Formigoni dopo i domiciliari vuole rientrare al potere!

Tafanus: Cadono come pere: adesso tocca a Monica Rizzi, patana doc, e fra poco a Roberto Formigoni (Viaggi & Vacanze "A sua insaputa")

Siamo sicuri che il 25 aprile del 1945, ci siamo liberati totalmente dei nazisti e dei fascisti? Forse qualcuno è scampato a quel tanto atteso evento e magari festeggia la sua di festa della liberazione…

Siamo partiti analizzando chi è Formigoni junior (da non confondere col padre Emilio, comandante delle Brigate nere fasciste di Como), per capire meglio come la politica gestisce il capitale pubblico, con un sistema corrotto dove ci hanno speculato sia la destra che la sinistra. Un sistema sporco che ancora oggi non è cambiato e che Falcone aveva definito massomafioso, coniando la parola massomafia.

In questi giorni i mass media hanno scritto che il ciellino cattolico infame Roberto Formigoni; infame perché ha rubato senza averne bisogno e si nascondeva dietro al vangelo: parlava bene ma razzolava male. Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, è un uomo libero, ha terminato il periodo della condanna a 5 anni e 10 mesi per corruzione per la vicenda Maugeri-San Raffaele. Ora il problema più grosso per noi cittadini comuni è che quel ciellino cattolico, partigiano bianco-traditore, col suo seguito del magna magna, vuole ritornare a essere attivo in politica e candidarsi alle Europee con un partito di centrodestra (Forza Italia o in Fratelli d’Italia). Ma la cosa che ci preoccupa di più è che Commissione Europea nel 2021 ha sovvenzionato all’Italia 250 miliardi a fondo perduto, da distribuire in opere di beneficenza, per affrontare meglio i problemi principali, partendo dalla povertà che aumenta, invece, prima che arrivino a destinazione, se li pappano ancora tutti loro, quegli esseri senza scrupoli. Oltre a essere rieletti, poco ci manca che gli diano un premio ogni volta che rubano…

Ora d'aria per il No – infosannio – notizie online

Ma ora andiamo ad analizzare Tangentopoli: il magna magna della massomafia!

Il 13/4/2012 sono state arrestate 5 persone accusate di avere sottratto 56 milioni di euro dalle casse della sanità lombarda attraverso la Fondazione Maugeri con sede a Pavia e ramificazioni in tutta Italia, specializzata in terapie riabilitative. Tra loro, oltre al patron della Fondazione, Umberto Maugeri (foto sotto), spiccano l’ex assessore regionale Antonio Simone e l’uomo d’affari Pierangelo Daccò, il loro capo era il presidente ciellino della Regione Roberto Formigoni.

Il 6 maggio del 2014 inizia il processo e il capo d’imputazione ricostruisce la gigantesca corruzione: 8 milioni (dai contanti, ai viaggi, alla disponibilità di tre yacht) per Formigoni in cambio di appoggi illeciti a Simone e Daccò.

I pubblici ministeri Antonio Pastore e Laura Pedio hanno chiesto di condannare a 9 anni di carcere Formigoni come “promotore” dell’associazone a delinquere finalizzata alla corruzione e ad altri reati per “avere messo a disposizione, assieme ad altri imputati, la sua funzione “per una corruzione sistematica nella quale tutta la filiera di comando della Regione è stata piegata per favorire gli enti suoi amici che poi lo pagavano”. Secondo i magistrati, la Maugeri, operando attraverso i suoi intermediari Daccò e Simone che sfruttavano la loro amicizia col Presidente, avrebbe pagato tangenti “in percentuale agli stanziamenti poi riconosciuti dalla Regione soprattutto per le funzioni non tariffabili. I vertici della Fondazione “sapevano benissimo che stavano pagando Formigoni” in un contesto in cui “l’intensità dei rapporti tra gli associati” nella comune appartenenza a Comunione e Liberazione “è fondamentale per la nascita del vincolo corruttivo”. Per ‘ringraziare’ Formigoni di una quindicina di delibere favorevoli alla Maugeri, Daccò e Simone (foto sotto), lo avrebbero ricompensato “provvedendo a tutte le sue esigenze ricreative” anche attraverso vacanze di capodanno in Sudamerica, Patagonia, Brasile, Caraibi, altri viaggi, l’uso esclusivo di tre yacht, contanti che gli venivano consegnati periodicamente, una villa in Sardegna, cene in lussuosi ristoranti. Per l’accusa, in questo modo “oltre 70 milioni sono stati rubati ai malati della Regione”. Per i magistrati, Formigoni è così abile da manipolare anche le coscienze degli assessori, ed esporsi al rischio di delinquere per più di dieci anni.

Sui rapporti con Daccò io, moglie di Simone smentisco Formigoni" - BergamoNews

La Procura ipotizza l’esistenza di un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata a plurimi reati. Emergerebbe l’esistenza di oltre 70 milioni di fondi neri accumulati negli anni e di cui Daccò era il ‘tesoriere’, la Fondazione Maugeri invece esce di scena patteggiando davanti al giudice preliminare un risarcimento complessivo di 16 milioni di euro.

Pierangelo Dacco notizie e video

Il pm Pedio parla di tre flussi di denaro al centro del “sistema” individuato dall’accusa: uno che sarebbe andato dalla Fondazione Maugeri e dal San Raffaele verso l’uomo d’affari Pierangelo Daccò (foto sopra) e l’ex assessore al Pirellone Antonio Simone, entrambi imputati; un secondo dagli stessi Daccò e Simone sarebbe consistito in utilità a vantaggio di Formigoni; infine, un terzo sarebbe andato dalla Regione a Maugeri all’ospedale privato San Raffaele. Nel 2014 il tribunale di Milano dispone il sequestro preventivo di tutti i conti di Formigoni motivandolo col recupero dei profitti dai reati contestati al presidente della Regione. Il sequestro ammonta a 49 milioni di euro e comprende una villa che Formigoni vendette nel 2011 a un prezzo ritenuto di favore a un suo coinquilino nella comunità ciellina dei ‘Memores Domini’. La Fondazione San Raffaele del Monte Tabor patteggia un milione di euro di sanzione pecuniaria e altri 9 milioni le vengono confiscati come provento del reato di corruzione è accusata di avere violato la legge 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti per reati commessi dai propri dipendenti. Nel 2015 l’ex presidente della Fondazione, Umberto Maugeri, patteggia 3 anni e 4 mesi dopo aver messo sul piatto un risarcimento ai fini della confisca di 3 milioni e 850mila euro. Nel 2018 i giudici della Corte d’Appello alzano la pena a Formigoni a 7 anni e mezzo di carcere. Nelle motivazioni che vengono depositate, i giudici ribadiscono la scelta di non concedergli le generiche anche per le altre pendenze giudiziarie che ha in corso. Il riferimento è a un’altra inchiesta sulla sanità che lo vede indagato assieme all’ex consigliere regionale Gianluca Guarischi. Per i giudici, “non basta l’amicizia a spiegare più di 640mila euro per 5 capodanni di cui sarebbe stato beneficiario”.

Ma per capire meglio come funziona il sistema corrotto dello Stato (che esiste fin dai tempi degli antichi romani), andiamo ad analizzare cosa  è stata Mani pulite – Tangentopoli. 

Trent'anni fa Mani Pulite, l'inchiesta che affondò la Prima Repubblica - LiberEtà

Il 17/2/1992, inizia l’inchiesta Mani Pulite. L’indagine ha fatto emergere migliaia di casi di corruzione, svelando un sistema organizzato, gerarchico, di saccheggio delle risorse pubbliche. Ci sono stati oltre 1200 condannati per tangenti e fondi neri, ci sono i più importanti imprenditori dell’epoca e tutti i leader e tesorieri dei partiti che hanno governato l’Italia per quasi mezzo secolo, liquidati in blocco con le elezioni del 1994 e la nascita della cosiddetta Seconda Repubblica. Da allora la corruzione è cambiata, ma non è certo finita. Dalle confessioni del primo arrestato, Mario Chiesa (a sinistra nella foto sotto), presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio (sempre più fiorente è il business dei ricoveri per anziani), alle ammissioni di Gianstefano Frigerio, il tesoriere della Dc lombarda, poi diventato parlamentare di Forza Italia, dopo tre condanne, e riarrestato nel 2014 per le tangenti dell’Expo. Le rivelazioni di Silvano Larini, il tesoriere del Psi che portava le buste di contanti a Bettino Craxi (a destra nella foto sotto), e ha prestato il suo conto svizzero per incassare i soldi della loggia massonica P2: 7 milioni di dollari versati dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, con la regia di Licio Gelli e dell’ex ministro Claudio Martelli.

Tangentopoli, 30 anni dall'arresto di Mario Chiesa: l'inizio dell'inchiesta Mani Pulite | Sky TG24

Ma c’erano anche le tangenti rosse di Primo Greganti, l’ex funzionario comunista che incassava all’estero i bonifici della Calcestruzzi, la società di costruzioni del gruppo Ferruzzi (massomafia), confessate dal manager Lorenzo Panzavolta. Poi c’è stato l’interrogatorio cruciale di Pierfrancesco Pacini Battaglia, il banchiere segreto dell’Eni, che ammette di aver mandato dalla Svizzera in Italia almeno 50 miliardi di lire (25 milioni di euro), consegnati in contanti ai tesorieri del Psi e alla Dc. Al processo simbolo di Mani Pulite si arriva con gli interrogatori per la maxitangente Enimont, con tutti i nomi dei politici che si sono spartiti oltre 150 miliardi di lire: segreti rivelati dal manager del gruppo Ferruzzi-Montedison, Giuseppe Garofano, dopo i suicidi di Gabriele Cagliari, ex presidente dell’Eni, e di Raul Gardini, che aveva guidato per anni il colosso chimico privato. Tra i politici, spicca il verbale di Paolo Cirino Pomicino, ministro del Bilancio nell’ultimo governo Andreotti, che nel novembre 1993 confessa di aver intascato più di 5 miliardi di lire in titoli di stato, consegnatigli «in tre buste» da Luigi Bisignani, che li aveva riciclati allo Ior (la banca internazionale del vaticano che, invece di distribuire i soldi ai poveri, li sperpera o li accumula). Davanti al pm, il parlamentare Paolo Cirino Pomicino (foto sotto con Andreotti), spiega di aver usato quei soldi per pagare le campagne elettorali dei candidati della sua corrente andreottiana, precisando di aver girato un miliardo e mezzo a Salvo Lima, il politico siciliano colluso con la mafia (mafia: gabellotti, l’ultimo gradino della massomafia). Poi c’è anche il verbale del tesoriere della Lega, Alessandro Patelli, che nel dicembre 1993 viene arrestato e confessa di aver incassato una tangente di 200 milioni di lire, già ammessa dai manager della Montedison. Il capitolo finale di Mani Pulite è l’indagine sulla corruzione per evadere le tasse (un vizio Italiano – cattosinistroide), che coinvolge anche la Fininvest di Silvio Berlusconi (Tessera P2 numero 1816 -massomafia), capo del governo in carica di allora.

Intervista a PAOLO CIRINO POMICINO | Generazione Liberale

Tutto inizia con l’arresto di Chiesa che iniziò, a collaborare coi giudici, innescando una catena di confessioni che portò, all’incriminazione di diverse decine di amministratori pubblici e imprenditori. Le indagini da Milano si propagarono quindi verso Verona, Venezia, Reggio Calabria, Firenze, Varese, Ancona, Napoli, Parma e Roma. Parallelamente alla classe politica locale, furono coinvolti politici di rilevanza nazionale. Nel dicembre 1992 il segretario del Partito socialista italiano (PSI), Craxi ricevette la prima di una lunga serie di informazioni di garanzia, alla quale fece seguito, il 12 gennaio dell’anno successivo, una prima richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento che lo portò a dimettersi da segretario nazionale del PSI. Sette ministri del governo presieduto allora da G. Amato si dimisero a seguito del coinvolgimento nello scandalo.

Nel luglio 1994 il manager di Berluska, Salvatore Sciascia (foto sotto), viene indagato e ammette che 3 società del gruppo hanno versato tangenti a diversi militari della Guardia di Finanza. Condannato in primo grado, il leader di Forza Italia (si sono comprati anche i magistrati…), ottiene la prescrizione in appello e una trionfale assoluzione in Cassazione, Sciascia, poi è diventato parlamentare. Su 2.565 indagati i condannati furono 1.408. In carcere a scontare una pena nel 2000 erano in quattro, tutti nel filone delle tangenti alla Guardia di Finanza.

Sen. Salvatore SCIASCIA - Gruppo Senato Forza Italia Berlusconi Presidente

Tangentopoli è un termine usato per definire un sistema diffuso di corruzione politica. In seguito, con l’allargarsi dello scandalo, il termine venne usato nel gergo politico e giornalistico per riferirsi ad aree geografiche, enti pubblici, frazioni di partiti il cui funzionamento apparve dominato dalla ricerca di tangenti. In tale senso, il termine divenne sinonimo di corruzione come scambio di denaro privato per accesso privilegiato alle decisioni della pubblica amministrazione. Più che a uno scambio individuale tra corrotto e corruttore, esso venne via via riferito a sistemi di corruzione allargata, con scambi molteplici, complessi e sistematici, tra cartelli di imprese private, clan di uomini politici e amministratori pubblici, intermediari e, talvolta, boss mafiosi.

Ma man mano che le indagini procedevano, venne scoperto un utilizzo sistematico delle tangenti, soprattutto nella aggiudicazione e gestione degli appalti relativi a strade e autostrade, ospedali, aeroporti e metropolitane, ferrovie, istituti penitenziari ed enti pubblici di varia natura. Nelle inchieste di mani pulite, vennero condannate le principali imprese pubbliche, dalle Ferrovie alle Poste, dall’Enel all’Eni, conobbero le loro tangenti, le inchieste coinvolsero anche le maggiori imprese del Paese, dalla Fiat all’Olivetti. Oltre 5000 persone, tra cui 4 ex presidenti del Consiglio e circa 200 parlamentari, furono indagate nel solo filone milanese delle indagini, che rivelarono, la corruzione nelle stesse istituzioni addette al controllo e alla repressione dei reati: nel 1994 un filone di indagine su tangenti pagate da imprenditori per evitare controlli fiscali portò a circa 100 arresti nella Guardia di Finanza; nel 1996, vi fu l’incriminazione di giudici e avvocati, accusati di corruzione in atti giudiziari. I politici corrotti acquisivano consensi elettorali tramite una gestione clientelare della cosa pubblica (come fossero loro i padroni), e l’investimento di una parte delle tangenti nella creazione di personali macchine di potere. Tramite favori e minacce, essi riuscirono inoltre a ottenere la connivenza di coloro che avrebbero potuto denunciare la corruzione.

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Negli enti gestiti da personale politico corrotto di nomina partitica, anche i vertici della burocrazia pubblica furono infatti coinvolti nella raccolta delle tangenti, trattenendone una parte in cambio del loro fattivo sostegno nella implementazione delle decisioni ottenute tramite scambi corrotti. Per molti anni la corruzione aveva conosciuto in Italia un’espansione invisibile, con un intreccio di differenti tipologie: dalla corruzione centralizzata del finanziamento occulto dei partiti politici a livello nazionale da parte delle grandi imprese pubbliche, alla microcorruzione di amministratori pubblici in ruoli marginali, alla complessa distribuzione di tangenti tra amministratori pubblici e segretari di partito, emersa come tipologia dominante nelle indagini di ‘mani pulite’. La diffusione delle varie forme di corruzione è stata attribuita a diverse patologie del sistema politico italiano: una burocrazia pubblica poco professionale, reclutata e gestita clientelarmente; consistenti macchine di partito, tanto più bisognose di risorse materiali quanto meno efficaci diventavano gli appelli ideologici; gestione degli enti pubblici economici da parte di un personale di nomina partitica. A partire dal 1992, il pubblico sostegno alle indagini in corso incoraggiò infatti l’azione dei magistrati, indebolendo al tempo stesso quei partiti politici che fino ad allora avevano garantito, con la loro influenza sull’apparato pubblico, la spartizione delle tangenti e la protezione degli esponenti politici sottoposti a indagini. La crescita di nuovi movimenti e partiti di protesta, dalla Lega Nord a La Rete (movimento politico sorto nel 1991, aggregatore di forze cattoliche e di sinistra, confluito nel 1999 ne I democratici di Prodi). La ‘seconda’ Repubblica, cattosinistroide, considerata ‘meno disonesta’, alla metà del decennio, vide un rapido declino.

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La scoperta di tangentopoli ha avuto vasta risonanza internazionale. Gli anni ‘90 videro crescenti preoccupazioni sulla presenza e sulla pericolosità della corruzione politica nelle democrazie occidentali. Non solo i Paesi dell’area mediterranea, ma anche altri sistemi ‘democratici’: dagli USA alla Francia, dal Belgio alla Gran Bretagna, hanno conosciuto l’esposizione a scandali politici di varia entità. Gli scandali di 30 anni fa, fecero emergere gli effetti della corruzione sulle ‘democrazie’. Intaccando i tanto sbandierati princìpi di eguaglianza di diritti e trasparenza nel funzionamento dell’amministrazione pubblica, essa tende a modificare la stessa natura, oltre che gli esiti, della competizione elettorale.

partiti – Pagina 2 – laCostituzione.info

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Per la lotta politica intendiamo la lotta contro

il governo e l’insieme di quegli individui che

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di far la legge e imporla ai governanti.

Dal “Programma” dell’Unione Anarchica Italiana (1899)

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)