Destra e sinistra propongono il salario minimo, un diritto che ci hanno tolto: pagliacci!

meloni e schlein

In questi giorni quella pagliaccia della premier Giorgia Meloni, ha stupito tutti per la sua apertura a discutere di salario minimo, spiazzando le opposizioni che volevano prendersi la gloria. Una proposta che serve ai 2 partiti rivali da usare come arma propagandistica per detenere il potere e rimandare il problema dei diritti dei lavoratori e quello di restituirci lo statuto dei lavoratori, soprattutto l’articolo 18 che loro stessi ci hanno tolto per imporci il libero mercato (sfruttamento legalizzato). Negli accordi incoerenti tra destra e sinistra c’è anche quell’arrivista senza scrupoli di Giuseppe Conte, uno che pur di detenere il potere politico, aveva già fatto accordi con tutti (a scapito di coerenza e morale): da Donald Trump a Matteo Salvini, da Nicola Zingaretti a Vladimir Putin. Anche la segretaria del Pd Schlein si attacca al salario minimo per farsi pubblicità e entrare nel potere politico come figura di comando. Ufficialmente i contatti Meloni-Schlein non si vedono, ma ci sono. La Meloni le ha fatto capire di avere il coltello dalla parte del manico, cioè che ha i numeri dalla sua parte, per cui o si segue il suo percorso o non si fa nulla; sa che la proposta del salario minimo è una proposta persa in partenza (è per quello che fa la buonista e fa finta di crederci), del resto la maggior parte, l’ha votata perché vuole il libero mercato con contratti di lavoro da fame che vanno da 2 o 3 euro in su; la Schlein ha già fatto capire che se il salario minimo non verrà attuato, utilizzeranno la campagna d’autunno che Maurizio Landini ha già annunciato facendo squillare la tromba dello sciopero generale schioccando le dita per far scioperare i lavoratori quando vogliono loro e per i loro interessi politici. Pagliacci, smettetela di prendere in giro e ridateci lo statuto dei lavoratori!!

 Tornano i Voucher o “Buoni Lavoro”

Nel novembre 2022 il governo Meloni tra i suoi vari provvedimenti cattofascisti, ha riproposto i voucher o buoni lavoro per il lavoro occasionale e stagionale, che tanto piacciono agli imprenditori, ma che di fatto hanno legalizzato la precarietà e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: un ritorno al passato, ai tempi della schiavitù, riproponendo l’eliminazione delle tutele per i lavoratori. Nel 2017 i voucher erano stati aboliti appunto perché incentivavano il caporalato e il lavoro in nero, lasciando i lavoratori senza diritti, con buste paghe da fame (con orari di lavoro che superavano anche le 12 ore al giorno). Ovviamente per un governo di destra favorire i “padroni” è imperativo categorico. Giorgia, donna senza scrupoli e arrivista, ha smantellato il “reddito di cittadinanza” per legalizzare i meccanismi di sfruttamento del lavoro. I voucher erano stati introdotti con la legge Biagi del 2003, ai tempi del governo Berlusconi II, il compare della Meloni, sceso in campo “santo”. Il sistema è una  colossale contraddizione, perché vorrebbe imporre d’autorità, alcune regole anticostituzionali per ritornare al lavoro nero e quindi inevitabilmente alle tensioni sociali tra padroni e lavoratori. Questa proposta dei voucher anziché promettere a giovani (e meno giovani) l’uscita dal precariato, si sono creati meccanismi di legalizzazione di quella che si potrebbe definire una schiavizzante sottoccupazione al posto di una nerissima disoccupazione. Nei contratti anticostituzionali si sono creati nuovi “lavori”, come i raiders, simboli della precarizzazione selvaggia. Secondo L’Inps, dal 2008 al 2017 vennero venduti milioni di voucher: in 104 mesi, furono venduti complessivamente ben 433 milioni di buoni lavoro. Buoni lavoro, esentasse e che non prevedevano nessun tetto di utilizzo a carico del datore di lavoro, gli assegni erano di fatto una forma di precariato estremo e povero. Il Jobs Act del governo Renzi era intervenuto, non smantellando il sistema, ma creando due diversi tipi di voucher. Uno era utilizzabile per i lavori occasionali nelle famiglie, l’altro in contesti aziendali. Era una maniera furbetta, nello stile del suo ideatore (cattosinistroide), per cambiare tutto per non cambiare nulla. Poi nel 2017, con Paolo Gentiloni alla guida di Palazzo Chigi, i voucher erano stati aboliti e sostituiti da altre forme di precariato: i Libretti Famiglia e dai contratti di prestazioni occasionali, gestiti dall’Inps.

confesercenti

La proposta dei voucher della Meloni, ha fatto contenta anche Confesercenti, reintroducendo i voucher, per alcuni settori particolari come l’agricoltura, l’horeca (l’industria albergheria) e i lavori domestici. Confesercenti (mangia pane a tradimento), ha proposto i voucher anche per il settore del turismo, non cogliendo, o forse cogliendolo benissimo, che in questa maniera si riportano inevitabilmente alcuni compensi al ribasso. E non è un caso che anche Coldiretti parla di “una buona notizia per il settore agricolo”. Lo sottolinea il direttore generale di Coldiretti Fvg Cesare Magalini, contento di legalizzare il caporalato, per sfruttare meglio i lavoratori agricoli da sempre sfruttati in nero (dal medioevo) con costi di orari da fame senza tutele. Orari massacranti, salari bassi, sicurezza e salute a rischio, lotte per i diritti continuamente sotto attacco. Per questo è stata eletta quella pagliaccia della Meloni, diventata presidente al posto di quel P2ista di Berlusconi. Secondo l’articolo 36 della Costituzione, «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa», eppure in Italia, il costo della vita aumenta moltodi più rispetto ai salari. In Italia emerge una polarizzazione verso il basso dei salari, frutto di politiche aziendali (e non) che hanno sfruttato la moderazione salariale come strumento per la competitività. E mentre i salari diminuiscono, il costo della vita si aggrava dell’1-2% ogni anno.

Censimento Istat delle Istituzioni pubbliche: una prima “fotografia” del lavoro da remoto nelle PA

L’indice nazionale ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati ci ricorda come le buste paga degli italiani non sono sufficienti a 1,7 milioni di famiglie in povertà assoluta nel 2019, per un totale di quasi 4,6 milioni di individui (7,7% della popolazione totale). In un contesto sociale in cui le famiglie si impoveriscono, le persone senza potere contrattuale aumentano e diventano ricattabili quindi facilmente sfruttabili. Senza reali tutele, il singolo lavoratore fa del proprio diritto a una retribuzione degna, un elemento di contrattazione al ribasso. Il salario basso non è un malfunzionamento del sistema, ma un veicolo di profitto. Nel 2007, la media degli incidenti mortali sul luogo di lavoro era di poco meno di 3.5 decessi al giorno, per un totale di 1260 durante l’anno. Il 9 aprile 2008 veniva emanato il testo unico per la sicurezza sul lavoro, i pilastri su cui si basa il testo, noto anche come “Decreto 81”, richiedeva molti decreti attuativi, mai approvati. Queste “parole d’ordine” erano poche e semplici: prevenzione, controlli, formazione, informazione. Oggi i dati sugli incidenti mortali sul lavoro sono quasi identici (1270 durante il 2020), e su tutti i fondamenti del testo la situazione è critica. Il problema principale sulla sicurezza del lavoro, su cui molte aziende risparmiano, sono causati anche dai molti appalti che si giocano al massimo ribasso, che comprimono molti dei costi della sicurezza, risparmiando persino sui DPI (dispositivi di protezione individuale) soprattutto durante il periodo pandemico. Gli appalti sono una questione che riguarda le PMI che, per rimanere competitive, risparmiano su salute e sicurezza (si pensi ai dati delle ispezioni che nel 2020 hanno rivelato il 79,3% di irregolarità). Qui si verificano la maggior parte di infortuni, incidenti mortali e sviluppo di malattie professionali. In questa fascia la competizione è più forte, anche a causa della competizione estera. Le grandi aziende appaltano e subappaltano molte delle proprie attività. Questo è un problema che parte dalle spese per la sicurezza sul lavoro e soprattutto di deresponsabilizzazione dell’impresa principale, la quale scarica i suoi costi e le sue difficoltà organizzative sulle imprese sottostanti, fino ad arrivare alla “polverizzazione” di questa filiera attraverso l’uso di lavoro individuale, lavoro cosiddetto professionale o lavoro a partita IVA mascherato, in maniera da non dover pagare il costo sociale e lavorativo di quelle prestazioni. Queste lavoratrici e lavoratori difficilmente avranno mai i diritti che hanno i dipendenti dell’azienda committente. Ma sul lavoro “nero legalizzato”, la situazione si aggrava, ci sono lavoratori stranieri (soprattutto nel settore agricolo) che non parlano bene l’italiano che si sono ritrovati ad avere un infortunio sul lavoro e che non sono stati risarciti (non sapevano come si chiamavano o dove lavoravano), figuriamoci se il padrone non ne approfittava di questo disagio e condizione sociale per sfruttarli, per toglierli i loro diritti, la loro dignità. Gli anni ‘60 e ‘70 furono una stagione di vasti scioperi e manifestazioni sindacali in tutto il mondo e, come risultato finale nasce lo statuto dei lavoratori, una grande conquista di quegli anni. In Italia negli ultimi anni invece, c’è un’abbondanza di sindacati rappresentativi, ma questi non vengono legittimati al dialogo con le imprese.

riders

Le aziende riunite in AssoDelivery ad esempio, hanno adottato una strategia di repressione sindacale più trasparente: hanno cercato di aggirare le associazioni sindacali esistenti dialogando solo con alcune di esse (tendenzialmente le più prone alle esigenze datoriali) oppure creando esse stesse, dal nulla, dei sindacati cosiddetti gialli, termine con cui si è soliti indicare questo tipo di associazioni sindacali, controllate in maniera diretta o indiretta dagli imprenditori. Nel novembre del 2019 nasce infatti l’ANAR (Associazione Nazionale Autonoma dei Riders), il presidente e fondatore è Nicolò Montesi, rider di Glovo, già responsabile dell’organizzazione e della comunicazione di UGL – Unione Generale del Lavoro, sindacato storicamente legato al MSI e, in tempi recenti, alla Lega. Nel settembre 2020 l’UGL stringerà con AssoDelivery il primo contratto collettivo nazionale della categoria dei riders, sotto le critiche aspre e l’opposizione a oltranza dei sindacati autonomi e confederali di categoria. Questo contratto collettivo prevede la “legalizzazione del cottimo” con una paga minima oraria di 10 euro per ora lavorata e continuare a disciplinare i riders come lavoratori autonomi, così è stato sottoscritto dal sindacato UGL. Un “contratto pirata”, che rischia di diventare realtà anche per i facchini e i braccianti.

La proposta di quella pagliaccia della Meloni sul salario minimo è solo ‘di facciata’, per non mollare la poltrona da premier e non certo per dare diritti e dignità ai lavoratori, perché il salario minimo è la più bassa remunerazione o paga oraria, che i datori di lavoro devono per legge corrispondere ai propri lavoratori dipendenti ovvero impiegati e operai. I tirocini, non configurandosi come rapporti di lavoro, non fanno riferimento ad alcun contratto nazionale di lavoro, di conseguenza queste tipologie contrattuali non prevedrebbero alcuna retribuzione minima. Non configurandosi come rapporto di lavoro, non si applicano ai tirocinanti alcuni diritti previsti per i lavoratori, quali ferie, malattie e altri permessi retribuiti, mensilità aggiuntive previste, nonché TFR. Gli importi, non figurando come retribuzione, ma come rimborso spese forfettario, non sono soggetti a contribuzione previdenziale, sebbene siano soggetti alla normale fiscalità. Di conseguenza, non spetta al tirocinante alcun tipo di indennità di disoccupazione al termine del periodo di tirocinio, essendo ciò legato al versamento di contributi previdenziali nei periodi antecedenti. E così, accade sempre più spesso che fra due lavoratori operanti nel medesimo settore, addetti alle stesse mansioni, ma assunti da aziende diverse, uno dei due percepisca uno stipendio decisamente inferiore rispetto al collega. A questo punto è indispensabile introdurre (finalmente) una seria legge di attuazione dell’art. 39 della Costituzione, che metta fine alla vera e propria piaga sociale dei contratti pirata.

Senza il movimento del 68 non ci sarebbe lo Statuto dei lavoratori

Lo Statuto dei lavoratori nasce nel 1970 dopo grandi lotte di classe con scioperi e boicottaggi delle macchine da lavoro, azioni dirette fatte per evitare lo sfruttamento e dare dignità al lavoratore. In materia di lavoro è, senza dubbio, la fonte normativa più importante nel nostro ordinamento dopo la Costituzione, che ha fissato i principi fondamentali della materia, come l’articolo 18 che tutela i lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo, ingiusto e discriminatorio. Ma con la legge Fornero (la 92 del 2012), aveva indebolito l’articolo 18, un duro colpo per i lavoratori. Poi nel 2015 l’articolo 18 viene definitivamente abolito dal Jobs Act del governo Renzi che lo ha tolto definitivamente per tutti i nuovi assunti per poi imporci definitivamente la flessibilità del lavoro che nasce col governo del  (fu)cavaliere Berlusconi I, verso la fine degli anni ’90. Da quando sono state introdotte le prime forme contrattuali flessibili, con la riforma del mercato del lavoro, si è generata più precarietà e un preoccupante arretramento rispetto ai diritti fondamentali conquistati, appunto, negli anni ‘70. Le ultime riforme del mercato del lavoro non vanno nella direzione dell’occupazione ma dell’impresa, che pretende più flessibilità. Flessibilità che ha determinato una crescita molto alta della precarietà. Togliendo l’articolo 18 abbiamo assistito ad un arretramento rispetto alla legge 300 del 1970, quando si era  verificata una grande unità sindacale che ha coinciso con una fase di crescita (boom economico). Dagli anni ‘90 la crisi attuale ha visto cambiare il mercato del lavoro e portato ad una sua scomposizione con la nascita di nuove figure come le partite Iva. Dentro questo processo di scomposizione, le forze di sinistra e sindacali non hanno più saputo ritrovare l’unità degli anni ‘70 e da questo è scaturita una crisi di rappresentanza. Il Job Acts mostra un governo di sinistra che riduce i diritti dei lavoratori, perché nessun governo come questo era riuscito a cancellare con l’articolo 18 un diritto fondamentale dei lavoratori che ancora esiste invece in tutta Europa. Il Jobs Act ha reso il lavoro più flessibile e modulabile, rispondendo soprattutto agli interessi del padrone. L’articolo 18 aveva una valenza protettiva perché dissuadeva da manifestazioni di forza da parte di chi ha più potere nei confronti della parte più debole. Finché il lavoratore era coperto da questo ombrello e da questa garanzia universalistica dell’art. 18 sorgevano conflitti che spingevano in avanti il fronte delle rivendicazioni, mentre ora tutto questo non c’è più. Un magistrato ha il compito e il dovere di far rispettare i diritti del lavoro previsti dalla Costituzione. Per questo alcuni magistrati sono stati chiamati “pretori d’assalto”, ma se ci si trova di fronte a comportamenti che contrastano coi diritti previsti dalla carta costituzionale, un giudice del lavoro deve preoccuparsi della loro attuazione e non dell’economia. Di fronte al cambiamento del mercato del lavoro diventato atipico, precario e poco tutelato, le organizzazioni dei lavoratori non hanno avuto la prontezza e la capacità (forse per opportunismo hanno preferito fare inciuci con la destra) di raccogliere queste nuove esigenze. In passato il soggetto da tutelare era il lavoratore attraverso diritti non derogabili come il contratto. Oggi questo sistema è ribaltato e le nuove norme identificano in modo sempre più accentuato il soggetto debole con l’imprenditore. L’imprenditore è diventato il soggetto che le leggi vogliono proteggere e a cui si rivolgono, e per questo occorre creare uno spazio in cui il padrone si possa muovere liberamente per cui tutto ciò che gli è d’intralcio, come i diritti dei lavoratori, dev’essere messo da parte. Da quando ci hanno imposto il libero mercato, il problema del lavoro nero non arriva mai nelle aule dei tribunali perché le vittime non hanno i mezzi per potersi tutelare e le nuove norme hanno aumentato i costi dei processi. Le cooperative sociali soprattutto quelle cattoliche, sono le prime che devono essere eliminate perché sono state le prime che hanno attuato le problematiche del lavoro flessibile precario che specula e toglie i diritti dei lavoratori incentivando il lavoro nero e quindi precario. Ma la cosa più assurda, è che sono arrivati 250 miliardi di Euro dall’Europa a fondo perduto (PNRR, per tutelare le imprese e non i lavoratori!!

Pnrr, al Sud mancano una settantina di miliardi: errore di calcolo o 'contropaccotto'? - Il Fatto Quotidiano

Questa è la brutta realtà della nostra bella penisola che ha fatto andare al potere (col consenso della sinistra cattosinistroide), la destra anticostituzionale per imporci regole che andavano contro la dignità, il futuro e i diritti dei lavoratori e la gente comune è stata zitta, forse per mancanza di informazione.

Bisogna alzare la testa e alzare il livello culturale per riprenderci il nostro futuro, la nostra felicità, i nostri diritti!  Né con la Russia, né con la Nato! Né destra, né sinistra! Basta armi! basta guerre! Anarchia: l’Unica Via.

Solidarietà a tutti i compagni/e/u Anarchici utopisti e sognatori arrestati ingiustamente perché volevano cambiare questo mondo crudele e ingiusto che toglie la felicità ai poveri per dare più ricchezza a chi già ce l’ha! Repubblica borghese, un dì ne avrai vergogna!

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I delitti di lesa-maestà commessi dai popoli

sono rari in confronto ai delitti di leso popolo

commessi dalle maestà.

P. V. Berthier

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)