Il 27 ottobre a Novara hanno testimoniato nel processo Eternit Bis i famigliari dei morti per amianto: Daniela Trevisio, Giulia Allara, Gianluca Bertola, Massimo Miglietta, Nicoletta Libero e la dottoressa Maddalena Dusio, sua madre, Velia Anatrini, è una delle 392 vittime.
Massimo Miglietta è anche lui un medico: l’agonia di sua madre Marisa Vescovo, morta nel 2005 è durata 9 mesi. In questi anni ho visitato decine di malati di mesotelioma. Alcune vittime erano delle casalinghe, come Matilde Finotto. Il marito aveva lavorato nello stabilimento di amianto tra gli Anni ’50 e ’60 e ieri in aula a testimoniare c’era la figlia, Gabriella Grossetti: «Un giorno mi chiamò dicendo: “non respiro!”. Il medico ci disse che dalla lastra si vedeva che un polmone non ce l’aveva più». Laura Catalano ha raccontato di sua mamma, Angela Varese, morta nel 2013 dopo più di un anno di sofferenze: «Quando si ammalò era consapevole di quello che le stava capitando, mi disse che anche lei aveva “il male dei casalesi”». Libero Franco, aveva lavorato in banca in diverse città ma la sera tornava a Casale dalla famiglia: «Sapeva che quella diagnosi era una condanna a morte». Oggi a testimoniare c’era la figlia Nicoletta. Sono questi alcuni dei nomi dei 18 monferrini che testimoniano all’udienza di oggi, di fronte alla Corte d’Assise di Novara, per il processo Eternit Bis, che vede imputato lo svizzero massone Stephan Schmidheiny, accusato di omicidio volontario di 392 persone.
Il 22 ottobre Lega Ambiente ha partecipato alla giornata del “Global Strike”, in occasione dell’udienza in Corte d’Assise a Novara del processo Eternit bis per la morte di 392 persone vittime dell’amianto. Imputato l’industriale pappone svizzero Stephan Schmidheiny, con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. Il presidente del circolo Legambiente Vittorio Giordano ha partecipato alla giornata del Global Strike e dichiara ai mass media che “in questi anni grazie all’impegno a sostegno delle richieste di giustizia, bonifiche e ricerca sanitaria ha portato a importanti risultati. Basti pensare alla creazione della discarica pubblica per l’amianto, la bonifica dello stabilimento di Casale, la rimozione dell’amianto dai tetti degli edifici pubblici, i contributi per la sostituzione dei tetti delle abitazioni private”.
Noi ‘ricercatori senza padroni’ pensiamo che i grossi danni salutari e ambientali creati dalle industrie inquinanti, come l’amianto, ce li porteremo avanti per per centinaia di anni!! Rimane poi il problema del business che si crea dietro allo smaltimento dell’amianto, nascosto dietro al Patto stato-mafia. Un patto organizzato dalla massomafia (come lo definiva Falcone, ucciso dallo stato perchè voleva pubblicare quello che aveva scoperto, questi intrecci tra la massoneria e lo stato). Massoneria come gerarchia, come potere, come lasciapassare per fare i lavori sporchi, vedi: loggia P2, dove la maggior parte degli iscritti sono: politici, industriali, imprenditori, avvocati, dirigenti di imprese, ma sopratutto membri delle alte gerarchie militari e delle forze dell’ordine (forze del disordine – apparati repressivi: Cc, Ps, forze armate italiane, servizi segreti italiani, ecc.).
Ma puntualizziamo meglio il problema:
L’insediamento produttivo della ditta Eternit di Casale Monferrato, si estendeva su di un’area di circa 94.000 mq di cui circa 50.000 erano coperti (con le lastre di fibrocemento che producevano). L’attività produttiva ebbe inizio nel 1907 e cessò nel 1986. Durante questo periodo le assunzioni furono circa 5000 con presenza simultanea anche di 3500 addetti. Già verso la fine degli anni ’70 incomincia a prendere credito la convinzione che l’attività lavorativa alla ditta Eternit sia accompagnata da una drammatica sequenza di patologie professionali, e parallelamente cominciano le prime indagini mirate alla conferma epidemiologica di tale convinzione. Nel giugno del 1986 la produzione si interrompe con l’allontanamento degli ultimi 350 lavoratori ancora occupati. La città di Casale perde definitivamente il ruolo di capitale del cemento-amianto per assumere quello di città a rischio dove la gestione delle aree inquinate, pone gravissimi problemi. I danni causati dall’amianto lavorato all’Eternit non si sono limitati ad interessare la popolazione esposta professionalmente, ma riguardano anche l’ambiente coi suoi abitanti. Infatti negli anni ’70 si comincia a registrare nel reparto di Medicina dell’Ospedale di Casale Monferrato, un significativo incremento dei morti per mesotelioma anche in soggetti con anamnesi lavorativa negativa nei confronti di una esposizione professionale ad amianto. L’amianto è presente nell’ambiente casalese, e non certamente in quantità modeste, se è stato sufficiente a generare conseguenze rilevanti anche sulla salute dei soggetti non esposti professionalmente. Sino al 2008 sono stati rilevati oltre 1200 casi di mesotelioma pleurico: una vera e propria strage se si considera che la città di Casale Monferrato conta 37.000 abitanti e che tra i 47 Comuni del territorio, la maggioranza non raggiunge i 3.000.
L’asbesto non è presente naturalmente nella conformazione geologica dell’area casalese (come invece accade nelle valli di Lanzo dove si trova la cava di Balangero): necessariamente quindi doveva essere stato immesso da fonti esterne, come l’attività lavorativa della ditta Eternit che ha comportato la diffusione dell’amianto in svariate forme su tutto il territorio, con epicentro nella città di Casale. Fino agli anni ’60 la lavorazione del cemento-amianto veniva effettuata in ambienti molto polverosi; spesso erano gli stessi operai a portare nelle loro case le fibre con le tute da lavoro. Un’altra fonte di inquinamento era la fase di trasporto sia dell’amianto grezzo in arrivo allo stabilimento, che dei prodotti finiti ai magazzini generali, operazioni che venivano fatte con mezzi scoperti che attraversavano da un capo all’altro la città lungo un percorso sempre identico. Mentre queste due fonti di inquinamento con la chiusura degli impianti produttivi hanno cessato i loro effetti, altre fonti sono rimaste nel territorio per anni sino all’esecuzione delle bonifiche. Una fonte di inquinamento era determinata anche dagli scarichi liquidi della lavorazione e della pulitura delle macchine, che attraverso un canale raggiungevano le acque del fiume Po: per 80 anni il defluire delle acque inquinate da amianto e cemento ha creato, una vera e propria SPIAGGIA CONTAMINATA che si estendeva per 60/70 metri lungo fiume, vicino allo stabilimento Eternit. Altra forma di inquinamento, era l’utilizzo improprio delle polveri di tornitura dei tubi, prodotto di scarto della fabbricazione che veniva letteralmente distribuito ai cittadini e dagli stessi riutilizzato in forma sfusa quale stabilizzante per le pavimentazioni di cortili e strade o come coibente nei sottotetti. Dal 2000 al 2008 sono stati accertati più di 100 segnalazioni di “amianto” in sottotetti di abitazioni private, cortili e giardini ad uso residenziale ma anche luoghi pubblici: una piazza, i vialetti di un cimitero, il sagrato di una chiesa, il cortile di uffici pubblici e di un istituto scolastico superiore. Altra fonte di inquinamento è rappresentata dal riciclaggio dei FELTRI utilizzati nella produzione di tubi e lastre: grandi tappeti (dimensioni medie 2,00 x 6,00 m), venivano riutilizzati come teli di protezione per tettoie o per la copertura di attrezzi, nelle campagne del territorio. Sull’area del distretto sanitario ex USL 76 composta da 48 Comuni con epicentro a Casale è stato censito 1 milione di metri quadri di manti di copertura (rilevati non solo su fabbricati industriali o artigianali, ma su case, scuole, ospedali, biblioteche, mercati coperti, ecc.).
Eternit è un marchio registrato di fibrocemento: un materiale usato in edilizia soprattutto per vasche, tegole, tettoie. Il materiale era realizzato facendo uso di amianto, una sostanza la cui polvere, si è scoperto troppo tardi, ha effetti cancerogeni. Il brevetto risale al 1901 e venne acquistato due anni dopo dall’azienda svizzera Schweizerische Eternitwerke AG, che negli anni ’20 cambiò il suo nome in Eternit. Eternit è anche il nome dell’azienda produttrice di quello specifico tipo di fibrocemento, azienda che dal 1906 iniziò ad aprire anche in Italia diversi stabilimenti concentrandosi inizialmente sulla produzione di tubi. La prima fabbrica venne aperta a Casale Monferrato (Alessandria), altre poi a Cavagnolo (Torino), a Broni (Pavia) e a Bari. Nel 1933 Eternit diventò proprietà della famiglia di imprenditori svizzeri Schmidheiny, che nel 1973 divenne responsabile anche degli stabilimenti italiani affiancata dai belgi De Cartier. Negli anni ’50 a Casale cominciarono le malattie e le morti degli operai che lavoravano all’Eternit e cominciarono le prime richieste e gli scioperi degli operai per avere maggiore tutela della salute nel posto di lavoro. Negli anni ’60 iniziarono ad ammalarsi e a morire anche persone che non erano direttamente occupate nella fabbrica. Ancora oggi continuano a verificarsi casi di contaminazione, che proseguono nonostante la produzione di lastre in amianto sia stata sospesa a metà degli anni ’90. Nel 1986 Eternit chiuse. Il 22/12/2004 venne presentata a Torino la prima denuncia contro i proprietari dell’azienda per inosservanza di qualsiasi disposizione in materia di sicurezza sul lavoro. Il procuratore che si occupò dell’inchiesta Eternit fu Raffaele Guariniello, che diede avvio alle indagini, alle perquisizioni e ai sequestri. Il primo processo Eternit cominciò il 6/4/2009: vennero presentate 2889 richieste di risarcimento danni. La sentenza di primo grado arrivò il 13/2/2012: Louis De Cartier e Stephan Schmidheiny, i due proprietari della multinazionale dell’amianto, vennero condannati a 16 anni per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche (il procuratore generale Guariniello aveva chiesto 20 anni).
Nel giugno 2013 si concluse anche il processo di II grado: Stephan Schmidheiny (foto sopra), venne condannato a 18 anni di carcere, due in più della sentenza di primo grado. Schmidheiny era rimasto l’unico imputato, dopo la morte a 92 anni del barone belga Louis De Cartier. La sentenza aveva riconosciuto le responsabilità penali non solo per i siti di Casale Monferrato e Cavagnolo, ma anche per Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). Vennero anche stabiliti risarcimenti danni per circa 90 milioni di euro destinati al comune di Casale (principale soggetto delle bonifiche), alla regione Piemonte, a sindacati e varie associazioni e 30 mila euro agli ammalati di patologie legate all’amianto e alle famiglie delle vittime. Ma nel 2014 i massoni si comperano i magistrati e riescono a venire fuori di galera: la Corte di Cassazione ha annullato le due precedenti condanne sulla base della prescrizione, affermando che il reato c’è, ma che non è più perseguibile per il tempo trascorso tra i comportamenti illeciti dell’imputato e le conseguenti morti. Con l’annullamento dei reati sono stati cancellati anche tutti i risarcimenti decisi in precedenza. Senza vergogna per le tante assurde giustificazioni e contraddizioni, il procuratore generale della Cassazione Francesco Iacoviello (che ha chiesto la prescrizione che poi è stata accolta), ha fatto l’esempio del crollo di una casa: il reato per il crollo di una casa in cui ci siano delle vittime è immediatamente contestabile, mentre non è possibile prevedere giuridicamente la permanenza di un reato nel caso questo sia causa di morti a distanza di decenni. Secondo i parenti delle vittime ci sono state due diverse interpretazioni: c’è che il reato di disastro ambientale «non è sostenuto dal diritto», questo significa «che non si potrà mai incriminare nessuno per disastro per le morti di amianto, perché le malattie si manifestano a distanza di molto tempo. Ed è questa latenza che protegge chi ha commesso questo crimine di cui qui noi famigliari rappresentiamo il segno più evidente della sofferenza». Raffaele Guariniello (il compare del procuratore generale della Cassazione Francesco Iacoviello, quello che fa andare sempre tutto in scadenza termini) che ha condotto le inchiesta, ha dichiarato che dalla Cassazione non c’è stata assoluzione ma prescrizione e che dunque «adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi. Guariniello ha portato avanti anche l’inchiesta che riguardava gli italiani che sono morti dopo aver lavorato negli stabilimenti Eternit in Svizzera e Brasile. La terza inchiesta invece, ha a che fare con Balangero, in provincia di Torino, la più grande cava d’amianto d’Europa…
Ora vi proponiamo i fratelli e compagni de Roma, gli Assalti Frontali, con la canzone: Asbesto
www.youtube.com/watch?v=SJQeJdn3UU4
www.youtube.com/watch?v=L0SZFwLzgIw
Inquinamento ambientale: il caso Eternit non è un caso isolato
https://www.youtube.com/watch?v=3PSVh6W7kTE
Amianto e altri veleni seppelliti nelle campagne coltivate del Po: “È la terra dei fuochi del Nord”
https://www.youtube.com/watch?v=FDHs1UkEzrE
Caratteristiche dell’amianto e suo utilizzo in passato; la normativa in Italia
https://www.youtube.com/watch?v=3CvekTORO-o
Cremona avvelenata: perché è la seconda città più inquinata d’Europa
www.youtube.com/watch?v=A695LxwMia8
https://www.youtube.com/watch?v=mZI_gL35n1s
SOMALIA TOSSICA: ecco come l’Italia nascondeva i suoi rifiuti radioattivi
https://www.youtube.com/watch?v=D4DrEDUXBWo
Noi crediamo che la più gran parte dei mali che affliggono gli uomini
dipende dalla cattiva organizzazione sociale;
e che gli uomini, volendo e sapendo,
possono distruggerli.
Dal “Programma dell’Unione Anarchica Italiana (1899)”
Cultura dal basso contro i poteri forti
Rsp (individualità Anarchiche)