire e quindi con poco cervello, e che tutte le domeniche va a messa per ripulirsi dai peccati!!

salvini nuclerae lombardia

Quelle merde mediocri del ministro Salvini e del ministro Fontana si sono dimenticati (perchà gli conviene a livello politico ed economico), che il 22 gennaio 2021 è entrato in vigore il Trattato TPNW (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) votato all’ONU nel luglio del 2017. Luglio 2021 è stato un mese di mobilitazione della campagna “Italia, ripensaci” per chiedere che il nostro paese non sia spettatore passivo. Un mese intero per comprendere ancora meglio il devastante impatto umanitario delle armi nucleari e per attivarsi a favore del percorso di disarmo nucleare previsto dal Trattato TPNW (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons). Un mese per coinvolgere e non restare spettatori passivi rispetto a un processo storico, che ha portato alla prima norma internazionale che mette fuori legge armi di distruzione di massa come quelle nucleari.

La mobilitazione è iniziata con tre date significative: il 7 luglio si è celebrato l’approvazione del TPNW, l’8 luglio c’è stato il 25º anniversario del pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia contro le armi nucleari e il 9 luglio viene ricordata la pubblicazione del Manifesto Russell-Einstein, pietra miliare delle iniziative per un disarmo nucleare globale. La campagna “Italia, ripensaci”, partita nel 2016, ha sondato più volte l’opinione pubblica italiana in materia: l’87% degli italiani vuole l’adesione al Trattato TPNW e per il 74% chiede l’eliminazione dal nostro territorio delle testate nucleari della Nato, attualmente presenti.

Inoltre “Italia ripensaci” ha inviato a tutti i parlamentari una lettera in cui si evidenziano i termini della questione, chiedendo un riscontro positivo alle proposte della società civile. Al Governo verrà invece inviata la richiesta di partecipazione come “Paese osservatore” alla prima conferenza degli Stati, attualmente 54, che hanno già ratificato questa norma internazionale e che si terrà a Vienna nel gennaio del 2022.

Ora facciamo degli esempi concreti, dei danni e delle problematiche sociali che creano gli scarti cancerogeni prodotti dalle centrali nucleari.

Aprile 2021, il governo giapponese ha deciso di rilasciare nell’Oceano Pacifico l’acqua contaminata e impiegata per raffreddare i reattori danneggiati dall’incidente nucleare di Fukushima. Lo ha dichiarato ai mass media il premier Yoshihide Suga, confermando le anticipazioni della vigilia e malgrado la netta opposizione dell’opinione pubblica, dell’industria della pesca e dei rappresentanti dell’agricoltura locale. Suga ha incontrato i membri dell’esecutivo, incluso il ministro dell’Industria Hiroshi Kajiyama, per formalizzare la decisione, che arriva a 10 anni esatti dalla catastrofe di Fukushima (marzo 2011).

Il ministero degli Esteri sudcoreano ha convocato l’ambasciatore giapponese Koichi Aiboshi presentando una protesta formale dopo che Koo Yun Cheol, ministro per il coordinamento delle politiche governative, ha detto che Seul “si oppone con forza” al rilascio in mare di oltre 1,25 milioni di tonnellate di acqua contaminata dalla centrale nucleare di Fukushima.

Tokyo “rilascerà l’acqua radioattiva dopo averla diluita a livelli non dannosi per l’uomo. Ma la diluizione non cambierà il totale di radioattività dispersa”, ha denunciato a Seul un’alleanza di 31 gruppi civici anti-nucleari e pro-ambiente.

La Cina ha esortato il Giappone a non rilasciare in mare l’acqua radioattiva trattata e accumulatasi in 10 anni nella centrale “senza autorizzazione” da parte di altri Paesi e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). “La Cina si riserva il diritto di dare ulteriori risposte” alla mossa di Tokyo, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian.

Greenpeace Giappone condanna con forza la decisione del governo guidato dal primo ministro Suga di disporre lo scarico nell’Oceano Pacifico di oltre 1,25 milioni di tonnellate di acqua reflua radioattiva stoccata in cisterne della centrale nucleare di Fukushima Daiichi.

E’ quanto si legge in una nota dell’organizzazione. “Questa decisione ignora completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima e in generale del Giappone e della parte di Asia che si affaccia sul Pacifico”, sostiene Greenpeace. Dichiara Kazue Suzuki della campagna clima ed energia di Greenpeace Giappone. “Il governo ha preso la decisione del tutto ingiustificata di contaminare deliberatamente l’Oceano Pacifico con acqua radioattiva. Ha ignorato i rischi legati all’esposizione alle radiazioni nei distretti circostanti” …

fukushima

La manutenzione giornaliera della centrale di Fukushima Daiichi genera l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata, che (nonostante venga trattata negli impianti di bonifica) continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Poco più di 1.000 serbatoi si sono accumulati nella area adiacente all’impianto, l’equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), le cisterne raggiungeranno la massima capacità consentita entro l’estate del 2022.

Proteste contro lo sversamento dell’acqua in mare sono state espresse in passato anche dai paesi vicini, tra cui la Cina oltre alla Corea del Sud. Nel febbraio dello scorso anno, durante una visita alla centrale, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare. Il rischio però c’è: Il triplice disastro di Fukushima è stato innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami, che ha provocato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all’interno dei reattori, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le emissioni di radiazioni.

A Roma il 25 luglio scorso, alcuni dei Paesi leader (ricchi) del G20 hanno fissato degli obiettivi sul clima che porterebbero a un “disastroso riscaldamento globale” e quindi rappresentano una minaccia per l’ambiente. E’ l’allarme lanciato dal gruppo di scienziati e attivisti Paris Equity Check che puntano il dito in particolare contro i paesi più ricchi del mondo come: USA, Germania, Inghilterra, Cina, Russia, Brasile e Australia.

Questi Paesi, spiegano gli esperti, hanno tutti politiche energetiche che prevedono un aumento delle temperature che rischia di “devastare” gran parte del pianeta.

L’analisi, riporta il Guardian, solleva serie preoccupazioni sugli accordi raggiunti al vertice Cop26 di Glasgow organizzato a maggio di quest’anno, considerato uno dei summit sul clima più importanti. In quell’occasione, infatti, è stato deciso che l’obiettivo sarà quello di mantenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi attraverso una politica globale per porre fine alle emissioni nette di gas serra entro il 2050.

La netta differenza tra i piani climatici delle nazioni del G20, che insieme sono responsabili dell’85% di tutte le emissioni globali di carbonio, è stata sottolineata anche alla riunione dei ministri dell’Energia e dell’Ambiente che si è svolta a Napoli il 22 luglio.

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Per esempio il problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, ha portato i diversi Stati del mondo ad adottare diverse soluzioni: gli USA hanno deciso di stoccarli nello Yukka Mountain, in Nevada, senza riciclarli. La Federazione Russa è propensa a compiere un’operazione simile. Francia, Belgio, Inghilterra, Giappone, hanno invece deciso di riciclarli sotto forma di MOX (ossidi di U e Pu) e riutilizzarli per aumentare la resa di produzione di energia e ridurre la quantità degli stessi (che producono sempre scarti nocivi anche se in minore quantità).

Alcune soluzioni decise dal G20 sono state considerate impossibili e controproducenti: come quella di depositare le scorie nei ghiacci polari dell’Antartico, non è permesso a seguito di un trattato internazionale il quale sostiene che l’ultimo continente incontaminato non deve venire a contatto col nucleare, oppure, seppellire le scorie radioattive nella crosta terrestre ad un livello sufficientemente profondo perché possano essere risucchiate nel nucleo incandescente del pianeta, è una possibilità che è già stata studiata dagli Stati Uniti e dalla Russia, ma non esisterebbero i presupposti geologici per realizzarla; l’americano David Scott aveva proposto addirittura di usare il Sole come discarica per le scorie nucleari: nell’agosto 2001, nell’annuale seminario tenutosi al Centro “Ettore Majorana” di Erice, Scott (ex astronauta, comandante della missione Apollo 15) ha esposto una sua convinzione: il Sole è l’ideale come discarica naturale per tutte le scorie radioattive della Terra. Per liberare il nostro pianeta dalla cosiddetta “spazzatura nucleare” occorrerebbero alcune decine di missioni da condurre con appositi cargo spaziali senza equipaggio spinti da potenti razzi che sarebbero in grado di condurre il carico fino alla zona di attrazione gravitazionale del Sole per essere risucchiato nella sua enorme fornace. Secondo Scott, sarebbero necessarie alcune decine di missioni, i costi richiesti da ogni lancio: cento milioni di dollari.

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Va però ricordato al signor David, che i tempi di decadimento delle scorie radioattive sono estremamente lunghi (centomila anni) per poter riaccedere alle aree usate come deposito. Peraltro la loro bonifica sarebbe comunque lunga e costosa. L’adattamento dei veicoli spaziali per le esigenze di carico del materiale nucleare da smaltire prevede l’elaborazione di uno specifico progetto. Dal momento in cui si decidesse di dare corso al programma, occorrerebbero da due a tre anni per mettere a punto i requisiti tecnici del lanciatore e del relativo cargo. Trattandosi di un carico ad elevato indice di pericolosità, bisognerà salvaguardarlo in caso di problemi nella fase di lancio. Nel rapporto redatto da quell’ipocrita di David Scott, in qualità di presidente dell’omonima fondazione per lo spazio con sede in Inghilterra, il rischio di fallimento viene indicato estremamente “basso”. “Il problema delle scorie radioattive è un’emergenza di cui si parla ormai dagli Anni ’70 e minaccia di crescere con la costante crescita del fabbisogno di energia e del conseguente funzionamento delle centrali basate sul processo di fissione nucleare che produce l’isotopo plutonio 239 come materiale di scarto. Per liberarsene i governi mondiali devono produrre uno sforzo economico ingente. Le risorse necessarie per avviare un progetto spaziale dovrebbero scaturire da un fondo internazionale comune per non incidere sulla bolletta dell’energia prodotta attraverso la tecnologia nucleare”. (???).

I mass media hanno pubblicizzato che alcuni ricercatori americani del The Institute for Genomic Research (TIGR) e della University of Massachusetts, Amherst, finanziati dal Department of Energy, hanno sequenziato il genoma di un batterio, il “Geobacter sulfurreducens”, che è in grado di metabolizzare i metalli radioattivi come l’uranio.

Ma sarà vero, oppure è un’altra sostanza che produrrà con gli anni ulteriori danni salutari, ecologici e ambientali? Questo microrganismo, che vive nel suolo, potrebbe svolgere un ruolo nelle strategie di “bioremediation”, il trattamento biologico di siti inquinati. “Il genoma di questo batterio può in materia di inquinamento ambientale, produrre energia dallo sfruttamento di fonti rinnovabili” ha dichiarato Spencer Abraham, segretario per l’energia. Questa sequenza genomica e la ricerca che ne deriverà potranno contribuire a mettere a punto strategie e biotecnologie per la pulizia delle acque di falda e dei terreni inquinati nelle zone industriali….

Ma andiamo ad analizzare cosa è l’uranio impoverito.

L’ uranio impoverito è stato usato per uso civile e bellico.

L’uranio naturale è formato principalmente da due isotopi, l’uranio 235 e l’uranio 238. Il 235 è fissile, cioè fa fissione, ed è quello che viene bruciato nelle centrali. Generalmente nelle centrali non si usa uranio naturale, ma uranio arricchito, cioè uranio in cui sia stata aumentata la concentrazione del 235. Si usano quindi grosse quantità di uranio naturale, e si toglie il più possibile il 235 da una parte di esso per concentrarla in un’altra parte che poi andrà in centrale. Quello che resta, (quasi tutto 238) è l’uranio impoverito (che è una miscela di nuclidi: U-238, U-235, U-234. Ma ciò che lo caratterizza è la grande percentuale presente di U-238).

L’uranio impoverito è il più pericoloso dal punto di vista chimico, in quanto metallo pesante.

Dunque l’uranio impoverito è il prodotto di scarto della lavorazione dell’arricchimento dell’uranio. L’arricchimento e/o l’impoverimento dell’uranio naturale è relativo alla concentrazione in peso dell’ U-235, presente nella miscela. Ma l’ uranio impoverito è anche ottenuto come prodotto di scarto dai procedimenti di riprocessamento del combustibile nucleare irradiato.

L’uranio impoverito viene utilizzato principalmente per le sue caratteristiche intrinseche: prodotto di scarto presente in grande quantità, basso prezzo (proprio perchè è un prodotto di scarto), alta densità (la sua densità è quasi il doppio di quella del piombo).

I campi dove si usa sono: Nell’industria petrolifera per le attrezzature di perforazione. Nell’industria aeronautica per i dispositivi di lanciamento. Nell’industria navale per la costruzione delle chiglie delle navi. Nell’industria spaziale come zavorra sui satelliti, Nell’industria nucleare come materiale per schermature. Negli impianti di ricerca come calorimetri di alta energia. Nell’ambito dell’utilizzo militare dell’uranio impoverito va ricordato che esso viene usato: nelle corazze dei carri armati, nelle munizioni anticarro, nei missili e proiettili vari. L’utilizzo militare dell’uranio impoverito è dettato dalle seguenti motivazioni: alta densità e pertanto ottima per le corazze, alto coefficiente di penetrazione, piroforicità (prende facilmente fuoco a contatto con l’aria). C’è chi è irremovibile come le Regioni, che respingono anche solo l’idea che sul proprio territorio possa essere costruito il deposito nazionale dove stoccare rifiuti radioattivi di bassa e media intensità, e c’è chi come Forza Italia chiede di allungare da due ad almeno sei mesi il tempo concesso ai territori “papabili” per la costruzione del deposito. La legge del 2010, però, è chiara e concede 60 giorni, ma “un emendamento che potesse allungare i tempi di confronto” sarebbe “visto di buon occhio” da quel doppiogiochista, mediocre, cattosinistroide del ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S). Anzi, dice Costa in sede di replica in una audizione parlamentare, “appoggerei l’emendamento”. Del resto, con il via libera dato assieme al collega dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi – 67 siti in sette regioni) ad ospitare il deposito, Costa ha chiarito di non aver fatto “null’altro che applicare e desecretare qualcosa previsto da una legge del 2010, è un fatto meramente tecnico”. Anche la Lega rivendica “vittoria”, perchè (dice la deputata Vannia Gava, capo dipartimento Ambiente del Carroccio e sottosegretario all’Ambiente nel Conte 1): “Costa ha accettato la nostra proposta di dare più tempo a tutte le istituzioni” per partecipare attivamente alla consultazione sul deposito. La reazione di quel venduto dell’attuale sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut non si fa attendere: “La Lega chiede trasparenza? Meglio tardi che mai. È surreale che la Gava, che nel precedente governo ha tenuto nel cassetto la Cnapi, oggi attacchi il ministero dell’Ambiente per l’avvio di un percorso trasparente e partecipato, che porterà all’individuazione del sito unico di stoccaggio dei rifiuti nucleari oggi sparsi su tutto il territorio nazionale”. “Assumerò l’impegno a presentare un emendamento al decreto Milleproroghe per posticipare l’esame di almeno 6 mesi” ha annunciato Erika Mazzetti, deputata di Forza Italia e nella commissione Ambiente della Camera, per “un confronto ampio possibile”.

antonio tajani

Il partito di quel piduista, pedofilo, cattofascista di Silvio Berlusconi col vice presidente Antonio Tajani, dichiarano ai mass media di voler tutelare l’ambiente, intanto il porco, propone il business (speculazioni) dicendo: “ma serve una politica industriale ed energetica”, mentre la presidente dei senatori Anna Maria Bernini chiede che “il governo informi correttamente gli italiani”. Tuttavia, la polemica si è ormai riaccesa su un argomento tanto sensibile, anche se la procedura prima della scelta finale andrà avanti per almeno tre anni e mezzo (fra consultazioni, osservazioni, un Seminario nazionale, scrematura dei siti e riscrittura della Carta ed eventuali autocandidature), le 7 regioni hanno alzato le barricate. Anche nella vicina Francia, dove si convive con le centrali nucleari, cominciò così, ma poi si arrivò all’autocandidatura. Le comunità della pregiata regione Champagne-Ardenne ci hanno guadagnato e si sono autocandidate per un ulteriore deposito. La Sardegna ha ribadito di aver “già detto ‘no’ al deposito nucleare con un referendum nel 2011” e tante altre volte ancora. La Regione Siciliana ha approvato una delibera reputando “assolutamente non idonei” i quattro siti individuati sull’isola, e ha costituito un gruppo di lavoro per le controdeduzioni. Il Consiglio regionale della Puglia ha approvato una mozione che “impegna la Giunta”, anche con le regioni confinanti, a partire dalla Basilicata con cui si è alleata (anch’essa inclusa nella Cnapi con 7 aree), a “far desistere il Governo nazionale da ogni possibilità di costruire il deposito sul proprio territorio”.

Ma non è finita qua…

A gennaio di quest’anno, 6 sindaci e 40 amministratori dei comuni della provincia di Viterbo, hanno firmato un documento sull’identificazione del sito dove collocare il deposito nazionale delle scorie nucleari. Dichiarano ai mass media: “Siamo consapevoli della necessità di individuare un sito per le scorie nucleari nazionali, il tema per la nostra provincia però è un altro. Siamo una provincia che evidenzia una incidenza di patologie tumorali, malformative, e degenerative superiore alla media nazionale.

Gas radon in Tribunale, interviene il Consiglio Nazionale dei Geologi

E’ il caso di ricordare il radon, l’arsenico nelle acque, fitofarmaci e pesticidi. Non è pensabile non applicare al nostro territorio quel “principio di precauzione” che invita ad evitare in ogni modo la presenza di ulteriori fattori potenzialmente a rischio per i civili e per l’ambiente. Per questo il nostro no deve essere totale ed assoluto, lo dobbiamo alla salute dei nostri cittadini ed in modo particolare dei nostri figli”. Anche Massimiliano Valeriani, assessore al Ciclo dei Rifiuti della Regione Lazio ha espresso la sua contrarietà: “ho partecipato ad una riunione con gli amministratori locali organizzata dalla Provincia di Viterbo per discutere dei 22 siti della Tuscia individuati nella Carta nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla localizzazione del Deposito unico dei rifiuti radioattivi. Ho ribadito l’apprezzamento nei confronti del Governo, che si sta impegnando per porre fine ai ritardi nella ricerca di un deposito nazionale, ma ho anche confermato che il territorio del Lazio presenta già un quadro fortemente impattante legato all’inquinamento nucleare di origine industriale e medica”. “La Tuscia viterbese ha una forte vocazione agricola e turistica, in quell’area sono presenti numerosi vincoli archeologici e paesaggistici: condizioni che non consentono la realizzazione di grandi impianti con un rilevante impatto sull’ambiente”.

Insomma: la massomafia, il magna magna politico, militare e industriale, vorrebbe portare avanti il grasso business del nucleare, rendendosi anche conto dei danni civili, salutari ed ambientali che questa energia causa e produce, ma essendo come indole mediocri, esosi spregiudicati, senza scrupoli, indovinate cosa propongono? Venduti come sono, ci mangiano pure sopra! La storia insegna, è sempre la stessa ‘fola’…

 

La crisi ecologica che attraversiamo

è una crisi sociale, ha le sue radici prima

e soprattutto nella dominazione dell’uomo

da parte dell’uomo, della donna da parte dell’uomo,

dei giovani da parte dei vecchi

e della società da parte dello Stato.

M. Bookchin

 

Solidarietà ai compagni/e Anarchici/he incarcerati/e  perchè lottano per cambiare questo mondo crudele di merda.

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)