La morte del faccendiere Flavio Carboni ci riporta ai misteri occulti della Loggia massonica P2

È morto a Roma Flavio Carboni, il faccendiere al centro dei grandi misteri

In questi giorni i mass media scrivono che è morto a 90 anni di infarto il faccendiere Flavio Carboni (foto).

L’italiano medio, si ricorda chi era Flavio Carboni? Carboni ci riporta ai misteri occulti della Loggia P2, formata da alte gerarchie delle forze militari, servizi segreti, Cc, Ps, fondata dal massone Licio Gelli; personaggi sporchi, coinvolti nel crack del Banco Ambrosiano e nell’omicidio di Roberto Calvi. Carboni era conosciuto come persona ambigua già negli anni ’70, perchè era amico dell’agente segreto Francesco Pazienza e del boss Pippo Calò e socio in affari del piduista Silvio Berlusconi (costruzione di Olbia 2, l’inchiesta sulla loggia P3). Carboni insieme a Berluska, viene indagato nel 2010 per concorso in corruzione, nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti per l’energia eolica in Sardegna e di aver costituito una loggia segreta (P3), insieme ad alcuni personaggi di spicco della politica locale e nazionale, per pilotare le gare d’appalto e controllare il dossieraggio. Nel registro degli indagati figurano l’ex-coordinatore del PdL Denis Verdini, il senatore Marcello Dell’Utri, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, il coordinatore del PdL in Campania Nicola Cosentino, l’imprenditore Arcangelo Martino e il magistrato tributarista Pasquale Lombardi. Questi ultimi tre vengono considerati i vertici dell’organizzazione. Carboni aveva capito (come la mafia) che bastava comperarsi quei borghesi attaccati ai soldi – mortidifame, gli avvocati e i magistrati, per rimanere impuniti, ed è riuscito ad essere assolto anche per l’omicidio Calvi, il banchiere trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Sempre nel 2010 Carboni è stato ascoltato dalla procura di Roma in relazione alla scomparsa di Emanuela Orlandi, dei suoi rapporti coi vertici del Vaticano e con i boss della Banda della Magliana.

Denis Verdini

Nel 2018 è arrivata la sentenza P3, la loggia che, per la procura di Roma, avrebbe agito come una struttura segreta, per condizionare gli organi costituzionali. Prosciolto dal reato associativo, l’ex senatore Denis Verdini (foto), viene condannato però a 15 mesi e al pagamento di 600mila euro per finanziamento illecito. 4 anni e 9 mesi è invece la pena per l’imprenditore Arcangelo Martino. Tra gli imputati, anche il giudice tributarista Pasquale Lombardi. Sono stati anche inflitti 2 anni (per abuso d’ufficio) all’ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone. L’accusa di corruzione costa all’ex presidente Arpa Sardegna, Ignazio Farris, una condanna a un anno e 10 mesi. Stessa pena per il presidente del consorzio Tea, Pinello Cossu. Assolto per prescrizione l’ex governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci. Accuse cadute anche per Massimo Parisi e Stefano Porcu.

Nel 2019 il Vaticano ha deciso di riaprire l”inchiesta interna sulla vicenda di Emanuela Orlandi, la figlia 15enne di un commesso della Prefettura della Casa pontificia, scomparsa il 22/6/1983. Le tombe aperte al Camposanto Teutonico in vaticano non hanno portato ad alcun risultato. Le operazioni per ritrovare i resti di Emanuela Orlandi hanno rivelato che i due tumuli erano vuoti. Si ricorda che l’articolo 15 del trattato prevede che una lunga serie di edifici, “benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godevano delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri”. Il cimitero dunque gode di “extraterritorialità”, una decisione maturata prima che i Patti Lateranensi (trattato che la Santa Sede e il governo italiano hanno stipulato sotto il fascismo per regolare i rapporti tra le due istituzioni), firmati, l’11 dicembre 1929 da Papa Pio XI. Nel 2018 sono stati trovati altri frammenti di ossa durante un nuovo sopralluogo della polizia scientifica nella Villa Giorgina della Nunziatura Apostolica.

Caso Orlandi, Emanuela uccisa la sera stessa della scomparsa? Vatican connection, 35 anni dopo

Resti che potevano essere collegati a Emanuela Orlandi e Mirella Gregori (foto), le ragazze scomparse in Vaticano nel 1983, le ossa sono state inviate al Laboratorio di Genetica Forense. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela ha affermato: “È stata una fonte interna alla Santa Sede a comunicare ai mass media la notizia del ritrovamento di quelle ossa, associando subito la scoperta a mia sorella. E questa cosa mi ha colpito molto soprattutto conoscendo il tipo di comportamento che in questi 35 anni ha avuto il Vaticano sulla vicenda, cioè un comportamento occulto, di massima riservatezza e di silenzio”. Ma la vera bomba, il fratello di Emanuela Orlandi la sgancia quando punta il dito contro il Pontefice: “Una cosa è certa. Papa Francesco sa cosa è successo a Emanuela, così come lo sa il Papa Emerito Benedetto XVI, così come lo sapeva Giovanni Paolo II. Il fatto stesso che Bergoglio, a inchiesta ancora aperta, mi abbia detto ‘Emanuela sta in cielo’ vuol dire che sa che fine ha fatto Emanuela. Non a caso dopo che mi disse quella frase, il muro di omertà si è alzato ulteriormente: non ho mai più ricevuto dal Papa una risposta, una spiegazione, un incontro, un segnale, una parola, nonostante le mie tante richieste avanzate al suo segretario. Evidentemente dopo 35 anni c’è ancora qualcosa che pesa tanto sull’immagine e sull’etica, e la coscienza della Chiesa. Rimane l’ atroce sospetto che la giovane sia stata sacrificata da un prelato, cioè da una persona che viveva e frequentava lo Stato della Chiesa, un pedofilo che si lasciava andare agli istinti sessuali [pedofilia: vecchio vizio della chiesa] che definire schifoso è poco”. Quello della scomparsa della 15enne Orlandi nel cuore della Città del Vaticano è uno dei gialli più inquietanti legati alla Chiesa romana. Un caso ricondotto all’attentato a Papa Giovanni Paolo II e allo scandalo finanziario dello IOR e alla morte del banchiere Calvi, alla Banda della Magliana fino ad arrivare alla violenza sessuale subita dalla Orlandi ad opera di un alto prelato. Era il 1983, nello scacchiere internazionale, e nei conflitti geopolitici c’era la Guerra Fredda (Ovest contro Est – Nato contro comunismo) e la crisi del comunismo. Nel 2013 sono stati sentiti 4 testimoni che avrebbero tutti confermato come negli anni in cui la giovane frequentava la scuola di musica della basilica di Sant’Apollinare, un loro amico abbia subìto ripetuti abusi sessuali da diverse persone collegate tra loro. Tra questi, un professore della scuola (un sacerdote) che aveva anche insegnato a Emanuela prima che sparisse. Sembra quindi che la pista sessuale assuma sempre più corpo in questo ultimo troncone dell’inchiesta che da trent’anni cerca di trovare verità sulla misteriosa scomparsa. Emanuela sparì dopo la lezione di musica.La studentessa si fidò di qualcuno che conosceva.

Adesso la storia di questo abuso che seppur ormai caduto in prescrizione dà conferma a certi sospetti su chi frequentava la basilica o l’istituto di musica. La procura sta interrogando i seminaristi che in quegli anni, per l’accusa, venivano ospitati dal rettori e professori in camerette attigue.Tra loro ci sarebbe stato chi amava le ragazzine e i ragazzini (pedofili). Il giovane seminarista racconta che il professore avrebbe approfittato di questa situazione di bisogno, utilizzando il disagio del minore (era depresso per aver perso la fidanzata in un incidente stradale) come leva per ottenere prestazioni sessuali. Don Vergari, appunto il rettore della basilica, conosceva le perversioni sessuali di almeno un sacerdote professore, che frequentava la scuola. Non bisogna dimenticare la telefonata erotica che qualche anno fa proprio don Vergari ebbe con un ex seminarista che dopo esser arrivato dall’estremo oriente venne ospitato in una struttura nell’alto lazio proprio di Vergari. Nella telefonata, intercettata dagli inquirenti, il giovane sacerdote si masturbava raccontando e descrivendo all’ex rettore di Sant’Apollinare l’autoerotismo, alludendo a «yogurt», «latte» e grossi ortaggi. Vergari cercava di cambiare discorso, non accondiscendendo alle sollecitazioni del suo ex discepolo che insisteva per poter ancora dormire insieme. Ma non è finita qua: nel 2012 monsignor Pietro Vergari ha lasciato in tutta fretta la casa di Turania. Non ha nulla da nascondere l’ex rettore della Basilica di Sant’Apollinare. Eppure, all’indomani dell’avviso di garanzia, è come svanito nel nulla. Misteri che avvolgono il prete: Sant’Apollinaire, la basilica che Vergari ha amministrato e in cui è tumulato il boss della Banda della Magliana, Enrico De Pedis. Alcuni cittadini lo dipingono come un tipo senza sentimenti, cupo, controverso, uno che potrebbe tranquillamente celare i segreti del Vaticano. Vergari ha 86 anni e potrebbe portarsi nella tomba i segreti e i misteri di quella sparizione e l’eventuale coinvolgimento della Banda della Magliana nel rapimento della figlia del messo pontificio. E’ scappato e si nasconde dietro un portone perché indagato per concorso nel sequestro di una ragazzina. La porta della sua chiesa, invece, Vergari l’ha aperta a chiunque, anche a Renatino, che da boss è passato per benefattore, perchè investiva i suoi tanti soldi sporchi nella banca Mondiale del Vaticano, lo Ior. Don Vergari però fugge, e la storia che tutti vorrebbero conoscere non la racconta, lui, che da parroco di una piccola chiesa romana a Casalbertone negli anni ’70 (quando in cella di esponenti della Banda ce n’erano), è salito di grado, diventato cappellano del carcere e poi rettore di Sant’Apollinare. Nel 2012 è stata aperta la bara di Enrico De Pedis, della banda della Magliana, detto ‘Renatino’ tumulata nella basilica di Sant’Apollinare. Il fratello di Emanuela Orlandi lo considera un passo importante. C’è ancora una domanda che ancora non ha ottenuto una risposta: perché il bandito era seppellito in una tomba di così grande prestigio? Secondo il fratello di Emanuela, sua sorella sarebbe stata rapita non perchè era Emanuela Orlandi ma perché era cittadina vaticana”. Secondo la ricostruzione di quel che accade nei sacri palazzi, ai livelli più alti, fino all’appartamento del Papa. Parlano i documenti, non ci sono commenti nè illazioni. Il prelato Giampiero Gloder, che presiede il gruppo di persone che aiutano a preparare i discorsi e gli interventi del Pontefice, sconsiglia, sempre in una nota, di intervenire sulla delicata vicenda e scrive che «il fratello della Orlandi sostiene fortemente che ai vari livelli vaticani ci sia omertà.

In Vaticano qualcuno sa la verità su Emanuela Orlandi. Ne è convinta la procura di Roma che indaga sul caso. I problemi occultati all’interno del Vaticano, oltre a quello della pedofilia, sono molti; basta pensare al capitale finanziario della P2, fatto sparire all’estero attraverso la banca del Vaticano chiamata Ior (soldi che dovevano essere destinati, invece, ai poveri), ma non solo; c’erano anche i legami tra logge, Vaticano e mafia; poi c’era il mistero del banchiere Roberto Calvi al centro del crac Ambrosiano. Banchiere del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri di Londra il 18/6/1982. Il sostegno di Eni e Bnl, dove i quadri alti erano in molti casi piduisti, ha consentito all’Ambrosiano di sopravvivere all’estero nonostante le restrizioni crescenti imposte dalla Banca d’Italia dalla fine degli Anni 70. La morte di Licio Gelli, il maestro venerabile morto nel 2015 ad Arezzo a 96 anni, fa riemergere le tante ombre di un Paese che deve fare ancora i conti col suo passato. Tra i misteri degli anni d’oro di Gelli c’è appunto la morte Roberto Calvi, che entrò nell’Ambrosiano, una delle maggiori banche cattoliche di allora, come impiegato nel 1947 e ne scalò tutte le cariche per poi, da presidente, venire travolto nel 1982 dal crac finanziaro del suo istituto di credito. Si iscrisse alla P2 nel 1975. Nei processi sul caso che durano ormai da trent’anni, tanti chiusi senza colpevoli (hanno pagato i magistrati), tra una montagna di carte e documenti, sono tornati a galla gli incroci tra la loggia P2, la mafia e la camorra, l’estremismo di destra, il Vaticano e lo Ior, la politica della Prima Repubblica, i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti e l’Argentina, ma ancora nessun magistrato è riuscito a risolvere l’enigma su questo banchiere morto all’età di 62 anni, protagonista di uno scandalo finanziario che resta un tassello fondamentale della storia d’Italia, una vicenda che costò la vita all’avvocato Giorgio Ambrosoli. Gelli con la banca del Vaticano, faceva affari all’estero e di miliardi ne giravano tanti, tra le sue raccomandazioni c’era Eugenio Cefis, ex presidente Eni, e il banchiere siciliano Michele Sindona (persone e connessioni col potere). La morte di Calvi avrebbe assicurato a Licio Gelli e al faccendiere Francesco Pazienza l’impunità per i trasferimenti illeciti congelati dalle autorità elvetiche. Il magistrato romano Otello Lupacchini aveva messo in guardia i colleghi milanesi, ai tempi dell’attentato del 1982 a Roberto Rosone (presidente del Banco dopo Roberto Calvi), sui rapporti tra Danilo Abbruciati, esponente della Banda della Magliana, e Francis Turatello, boss della mala milanese. Le operazioni svolte da Licio Gelli e dall’ex proprietario del Doney di Firenze Marco Cerruti all’isola di Jersey, sono di particolare importanza. Gli stessi liquidatori ne sottolineavano la pericolosità e operava con Alessandro del Bene (altro esponente della P2) che aveva interessi a Londra. Nella misura in cui le destinazioni dei fondi furono identificate ne seguirono delle transazioni coi beneficiari, tra cui proprio Licio Gelli. Con l’avvento di Carlo Salvatori (che gestì la fusione del Banco nel 1989), le liquidazioni si sono saldate. Il materiale che conosciamo a Milano consente di stabilire che lo schermo dietro il quale si nascose la maggior parte dei fondi mancanti fu il Bafisud di Umberto Ortolani.

Umberto Ortolani

Questa banca fu messa subito in liquidazione senza che Ortolani, come Gelli, abbia subìto conseguenze giudiziarie comparabili alle loro responsabilità. A un ricevimento alla Johns Hopkins University c’era anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Al Mayflower Hotel con Roberto Calvi c’era il generale Vito Miceli (ex direttore del Sid, i Servizi Segreti) e Bill Mazzocco, molto vicino sia ad Umberto Ortolani (imprenditore, banchiere che aveva favorito lo sviluppo degli affari di Licio Gelli in Sud America col Vaticano, tramite l’Istituto per le opere di religione IOR di mons. Marcinkus) e William Colby, ex direttore della Cia. Roberto Calvi negli anni 70, dopo un incontro con Mario Genghini della P2 a Miami, dichiarò ai mass media che stava subendo delle pressioni da parte di Umberto Ortolani. Dietro a Gelli e alla P2 c’era Giulio Andreotti, seguito dal ex segretario P2 della Camera Francesco Cosentino. Calvi ebbe un incontro a Washington con Paul Rao in una banca. Rao è poi comparso sia nel processo Ambrosoli, in cui fu parte civile, e in quello Andreotti (patto stato mafia) a Palermo. Il gioco di Gelli era quello di agglomerare un gran numero di funzionari e dirigenti che aspiravano a posti più importanti, ma occupavano la fascia inferiore di influenza. La stessa Anselmi (presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2) ha sempre dubitato che Gelli fosse la vera mente; infatti, sopra di lui c’erano i servizi segreti.

Il giudice Francesco Misiani aveva letto il materiale sequestrato a Licio Gelli a Castiglion Fibocchi sui rapporti tra Piccoli, Pazienza, Calvi. Non si possono non notare le strane aperture recenti di Raffele Cutolo e l’intervista davvero singolare di Francesco di Carlo, esponete di Cosa Nostra. Nel 2013 la Suprema Corte ha reso definitiva la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni per la vicenda dei diritti Mediaset. Ha impiegato due anni per ripulire la fedina penale di Carlo De Benedetti dalle due condanne, per la pesante accusa di concorso in bancarotta fraudolenta nella vicenda del crack del Banco Ambrosiano. Per 65 giorni trascorsi come vicepresidente all’Ambrosiano, dal 18/11/’81 al 22/1/’82, De Benedetti ne uscì con 81,5 miliardi di lire, “estorti” a Roberto Calvi, secondo il pm Luigi Dell’Osso. De Benedetti intasca una plusvalenza di 30 miliardi. Ma da quando l’Ingegnere ha deciso di dare l’avvio all’assalto all’Ambrosiano? Proprio nell’ottobre 1981. A quanto ammonta la situazione debitoria del gruppo? Secondo Mario Tedeschi a fine ’81 l’indebitamento verso le banche era di 10,4 miliardi contro i 3,4 di un anno prima, 5 miliardi verso i fornitori, 3 miliardi di oneri finanziari invece di 1 miliardo del 1980.

 

Il caso di Emanuela Orlandi – L’attentato al papa – Atlantide

www.youtube.com/watch?v=-QE7mx6k_UA

 

La legge, generata dalle maggioranze,

è la causa di tutti i nostri mali e la negazione assoluta

dell’integrità personale e della libertà umana

a beneficio di un gran numero

di imbecilli o di una minoranza di furbi.

Ricardo Mella

 

Solidarietà ai compagn* anarchic* arrestat* ingiustamente da questo stato capitalista e repressivo

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)