Patto Stato Mafia (1° parte)

6 imprenditori sono finiti ai domiciliari per corruzione di politici e dipendenti del comune di Napoli.

Caivano, appalti pilotati: arrestate 18 persone. Coinvolti imprenditori,  esponenti dei clan e dipendenti comunali

Il 1 novembre c’è stata ancora un’ondata di arresti a Caivano per infiltrazioni camorristiche. Ad appena due settimane dal secondo scioglimento della giunta comunale in 5 anni per infiltrazioni, nel comune alle porte di Napoli sono state arrestate nella notte altre 18 persone. Tutte risultano indagate a vario titolo per associazione di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal  metodo mafioso e reati contro la pubblica amministrazione. Tra loro, 9 erano già state fermate lo scorso 10 ottobre nell’ambito di un blitz che aveva compreso numerose perquisizioni. Nella lista risulta anche il nome di Angelino Antonio, considerato a capo del gruppo criminale di tipo camorristico operante su Caivano. Dei 18 raggiunti dall’ordine di custodia cautelare, 6 imprenditori sono finiti ai domiciliari per corruzione di politici e dipendenti del comune del napoletano per ottenere appalti pubblici. Secondo l’indagine, condotta dai carabinieri e coordinata dall’antimafia tra novembre 2022 e luglio 2023, sono emersi legami tra camorra, amministrazione comunale e uffici nella gestione degli affidamenti degli appalti per i lavori pubblici. In più di una occasione i dipendenti  pubblici fungevano da intermediari tra gli imprenditori e i camorristi nella richiesta del pagamento delle estorsioni. Gli stessi imprenditori taglieggiati, secondo gli inquirenti, avrebbero ottenuto appalti corrompendo politici e dirigenti comunali compiacenti.

Il 26 ottobre invece risuscita l’agenda marrone di Paolo Borsellino!

E l'agenda rossa di Paolo Borsellino sparisce nel nulla

Per oltre trent’anni non si è fatto altro che parlare della famosa “agenda rossa” e non di quella marrone, ma a far rumore è stata l’esistenza di una seconda agenda, di colore marrone, che Paolo Borsellino aveva con sé il giorno della morte. A parlarne è stata la figlia Lucia, nel proseguo dell’audizione che l’ha vista protagonista in Commissione parlamentare antimafia insieme al marito, l’avvocato Fabio Trizzino. “Nella borsa di mio padre c’era non solo l’agenda rossa, ma anche un’agenda marrone che conteneva una rubrica telefonica. Un’agenda che ci è stata consegnata senza alcuna repertazione e ne siamo in possesso da 30 anni senza aver mai saputo che questa agenda non ha mai avuto alcuna attenzione sotto il profilo delle indagini“. Abbiamo ascoltato le parole di Lucia Borsellino che si è soffermata sulla scomparsa dell’agenda rossa, che è stato sicuramente il primo atto di depistaggio effettuato sulla strage di via d’Amelio (“Io ho testimoniato personalmente in ordine alla presenza dell’agenda rossa nella borsa perché sono stata testimone oculare dell’utilizzo dell’agenda da mio padre la mattina del 19 luglio. L’agenda rossa era nella borsa con l’agenda marrone, il costume da bagno, le chiavi di casa, le sigarette. Mi sono arrabbiata perché non ci era stata consegnata l’agenda rossa ed ero certa che fosse nella borsa. In questi giorni ho chiesto a mio fratello di fornire a questa commissione copie scansionate di quell’agenda telefonica, troverete tutti i numeri delle persone vicine a mio padre. Si trovano per tre quarti numeri di magistrati e per il resto di familiari. Non troverete i numeri di chi non aveva queste frequentazioni. Me ne assumo la responsabilità: per i numeri che non troverete lascio a voi ogni valutazione”.

Procura generale di Palermo, si chiude l'era Scarpinato: in 8 candidati  alla successione - Giornale di Sicilia

Il magistrato Scarpinato (foto sopra), fu colui che redasse e sottoscrisse la lettera firmata da 8 componenti della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo): all’ex Procuratore generale di Palermo si aggiunsero Ignazio De Francisci, Giovanni Ilarda, Antonio Ingroia, Alfredo Morvillo, Antonio Napoli, Teresa Principato, e Vittorio Teresi in cui si diceva, in sostanza, che il Procuratore capo Giammanco non poteva restare alla procura della Repubblica. Quel documento fu redatto proprio dallo stesso Scarpinato che in questi giorni è stato continuamente attaccato all’interno della Commissione. Un argomento che viene spesso dimenticato nelle ricostruzioni. Viene citata la deposizione al processo depistaggio di via d’Amelio dell’ex pm Antonio Ingroia ma non si dice che proprio quest’ultimo, parlando degli schieramenti che al tempo si erano creati all’interno della Procura di Palermo, metteva da una parte i “fedelissimi” di Giammanco (“Erano tutti gli aggiunti, tra cui Vittorio Aliquò, ad esempio. Ma anche pm come Pignatone, Sciacchitano. Era l’establishment del tempo”) e all’altra i “falconiani”, tra cui vi era anche Scarpinato (oggi senatore del Movimento Cinque Stelle). Inesattezze che sono state ripetute anche in quest’ultima seduta che non esitiamo a definire “depistanti” perché sviano l’attenzione della Commissione su fatti che, è stato sufficientemente provato da sentenze, inchieste e processi, non sono causa scatenante di quell’accelerazione che ha portato alla morte Paolo Borsellino appena 57 giorni dopo Giovanni Falcone (foto sotto).

Ceccano – Il Procuratore Gian Carlo Caselli incontra gli studenti del Liceo  | TG24.info

Stragi che vanno valutate nel loro complesso e non in maniera separata, come invece sembra voler fare la Commissione antimafia presieduta dalla Colosimo. Relazione redatta dall’allora Procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli (foto sopra), datata 5/6/’98, dal titolo alquanto esplicito: “Relazione sulle modalità di svolgimento delle indagini-mafia-appalti negli anni 1989 e seguenti”.

In quel documento si dimostra come una prima versione del rapporto del Ros viene depositata alla Procura di Palermo il 20/2/1991, priva del nome di politici come Calogero Mannino (foto sotto) ed altri. La seconda verrà depositata un anno e mezzo dopo, il 5/9/’92. Stavolta però, vi saranno espliciti riferimenti a Calogero Mannino DC (1961-1994), UDC (2006-2010), PID (2010-2011).

Mannino: "Il nostro destino si gioca in Sicilia, la Dc distrutta dalle  stragi mafiose"

Il 19/7/1992, alle ore 16.58, un boato scuote Palermo. È la seconda volta in 57 giorni: dopo aver eliminato Giovanni Falcone a Capaci con un attentato terribile quanto scenografico, questa volta la mafia scatena la sua violenza contro il giudice Paolo Borsellino, che viene investito dall’esplosione di un’autobomba in Via D’Amelio. Eppure, subito dopo lo scoppio, tra le macerie di quella strada dissestata qualcuno è alla ricerca di un oggetto che deve essere rimosso dal perimetro della strage nel più breve tempo possibile. L’agenda rossa del giudice. L’agenda, contenuta nella borsa di cuoio che si trovava sul sedile posteriore della macchina che ha ospitato il magistrato nel suo ultimo viaggio, venne prelevata dall’auto nei minuti successivi all’esplosione della bomba: sappiamo che passò dalle mani di Rosario Farinella, carabiniere e membro della scorta dell’allora deputato (e precedentemente pm al Maxiprocesso) Giuseppe Ayala, il quale la prelevò dall’auto e la consegnò a una persona non meglio identificata; poi, tra le 17.20 e le 17.30, fu nella disponibilità di un capitano dei carabinieri, Giovanni Arcangioli, che venne ripreso mentre la portava all’uscita di via D’Amelio (foto sotto).

La strage di via D'Amelio - Cara Palermo

La borsa ritornò poi nell’auto da cui era stata tolta, per poi essere prelevata dall’agente Francesco Paolo Maggi, che la portò in questura, nella stanza del capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera (foto sotto). Quest’ultimo è un personaggio centrale nella nostra storia, dal momento che, nella storica sentenza del Borsellino-Quater (che ha ricevuto il timbro della Corte di Cassazione), viene collegato dalla Corte d’Assise di Caltanissetta al macroscopico depistaggio che si verificò sulle indagini sulla strage di Via D’Amelio, che fu incarnato dalle false dichiarazioni rese ai magistrati dal finto pentito Vincenzo Scarantino e costituì il frutto di «un proposito criminoso determinato essenzialmente dall’attività degli investigatori, che esercitarono in modo distorto i loro poteri».

I giudici di Caltanissetta hanno infatti sancito che «c’è un collegamento tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, sicuramente desumibile dall’identità di uno dei protagonisti di entrambe le vicende», per l’appunto La Barbera, il quale sarebbe stato «intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa» e il cui ruolo fu «fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia». Ma gli uomini di fiducia di La Barbera, rinviati a giudizio con l’accusa di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra per aver esercitato un “pressing fatto di minacce, anche psicologiche, maltrattamenti e manomissioni di prove” per indurre Scarantino a depistare le indagini, non hanno ricevuto condanne: lo scorso 12 luglio due di loro, Mario Bo e Fabrizio Mattei (foto sotto), essendo caduta l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra, sono stati salvati dalla prescrizione, mentre il terzo, Michele Ribaudo (foto sotto), è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”.

Fabrizio Mattei (a sinistra) e Michele Ribaudo

È il 3 Dicembre 2018 quando Lucia Borsellino (foto sotto), figlia del giudice Paolo, ripercorre con grande emozione davanti ai giudici di Caltanissetta le ore immediatamente successive all’esplosione della bomba che le tolse per sempre suo padre, citando particolari importanti sulle agende che Paolo era solito utilizzare in quel periodo: quella marrone, rimasta all’interno della borsa di cuoio che Borsellino aveva portato con sé in Via D’Amelio, contenente dei numeri di telefono; quella grigia, ritrovata invece all’interno della casa di Borsellino (il quale, dunque, quel 19 Luglio non l’aveva portata con sé), in cui il giudice annotava le spese e alcuni appuntamenti; infine quella rossa, la più nota: «successivamente seppi che negli ultimi tempi lui (Paolo Borsellino) era abituato ad annotare delle cose importanti per il suo lavoro. Lui di solito era molto schematico nelle annotazioni: il fatto che lui in questa agenda rossa scrivesse delle cose per esteso lo seppi successivamente dal maresciallo Canale (stretto collaboratore di Borsellino)».

Liberainformazione Lucia Borsellino, l'assenza di verità e un dolore  privato che diventa pubblico | Liberainformazione

Lucia afferma di avere assistito suo padre nella preparazione della borsa la mattina del 19 luglio. «Mi creda, tutto potevo immaginare tranne che ci potesse essere nel luogo del delitto qualcuno che si infilasse nella macchina ancora fumante e prendesse quello che lui aveva lasciato. Lucia parla anche delle modalità con cui la borsa di cuoio tornò nella disponibilità dei familiari, spiegando che essa venne riportata dal capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera a sua madre Agnese, moglie del magistrato, alcuni mesi dopo la strage di Via D’Amelio, direttamente in casa e alla presenza sua e di suo fratello Manfredi. La figlia del giudice tiene a specificare come in nessuna occasione la famiglia, in quel lasso di tempo, avesse ritenuto di fare pressioni affinché la borsa fosse loro restituita, dal momento che era massima la fiducia che i suoi componenti nutrivano nei confronti dello Stato e dunque negli uomini che di quella borsa (e dei documenti ivi contenuti) avevano dovuto occuparsi. Lucia, che volle aprire la borsa in presenza di Arnaldo La Barbera, immediatamente si accorse della mancanza dell’agenda rossa. Chiese dunque insistentemente spiegazioni a La Barbera, il quale, dice Lucia, «si mostrò meravigliato di questa mia intolleranza che mostrai da subito.

.

L’intervista al giornalista Gianluigi Nuzzi sui vitalizi dei parlamentari, lobbies e massoneria:https://www.youtube.com/watch?v=JMFlHlg6qKc

Le inchieste di Gianluigi Nuzzi – P2, P3, P4: chi comanda in Italia? (Puntata 29/05/2013):https://www.youtube.com/watch?v=f7uAzUAC6B8&t=505s

Cosa sappiamo sull'agenda rossa di Paolo Borsellino, 30 anni dopo -  L'INDIPENDENTE

.

Libero di morire di fame, di vagare sulle

autostrade del suo grande paese, [il cittadino]

si gode il suffragio universale e con quel

diritto forgia le catene che pendono

dai suoi fianchi.

Emma Goldman

.

Solidarietà al compagno anarchico Cospito, rinchiuso al 41 bis al posto dei servizi segreti occulti e dei politici corrotti!

.

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)