37° anniversario della strage di stato del 1984, la ‘STRAGE DI NATALE’

La Strage di Natale del Rapido 904 che insanguinò le feste di 35 anni fa

Stragi di stato – Intrecci sporchi tra: servizi segreti, politica, mafia e camorra
Il 23 dicembre i mass media ricordano il 37° anniversario della strage di stato del 1984 conosciuta anche come la ‘strage di natale’. Alle ore 19.06 una bomba scoppiò sul treno rapido 904, il Napoli-Milano, nella Grande Galleria dell’Appennino, subito dopo la stazione di Vernio (Prato), e morirono 16 persone e 267 rimasero ferite. In tempi più recenti una rilettura di atti e indagini aveva portato la procura di Firenze a individuare Riina come presunto mandante della strage.
Giorgio Bocca, commentando la strage, scrisse: «Che cosa è accaduto di nuovo nella Repubblica italiana in questi ultimi anni e mesi? È accaduto che la macchina democratica piano piano ha ricominciato a funzionare. Sono finiti in galera i golpisti della P2, i bancarottieri golpisti di Sindona, i generali ladri alla Giudice, i capi di servizi segreti pronti alle deviazioni. E sono stati inferti colpi duri alla mafia e alla camorra. In sostanza lo Stato democratico ha colpito duramente tutti gli alleati reali e potenziali dell’apparato repressivo.»
Il 9/1/1986 il pubblico ministero Pier Luigi Vigna imputò formalmente la strage a Calò e a Cercola, che l’avrebbero compiuta: «con lo scopo pratico di distogliere l’attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l’immagine del terrorismo come l’unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato.»
Vennero a galla diverse linee di collegamento tra Calò, Cosa nostra, la camorra napoletana, gli ambienti del terrorismo eversivo neofascista, la P2 e la Banda della Magliana: questi rapporti furono chiariti da diversi personaggi vicini a questi ambienti, tra cui Cristiano e Valerio Fioravanti, Massimo Carminati e Walter Sordi. Le deposizioni che spiegavano i legami tra questi tre ambienti della criminalità emersero al maxiprocesso dell’8/11/1985, di fronte al giudice istruttore Giovanni Falcone.
Il 20 febbraio, Claudio Nunziata, il giudice bolognese allora titolare dell’inchiesta, aveva arrestato per falso e reticenza Carmine Esposito, “o professore”, un bizzarro e chiacchierone informatore della polizia che aveva preannunciato la strage. “Scoppierà un treno d’ argento”, anticipò. Nessuno gli credette ma, quando il treno saltò, il suo nome ritornò a galla.
Carmine Esposito aveva conoscenze, amicizie e legami con quei “neri” che erano usciti dalla sezione missina “Berta”, confluendo negli anni ’70 nel drappello estremista di “Avanguardia nazionale” di Stefano Delle Chiaie, in collegamento coi camorristi della Sanità, Misso e Galeota. I magistrati sono certi che Giuseppe Misso, sia l’ uomo a cui la mafia di Pippo Calò (nella foto col cardinal Marcinkus),  ha chiesto di organizzare la strage.
Particolari e circostanze che ricompongono l’intricato puzzle della strage: i magistrati fiorentini citano direttamente in giudizio, senza istruttoria formale, i 12 inquisiti, 7 mafiosi (con Pippo Calò, Guido Cercola, Franco D’ Agostino, Friedrick Scaudinn, Virginio Fiorini, Lorenzo Di Gesù, Franco Rotolo), 4 camorristi (Giuseppe Misso, Crescenzo D’Amato, Giulio Pirozzi, Alfonso Galeota) e il parlamentare del Msi Massimo Abbatangelo.

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Camorra e mafia unite insieme per “spostare l’attenzione di tutto il paese verso il terrorismo”.
Le confessioni di Tommaso Buscetta, alla fine del 1984, avevano, infatti, scompaginato l’intera piramide mafiosa e la piovra aveva bisogno di tempo per riorganizzarsi.
I giudici non vogliono arrivare a conclusioni che possano rivelarsi approssimative. E soprattutto sono impegnati a veder chiaro nella posizione del maggiore del Sismi Antonio Francavilla, arrestato per corruzione. L’ufficiale avrebbe insabbiato un rapporto del nucleo operativo dei carabinieri che con puntualità svelava, fin dall’ autunno dell’84, l’attività criminale e sovversiva della banda, peraltro “infiltrata” da un informatore del maggiore, Franco Bucciarelli.
Le indagini avrebbero chiarito che Francavilla in cambio del favore avrebbe chiesto cento milioni.
Questo era il “clan Giuseppe Misso” come è ritratto dai magistrati Olindo Ferrone e Gerardo Arcese negli 8 ordini di cattura per associazione sovversiva e detenzione d’ esplosivo.
Un “clan” ritenuto campo di indagine prezioso per l’inchiesta sulla strage di natale, avvenuta nella galleria di San Benedetto Val di Sambro. Tra i destinatari degli 8 provvedimenti giudiziari, c’è un latitante che forse costituisce l’anello di collegamento con quegli ambienti mafiosi che fanno da sfondo al ventaglio di istruttorie parallele in corso sull’intreccio. Si chiama Gerlando Alberti (foto sotto), originario di Palermo e nipote di quel boss della mafia che fu il suo omonimo zio, Gerlando Alberti senior. Lo zio, “zu paccarè”, cioè “il saggio”, capo mafia sin dagli anni ’60 insieme a Buscetta e Badalamenti, venne arrestato nell’agosto 1980 in una villa di Carini dove fu trovata una sofisticata raffineria di eroina. Il gruppo individuato (che fa capo a Misso), finanziò l’eversione di destra con azioni illegali: furti, rapine, estorsioni. Di qui sarebbero scaturite anche le indagini parallele. Gli inquirenti stabiliscono però che il gruppo segue regole segrete. E quindi che non tutti possono avere le stesse responsabilità o coscienza di quanto accade. Accanto agli 8 ordini di cattura, dunque, i magistrati preparano quelle 19 comunicazioni giudiziarie per “associazione sovversiva” che notificano il 1 ottobre. Tra queste, c’è quella fatta recapitare al deputato missino Massimo Abbatangelo.

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Gli avvisi di reato più recenti si affiancano ai 7 già emessi nel luglio scorso da Pier Luigi Vigna e Gabriele Galassi per Pippo Calò e per altri 6 esponenti del suo gruppo. E’ questo lo schema appena abbozzato di un affresco ancora tutto da definire. Un intreccio che indica in uno scenario di mafia siculo-romana, di camorra e di eversione nera, il groviglio dove cercare esecutori e registi dell’attentato al treno 904.
E’ la Strage di natale decisa e organizzata dall’Italia della mafia e della camorra, dai gruppi neofascisti. Delinquenza organizzata e nuclei eversivi uniti per colpire al cuore lo stato proprio nei giorni in cui il pentito Tommaso Buscetta cominciava a parlare.
A inchiesta conclusa, il procuratore aggiunto di Firenze Pier Luigi Vigna, ha chiesto al giudice istruttore Emilio Gironi di rinviare a giudizio per l’attentato 8 persone, pezzi grossi della camorra e della mafia, da anni legati agli ambienti della destra napoletana. E’ un gruppo intorno al quale troviamo anche personaggi come il maggiore dei carabinieri Antonio Francavilla, alle dipendenze del Sismi. Secondo il Pm dovrà comparire sul banco degli imputati per avere accettato bustarelle e protetto l’ uomo-chiave di questa spaventosa vicenda: il boss camorrista Giuseppe Missi.
Secondo l’ accusa dovranno presentarsi per rispondere di strage, fabbricazione di esplosivi e banda armata, Missi, Giuseppe Calò, più noto come don Pippo, il cassiere della mafia e i loro uomini: Guido Cercola, romano, Franco Di Agostino, e Antonino Rotolo, palermitani, Alfonso Galeota e Giulio Pirozzi, napoletani e il tecnico d’ origine austriaca Friedrick Shaudinn.
C’è poi, in veste di indiziato di strage, un alto esponente del Movimento sociale napoletano: Massimo Abbatangelo. La sua posizione era stata stralciata in attesa dell’autorizzazione a procedere in quanto protetto da immunità parlamentare.
Da portare in tribunale secondo Vigna per favoreggiamento personale anche Carmine Esposito, l’ex poliziotto collegato alla destra eversiva che aveva annunciato l’attentato. Sono voci che aveva raccolto negli ambienti frequentati dal Missi. Ma veniamo allo spinoso episodio della corruzione di cui deve rispondere il maggiore Antonio Francavilla. Oltre che di corruzione, l’ufficiale è accusato di atti contrari ai doveri d’ufficio e rivelazione di segreto d’ ufficio. All’epoca della strage era comandante della prima sezione del gruppo carabinieri di Napoli. Poi passò alle dipendenze del Sismi. Proteggeva le attività del Missi camorrista o quelle eversive del Missi neofascista frequentatore degli uomini del Movimento sociale.


La strage del rapido 904 si inserì in un preciso disegno strategico di Riina che puntava a fare apparire l’attentato come un fatto ‘politico’ per sviare l’attenzione dello stato dall’identificazione dei mandanti della strage. E’ quanto emerge dagli sviluppi dell’inchiesta della Dda napoletana che ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del super boss di Cosa nostra Totò Riina. La strage sarebbe stata la risposta al maxi processo a Cosa Nostra. Le commissioni parlamentari d’inchiesta sulle stragi, hanno analizzato il materiale a loro disposizione per individuare eventuali organicità tra servizi segreti e criminalità organizzata, di matrice terroristica. Nell’ultimo processo sulla strage di stato di piazza della Loggia a Brescia (un attentato terroristico di matrice neofascista compiuto il 28/5/1974 che ha fatto 8 morti e 102 feriti), sono stati riconosciuti come esecutori materiali Maurizio Tramonte (foto sopra, condannato in appello, in qualità di “fonte Tritone” dei servizi segreti italiani), assieme ai già detenuti Carlo Digilio (addetto agli esplosivi) e Marcello Soffiati (il quale ha trasportato l’ordigno). Come mandante è stato condannato, in appello, il dirigente ordinovista Carlo Maria Maggi, colpevole anche della strage dell’Italicus, un attentato terroristico compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus, mentre transitava presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Nell’attentato morirono 12 persone e 48 rimasero ferite.

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Il rapporto fra servizi segreti e le organizzazioni estremiste emergerebbe con ancor più evidenza in alcuni personaggi implicati nella strage di Brescia come Marcello Soffiati, che ha partecipato materialmente alla strage di Piazza della Loggia e che allo stesso tempo è stato agente segreto e terrorista, o Maurizio Tramonte.
Il 10/4/1998 il generale Francesco Delfino, fu indagato per illeciti legati al rapimento di Giuseppe Soffiantini (imprenditore tessile), il generale viene sospeso dall’arma, in «attesa che la magistratura completi gli accertamenti».
Il 15/5/2008 sono stati rinviati a giudizio i 6 imputati principali della strage di Brescia Piazza della Loggia: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, il generale di divisione dei carabinieri e dirigente del Sismi Francesco Delfino, Giovanni Maifredi.
L’11 aprile, durante una perquisizione, vengono rinvenute presso l’abitazione di Delfino due borse non in commercio, prodotte per un’azienda legata ai Soffiantini; queste borse sono ritenute dagli inquirenti quelle impiegate dalla famiglia per la consegna ad ignoti di un miliardo di lire, che essi ritenevano destinato ai rapitori del loro congiunto, al fine di ottenerne la liberazione. Viene inoltre rinvenuta una banconota facente parte di tale somma (le banconote erano state tutte fotocopiate prima della loro consegna).
Nel 2020 la giornalista francese Marcelle Padovani (che intervistò più volte Falcone in quei mesi) rivelò che, parlando di “menti raffinatissime” nell’intervista, il giudice intendeva fare riferimento a Domenico Sica, all’epoca Alto commissario per la lotta alla mafia (massomafia, come li aveva definiti e coniati Falcone, prima di essere ucciso).
Pizza Connection fu un’inchiesta giudiziaria sul traffico di droga condotta negli Stati Uniti d’America tra il 1979 e il 1984. Gaetano Badalamenti, fu il principale imputato di pizza connection.
All’indagine collaborarono a più riprese anche alcuni appartenenti alla magistratura italiana, tra i quali vanno ricordati in particolar modo i magistrati Giovanni Falcone e Giusto Sciacchitano, già membri del pool antimafia a Palermo.

Ma non è finita qua per quanto riguarda gli sbirri ‘a umma umma’:
A Roma il 23 dicembre scorso, i mass media scrivono che la Procura di Roma ha chiesto la condanna degli 8 carabinieri imputati nel processo sui presunti depistaggi messi in atto dopo la morte di Stefano Cucchi. Il pm ha sollecitato 7 anni per il generale Alessandro Casarsa, mentre 5 anni e mezzo sono stati sollecitati per Francesco Cavallo. Cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni, quattro anni per Tiziano Testarmata, invece, per Francesco Di Sano tre anni e tre mesi. Tre anni di carcere per Lorenzo Sabatino e, infine, un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola.

Altri sbirri corrotti:

Andrea Santonastaso arrestato per corruzione, il nuovo commissario di Borghetto è Fabrizia Triolo - IVG.it
A Savona i mass media scrivono invece che, sempre il 23 Dicembre, l’ex viceprefetto di Savona Andrea Santonastaso, è stato condannato a 8 anni e 11 mesi di reclusione dal Tribunale di Savona al termine del processo che lo vedeva accusato di aver elargito “favori” in cambio di regali. Con lui è stato condannato anche un ex ispettore di polizia, Roberto Tesio (foto sopra), e un funzionario della Prefettura, Carlo Della Vecchia, rispettivamente a 10 anni e 3 mesi e a 7 anni. I tre erano già stati arrestati nel 2017 con l’accusa di “velocizzare” pratiche riguardanti permessi di soggiorno, cambi di cognome, riduzione di giorni di sospensione della patente ed altre autorizzazioni in cambio di “regalie” varie, da modeste somme in denaro a cene, vestiti o visite mediche gratuite. Tesio, ex ispettore della squadra Mobile che prestava servizio all’ufficio tecnico e logistico della questura, era accusato di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio, induzione del pubblico ufficiale al falso, oltre che favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione e truffa allo stato. Per Santonastaso invece, i capi di imputazione erano: concussione, corruzione, favoreggiamento dell’immigrazione e abuso d’ufficio. Della Vecchia era accusato di corruzione e peculato. Nell’inchiesta erano coinvolte a vario titolo altre 10 persone (stranieri, commercianti e liberi professionisti) che avrebbero beneficiato dei favori concessi dai pubblici ufficiali in cambio di “regali”.

 

Rai-storia Accadde oggi: 23/12/2019-1984 strage del treno 904
www.youtube.com/watch?v=dPmpme4zFHw
La strage di Natale Rapido 904
www.youtube.com/watch?v=C_QBi8zn0ys
Atlantide – Dopo Capaci – Chi sono le “menti raffinatissime” di cui parlò Giovanni Falcone?
www.youtube.com/watch?v=rEjCnEUx_cA
REPORT puntata del 04/01/2021 [Le menti raffinatissime]
www.youtube.com/watch?v=kCsXndDt2BM
Storia di Gladio in Italia – L’accordo segreto tra CIA e SIFAR
www.youtube.com/watch?v=sB7yUUQGmKI
Documenti ESCLUSIVI – Trattativa STATO MAFIA – Report
www.youtube.com/watch?v=8rBaLaaBjaw
Atlantide – Mafia, La Strada Delle Stragi
www.youtube.com/watch?v=IqR1HUhSYT8

 

Ci si dica pure che siamo dei “senza patria”;

può anche darsi che sia così.

Ad ogni modo, se una patria noi dovessimo sceglierci,

sceglieremmo sempre la patria degli oppressi,

e non quella degli oppressori.

Errico Malatesta

 

Cultura dal basso contro i poteri forti stragisti

Rsp (individualità Anarchiche)