Gugliotta, pestato dalla polizia dopo Roma-Inter: condannati 4 agenti

Gugliotta, pestato dalla polizia dopo Roma-Inter: condannati 4 agenti

Quando si fa buon uso della tecnologia, uno smartphone può essere strumento prezioso nella ricerca della verità, occultata proprio da chi dovrebbe lavorare per la giustizia… La sera del 5 maggio 2010, un residente nei pressi (ma non troppo) dello stadio Olimpico di Roma riprese il pestaggio di un ragazzo che nulla aveva a che fare con le violenze perpetrate al termine della partita della Coppa Italia, giocata tra Roma e Inter. Stefano Gugliotta non ebbe modo nemmeno di mettere piede nello stadio per godersi il match, visto in televisione: bloccato quando si trovava in moto con un amico in viale del Pinturicchio, fu raggiunto dal pugno di un poliziotto, elargitore di calci e manganellate, con la complicità di otto colleghi. Quindi, pestato dalla polizia, fu tradotto in carcere, “senza nessun motivo”.

A distanza di cinque anni dall’accaduto – la violenza si consumò in una manciata di minuti, secondo quanto ricostruito dalla Procura – a processo in corso, arriva un’altra condanna per i 4 agenti della polizia, già precedentemente condannati (insieme ad altri 5 colleghi) per il pestaggio a 4 anni di reclusione. Si tratta di Guido Faggiani, Adriano Cramerotti, Andrea Serrao e Roberto Marinelli. Dovranno difendersi dall’accusa di calunnia, e di falso verbale di resistenza a pubblico ufficiale, che il giovane venticinquenne fu costretto a firmare, prima di passare una settimana in carcere. Per questa mortificazione, oltre alle grandi ecchimosi riportate, dovrà essere risarcito: su disposizione del giudice del tribunale di Roma Clementina Forleo, c’è la richiesta per 100mila euro, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i quattro uomini colpevoli di aver “riportato dati non corrispondenti a quanto realmente accaduto”. Così, all’assurdità della “guerra sportiva” (rimase ferito un carabiniere, e accoltellato un tifoso nerazzurro), negli annali della cronaca si aggiunge un altro caso di accanimento su un innocente, che attende di ricevere giustizia…

Sono troppi i casi di accanimento immotivato (se mai esistesse un “valido motivo”) e crudele su persone indifese, eppure negli annali della cronaca, ci finiscono molti meno del numero ufficiale, tra chi non ha soldi per gli avvocati, chi non crede nella giustizia, chi teme ritorsioni o chi non ha amici o parenti che vogliono o possono andare fino in fondo.

Com’è il caso, pochi mesi fa, di Ilaria Cucchi e Guido Magherini, che non si limitano a difendere i propri cari:

“Abbiamo visto tre agenti pestare un uomo ammanettato”:

l’incubo di Cucchi e Magherini

Strano scherzo del destino per Guido Magherini, papà del giovane morto a Firenze durante un fermo, e Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. I due, secondo quanto denunciano, avrebbero assistito a un pestaggio violento e immotivato

1 agosto 2014

Un manifesto per ricordare Stefano Cucchi

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ROMA – Per loro sarà stato come assistere dal vivo a quelle scene che hanno potuto solo immaginare o guardare grazie a un video amatoriale. A quelle scene che mai dimenticheranno perché, ne sono convinti, è così che sono morti i loro cari. Strano scherzo del destino per Guido Magherini e Ilaria Cucchi che mercoledì pomeriggio a Roma – insieme all’avvocato “di chi è morto due volte”, Fabio Anselmo – avrebbero assistito a un pestaggio di tre agenti di polizia penitenziaria su un uomo già ammanettato e immobilizzato a terra.

A rendere il tutto ancora più “incredibile”, il fatto che il papà di Riccardo Magherini, l‘uomo morto a Firenze lo scorso tre marzo durante un fermo dei carabinieri, e la sorella di Stefano Cucchi, il geometra romano morto nell’ottobre del 2009 al Pertini dopo una settimana di detenzione durante la quale potrebbe aver subito violenze, stessero tornando da una cerimonia per il terzo anniversario della morte di Dino Budroni, il quarantenne morto dopo un inseguimento e una sparatoria sul Gra con la polizia.

A raccontare quanto visto, è la stessa Ilaria Cucchi. “Eravamo in auto di ritorno da una cerimonia religiosa, all’altezza del Verano, Guido, che era seduto dietro, ha improvvisamente strillato: “Ferma, ferma guarda che gli fanno”, indicando un uomo a terra con tre agenti della polizia penitenziaria che lo pestavano con calci e ginocchiate”. Una scena da brividi vista da Ilaria, che ha poi fermato l’auto con la quale stava accompagnando il padre di Riccardo alla stazione per prendere il treno e tornare a Firenze.

Magherini, racconta ancora la sorella di Stefano Cucchi, si è quindi precipitato sul luogo del “pestaggio”. “Ci siamo avvicinati al ragazzo che era sdraiato in terra a pancia in giù con le braccia ammanettate dietro la schiena ed il volto sanguinante. Guido era sconvolto e ripeteva agli agenti di metterlo seduto perché il figlio era morto così”.

“Guido si è subito avvicinato al ragazzo per vedere se respirava, notando sul suo volto un espressione e un sorriso di speranza che il pestaggio potesse essere finito” ricorda la donna. Poi la risposta degli agenti: “Non siamo stati noi a ferirlo, sappiamo quello che dobbiamo fare”.

Ilaria Cucchi ha poi chiamato il 118 richiedendo aiuto per il ragazzo. “Giovedì – conclude la donna – sono andata al commissariato Porta Maggiore ed ho sporto denuncia”.

Ma nel resto del Mondo, le cose non vanno certo meglio….

Baltimora: Agenti violenti, nuovo scandalo

11 maggio 2015

A seguito di un’indagine indipendente, condotta dal quotidiano Baltimore Sun, per il periodo che va da giugno 2012 ad aprile 2015, 2.600 sono state le persone portate alla prigione di Baltimora per essere incarcerate ma non ammesse a causa del loro stato di salute, per le gravissime ferite riportate mentre erano in custodia della polizia.

Il Baltimore Sun avrebbe avuto accesso a telecamere nell’area, ottenendo documentazione mostrante il carcere e comprovante la troppa violenza della polizia.

 

Alessandria d’Egitto, qualche mese dopo l’omicidio Cucchi:

Tutte le volte che le garanzie e le tutele costituzionali dei cittadini vengono meno, per reali o millantate esigenze di sicurezza o per la disinvolta emanazione di leggi speciali giustificate da situazioni di emergenza, a rimetterci sono sempre cittadini indifesi….. 

 Il ragazzo delle foto si chiamava Khaled Mohammed Said. Era in un internet cafè ad Alessandria d’Egitto, giovedì 10 giugno. Vivo. Almeno fino a quando non è entrata la polizia egiziana e, con la scusa della legislazione speciale, non ha iniziato a indulgere in maltrattamenti, vessazioni, controlli di qualsiasi tipo con la stessa probabile attitudine di un branco di gatti che si divertono a palleggiarsi un topo.

 

Ho giurato di non stare mai in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. Dobbiamo sempre schierarci.
La neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima.
Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato.
Èlie Wiesel

 

Rsp (individualità Anarchiche)