Milano: sentenza sul sistema di corruzione di Forza Italia e Lega

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In questo periodo a Milano c’è stata la sentenza chiamata “Mensa dei poveri”: un’inchiesta che svelò mazzette, appalti e incarichi pilotati fra Milano e Gallarate. Dopo 4 anni e mezzo dagli arresti, è arrivata il 2 ottobre la sentenza di primo grado a carico di oltre 62 imputati tra cui politici e imprenditori, per un giro milionario di tangenti. Un sistema di appalti, nomine pilotate e finanziamenti illeciti nell’area lombarda.

I giudici corrotti (fedeli al partito fascista) della sesta sezione penale di Milano, han ritenuto che ci fossero prove per la condanna solo per una dozzina dei quasi 70 imputati del circolo degli amici degli amici cattofascisti.

Grattacielo e terrazza panoramica

Il nome all’inchiesta, “mensa dei poveri”, aveva preso spunto dal nome con cui alcuni degli imputati chiamavano un lussuoso ristorante sotto Palazzo Lombardia, dove i massomafiosi si abbuffavano come maiali alla faccia nostra e, a causa dei loro sporchi business e loro malaffari, ci hanno fatto ritornare ad arrancare per sopravvivere alla miseria provocata dalle loro ingiuste leggi e decreti che ci hanno imposto, togliendoci tutti i diritti conquistati con le lotte degli operai e studenti negli anni ‘60/’70 (come lo statuto dei lavoratori e l’articolo 18), per colpa dei politici massomafiosi sempre più esosi, che vogliono arricchirsi sempre di più: alla faccia nostra di noi sottoproletari (disoccupati), facevano affari, trattative occulte, dove passavano mazzette per corrompere e comprare appalti pilotati (vecchio vizio) tra Milano e Gallarate.

caianiello domiciliari mensa poveri

Il capo di tutto questo sistema perverso era Domenico Caianiello (foto sopra), ex coordinatore varesino di Forza Italia che ha già patteggiato una condanna a 4 anni e 10 mesi.

L’inchiesta scoperchiò il malaffare del 10% dove Caianiello, il capo dei cattofascisti del partito, distribuiva poltrone in cda (consiglio di amministrazione) e municipalizzate, pretendendo poi la restituzione del 10% dello stipendio.

Un’altra tangentopoli dove la sentenza di primo grado sul sistema Gallarate, individua l’ex di Forza Italia Nino Caianiello (arrestato nel 2019 che ha patteggiato a 4 anni e 10 mesi per 28 capi di imputazione) quale vertice di un sistema di corruzione e incarichi pilotati al fine di “arricchire” le tasche sue e dei suoi fedelissimi leccaculo (appena cagava erano già lì, pronti a pulirgli il culo).

Un sistema quello di Gallarate che era tutto legato, da anni, a una frangia di Forza Italia, quella in capo all’associazione Agorà, di cui Caianiello era presidente onorario e che per i Pm, altro non era che la cassaforte di quell’area del partito.

Tangenti in Lombardia: torna in libertà Paolo Orrigoni, patron di Tigros ed ex candidato leghista

Uno dei grandi massomafiosi assolti di oggi è Paolo Orrigoni (a destra nella foto), che si è comprato i giudici fedeli al suo partito, l’ex patron di Tigros ed ex candidato sindaco di Varese per il centrodestra in quota Lega, per il quale l’accusa aveva chiesto una condanna a sei anni. I giudici non hanno tenuto conto dell’accusa dei Pm milanesi secondo cui Orrigoni si sarebbe reso disponibile a pagare una tangente da 50mila euro a Caianiello per ottenere una variante puntuale al Pgt (Piano di governo del territorio, strumento urbanistico introdotto in Regione Lombardia l’11/3/2005), in modo da poter realizzare in sei mesi un nuovo supermercato Tigros in via Cadore a Gallarate su un’area di proprietà dell’imprenditore Pier Tonetti.

Ad accusare ‘mister Tigros’ sono stati Tonetti stesso, l’ex coordinatore cittadino di Forza Italia Alberto Bilardo e Caianiello: dopo essere stati beccati a fare il malaffare, si sono sputtanati tra di loro. Tutti e tre hanno patteggiato per la “stecca” che fu anticipata da Tonetti. Secondo Orrigoni i 50mila euro furono anticipati da Tonetti, che sarebbe stato il solo a guadagnarci (insieme a  Caianiello e a Bilardo) perché avrebbe finalmente venduto un’area che cercava di piazzare da tempo accollando a mr. Tigros gli oneri di urbanizzazione.

All’europarlamentare di Forza Italia Lara Comi (a destra nella foto), non è andata molto bene ed è stata condannata a 4 anni e 2 mesi. Anche la Comi era legata a Caianiello: fu lui infatti a dire in aula “a me Comi era talmente fedele che non poteva dire di no”. Comi è stata accusata di una truffa da mezzo milione di euro ai danni del Parlamento Europeo, legata ad una serie di incarichi affidati a persone di fiducia quali, ad esempio, la madre (si garantivano tra parenti l’aumm aumm…). Ma ci sono altri due episodi a carico dell’eurodeputata, due episodi sempre individuabili nell’ambito della corruzione. Nel primo episodio, secondo l’accusa, Comi si accordò con l’allora coordinatore provinciale di Forza Italia Carmine Gorrasi (condannato a 2 anni per quel fatto) ed un suo collaboratore (condannato a un anno e 4 mesi) per garantire Caianiello, rimasto senza incarichi ufficiali a causa di una condanna a tre anni già passata in giudicato sempre per una mazzetta relativa a un altro supermercato da realizzare a Gallarate. Caianiello non poteva ricoprire alcun ruolo ufficiale ma, ufficiosamente, sedeva e contava sui tavoli della politica perché (parole sue), i politici gli chiedevano di farlo. L’accordo, sempre stando agli inquirenti, prevedeva un aumento dello stipendio al collaboratore di Comi (fatto di cui Gorrasi era al corrente) pagato con fondi Ue (ecco dove vanno a finire i 250 miliardi a fondo perduto del PNRR: se li magnano tutti i politici e a noi ci lasciano alla fame, bastardi borghesi!); aumento che, poi, lo stesso collaboratore avrebbe dovuto retrocedere al “partito”. La Comi per i suoi malaffari tiene in gioco altri due imputati: l’avvocato commercialista Maria Teresa Bergamaschi (condannata a sei mesi) e l’allora direttore generale di Afol, l’agenzia formativa di Regione Lombardia, Giuseppe Zingale (condannato a due anni). Bergamaschi è la conoscente e socia di Comi nella Premium Consulting che viene incaricata da Afol di preparare il personale all’apertura di uno sportello europeo per poi permettere ai Comuni di accedere ai fondi dell’Unione Europea. Secondo l’accusa Comi e Bergamaschi si sarebbero “ingegnate” per procurarsi una “provvista” da 10mila euro da versare a Zingale (si parlò di regalo di natale).

Pietro Tatarella e Fabio Altitonante

Il corrotto presidente del collegio giudicante Paolo Guidi, fedele al partito fascista, aveva previsto l’assoluzione per l’ex vice coordinatore lombardo di Forza Italia ed ex consigliere comunale milanese Pietro Tatarella (a sinistra nella foto) e dell’ex consigliere regionale lombardo Fabio Altitonante (a destra nella foto), assieme ad altri 50 imputati tra cui anche l’ex patron dei supermercati Tigros, Paolo Orrigoni (e la stessa società), accusato appunto di aver pagato una tangente da 50 mila euro all’ex coordinatore di Forza Italia a Varese Nino Caianiello. L’eurodeputata di Forza Italia Lara Comi è finita agli arresti domiciliari e non in carcere, nonostante la recidiva: fu arrestata nel 2019 per corruzione, false fatture e truffa ai danni dell’Unione europea.

Tra gli altri imputati condannati, anche l’imprenditore Daniele D’Alfonso e la legale civilista ligure e amica di Comi Maria Teresa Bergamaschi, l’ex parlamentare di Fi Diego Sozzani, l’ex consigliere comunale di Busto Arsizio ed ex segretario provinciale di Forza Italia Carmine Gorrasi (a sinistra nella foto),  e Giuseppe Ferrari, per gli accordi segreti tra politici e imprenditori.

Carmine Gorrasi (@CarmineGorrasi) / X

Ricordiamo che Falcone fu ucciso quando capì che il problema non era la mafia (subordinata alla massomafia), ma la massomafia; cominciò a indagare sulle figure sporche del P2ista Berlusconi (n° di tessera 1816), Dell’Utri, Gelli, i quali, finché mettevano in galera la mafia, a loro stava bene , ma quando cominciarono a indagare su di loro e sulla trattativa stato-mafia, pagarono la mafia per ucciderlo.

Ricordiamoci anche che i mafiosi nascono come guardie del latifondismo in Sicilia, chiamati allora Gabellotti.

Solidarietà al compagno Anarchico individualista Cospito! Lo vogliamo libero insieme a Noi e vogliamo dentro al 41 bis tutti i politici massomafiosi che hanno rubato miliardi di euro di soldi pubblici (nostri), senza averne bisogno, a scapito della povera gente che si sta impoverendo sempre di più!!

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Per capire meglio come funziona questo sistema corrotto politico, che va dal dopoguerra a oggi, vi consigliamo la visione di questo interessante video:

https://www.raiplay.it/video/2023/10/La-Russa-Dinasty—Report-08102023-7c0790e0-ee67-43b8-b076-d924e2a09268.html

Di Giorgio Mottola, 08/10/2023. Report ricostruisce con documenti e testimonianze inedite il ruolo diretto di Ignazio La Russa nelle vicende riguardanti alcuni call center e in alcune società dove si trovano soci col passato ingombrante.

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La morale borghese è per me l’immoralità

contro la quale si deve lottare: la morale

fondata sulle nostre ingiuste istituzioni sociali,

quali la religione, la patria, la famiglia,

la cultura, insomma, quelli che si usa

chiamare i “pilastri della società”

Luis Buñuel

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Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)