Intrecci sporchi tra forze dell’ordine e massomafia…

Intrecci sporchi tra forze dell’ordine e massomafia…

Poliziotti arrestati a Milano con l’accusa di associazione per delinquere e spaccio di stupefacenti

7 novembre 2013

Tre poliziotti sono stati arrestati a Milano con le accuse di associazione per delinquere, peculato e detenzione e spaccio di stupefacenti perché avrebbero messo in atto una serie di blitz fuori dalle regole portando via soldi e droga ad alcuni immigrati. I tre sono agenti della Polfer di Lambrate.

Oggi i tre sono finiti in carcere su ordine del gip di Milano Manuela Scudieri, che ha accolto le richieste di custodia cautelare del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e del pm Paolo Filippini che hanno coordinato le indagini. Secondo l’accusa, i 5 poliziotti (gli altri due sono indagati) avrebbero per oltre un anno effettuato blitz senza verbalizzare alcunché o scrivendo il falso negli atti.

A casa di uno degli agenti, Ezio O., nel corso delle perquisizioni era stata trovata una ”busta trasparente” di cellophane ”contenente della polvere di colore bianco, presumibilmente della sostanza stupefacente”. Poi ancora una busta con sostanza ”tipo cocaina” per circa ”6,6 grammi”. Dentro una ”cassaforte”, invece, oltre un centinaio di ”cartucce per fucile” e più di 40mila euro in contanti. Nell’abitazione di un altro agente, Clodomiro P., invece, i carabinieri avevano trovato dentro una scatola in un giubbotto tanti gioielli in oro, tra cui, ad esempio, un ”pendaglio verosimilmente in oro giallo raffigurante un continente africano”. E gli sono stati sequestrati 2.300 euro, anche in banconote da 500 euro. L’avvocato Piazza, tra ottobre e novembre 2012, aveva presentato in Procura un esposto nel quale parlava di un marocchino ”fermato, ammanettato e perquisito”, assieme a un connazionale, e a cui sarebbero stati sottratti seimila euro.

Dei tre poliziotti arrestati oggi a Milano, due sono finiti in carcere e un altro è stato messo agli arresti domiciliari. In particolare, la custodia cautelare in carcere è stata disposta per Ezio Orsini e per Clodomiro Poletti, mentre i domiciliari sono stati disposti per Gianluca D’Acunto. Altri due agenti della Polfer di Lambrate, invece, sono indagati a piede libero.

Il sospetto è che la droga sequestrata senza verbalizzazioni venisse usata dagli agenti…..

Ma non è finita qua !!!

Risultati immagini per arrestati tre poliziotti tra le 16 persone finite in manette a Caserta

Anche nell’ottobre 2015 sono stati arrestati tre poliziotti tra le 16 persone finite in manette a Caserta per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, allo spaccio di droga, all’usura, alla truffa, al falso, alla corruzione, alla concussione e all’abuso d’ufficio. Tra le accuse contestate agli agenti, quella di peculato per aver utilizzato l’auto di servizio per attività non istituzionali avendo “scortato” la vettura del cantante Gigi D’Alessio per consentirgli di giungere in tempo ad una manifestazione artistica. I tre avrebbero fatto sesso a pagamento nelle auto di pattuglia e nei locali del commissariato di Marcianise.

Le 16 persone arrestate sono inserite in due organizzazioni criminali attive nei territori di Marcianise, Caserta e dei comuni limitrofi, legati al clan Belforte. Le indagini hanno scoperto un sistema di vendita itinerante, organizzato da un pregiudicato, il quale utilizzava come base logistica dello spaccio, un negozio di articoli sportivi di Marcianise. Lo scambio avveniva in luoghi preventivamente concordati e talvolta anche all’interno del negozio, allo scopo di sfuggire alle forze dell’ordine.

L’altro gruppo criminale si avvaleva di una fitta rete di pusher per lo spaccio, che acquistava sulla piazza napoletana rifornendosi da un pregiudicato legato da vincoli di parentela al clan dei Tolomelli, egemone nel quartiere Sanità di Napoli. I due sodalizi criminali, godevano delle connivenze e della complicità di tre poliziotti in servizio presso il Commissariato di Marcianise che “orientando” le indagini su gruppi criminali concorrenti, fornivano una sostanziale copertura.

Uno dei poliziotti è risultato in organico alla prima organizzazione consegnando le dosi di cocaina ad un ristretto gruppo di clienti prevalentemente imprenditori e professionisti, provvedendo al recupero dei crediti derivanti dall’acquisto delle dosi ed al riciclaggio dei proventi, in parte versati sul suo conto corrente, e alla monetizzazione di assegni che il pregiudicato a capo del gruppo riceveva a garanzia delle attività usurarie per le quali è indagato. In altre circostanza i poliziotti glissavano sull’attività di spaccio del secondo gruppo per ottenere notizie confidenziali che permettevano loro di portare a termine operazioni di polizia giudiziaria per accreditarsi nei confronti dei superiori.

 

Poliziotti si sostituiscono alla mafia e chiedono il pizzo agli imprenditori….

 Palermo 12 Ottobre 2016

Tre agenti della Polizia Stradale sono stati arrestati con l’accusa di corruzione, concussione e falso.

Ad accusare gli agenti è stato un imprenditore. I poliziotti avrebbero preteso per mesi da alcuni commercianti e imprenditori somme di denaro minacciando le vittime che, se non avessero pagato, avrebbero subito multe e controlli continui.

Le vittime hanno deciso di denunciare tutto. È così scattata l’inchiesta della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Mobile, diretta da Silvia Como. I tre sono agli arresti domiciliari.

I poliziotti arrestati dalla squadra mobile sono Nicolino Di Biagio, Giuseppe Sparacino e Francesco Paolo Minà. Titolare dell’inchiesta è il pm di Palermo Pierangelo Padova. Le vittime erano piccoli imprenditori e commercianti e due di loro hanno denunciato le vessazioni.

I tre poliziotti per cancellare i verbali o ridurne l’importo ricevevano regali e soldi.

 

Sono 13 i poliziotti arrestati e momentaneamente sospesi dal servizio a Noli

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14 ottobre 2016

In provincia di Napoli per quello che riguarda la cronaca, non si parla solo di Camorra e della recente guerra in atto nelle periferie della città. Il Ministero degli Interni ora dovrà giustificare un evento grave, ovvero l’arresto di 13 poliziotti della sezione di Polizia Stradale, che minacciavano gli automobilisti al fine di estorcere denaro.

Le indagini, partite a seguito di una denuncia per estorsione presentata da un imprenditore del Nolano, hanno fatto sì che la Procura delegasse le indagini del caso agli stessi colleghi dei presunti rei.

Le indagini, hanno portato a l’arresto di ben 13 poliziotti accusati a vario titolo, sia agenti che sottufficiali, di concussione, falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali, false dichiarazioni, danneggiamento e altro. Tra i vari episodi che incastrano i poliziotti, risalta all’occhio, un presunto inseguimento con tanto di sparatoria, inscenato dagli agenti al fine di richiedere un riconoscimento per l’operazione di servizio.

 

Ma le malefatte degli sbirri mafiosi continuano ad aumentare!! Gli sbirri cocainomani, vengono assolti perfino quando uccidono e torturano le persone indifese ….

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ROMA, 4 ottobre 2016

Le fratture e il globo vescicalesono la causa di morte di Stefano Cucchi, da noi sempre sostenuta in questi anni, che a differenza dell’epilessia ha elementi oggettivi e riscontrati dagli stessi periti”.

Così in un post su Facebook Ilaria Cucchi che, dopo la perizia nel processo bis, si dice fiduciosa che “avremo un processo per omicidio”. La perizia invece, occulta la verità, puntando sull’epilessia come possibile causa prevalente nel decesso del geometra romano….

Stefano Cucchi morì il 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare.

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In questo omicidio di stato, furono coinvolti alcuni agenti di polizia penitenziaria, alcuni medici del carcere di Regina Coeli, e alcuni carabinieri. Le indagini preliminari sostennero che a causare la morte sarebbero stati i traumi conseguenti alle percosse, il digiuno (con conseguente ipoglicemia), la mancata assistenza medica, i danni al fegato e l’emorragia alla vescica che impediva la minzione del giovane (alla morte aveva una vescica che conteneva ben 1.400 cc di urina, con risalita del fondo vescicale e compressione delle strutture addominali e toraciche). Inoltre determinante fu l’ipoglicemia in cui i medici lo avevano lasciato, tale condizione si sarebbe potuta scongiurare mediante l’assunzione di un semplice cucchiaio di zucchero. Sempre stando alle indagini, gli agenti di polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici avrebbero gettato il ragazzo per terra procurandogli le lesioni toraciche, infierendo poi con calci e pugni. Cucchi pesava solamente 37 chilogrammi. Oltre agli agenti di polizia penitenziaria, vengono indagati i medici Aldo Fierro, Stefania Corbi e Rosita Caponnetti che non avrebbero curato il giovane e che lo avrebbero lasciato morire di inedia.

La giustizia naturalmente sta sempre dalla parte del più forte e del più bastardo.

Il 13 Ottobre 2016 la Procura generale di Milano e i legali di parte civile hanno presentato ricorso in Cassazione contro le assoluzioni dei 4 poliziotti che erano imputati per omicidio preterintenzionale nel processo con al centro la morte di Michele Ferrulli, manovale di 51 anni deceduto per arresto cardiaco il 30 giugno 2011, mentre gli uomini delle volanti lo stavano ammanettando a terra.

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La Corte d’Appello di Milano aveva confermato le assoluzioni del primo grado, mentre il sostituto pg di Milano Tiziano Masini aveva chiesto di ribaltare il verdetto del Tribunale e di condannare i poliziotti a pene comprese tra i 16 mesi e i 7 anni e 8 mesi di carcere. Masini aveva sostenuto, in sostanza, che i 4 agenti avevano messo in atto contro Ferrulli “un arresto illegale e arbitrario“, chiarendo che ad un “oltraggio a pubblico ufficiale, per cui non è previsto il provvedimento, non possono seguire addirittura violenze”. E aveva parlato, infatti, di “botte” e “percosse”. “Quello che più fa male dopo tutti questi anni -ha spiegato Domenica Ferrulli, figlia di Michele e parte civile- è che ancora oggi si vorrebbe far passare mio padre per un delinquente, forse pensando che ciò possa essere una giustificazione a quanto è successo”. “Sono indignata, scoraggiata, delusa, costernata, provata, ma non demotivata, non mi fermerò….. “.

 

Intanto la massomafia ci sguazza a fare affari sporchi e redditizi con gli sbirri, pagati come burattini o cani da guardia ……

 

Sono 116 gli indagati nella maxinchiesta su Mafia Capitale per i quali la Procura di Roma ha chiesto al gip l’archiviazione…..

6 ottobre 2016

Tra le persone su cui i pm di piazzale Clodio non hanno trovato elementi per proseguire le indagini figurano politici, imprenditori, professionisti e personaggi già al centro di altre inchieste giudiziarie…..

Oltre al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti (corruzione e turbativa d’asta), la Procura ha chiesto di archiviare la posizione di Vincenzo Piso, parlamentare, ex PdL ora gruppo Misto a cui era contestato il finanziamento illecito. Molti i politici nella richiesta di archiviazione: il presidente del Consiglio Regionale, Daniele Leodori (turbativa d’asta), l’ex consigliere comunale con delega per lo sport nella giunta Alemanno, Alessandro Cochi (turbativa d’asta) e l’ex braccio destro di Alemanno, Riccardo Mancini (associazione mafiosa) e il capo della segreteria di Alemanno, Antonio Lucarelli (associazione mafiosa). Tra gli imprenditori il costruttore Luca Parnasi (corruzione), Presente anche Gennaro Mokbel (riciclaggio), già condannato in primo grado per il caso Tis-Fastweb. Chiesta l’archiviazione per Ernesto Diotallevi (associazione mafiosa). Stessa richiesta per i penalisti Paolo Dell’Anno, Domenico Leto e Michelangelo Curti, finiti nel registro degli indagati per associazione mafiosa….

 

11 ottobre 2016

Il tribunale di Torino ha condannato a 6 anni Salvatore Ligresti e a 5 anni e 8 mesi la figlia Jonella nel processo torinese in cui erano accusati di falso in bilancio e aggiotaggio informativo. Condannati anche l’ex revisore di Fondiaria Sai Riccardo Ottaviani (2 anni e 6 mesi) e l’ad di Fonsai Fauso Marchionni (5 anni e 3 mesi). Assolti invece Antonio Talarico, ex vicepresidente della Compagnia, e l’ex revisore Ambrogio Virgilio.

 

12 ottobre 2016

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Si parla di “tangenti” versate a “qualcuno” da “cooperative” di un “consorzio” in cambio di lavori da parte di Nolostand nel provvedimento con cui martedì la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano ha commissariato per sei mesi il settore relativo all’allestimento di stand di Fiera Milano spa in quanto avrebbe agevolato imprenditori ritenuti in odore di mafia e cioè Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, titolare di fatto e ‘braccio operativo’ del Consorzio Dominus, arrestati a luglio in un’altra indagine.

Nel decreto notificato martedì dalla Gdf viene citato un interrogatorio reso lo scorso 26 settembre come testimone ai pm da Mauro Giardini, ex fornitore di Fiera Milano e della controllata Nolostand spa, già in amministrazione giudiziaria dalla scorsa estate anche lei, in sostanza, per aver commissionato lavori al Consorzio di Nastasi e Pace consentendo a Cosa nostra di infiltrarsi nei gangli della società quotata in Borsa.

Ma torniamo indietro col tempo: Il 6 luglio 2016 furono arrestate 11 persone, tra cui un avvocato, sono state arrestati per reati tributari, riciclaggio e associazione per delinquere, con l’aggravante della finalità mafiosa. Agli arrestati erano riconducibili alcune aziende a cui erano stati affidati appalti per l’Expo.

Al centro dell’inchiesta c’è il consorzio di cooperative Dominus Scarl specializzato nell’allestimento di stand, il quale ha lavorato per la Fiera di Milano dalla quale ha ricevuto in subappalto l’incarico di realizzare alcuni padiglioni per Expo tra cui quello della Francia e Guinea equatoriale.

Secondo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Sara Ombra, le società del consorzio erano intestate a prestanomi di Giuseppe Nastasi il principale indagato, arrestato con il suo collaboratore Liborio Pace e l’avvocato del Foro di Caltanissetta, Danilo Tipo, ex presidente della Camera penale della città siciliana.

Le società coinvolte ricorrevano a un sistema di fatture false per creare fondi neri. Il denaro era poi riciclato in Sicilia dove gli indagati avevano legami con la famiglia di Cosa Nostra dei Pietraperzia.

Nel decreto si segnala che “i soggetti indagati (…) per reati di associazione di stampo mafioso e riciclaggio, avevano avuto, e hanno nell’attualità, contatti continuativi con dirigenti ed organi apicali di Nolostand” ….

 

L’autorità corrompe chi la possiede

e degrada chi ne è vittima

A. Berkman

 

Rsp (individualità Anarchiche)

 

 

16 marzo 1978 – I lati oscuri del rapimento Moro…

16 marzo 1978 – I lati oscuri del rapimento Moro …..

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23 /9/2016

“La Regione Lazio digitalizza sul suo archivio un importante contributo sulla storia della Repubblica”. Lo scrive su Twitter il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti…..

Ci sono stati e ci sono, molti lati oscuri nel rapimento di Aldo Moro: troppe contraddizioni e situazioni a dir poco ambigue, come del resto, tutta la storia dell’Italia “post fascista” …..

Aldo Moro fu uno dei fondatori della Democrazia cristiana di centro destra (1948), guidò diversi governi di centro-sinistra (1963-‘68), promuovendo la “strategia dell’attenzione” verso il Partito comunista (1974-‘76).

Il 16 marzo 1978 Moro fu rapito in via Fani a Roma, proprio nello stesso giorno in cui il governo guidato da Giulio Andreotti (partigiano bianco, piduista liberale – cattofascista) stava per essere presentato in parlamento per ottenere la fiducia…..

Di fronte al drammatico evento, cui seguì da parte delle BR la richiesta di rilascio di brigatisti prigionieri e di un riconoscimento politico, organi di stampa e mondo politico si divisero tra fautori e avversari della trattativa, con netta prevalenza dei secondi…..

Ma i più contradditori della lotta armata (di classe?) erano i leaders, personaggi ambiziosi che provenivano dall’alta borghesia, per loro era naturale collaborare anche coi servizi segreti antifacisti di Yalta, usando la base operaia per i loro porci comodi di arrivismo intellettuale piccolo borghese ……

A Reggio Emilia negli anni ‘70 si formò il gruppo dell’ appartamento, un Collettivo politico operai-studenti (Alberto Franceschini, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene, Fabrizio Pelli, Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, Ivan Maletti, Attilio Casaletti, Loris Tonino Paroli, Prospero Gallinari), il cui leader era l’intellettuale altoborghese e doppiogiochista Corrado Corghi, fondatore, nei primi anni ‘60 di Azione cattolica e segretario regionale della Dc.

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Corghi era l’animatore dei cattolici del dissenso, amico personale di Che Guevara e Fidel Castro, ben introdotto in Vaticano di cui era addirittura l’ambasciatore itinerante in Sud America”. In quell’appartamento di Reggio Emilia si riunivano: maoisti, anarchici, comunisti, socialisti e cattolici del dissenso (sotto il nome ‘One Way’ si celavano: Maurizio Ferrari, Arialdo Lintramir, Giorgio Semerari, Giulia Archer, Sandro D’alessandro, il ciellino Franco Troiano, Roberto Ognibene e i leader, i fratelli Folloni, uno dei quali, Guido, sarebbe diventato direttore dell’Avvenire, Senatore democristiano e nel 1998 ministro nel governo di Massimo D’Alema).

Nell’organizzazione Br si aggiunsero anche i militanti dell’Università cattolica di Trento, tra cui Corrado Simioni (fondatore dei centri Rousseau di Milano), Renato Curcio e Margherita Cagol, e quelli del gruppo di operai e impiegati delle fabbriche milanesi Pirelli e Sit-Siemens come Mario Moretti….

Nell’autunno del 1969, Simioni (amico di Toni Negri che cominciò la militanza negli anni ’50 nella Gioventù Italiana Azione Cattolica e nel 1958 entrò nel Partito Socialista), partecipa al convegno di Chiavari, organizzato dal CPM sotto l’ala protettrice della Curia, il dibattito si svolge presso la sala Marchesani e i convegnisti alloggeranno nell’albergo ‘Stella Maris’, l’uno e l’altra di proprietà della Curia. Ma i rapporti di Corrado Simioni con personaggi di sicura fede atlantica e molto addentro ad attività anticomuniste, non si fermano solo ai soggetti precedentemente descritti. Un ruolo nella nascita di Hyperion sarebbe stato svolto anche da padre Felix Andrew Morlion il domenicano belga, fondatore della Pro Deo e della rete spionistica al servizio del Vaticano e degli americani.

A Berna Simioni otteneva, dai suoi contatti, soldi per realizzare gli obiettivi prefissati (infiltrare e manovrare i movimenti di sinistra).

Sia Gallinari che Moretti sono entrati nelle Br attraverso la mediazione di Corrado Simioni, fondatore della scuola di lingue “Hyperion“, punto d’incrocio tra servizi segreti dell’Ovest e dell’Est e permeabile all’influenza israeliana.

Dopo il convegno del 1970 a Reggio Emilia (Pecorile?), le Br si dividono: da una parte Curcio, Franceschini e la Cagol, i quali non si fidavano più dell’ leader vile e borghese Corrado Simioni, dall’altra invece il gruppo di Corrado Simioni che decide di allontanarsi dal movimento per formare una struttura chiusa e sicura, super-clandestina chiamata Superclan e si trasferiscono a Parigi, dove fondano dapprima le associazioni culturali internazionali Agorà e Kiron, e poi la scuola di lingue Hyperion (stanza di compensazione dei servizi segreti di Yalta).

Sono loro, gli uomini di Simioni, che decidono di fondare il Superclan, una nuova struttura super clandestina, con la volontà di egemonizzare e coordinare le varie organizzazioni terroristiche su scala internazionale: Corrado Simioni, Vanni Mulinaris, Maurizio Ferrari, Duccio Berio, Mario Moretti, Prospero Gallinari e Innocente Salvoni, la cui moglie, Françoise Tuscher, era segretaria dell’Hyperion, nonché nipote dell’Abbé Pierre.

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L’ambizioso leader borghese Simioni, da giovane aveva iniziato a militare nel PSI con Bettino Craxi a cui era molto legato, in quel partito era conosciuto per il suo viscerale anticomunismo. Si occupò di attività culturali promosse dall’United States Information Service (Usis). Si trasferì per un paio d’anni a Monaco, dicendo che stava studiando teologia, invece lavorava per Europa libera, una radio legata alla CIA, che trasmetteva nei Paesi dell’Est. Simioni ha militato in Falce e martello, uno dei gruppi nati prima della contestazione studentesca del’68, poi è diventato marxista-leninista. In seguito sarà tra i fondatori del CPM poi di Sinistra proletaria.

Corrado Simioni (fondatore della scuola di lingue Hyperion), schedava i suoi compagni per conto di Roberto Dotti, il braccio destro del repubblichino monarchico Edgardo Sogno……

Dopo Simioni si infiltra anche Giovanni Senzani, l’ultimo capo delle Br, quello che ideò il rapimento Moro… Era un Criminologo altoborghese, docente, fu consulente del ministero di Grazia e Giustizia ed ebbe incarichi universitari a Firenze e Siena. Visse per anni una doppia vita, lavorando per il ministero e operando ai vertici delle Brigate Rosse. A Roma, negli anni ’70 abitava in un appartamento che condivideva con un informatore dei servizi segreti.

Ma le infiltrazioni all’interno delle Br non finiscono coi loro capi: la prima talpa di cui si hanno notizie certe fu Marco Pisetta; già compagno di Renato Curcio e di Mara Cagol.

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Poi c’era Francesco Marra “Rocco”, paracadutista addestrato in Toscana e in Sardegna all’uso delle armi e con una sorta di specializzazione nella pratica delle “gambizzazioni” (della quale faranno ampio ricorso le Br) prima di entrare nelle Brigate Rosse; in seguito, a differenza di Pisetta, la doppia identità di Marra non è venuta alla luce, ed il suo nome è rimasto fuori da tutti i processi, stranamente coperto anche dal brigatista Alfredo Bonavita dopo il suo pentimento. Per sua stessa ammissione, Marra si era infiltrato nelle Br per conto del brigadiere Atzori, braccio destro del generale dei carabinieri Francesco Delfino. Tra gli avvenimenti “strani” della vita delle Br è impossibile non menzionare anche l’infiltrazione da parte dei carabinieri di Silvano Girotto sopranominato Frate Mitra, la terza infiltrazione all’interno del gruppo e chissà quanti ancora ce ne erano, di infiltrati ….

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Dopo aver analizzato l’ambiguità dei capi supremi delle Br, andiamo ad analizzare le problematiche geopolitiche di quel periodo storico, quando l’Italia dei compromessi rapisce Moro:

Dopo la fine della II Guerra Mondiale e l’avvento della Guerra Fredda, l’Italia era diventata una colonia della Nato (1949 Paesi fondatori: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo Norvegia, Paesi Bassi Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti).

Anche l’Unione Sovietica era interessata allo Stivale e difatti le maggiori formazioni politiche del periodo dipendevano perlopiù da una o dall’altra parte in gioco: la DC e buona parte dell’élite della destra conservatrice era sostenuta e finanziata dagli USA , il PCI e buona parte dell’élite della sinistra progressista e radicale dall’URSS.

La “strategia della tensione – stragi di stato” è stata considerata come il tentativo (riuscito) di mantenere l’Italia sotto l’orbita della Nato rafforzandone la dipendenza e bloccando una possibile rivoluzione comunista.

Aldo Moro si opponeva sia all’ala considerata più “conservatrice” e filo-atlantica del Paese (vertici del Vaticano, militari e buona parte della DC), sia a quella cosiddetta “progressista”, tendente all’estrema sinistra e filo-sovietica.

Moro da una parte era accusato di essere in combutta coi “comunisti” in quanto era favorevole ad un’alleanza con una buona parte della sinistra, dall’altra veniva considerato di “destra” in quanto rifiutava di consegnare tutto il Paese in mano alla sinistra ed era antisovietico….

Nel 1977 Moro dopo una lezione all’istituto di scienze politiche dell’università ” La Sapienza ” di Roma in cui insegnava, disse agli affezionati studenti che gli chiedevano del suo futuro incarico come presidente del consiglio:

“Ma voi che davvero credete che non sappia che farò la fine di Kennedy?”

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Sono circa le 9 del mattino del 16 marzo 1978. La Fiat 130 dell’On. Moro e l’Alfetta di scorta che percorrono via Trionfale svoltano in via Fani. Fanno pochi metri quando all’altezza dell’incrocio con via Stresa le due auto vengono bloccate da una Fiat 128 ( guidata dall’ ambiguo Mario Moretti) con targa diplomatica che provoca un tamponamento…

Negli istanti successivi i terroristi esplodono un numero impressionante di colpi. Furono rinvenuti 39 colpi ricoperti da una vernice protettiva che viene impiegata per assicurare una lunga conservazione al materiale. Inoltre questi bossoli non recano l’indicazione della data di fabbricazione”. Vi è scritto GFL, Giulio Fiocchi di Lecco e il calibro però non viene indicato. Il fatto che non venga indicata la data di fabbricazione, è il tipico modo di operare delle ditte che fabbricano questi prodotti per la fornitura a forze statali militari non convenzionali… E quando verranno scoperti i depositi “Nasco” della struttura paramilitare segreta della Nato “Gladio”, si riscontreranno le stesse caratteristiche nelle munizioni di quei depositi”. In questo inferno di fuoco vengono colpiti tutti gli uomini della scorta di Aldo Moro, ma il presidente della DC resta miracolosamente illeso.

Tre uomini della scorta, feriti ma ancora vivi, ricevono il colpo di grazia. Perché? Cosa non dovevano dire?

Perché i componenti del commando di via Fani indossavano delle divise dell’aviazione civile, sicuramente poco adatte a passare inosservati? Forse perché alcuni componenti del commando, magari i tiratori scelti, era sconosciuti ai brigatisti e la divisa serviva ad identificarli?…

Ma non è finita: alle ore 9 in via Stresa, a circa 200 metri da dove avviene la strage c’è il colonnello del Sismi Camillo Guglielmi.

“Il colonnello Guglielmi, in forza al servizio segreto militare, era uno stretto collaboratore del generale piduista Giuseppe Santovito, ed era stato istruttore presso la base di “Gladio” di Capo Marrargiu, dove aveva insegnato ai “gladiatori” le tecniche dell’imboscata… L’inspiegata presenza “a pochi metri da via Fani” del colonnello Guglielmi al momento della strage è stata rivelata molti anni dopo, nel 1991, da un ex agente del Sismi addestratosi a capo Marrargiu, Pierluigi Ravasio.

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Ad agevolare la fuga del commando un improvviso black-out interrompe le comunicazioni telefoniche della zona. L’allora direttore generale della Sip Michele Principe, era iscritto alla P2.

Dopo il rapimento Di Moro Cossiga decide di istituire dei comitati per gestire la crisi. Non vi furono decreti di nomina, solo chiamate e partecipazioni informali, cooptazioni fatte senza renderne conto a nessuno. Unico dato certo e documentato è che le riunioni dei “Comitati di crisi” nominati da Cossiga per la liberazione di Moro, pullulavano di “fratelli massoni” che avevano giurato fedeltà alla P2 di Licio Gelli.

L’operato delle forze di polizia dipendenti dal Viminale e dei servizi segreti (affidati da Cossiga e Andreotti ed affiliati alla Loggia massonica segreta P2) è stato caratterizzato da una lunga sequela di errori e conniventi inerzie, tali non solo da rendere dubbia l’effettiva volontà dello stato di salvare la vita dell’onorevole Moro arrestando i sequestratori, ma perfino da indurre a sospettare complicità e convergenze di intenti con i terroristi. Tutto il comitato di crisi che avrebbe dovuto liberare Moro era formato dai piduisti: Giulio Grassini, capo del Sisde (tessera P2 numero 1620); Giuseppe Santovito, capo del Sismi (tessera 1630); Walter Pelosi, capo del Cesis (tessera numero 754 Roma), il generale Raffaele Giudice, comandante generale della Guardia di Finanza (tessera 535); il generale Donato Lo Prete, guardia di Finanza (tessera numero 1600), l’ammiraglio Giuseppe Torrisi, Capo di Stato Maggiore della Marina (tessera numero 631 Roma); il colonnello Giuseppe Siracusano (tessera numero 1607), il prefetto Mario Semprini (tessera numero 1637); lo psichiatra Franco Ferracuti (tessera n. 2137) agente della Cia e consulente personale del senatore Francesco Cossiga; il colonnello Pietro Musumeci dell’arma dei carabinieri, vice capo del Sismi e piduista; ed il dottor Stefano Silvestri dello IAI, Istituto Affari Internazionali….

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Ma l’enigma non finisce qua: alcuni macchinari presenti nella tipografia utilizzata dai brigatisti per la stampa dei comunicati (da quasi un anno prima del rapimento), erano gestiti dai brigatisti Enrico Triaca e da Mario Moretti. I macchinari, si scoprì dopo, erano stati precedentemente di proprietà dello stato: si trattava di una stampatrice AB-DIK260T, che era di proprietà del Raggruppamento Unità Speciali dell’Esercito (facente parte del SISMI) e che, seppur con un pochi anni di vita ed un elevato valore, era stata venduta come rottame ferroso, e di una fotocopiatrice AB-DIK 675, precedentemente di proprietà del Ministero dei trasporti, acquistata nel 1969 e che, dopo alcuni cambi di proprietario, era stata venduta a Enrico Triaca.

Anche l’appartamento di Via Gradoli presenta alcune contraddizioni: innanzitutto fu affittato da quella merdina di Moretti, sotto lo pseudonimo di Mario Borghi nel 1975. Inoltre, in quello stabile vivevano anche un confidente della polizia e diversi appartamenti erano intestati ad uomini del SISMI. La palazzina venne perquisita dai carabinieri del colonnello Varisco ma venne saltato l’appartamento dove si presume fosse tenuto prigioniero Moro. Il contratto d’affitto tra Borghi (Moretti) e la controparte (Luciana Bozzi) non venne registrato. La signora Bozzi si scoprirà successivamente essere amica di Giuliana Conforto, il cui padre era nella lista Mitrokhin di agenti del KGB, e nel cui appartamento furono arrestati i brigatisti Morucci e Faranda….

La Nato nel 1956 creò un piano militare anticomunista fondando una rete clandestina internazionale chiamata stay-behind. La Nato quindi era contraria ad un governo aperto ai comunisti come quello a cui puntava Moro.

Moro sul memorandum scritto durante la sua prigionia, forse anche nel tentativo di salvarsi, accennò ai brigatisti l’esistenza della struttura parallela ed ultrasegreta “Gladio“, molti anni prima che divenisse di pubblico dominio (1991), anche se poi i brigatisti non hanno colto l’importanza delle rivelazioni di Moro e quindi persero l’occasione di attaccare il cuore marcio dello stato, eliminando così le tantissime ingiustizie che il potere di uno stato cattofascista liberale, piduista e massomafioso, aveva inflitto fino ad allora a tutti i cittadini poveri (schiavi), influenzando in senso negativo anche la storia d’Italia dal dopoguerra fino agli anni ‘70, con la strategia della tensione – stragi di stato….

La vedova dell’onorevole Moro, Noretta Chiavarelli, ebbe modo di dichiarare al primo processo contro il nucleo storico delle BR (1983), direttamente interrogata dal presidente Severino Santiapichi, che suo marito era inviso agli Stati Uniti fin dal 1964, quando venne varato il Governo di Centro-Sinistra e che più volte fosse stato “ammonito” da esponenti politici d’oltreoceano a non violare la cosiddetta “logica di Yalta” (conferenza di Yalta dal 4 all’11 febbraio 1945 – inizio della guerra fredda).

Con la conferenza di Yalta nel 1945, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’Unione Sovietica si spartiscono il potere economico geopolitico militare del mondo…

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Le “pressioni” della Nato sul marito, secondo la deposizione della signora Moro, s’accentuarono dopo il 1973, quando lo statista creò un’alleanza stretta col PCI che prese il nome di “Compromesso Storico“. Nel settembre del 1974 fu il segretario di stato americano, a margine di una visita di stato negli USA, Henry Kissinger ad ammonire severamente Moro della “pericolosità” di tale legame col PCI. E di nuovo, nel marzo 1976 le minacce si fecero più esplicite.

Ma non è finita, prima del rapimento di Moro, Franceschini e Curcio nel 1974, vanno alla sede dei Comitati di Edgardo Sogno e portano via alcuni elenchi di personaggi piduisti che stavano organizzando un colpo di stato, ideato dal capo dell’arma dei carabinieri, il generale Giovanni De Lorenzo durante la crisi del I governo Moro. I documenti sottratti sparirono quando arrestarono Curcio e Franceschini. Nel 1974 il partigiano Bianco Edgardo Sogno avrebbe organizzato il cosiddetto “golpe bianco“, un piano per rapire il presidente Leone, costringerlo a sciogliere il Parlamento e nominare un governo di tecnici e militari presieduto da Pacciardi. Sempre secondo l’accusa, il piano prevedeva anche campi di concentramento, un tribunale speciale, la sospensione dell’immunità parlamentare e lo scioglimenti del Msi e dei gruppi extraparlamentari di destra e di sinistra. Sul presunto golpe apre un’inchiesta l’allora giudice istruttore torinese Luciano Violante che chiede al Sid i documenti su Sogno, che però saranno quasi tutti coperti da segreto di stato. Il 12/9/1978 Sogno, con Cavallo, Randolfo Pacciardi, Remo Orlandini e altri vengono prosciolto perché il fatto non sussiste. Tra il 1975 e il 1976 Sogno, con Licio Gelli, Carmelo Spagnuolo, Anna Bonomi Bolchini e altri, furono i firmatari degli ”affidavit” a favore di Michele Sindona, dichiarazioni giurate rilasciate all’ambasciata Usa e rivolte alla magistratura americana, che sostenevano che Sindona era perseguitato dalla giustizia italiana perché anticomunista e prendevano posizione contro la sua estradizione in Italia per il crack della “Banca privata italiana“. Nel 1981 il suo nome compare negli elenchi dei presunti iscritti alla P2 trovati negli uffici della Gio.Le. di Gelli a Castiglion Fibocchi. Edgardo Sogno (partigiano bianco, monarchico, cattofascista, liberale) riprende l’attività politica nel 1986, intervenendo al congresso del Pli, che nel 1988 esorta a “favorire in ogni modo il successo del progetto politico di Craxi, verso un sistema bipolare in cui dialogano e si avvicendano al governo due schieramenti, uno riformista-innovatore, l’altro tradizionalista e moderato. Nel 1997, in un’ intervista dichiara che se la secessione di cui parla Bossi divenisse realtà, chiamerebbe a raccolta gli uomini della Resistenza, tutti, senza distinzione alcuna in una situazione del genere. A gennaio di quell’anno il piduista Berlusconi dichiara che “Edgardo Sogno è uno degli uomini che in Italia merita maggior rispetto e considerazione”….

 

Non appena aspirazioni e le idee contrarie

incominciano a penetrare nelle masse, tutto il sistema

del liberalismo borghese crolla come un castello di carte.

La sua umanità si trasforma in furore;

il suo rispetto dei diritti del prossimo,

il suo culto della libertà, cede il posto alla feroce repressione,

il liberalismo politico scompare e, non trovando in se stesso

né i mezzi né la forza necessarie per reprimere le masse,

fa largo alla dittatura militare.

M. A. Bakunin

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

 

Rsp (individualità Anarchiche)

 

I servizi segreti e il loro “modus operandi” …

I servizi segreti e il loro “modus operandi” ….

Martedì 6 settembre la repressione sbirresca, su mandato della Procura di Torino, con l’operazione “Scripta manent“, arresta una decina di anarchici in tutta Italia, per fatti avvenuti anni fa.

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Cosa devono coprire? Cosa ci stanno combinando gli sbirri?

Il movimento anarchico è, da sempre, oggetto di repressione da parte dello stato e dei loro cani da guardia, perché con le loro teorie e azioni, danno fastidio ai poteri forti ….

Come nel caso del compagno Giuseppe Pinelli, che morì il 15 dicembre 1969 precipitando da una finestra della questura di Milano, dove era stato trattenuto per accertamenti in seguito alla esplosione di una bomba in piazza Fontana. Il compagno Pinelli fu torturato, ucciso e usato come capro espiatorio per nascondere una strage di stato preparata e organizzata all’interno di un piano militare chiamato “Strategia della tensione” pianificata al convegno organizzato all’hotel Parco dei Principi di Roma dal 3 al 5 maggio 1965 dall’Istituto di studi militari Alberto Pollio.

Al convegno dove pianificarono anche la strategia della tensione, parteciparono personaggi legati al mondo anticomunista, in particolare militari di alto grado, imprenditori, politici, giornalisti, ed un gruppo di 20 studenti universitari (come bassa manovalanza) invitati (la maggior parte neofascisti). A quel convegno parteciparono l’élite industriale e militare cattofascista e i loro studenti leccaculo (successori dei partigiani bianchi) come: Enrico De Boccard, Eggardo Beltrametti, Vittorio De Biasi, Pino Rauti, Renato Mieli, Marino Bon Valsassina, Carlo De Risio, Giorgio Pisanò, Giano Accame, Gino Ragno, Alfredo Cattabiani, Guido Giannettini, Mario Merlino, Giorgio Torchia, Giuseppe Dall’Ongaro, Vanni Angeli, Fausto Gianfranceschi, Ivan Matteo Lombardo, Vittorio De Biasi , Dorello Ferrari, Osvaldo Roncolini, Pio Filippani Ronconi, Adriano Magi-Braschi, Eggardo Beltrametti…..

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Ora sappiamo che Pinelli aveva ragione quando quel giorno prima di essere ucciso, dichiarò, anche davanti agli sbirri, che la strage di piazza Fontana, era stata fatta dai servizi segreti dello stato, fatta per incolpare gli anarchici e creare allarmismo e repressione (terrorismo psicologico) e per attivare leggi repressive con la scusa dell’antiterrorismo…. e chiedere più sovvenzionamenti per il controllo sociale delle persone comuni, soprattutto quelle che gli danno fastidio perché toccano argomenti scottanti, ancora oggi top secret, nonostante questi documenti sono stati desegretati nel 1991…..

Gli sbirri dovrebbero vergognarsi di fare i santarelli sempre alla caccia del cattivo, visto il loro passato da terroristi di stato, racchiusi in nuclei clandestini, al soldo dello stato e della mafia, si muovevano in un contesto geopolitico sporco e lugubre, come ad esempio i “Nuclei clandestini dello stato”, nati nel 1966 e addestrati per infiltrarsi nei movimenti antagonisti sia di destra che di sinistra e coinvolti poi anche nel piano militare della strategia della tensione – stragi di stato ….

E’ ormai noto anche ai mass media, il coinvolgimento dei servizi segreti nei depistaggi sulle indagini, o di altre discutibili relazioni con ambienti e/o attività illegali, che causarono gravi conseguenze (naufragi) sulle inchieste giudiziarie per gli attentati dinamitardi di Trento, di piazza Fontana, di Brescia e dell’Italicus……

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I depistaggi dei servizi segreti verso gli inquirenti, si dimostravano con atteggiamenti di intimidazione, mediante divulgazioni di copioso materiale istruttorio — al fine di obbligare la magistratura a trascurare piste genuine (con strategie mafiose con ritrattazioni di “supertestimoni): la conclusione quasi inevitabile era il proscioglimento “per insufficienza di prove”…..

Da atti processuali risulta anche che il SIFAR collaborava con Ordine Nuovo, definita come “l’organizzazione che veniva sovvenzionata e sorretta dai servizi di sicurezza della NATO (Paesi fondatori che hanno aderito al patto anticomunista di stay behind e alla pianificazione militare della strategia della tensione: Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti).

Per quanto riguarda il caso Moro, vi fu uno stretto legame tra la banda della Magliana (che veniva usata dai i servizi segreti del SISMI per fare lavori sporchi) e il falso comunicato brigatista n° 7 che depistò le ricerche al lago della Duchessa, dove venne indagato anche Giuseppe Santovito, piduista e primo direttore dei servizi di informazioni militare…..

I servizi segreti italiani sarebbero stati coinvolti anche nell’inchiesta sugli attentati del Velabro e dei Georgofili (bombe del ’92 e ’93) e nell’attentato a Falcone ad Addaura in Sicilia, avvenuto il 21/6/1989 alle 7.30, dove trovarono 58 cartucce di esplosivo, di tipo Brixia B5. Ma non è finita qua, negli anni 2000, il SISMI (servizio segreto Italiano) venne coinvolto anche nel sequestro di Abu Omar, avvenuto a Milano nel 2003….

Nell’inchiesta giudiziaria sulla deportazione di Abu Omar, vennero alla luce un’operazione clandestinamente condotta dal SISMI in danno di Romano Prodi e Telecom Italia (scandalo Telecom-Sismi), giunta agli onori delle cronache nel 2006. Al contempo si delineò la prassi di seminare disinformazione nella stampa italiana mediante informatori prezzolati ed altresì quella del depistaggio della giustizia….

Sempre nel 2006 il SISMI fu coinvolto nello scandalo Nigergate, in cui agenti dell’intelligence militare inviarono al presidente USA George W. Bush falsi documenti, poi utilizzati come principale pretesto per l’invasione dell’Iraq. Infine, una perquisizione coordinata dall’autorità giudiziaria nella sede principale del SISMI, nell’agosto 2007, scoprì documenti dimostranti come tale agenzia avesse spiato, dal 2001 al 2006, vari magistrati europei che il SISMI giudicava portatori di “potenziale destabilizzante”. Erano oggetto di tale sorveglianza l’associazione Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés, come pure tre giudici francesi, tra cui Anne Crenier, già presidente dell’associazione di categoria Syndicat della magistrature, moglie del suo collega italiano Mario Vaudano, operante nell'”European Anti-fraud Office” (OLAF). A seguito di questi scandali, Niccolò Pollari si dimise nel novembre del 2006….

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Son passati secoli da quando si domandava Shakespeare, e ancora oggi noi ci domandiamo: ma con tutti questi controllori poi, chi controlla i controllori e i loro cani rabbiosi?

Stato, impresa, affari e mafia, producono povertà, servi dei servi di un potere sporco e occulto ….

Pezzi di merda, ipocriti, i terroristi siete sempre stati voi!!!

 

Solidarietà alle compagne e ai compagni colpiti dalla repressione sbirresca e giudiziaria del 6 settembre.

 

Tutti i governi, sedicenti liberatori, promisero di

smantellare le fortezze erette dalla tirannia per tenere

in soggezione il popolo;

ma, una volta insediati, lungi dallo smantellarle,

le fortificarono ancora meglio per continuare

a servirsene contro il popolo.

C. Cafiero

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Dalla Uno bianca alla volante sassarese; ma il mezzo preferito dalla PS è l’abuso di potere…

18 agosto 2016

Due poliziotti arrestati e quattro denunciati nell’ambito di un’inchiesta della procura di Sassari: per corruzione e peculato sono stati posti agli arresti domiciliari Gianluca Serra e Marco Fenu della Sezione Volanti della Questura sassarese. Altri quattro agenti sono indagati. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip Michele Contini su richiesta del sostituto procuratore Giovanni Porcheddu.

Una somma di denaro sparita durante una perquisizione domiciliare effettuata a Sassari nel 2014 sarebbe alla base dell’indagine che ha messo nei guai gli assistenti capo della polizia di stato Serra e Fenu, e dell’ispettore capo Pier Franco Tanca, accusato di falso in atto pubblico e false dichiarazioni al pubblico ministero. Ma l’indagine della Procura di Sassari, coinvolge anche altri quattro poliziotti oltre a Lorenzo Fiori, in carcere per corruzione, Marco Sanna, arrestato per tentata rapina aggravata e lesioni aggravate, e Fabrizio Pistidda, ai domiciliari con le stesse accuse di Sanna. Sarebbero coinvolti in una truffa ai danni di alcune compagnie assicurative.

Esempi di poliziotti come Serra e Fenu, purtroppo ne vediamo tutti i giorni, ma ora ci soffermeremo sui fratelli Savi e la loro banda, sulla loro particolare ferocia, e sui legami che gli hanno permesso di agire indisturbati per troppo tempo, sotto il nome di “Falange Armata”.

La banda della Uno bianca: sbirri mercenari che per 8 anni hanno terrorizzato l’Emilia-Romagna.

Una questura troppo inquinata quella di Bologna….

23 delitti senza movente. Rapine da pochi spiccioli per massacrare benzinai, zingari, extracomunitari, impiegati di banca, semplici testimoni. In attività tra il 1987 e fino all’autunno del 1994, commise 103 azioni delittuose, provocando la morte di 24 persone ed il ferimento di altre 102.

E’ il magistrato Giovanni Spinosa, presidente del tribunale di Teramo, già Pubblico Ministero delle indagini a Bologna sulla ‘banda della Uno Bianca’ che aggiunge un ulteriore pezzo del puzzle, non solo tracciando la storia della banda, ma in particolare analizzando l’origine di quella sigla, “Falange Armata”, che si è riproposta in più fasi nel corso della storia. “La sigla diventa famosa il 27/10/1990, sei mesi dopo l’uccisione di Mormile, quando essa stessa ha rivendicato l’omicidio -ha ricordato-. Da quel giorno la Falange Armata ha firmato le più gravi vicende che hanno insanguinato il nostro paese, comprese le stragi di Capaci e via D’Amelio. I delitti della Uno Bianca sono stati il suo trampolino di lancio quando vengono rivendicati i delitti della fase terroristica della stessa. Una sigla che va ben oltre a quanto dissero i fratelli Savi (soldatini psicopatici, burattini in mano ai servizi segreti). In quell’ottobre del ‘90 si apre un nuovo fronte. Si chiude un primo fronte carcerario per aprirne uno giudiziario, politico e finanziario”. “Sulla Falange armata -ha aggiunto- è importante porsi il problema del rapporto tra il falangista che rivendica e l’autore del delitto. E una chiave viene data dalle rivelazioni di quei pentiti che parlano delle riunioni di Enna in cui si stabilisce la strategia di attacco allo Stato con delitti da rivendicare a nome della Falange Armata. E lo stesso si rileva negli atti giudiziari della Uno bianca. Il terzo dei fratelli Savi, infatti, prospettò di far rivendicare dalla falange armata da un telefonista con accento tedesco certi delitti, come di sicuro lo ebbe la rivendicazione della strage Pilastro, o quello della strage di Capaci”.

Erano 15 agenti segreti super addestrati e sospettati di essere collegati con le bombe del 1993, e le telefonate della Falange Armata che partivano dalle sedi coperte del Sismi. La Falange Armata, l’oscura sigla criminale che nei primi anni ‘90 rivendicava ogni singolo fatto di sangue andato in onda nel Paese: dai delitti della banda della Uno bianca alle stragi mafiose del 1992 e 1993. Ma a più di vent’anni di distanza, emerge un particolare nuovo: quelle chiamate sarebbero state fatte dalle stessa zone in cui all’epoca il Sismi aveva localizzato le sue basi periferiche. A raccontarlo è l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, punta di diamante della diplomazia italiana negli anni ’80, al vertice del Cesis (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) tra il 1991 e il ‘93, oggi presidente della Ferrero. “C’era questa storia della Falange Armata e allora incaricai questo analista del Sisde, si chiamava Davide De Luca, gli chiesi di lavorare sulle rivendicazioni”, è l’incipit del racconto di Fulci, che dopo essere stato interrogato dai pm di Palermo Roberto Tartaglia e Nino Di Matteo nell’aprile del 2014, ha deposto al processo sulla Trattativa stato-mafia. “Dopo alcuni giorni De Luca venne da me e mi disse: questa è la mappa dei luoghi da dove partono le telefonate e questa è la mappa delle sedi periferiche del Sismi in Italia, le due cartine coincidevano perfettamente, e in più De Luca mi disse che le chiamate venivano fatte sempre in orario d’ufficio”, racconta Fulci nell’aula bunker del carcere Ucciardone, davanti alla corte d’Assise di Palermo, che ha messo sotto processo politici, boss mafiosi e ufficiali dei carabinieri per il patto segreto tra pezzi dello stato e cosa nostra. Ma perché pezzi del Sismi avrebbero dovuto rivendicare le stragi di mafia? Fulci non lo dice, spiega però di “essersi convinto che tutta questa storia della Falange Armata faceva parte di quelle operazioni psicologiche previste dai manuali di Stay Behind, facevano esercitazioni, creare il panico in mezzo alla gente e creare le condizioni per destabilizzare il Paese” (terrorismo psicologico: destabilizzare per stabilizzare il potere politico, economico, militare, liberal cattofascista).

Nel gergo militare si chiama guerra non convenzionale: una strategia che prevede anche l’inquinamento dei flussi informativi, per aumentare il livello di tensione (strategia della tensione). È a questo che servono le chiamate della Falange nei primi anni ’90, quando le stragi al tritolo sconquassano l’Italia?

Ma ritorniamo ancora a quel 27 ottobre del 1990, quando al centralino dell’Ansa di Bologna arriva una chiamata che rivendica l’omicidio di Umberto Mormile, educatore carcerario del penitenziario milanese di Opera, ucciso sei mesi prima.  “Il terrorismo non è morto, ci conoscerete in seguito” recita una voce al telefono: è la prima rivendicazione della Falange Armata, che arriva due giorni dopo il celebre discorso con cui Giulio Andreotti rivela alla Camera dei Deputati l’esistenza di Gladio, affiliata alla rete Stay Behind, l’organizzazione militare segreta costituita in ottemperanza al Patto Atlantico (strategia della tensione – stragi di stato….). Fulci durante la sua permanenza ai vertici del Cesis non riceve informazioni solo sulle telefonate della Falange, ma scopre anche che dentro la VII divisione del Sismi esiste un servizio speciale coperto composto da 15 agenti segreti super addestrati. “All’interno dei Servizi c’è solo una cellula che si chiama Ossi, che è molto esperta nel fare guerriglia urbana, piazzare polveri, fare attentati”, ha spiegato Fulci nella sua deposizione. Si riferisce agli Operatori Speciali Servizio Italiano, che un documento riservato del Sismi definisce come “personale specificatamente addestrato per svolgere in territorio ostile e in qualsiasi ambiente, attività di carattere tecnico e operativo connesse con la condotta della guerra non ortodossa” (La guerra non ortodossa non ha l’obiettivo di occupare fisicamente un territorio, bensì quello di essere uno strumento tattico volto a conquistare tanto il cuore e le menti dei civili residenti nell’area di operazioni, quanto quello di danneggiare le infrastrutture [civili e militari] delle potenze nemiche, tramite l’ausilio di azioni dirette, sabotaggi o rivolta civile. La guerra non ortodossa non esclude rapimenti, eliminazioni mirate, allestimento e supporto di strutture di resistenza clandestine di combattenti a fini rivoluzionari, contro-insurrezionali o di contro-guerriglia). ….

Nei due anni trascorsi al vertice del Cesis, Fulci riceve minacce di ogni genere, scopre addirittura di essere spiato nella sua stessa abitazione: chiede e ottiene, quindi, di avere tutti i nomi che fanno parte di quel reparto speciale…… “Li copiai su un foglietto che nascosi poi nella mia libreria, dicendo a mia moglie che se fosse successo qualcosa era lì che bisognava cercare: dopo aver lasciato l’incarico ed essere andato a New York alle Nazioni Unite provai a dimenticare quella brutta esperienza”.

E invece pochi mesi dopo avere lasciato l’Italia, Fulci si ricorda di quel foglietto con quei 15 nomi. “Dovete considerare -ha spiegato Fulci- che i servizi devono raccogliere informazioni, non utilizzare esplosivi e bombe, piazzare polveri e cose simili. Siccome avevo letto le notizie di queste bombe a Firenze e a Roma e i giornali facevano cenno ai soliti servizi deviati, mi dissi: questa cosa si può chiarire. Presi il foglietto e lo portai al generale dei carabinieri Luigi Federici spiegandogli: per essere certi che i servizi non c’entrano niente, questi sono i nomi delle persone che sanno maneggiare esplosivi all’interno dei servizi”. Ai 15 nomi, però, Fulci ne aggiunge un altro: quello del colonnello Walter Masina, che però non fa parte della VII divisione e degli Ossi. “Non avrei dovuto farlo ma volevo fargliela pagare, dato che Masina era quello che spiava la mia abitazione”. Cosa succede dopo che Fulci consegna quell’elenco ai carabinieri? “Mi accusarono di avere montato un depistaggio con gli americani”. Mentre la denuncia di Fulci cade nel vuoto, le stragi targate Cosa nostra finiscono all’improvviso, la I Repubblica è ormai crollata sotto il peso di Tangentopoli e parallelamente scompaiono pure le rivendicazioni della Falange. Un silenzio durato fino al dicembre del 2013, quando al carcere di Opera, a Milano, arriva una lettera indirizzata al superboss Totò Riina. C’è scritto: “Riina chiudi la bocca, ricordati che i tuoi familiari sono liberi, al resto ci pensiamo noi”. Sono i mesi in cui il boss corleonese si lascia andare a confidenze e rivelazioni durante l’ora d’aria, mentre la Dia di Palermo registra ogni cosa: un’informazione nota soltanto agli investigatori. Chi è dunque che manda quella lettera? La firma è sempre la stessa: Falange Armata……

La “Falange armata” quindi era una sigla che con le sue rivendicazioni metteva d’accordo tutti: cosche mafiose, cappucci deviati (massomafia), pezzi dei servizi segreti in combutta col peggiore lobbismo politico!!!

Il 7/8/2007 è stata chiusa l´inchiesta della procura di Genova sul DSSA, il Dipartimento di Studi Strategici Antiterrorismo, nato nel 2004 come un servizio segreto parallelo per controllare il terrorismo islamico…. Le procure di Genova e Milano ordinano 25 perquisizioni e l’arresto di Gaetano Saya, Riccardo Sindoca e dell’ispettore milanese Salvatore Costanzo. Il reato contestato: associazione per delinquere finalizzata all’usurpazione di funzioni pubbliche in materia di prevenzione e repressione dei reati.

Il DSSA nato con “finalità di monitoraggio e contrasto del terrorismo” dopo l’attentato dell’11/3/2004 a Madrid, si era rivelato in realtà una non trascurabile congrega di spie, neofascisti, poliziotti, carabinieri, ex-gladiatori e depistatori di professione, ultima creatura in ordine di tempo di un gruppo già attivo da qualche anno sotto la denominazione di “Destra Nazionale”. L’organizzazione, a sentire i promotori, venne fondata al fine di far rivivere il Movimento Sociale-DN di Giorgio Almirante, dopo il “tradimento” di Gianfranco Fini. L’allarme nacque in seguito all’annuncio della costituzione di fantomatici “Reparti di Protezione Nazionale”, con tanto di divisa (basco, camicia e giubbotti grigi, con cinturone nero), pronti ad entrare in azione, in caso di pericolo islamico (incentivando la guerra tra le religioni), a supporto delle Forze armate. Ma ciò che però aveva suscitato maggior inquietudine era che “Destra Nazionale” annoverasse fra i suoi massimi dirigenti ex-poliziotti o poliziotti in servizio presso importanti questure, come Milano, dove lo stesso coordinatore nazionale, Giuseppe Scarano, risultava svolgere attività di ispettore di PS all’interno di un commissariato. Il gruppo in definitiva sembrava fare da sponda politica ad un piccolo sindacato, ancora in formazione, di poliziotti dichiaratamente fascisti: l’”Unione Nazionale Forze di Polizia”.

Il gruppo di sbirri mercenari, aveva assunto come simbolo lo stemma della CIA, qualificando i propri aderenti come ex-agenti segreti, con un passato da “gladiatori”, in rapporti di collaborazione con la NATO ed il Mossad israeliano…….

L’impunito presidente di DN, Gaetano Saya, si vanta ancora oggi della sua appartenenza alla massoneria con il titolo di “Maestro venerabile della Loggia Divulgazione 1”…..

La carriera del DSSA non è stata contrassegnata solo da improbabili progetti o finti incarichi. L’accesso alla banca dati del Viminale, ma anche i rapporti coi vertici degli apparati di sicurezza, il SISMI in primo luogo, si sono dimostrati veritieri, come i contatti con importantissimi uomini politici, tra gli altri, il vice-premier Gianfranco Fini….

Nelle 130 pagine dell’ordinanza di conferma degli arresti domiciliari per Gaetano Saya e Riccardo Sindoca, i due massimi dirigenti del DSSA, emessa il 6/7/2007 dal Gip di Genova Elena Daloiso, si è testualmente scritto che ”la costituzione del Dipartimento studi strategici antiterrorismo (Dssa) è stata comunicata con nota riservata inviata al Presidente del Consiglio, al Ministro degli Interni, al Ministro della Difesa, al Ministro della Giustizia e ad altre autorità”. Qualcosa di più, dunque, di una innocua “banda di pataccari” come il Ministro degli Interni Giuseppe Pisanu ha teso a ridimensionare l’intera faccenda. Ancor prima che scoppiasse lo scandalo, sul primo numero di “News Settimanale”, in edicola il 20/5/2007 in un lungo servizio originato dalla pubblicazione di diversi fotogrammi di un video girato a Baghdad, dove Fabrizio Quattrocchi veniva ritratto nella sua attività non di “bodyguard da discoteca”, ma di “agente contractor” nel corso di “una missione coperta” volta a “combattere i terroristi”, si è presentato il DSSA come “una rete invisibile contro il terrore”, definita nel gergo dei mercenari come “la Dottoressa”, presente in Irak in operazioni ad alto rischio con “mezzi in dotazione alle forze militari presenti in quel teatro” e ”permessi governativi” rilasciati dal “dipartimento della Difesa degli Stati Uniti”.

Sui numeri successivi del settimanale si è anche rivelato come il video in questione fosse stato girato da un agente del DSSA e che Riccardo Sindoca, in due occasioni diverse, si fosse premurato di annunciare in anticipo alla redazione di “News Settimanale”, evidentemente utilizzato come canale privilegiato, la liberazione sia di Giuliana Sgrena che di Clementina Cantoni.

Questo intreccio tra neofascisti e forze militari e dell’ordine non è nuovo. Viene da lontano: dall’immediato dopoguerra e dalle trame della “strategia della tensione”. Ma anche in anni più vicini a noi, ben dopo lo stesso scandalo della Loggia P2 (1991), le cronache si sono dovute interessare a vicende analoghe, quasi tutte ritenute a torto poco credibili, finite nel dimenticatoio o senza significative conclusioni giudiziarie: dalla Falange Armata, attiva nei primi anni ’90 come agenzia minatoria tesa ad alimentare un clima di tensione con lettere, bossoli spediti e telefonate minacciose, promossa da ufficiali della Settima divisione del SISMI, al presunto “golpe”, sullo sfondo di un traffico internazionale di armi, denunciato nel 1993 da Donatella Di Rosa, moglie di un tenente colonnello le cui rivelazioni costrinsero comunque a rivedere la catena di comando dell’esercito italiano troncando la carriera ad altissimi graduati, al “Progetto Arianna” nel 2000, un’organizzazione antidroga clandestina costituita a Latina da appartenenti alle forze dell’ordine, per finire ai recentissimi “Elmetti Bianchi”, una fondazione a carattere internazionale alimentata soprattutto da ex-poliziotti, spuntata a lato del caso Telekom-Serbia, animata in Italia da un neofascista assai conosciuto per i suoi trascorsi in organizzazioni eversive e nella massoneria.

Ma molti si saranno certamente anche dimenticati della cosiddetta “Legione Brenno”, nata in coincidenza con lo scoppio della guerra serbo-croata per difendere la “nuova frontiera dell’occidente minacciata”, venuta alla luce solo nel 1998, seguendo le orme di un sanguinoso conflitto a fuoco con agenti di polizia tre anni prima a Marghera. La “Legione Brenno” si era ispirata ai cavalieri di antichi ordini religioso-militari come i Templari, si scoprì presto essere stata fondata da alcuni ex-carabinieri interessati al business della sicurezza e dell’assoldamento di milizie private nelle guerre in corso. Esattamente come il DSSA….

E’ in corso da tempo una guerra senza esclusioni di colpi all’interno degli apparati di polizia e dei servizi segreti italiani per assicurarsi posizioni di comando, nella prospettiva della costituzione di una sorta di “superpolizia” e di un’unica centrale di intelligence per gestire meglio il business (militare –geopolitico) miliardario che c’è dietro all’anti- terrorismo…. La partita riguarda anche il loro controllo da parte del partito “americano” in Italia. I contrasti tra il SISMI e la CIA legati all’esecuzione di Calipari, al caso del fallito attentato l’autunno scorso all’ambasciata italiana a Beirut e al rapimento a Milano, all’inizio del 2003, dell’egiziano Abu Omar, sono tutte tappe di questo conflitto. Non è da escludere che anche la vicenda del DSSA coi suoi misteri sia parte di questo scontro.

In un’intervista ad agosto 2007 , sempre a “News Settimanale”, Gaetano Saya ha raccontato della presenza di uomini del DSSA all’interno del SISMI, degli appoggi e delle collaborazioni scambiate, ha svelato l’indirizzo di sedi coperte del servizio a Roma, di essere a conoscenza di chi sparò a Giorgiana Masi e a Carlo Giuliani, di quanto realmente accaduto a Calipari, ad Abu Omar e ai sequestrati italiani in Irak. Forse vanterie, forse minacce concrete. Fatto sta, che il silenzio è calato! tutti zitti !!!! muti ….

E noi popolazione civile, senza aureole, trofei o medaglie, siamo ancora qua a raggranellare frammenti di verità, dietro quelle tante ingiustizie sociali che accaddero in quel periodo oscuro e ambiguo dell’Italia nella strategia della tensione, per affrontare le ingiustizie sociali di oggi, con più consapevolezza, che ci aiuta anche a gestire e non essere gestiti dalla nostra rabbia…

 

Sono le false sembianze di amministratore

della cosa pubblica, di difensore della legge,

di presentatore dell’ordine, lo Stato non è invece

che il gendarme proposto alla sorveglianza

di istituzioni stabilite per mezzo della violenza,

sistematicamente organizzata.

S. Faure

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro cani feroci

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Recinti, gas Cs, crudeltà disumane, infarti e cocaina…

Questa che vi raccontiamo è una storia sporca, circondata da filo spinato, immersa nella nebbia chimica dei lacrimogeni, una storia di violenza, repressione e recinzioni, di gerarchie, interessi personali e persone senza scrupoli, di fascisti, sessisti, sbirri e cocainomani.

7 agosto 2016

Il sovrintendente capo della polizia di stato di Genova, Diego Turra, 52 anni, è morto per un infarto durante una manifestazione organizzata dal movimento No borders che difende i diritti dei migranti e la loro libera circolazione prevista dalla costituzione italiana (trattato di Schengen)…. Il movimento No borders lotta contro la militarizzazione del territorio e contro gli abusi di potere che gli sbirri fascisti sfogano quotidianamente contro la povera gente immigrata, indifesa e senza diritti.

A proposito, quel fetentone del presidente della Regione Ligure Giovanni Toti il giorno dopo l’infartino dello sbirro, ha voluto appesantire di più il problema (terrorismo psicologico-strategia della tensione) dichiarando ai mass media: ” A Ventimiglia servono agenti e pugno duro, basta perdere tempo”. Il presidente forse non sa che sono gli sbirri che si comportano illegalmente abusando di potere, attaccando coi lacrimoceni al Cs, (considerati armi chimiche, a lungo termine danneggiano polmoni, fegato e cuore…) contro gli emigranti che arrivano via mare, ammassati come animali su gommoni precari, che rischiano di morire prima di arrivare alla meta stabilita, mentre le mafie si arricchiscono seguendo le antiche rotte degli schiavisti.

Ci sono delle persone che, non per loro volontà, stanno fuggendo dalle loro terre. Vogliono essere trattate da liberi cittadini del mondo, e non da esseri inferiori da rinchiudere in recinti, schedare e umiliare. Loro vogliono solo oltrepassare le Alpi, non vogliono mica rimanere qua in Italia, perché sanno che siamo ignoranti, razzisti, ipocriti, bastardi, mafiosi e morti di fame, e che stiamo sempre dalla parte del più forte e dei suoi cani da guardia (bestie in divisa che usano la violenza e la sopraffazione), perché come indole siamo dei codardi, adulti rimasti scemi, ancora convinti di lavarci la coscienza andando tutte le domeniche a messa.

Ma gli sbirri senza cervello (perché abituati a obbedire senza pensare), i cani feroci dello stato massomafioso, difendono, militarizzando il territorio (strategia della tensione), una legge insensata che prevede, una volta identificati, che gli immigranti debbano rimanere in quel Paese e non permette loro di transitare da uno stato che non vuole nemmeno essere terra di passaggio per altri paesi più accoglienti.

https://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio

La Storia ci insegna che l’uomo ha dovuto girare il mondo per scappare dalle guerre, dai genocidi e dalla miseria, per cercare fortuna insomma. L’essere umano ha sempre sentito il bisogno di viaggiare anche per sentirsi realizzato e accettato come risorsa umana, alla ricerca di un posto dove valga la pena vivere, senza ingiustizie e senza classi sociali.

Prima di dirgli ‘poverino’ allo sbirro morto, che se avesse lavorato in agricoltura, avrebbe fatto un lavoro molto più utile e dignitoso, andiamo ad analizzare le porcherie che hanno reso tristemente famosa la questura di Genova e i suoi pulotti sbirromafiosi col vizietto della cocaina, rischiando di sminuire le mafiosate del generale Ganzer a Bergamo ….

Nel 2009 sono stati fermati 11 spacciatori: due di loro erano poliziotti. Durante un’indagine della procura di Genova è stato accertato un traffico di due etti di cocaina a settimana. Nel corso dell’inchiesta sono stati segnalati alla prefettura almeno 15 poliziotti in servizio presso la questura di Genova per uso di cocaina…….

I poliziotti indagati e arrestati a febbraio 2009 avevano lavorato a Milano, Asti, Lodi, Novara, Mondovì e Genova, trafficando sempre in cocaina. I magistrati sono sempre più convinti che gli agenti abbiano goduto di una rete di connivenze. Non un complotto da parte di cittadini al di sopra di ogni sospetto. Piuttosto, la semplice condivisione del consumo di droga, pratica che dalle testimonianze raccolte sembra diffusa tra i colleghi degli agenti arrestati.

Massimo Pigozzi per esempio è un agente cocainomane che nel luglio 2008 era stato condannato a tre anni e due mesi per i fatti avvenuti durante il G8 nella caserma di Bolzaneto. Aveva «strappato» la mano di un no global, divaricandogli le dita fino a lacerare pelle e legamenti. Nel 2007 era stato arrestato con un’altra accusa. Insieme ad alcuni suoi colleghi avrebbe violentato tre prostitute straniere nelle guardine della questura genovese. I magistrati decidono di fare intercettazioni sull’utenza dell’agente che abitualmente era di turno con lui. Dall’ascolto delle telefonate emergono riferimenti a festini a base di cocaina. Ad organizzarli è uno spacciatore, Luca Schenone, che rifornisce decine di poliziotti. Due di questi acquirenti, gli agenti Morgan Mele e Stefano Picasso, decidono di mettersi in proprio, organizzando una rete che aveva clienti in molte questure del Nord Ovest…..

I comportamenti illegali di questo gruppo di agenti mostrano una scelta di campo netta. «Venererò quello spacciatore fin che vivrà» dice Mele, consapevole dell’abbruttimento dovuto alla droga. “Non riesci a pisciare, dormire, mangiare e ti innervosisci diventando violento. E non ci vedi, cazzo”. Quando Picasso viene fermato dai carabinieri mentre sta sniffando fuori da una discoteca, decide di prendersi una pausa dal lavoro in questura e simula una malattia, ingannando il medico. Un poliziotto dichiara le sue intenzioni: «Voglio bruciarmi completamente». Il collega lo ammonisce a non portare un amico considerato non adatto: «Non vorrei che morisse lì, e poi ci tocca anche buttarlo nella spazzatura». Medici pronti a dare lastre false per simulare incidenti, armi illegali, depilazioni integrali e ripetute per aggirare i controlli. La sensazione di impunità che permette di fare progetti folli. «Facciamo come i colleghi arrestati a Brescia» dice l’agente Mele. Si riferisce ad una banda di carabinieri e vigili urbani che rapinava extracomunitari. ……

Vi ricordate chi era quello psicopatico cocainomane di Mario Placanica? Il carabiniere ausiliario che durante il G8 di Genova, nel 2001, sparò a Carlo Giuliani uccidendolo (o meglio: per proteggere il capo della polizia de Gennaro si è autoaccusato lui di omicidio), a maggio di quest’anno ha minacciato il suicidio sulla sua pagina Facebook. Scrive Placanica, senza punteggiatura: “Gli zingari mi hanno fatto perdere due macchine una Tiguan ed una Chevrolet la Tiguan mi hanno raggirato gli zingari del quartiere Pistoia di Catanzaro (drogandomi e dicendomi che mi avrebbero dato i soldi o un altra macchina) ed in quel periodo ero indagato e non si è degnata la Procura di Catanzaro farmela riavere, la Chevrolet mi hanno messo sotto pressione gli zingari dell’Aranceto quartiere di Catanzaro assieme ad uno noto alle forze dell’ordine Maurizio Masciari perche avevo un debito di droga di 900euro e minacciato da lui più volte l’ho dovuta vendere ma gli do i soldi, HO PERSO IL LAVORO NEL 2014 PER COLPA DELLA COCAINA, MI SONO DISINTOSSICATO ho riavuto la patente ed ora mi ritrovo senza macchina e non posso portare a scuola il figlio”…..

Dieci anni dopo la condanna in appello contro gli imputati della “macelleria messicana” del G8 di Genova, le vittime dei tre giorni di “sospensione della democrazia” non verranno risarcite …..

Il 5 marzo 2010, da una corte presieduta da Maria Rosaria d’Angelo, con Roberto Settembre giudice a latere, la sentenza aveva confermato tutte le accuse del verdetto di primo grado, dichiarando però il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per 28 imputati, mentre ha confermato la sentenza di primo grado a carico di altri quattro. Tra i primi, spicca l’allora vice-capo della Digos Alessandro Perugini, filmato mentre sferrava una micidiale ginocchiata in faccia un quindicenne già sanguinante e gonfio di botte. Tra quelli per cui la sentenza di primo grado è stata confermata, invece, c’è l’assistente capo Massimo Pigozzi che, afferrata una mano di Giuseppe Azzolina, uno degli arrestati, ne aveva divaricato le dita sino a lacerarla. Richiamandosi alla legge 3/11/1988 n° 498 con cui l’Italia ha fatto propria la convenzione contro la tortura (firmata a N.York il 10/12/1984) il giudice Settembre scrive (contro l’opinione dei difensori degli imputati) che il termine tortura indica “qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti a una persona dolore o sofferenze fisiche o mentali, al fine di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei … qualora tali sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale o su sua istigazione o con il suo consenso…”.

Secondo il giudice infatti, rientrano sotto questa categoria gli atti commessi all’interno della caserma di Bolzaneto. Ecco alcuni passaggi delle motivazioni della sentenza, che raccontano ciò che accadde quella notte: “Insulti e percosse all’arrivo degli arrestati”, “l’imposizione di ‘posizioni vessatorie’”, “il passaggio tra due ali di agenti che percuotevano con schiaffi e calci, ingiuriavano e sputavano”, il fatto di costringere gli arrestati a “stare in ginocchio col viso alla parete per 10,18 o 20 ore”, anche se feriti, le “percosse al corpo compresi i genitali, con le mani coperte da pesanti guanti di pelle, o coi manganelli…”, “l’uso di sostanze urticanti nelle celle”, gli “insulti a sfondo sessuale, o razzista o le minacce di percosse o di morte o di stupro” , “la costrizione a pronunciare frasi lesive della propria dignità inni al fascismo, al nazismo e alla dittatura di Pinochet”.

Possibile che gli sbirri siano così ignoranti da non sapere che i lacrimogeni al Cs, dei quali spesso abusano sono, a lungo termine, cancerogeni?

Secondo lo United States Army Center for Health Promotion and Preventive Medicine, il CS rilascia “fumi molto tossici” quando viene scaldato e decomposto, e in particolari concentrazioni è un pericolo immediato per la salute. Coloro i quali sono stati esposti al gas CS riscaldato dovrebbero sottoporsi immediatamente a controlli medici.

Il gas CS fa parte dell’equipaggiamento delle forze di polizia italiane dal 1991, con il DPR n. 359 del 5 ottobre 1991, (Regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell’armamento in dotazione all’amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della polizia di stato che espleta funzioni di polizia), il quale all’articolo 12, comma 2, recita: “gli artifici sfollagente si distinguono in artifici per lancio a mano e artifici per lancio con idoneo dispositivo o con arma lunga. Entrambi sono costituiti da un involucro contenente una miscela di CS o agenti similari, ad effetto neutralizzante reversibile”.

L’uso del CS in guerre internazionali è stato definitivamente vietato nel 1997 con l’entrata in vigore della convenzione sulle armi chimiche di Parigi, firmata nel 1993. Il gas resta comunque legale in diversi stati ad uso esclusivo delle forze di polizia per motivi di ordine pubblico…..

Il gas lacrimogeno CS è stato usato in grandi quantità contro i manifestanti, anche durante il G8 di Genova…..

Nell’ottobre 2010 invece il “Legal Team Italia” denunciò l’eccessivo uso del gas contro la popolazione che manifestava per la chiusura della discarica di Terzigno.

Il Gas Cs è stato usato massicciamente dagli sbirri anche contro il movimento No Tav in Val di Susa, fin dal 1998 quando, tra i vari crimini, lo stato pianificò la morte di due ribelli, due giovani anarchici chiamati Sole e Baleno. La brutale violenza delle forze del disordine durante gli scontri con gli attivisti No TAV che manifestavano contro la devastazione ambientale del proprio territorio, causata dalla costruzione della ferrovia Torino-Lione (business miliardario massomafioso dell’alta velocità) non avevano un senso, se non quello di sperimentare e imporre al territorio una dittatura militare …..

In particolare, nella sola giornata del 3 luglio 2011, furono lanciati in totale dalle forze dell’ordine 4357 lacrimogeni (Polizia solo Reparti Mobili: 2157, Carabinieri 2000: Guardia di Finanza: 200)……

Ma non finisce qua: stiamo analizzando chi erano quelli della Uno bianca e chi erano quelli della Falange armata (sbirri mafiosi appartenenti ai nuclei clandestini dello stato, stay behind, gladio, i veri autori delle stragi di stato).

Noi abbiamo visto coi nostri occhi le violenze e le sopraffazioni, le bastardate degli sbirri contro i più deboli, ed è per questo che noi odiamo da sempre, per sempre, le forze del disordine!!!

Intanto auguriamo a tutti un buon ferragosto! Proviamo per un giorno a fare la vita del michelasso: mangiare, bere e fare un casso; magari leggere un buon libro col proprio amore “mon amour”, per noi Anarchici utopisti e sognatori, (quando siamo tristi) questo è un modo per ricaricarci e non farci trovare impreparati alla prossima lotta…

 

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

https://noborders20miglia.noblogs.org/

 

Bella Ciao – Documentario Censurato dalla RAI sul G8 a Genova

https://www.youtube.com/watch?v=heelKH24q2k

 

La legge, generata dalle maggioranze,

è la causa di tutti i nostri mali e la negazione assoluta

dell’integrità personale e della libertà umana

a beneficio di un gran numero

di imbecilli e di una minoranza di furbi

(R. Mella)

 

Cultura dal basso contro i poteri forti e i loro fottuti servi

 

Rsp (individualità Anarchiche)

3° valico: un opera da 6,2 miliardi che fa gola alla politica imprenditoriale massomafiosa…

 

3° valico: un opera da 6,2 miliardi che fa gola alla politica imprenditoriale massomafiosa…

Il 19 luglio ci sono stati 42 arrestati per associazione a delinquere di stampo mafioso e concorso esterno con la ‘ndrangheta passando per la corruzione e l’intestazione fittizia di società. Gli arresti sono avvenuti in Calabria, Lazio, Liguria, Piemonte e in altre regioni del Nord Italia ed erano affiliati alle cosche reggine Raso-Gullace-Albanese di Cittanova e Parrello-Gagliostro di Palmi. La ‘ndrangheta ha sostenuto a spada tratta anche il movimento “Si Tav“.

In questo business di interessi miliardari, al centro ci sono anche gli interessi delle cosche della Piana di Gioia Tauro nel settore del movimento terra (per le ‘grandi opere’…)e delle sale giochi (per il tempo libero degli operai…).

Anche il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco D’Agostino (eletto nel Pd nel 2014 con la lista “Oliverio presidente”) è stato indagato (in stato di libertà) nell’inchiesta Alchemia. Francesco D’Agostino era l’uomo di fiducia del clan mafioso Raso-Albanese”. L’indagine della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria è partita dal monitoraggio di alcune ditte che operano nel movimento terra nell’area del Savonese e si sono poi allargate. Nel business miliardario per la costruzione della Tav è stato beccato anche il senatore Antonio Caridi, di Gal. Il giudice per le indagini preliminari, ha ritenuto che i reati commessi dal senatore Antonio Caridi, fossero assorbite dall’ordinanza emessa nell’operazione Mammasantissima che ha svelato la cupola che governa la ‘ndrangheta. Oltre al senatore Caridi, è stato arrestato anche il deputato Giuseppe Galati di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, indagato anche lui per corruzione aggravata dalle modalità mafiose…

A marzo di quest’anno la procura di Firenze annunciava ai mass media che le Grandi opere, tra cui Tav e Terzo Valico, sarebbero oggetto di un giro di tangenti, o meglio di un “articolato sistema corruttivo”, emettendo un ordine di carcerazione per 4 persone, tra cui Ercole Incalza, dirigente al ministero delle Infrastrutture dei Trasporti…

L’inchiesta è partita dagli appalti per l’Alta velocità nel nodo fiorentino. Le indagini si sono poi allargate a tutte le più importanti tratte dell’Alta velocità del centro-nord Italia.

L’esecuzione dei provvedimenti ha interessato le province di Roma, Milano, Firenze, Bologna, Genova, Torino, Padova, Brescia, Perugia, Bari, Modena, Ravenna, Crotone e Olbia. Tra le figure chiave dell’inchiesta c’è anche l’oscuro ‘imprenditore massomafioso Stefano Perotti, responsabile della società Ingegneria Spm, a cui sono stati affidati incarichi di direzione lavori per la realizzazione di diverse “Grandi opere”, ferroviarie ed autostradali tra le quali figurano:

– la linea ferroviaria alta velocità Milano – Verona (tratta Brescia – Verona), conferiti dal Consorzio CEPAV DUE;

– il Nodo TAV di Firenze per il sotto attraversamento della città, conferiti dal Consorzio NODAVIA, aggiudicatario dei lavori;

– la tratta ferroviaria alta velocità Firenze Bologna, conferiti dal Consorzio CAVET, aggiudicatario dei lavori;

– la tratta ferroviaria ala velocità Genova – Milano Terzo Valico di Giovi, conferiti dal Consorzio COCIV, aggiudicatario dei lavori;

– l’autostrada Civitavecchia – Orte – Mestre, conferiti dal Consorzio “ILIA OR – ME, aggiudicatario dei lavori;

– l’autostrada Reggiolo Rolo – Ferrara, conferiti dalla Autostrada Regionale Cispadana spa;

– l’autostrada EAS EJDYER – EMSSAD in Libia, conferiti da Anas International Enterprise spa.

Secondo la magistratura, il sistema deviante di mammasantissima, avrebbe “sfruttato” la vigente normativa, contenuta nel Codice degli Appalti, che affida al general contractor l’esecuzione dei lavori e la loro direzione, affidando di fatto al committente tutto il percorso: dalla progettazione alla realizzazione.

Politici e funzionari dell’agenzia delle Entrate (mammasantissima) fanno affari d’oro con la ‘ndrangheta del Nord Italia….

Ma la presa per il culo più grossa avviene quando il 19/5/2014 Marco Rettighieri, dirigente di Italferr, sostituisce Angelo Paris, responsabile dell’Expo di Milano e arrestato per la devastante tangentopoli attorno al grande evento mondiale…..

Ma chi è l’avvoltoio massomafioso Marco Rettighieri?

Marco Rettighieri è stato direttore di Ltf, la società della Torino-Lione, (tunnel geognostico di Chiomonte) per fare business ha ingaggiato la Cmc di Ravenna perché aveva come garante il massone Primo Greganti, pagato con consulenze fittizie per giustificare le elargizioni di denaro in cambio del suo impegno “diplomatico” a favore della potente (raccomandata dai vertici della massomafia) cooperativa rossa di Ravenna…..

La Cmc si è buttata nel business del maxi-appalto più contestato d’Italia, per il tunnel esplorativo per la Torino-Lione che parte da Chiomonte.

Insomma un’ intreccio di potere tra i soliti noti imprenditori e i partiti (massomafia – mammasantissima), che come avvoltoi decidono le grandi opere e i grandi eventi per spolpare più denaro pubblico possibile.

L’assurdo è che l’Europa (in tempi di crisi sociale) elargirà all’Italia meno di mezzo miliardo di euro per una infrastruttura da 20 miliardi, la cui “tratta internazionale” – estesa soprattutto in territorio francese – sarà in realtà addebitata all’Italia per quasi il 60% della spesa. Nonostante tutto questo marciume, questi massoni politici spregiudicati senza morale ne etica, hanno avuto la sfrontatezza di chiedere al tribunale di Torino di imporre il pagamento di 1,4 milioni di euro al movimento No Tav, a titolo di risarcimento per i disordini causati dalla violenza degli sbirri e dai fumogeni, (considerati armi chimiche) usati dagli sbirri per annientare il movimento. 53 militanti No-Tav sono finiti sotto processo, per aver difeso la Valle da speculazioni economiche e disastri ambientali a danno dei cittadini locali in gran parte povera gente che ha vissuto lavorando la terra e rispettando l’ecosistema, che gli dava da mangiare.

In Italia, ovviamente, al danno si aggiunge la beffa…..

L’ex magistrato inquirente Ferdinando Imposimato che fino a ieri se ne fregava dei problemi della gente che abita nella val di Susa, oggi invece davanti all’evidenza dei fatti, fa delle dichiarazioni (in ritardo) ai mass media: “la nostra alta velocità si è finora rivelata una gigantesca truffa, una ‘fabbrica di tangenti’ anche in odore di mafia, con i maxi-appalti affidati a irraggiungibili ‘general contractor’ che poi non controllano i lavori, relegandoli alla opaca filiera dei subappalti, dove i costi lievitano giorno per giorno. E’ il regno delle imprese delle cosche, che poi il lavoro lo affidano (a prezzi stracciati) senza garanzie di sicurezza, ai ‘padroncini’ sfruttati”.

La Corte dei Conti dopo le dichiarazioni fatte dall’ex magistrato inquirente Ferdinando Imposimato, fa sapere che in media, l’alta velocità italiana è costata 3-4 volte più di quella francese, e i costi finali sono saliti anche di 8 volte rispetto alle previsioni iniziali.

Il vero motivo reale per cui si vuole realizzare a tutti i costi la maxi-infrastruttura più inutile d’Europa sarebbe l’incremento sproporzionato del debito pubblico (ricatto economico geopolitico)….

I “mandanti” dell’operazione? Le banche innanzitutto, di fronte a cui passerebbero in secondo piano la potente “casta” politica Pro-Tav (massomafia –mammasantissima), poi ci sono gli interessi e le speculazioni di Confindustria e persino le infiltrazioni dell’ultimo gradino della massoneria cioè la mafia, considerata in pole position nell’aggiudicazione “a cascata” degli appalti faraonici.

Chi eredita l’affare del secolo è prima di tutto la finanza, a cui lo stato ricorre per la costruzione dell’opera e per il mantenimento. Per la sicurezza nel 2012, (senza che sia ancora stato impiantato il cantiere, a Chiomonte) la “militarizzazione” del sito è costata 27 milioni di euro!!!

Insomma Politici e funzionari dell’agenzia delle Entrate e alti gradi delle forze dell’ordine (massomafia – mammasantissima) ci sguazzavano a fare affari con la ‘ndrangheta del Nord Italia….

Il risultato finale di tutte queste porcherie le pagano gli abitanti della Valle che si ritrovano militarizzati

(repressione) e costretti a respirare sostanze cancerogene come: amianto, uranio e polveri sottili….

Insomma, un mega business miliardario che danneggia l’equilibrio e l ’ecosistema della val di Susa.

Ma il rischio maggiore, secondo un tecnico della Regione Piemonte è il “passante” attorno alla città di Torino che taglierebbe la falda idropotabile che serve un milione di abitanti.

La militarizzazione e la repressione hanno creato in Valle una dittatura militare per sopprimere il movimento No tav, con la violenza e la sopraffazione, ma gli abitanti stessi si sono organizzati sul territorio e non solo, formando un unico movimento contro i poteri forti e quindi contro tutte le nocività, dalla Sicilia al Friuli, passando per Atene…

Mamammasantissima cos’è?

Coltello e Pistola = Squadra e Compasso. [raffigurazione di Enzo Patti tratta da p.56 di "Osso, Mastrosso e Carcagnosso", di Vincenzo Macrì, edito da Rubettino]

E’ un legame occulto tra ‘ndrangheta e settori dello stato, all’interno di logge massoniche. Perché è lì che capi della ‘ndrangheta e giudici si incontrano.

Il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro racconta: «Capimmo che, se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica, avremmo potuto interloquire direttamente ed essere rappresentati anche nelle istituzioni». Un ingresso che inizia a far data dalla fine degli Anni ‘70: mentre in precedenza da un lato c’era la ‘ndrangheta e dall’altro la massoneria, dopo la fine della I guerra di mafia in Calabria, le due cose iniziano a compenetrare una nell’altra.

Lo stesso Lauro spiega la figura di questi invisibili massoni: «All’orecchio è quello che viene tramandato verbalmente da capo-loggia a capo-loggia. Ed infatti, per alcune professioni (e una di queste è sicuramente la magistratura), questo tipo di appartenenza è quello usuale per non consentire che il “fratello” sia esposto alla pubblicità esterna».

Crescono lì i nuovi boss dai nomi che ancora oggi comandano: De Stefano, Piromalli, Iamonte, Mammoliti, Libri e Araniti…..

«Se, prima, ‘ndrangheta e massoneria erano prossime», prosegue Lauro, «in quel frangente la ‘ndrangheta entrava nella massoneria e fondamentale è il dato che […] le famiglie ‘ndranghetistiche ebbero una rappresentanza diretta in seno alle istituzioni».

Una rappresentanza diretta incarnata da due personaggi col compito di raccordo: Paolo Romeo e Giorgio De Stefano. Mammasantissima poteva contare anche sull’appoggio di magistrati vicini all’organizzazione.

Il primo a parlarne fu lo stesso Lauro, che tirò in ballo nomi pesanti dei tribunali reggini, tra cui l’allora procuratore generale di Catanzaro Francesco Madera e Michele Neri, cancelliere e fratello dell’allora pg di Reggio, Guido, deceduto 11 anni fa.

Recentemente è emerso il caso di Vincenzo Giglio, ex giudice al tribunale di Reggio Calabria che, da presidente della sezione prevenzione, dirottava anche i beni confiscati ai vari amministratori giudiziari.

La procura di Milano gli aveva contestato il favoreggiamento nei confronti del clan Valle-Lampada: è stato poi condannato a 4 anni e 5 mesi.

Con lui fu arrestato un altro giudice, Giancarlo Giusti, che si suicidò in carcere dopo la condanna a 4 anni di reclusione.

Anche tra la magistratura, dunque, sarebbe presente una quota di quei “riservati” che fa la fortuna della ‘ndrangheta….

La massoneria quindi intesa come luogo di incontro (per giochi sporchi) di colletti bianchi, politici, magistrati, forze dell’ordine. Ma soprattutto esponenti della mafia e della ‘ndrangheta….

 

Ne’ dio ne’ stato ne’ servi ne’ padroni,  fuori la massomafia e mammasantissima dai coglioni !!!

W l’Anarchia (l’unica via), il sogno e l’utopia …..

 

Rsp (individualità Anarchiche)

Le infiltrazioni e le ideologie cattoliche nelle Br

Le infiltrazioni e le ideologie cattoliche nelle Br

 

Nell’autunno del 2015 Duccio Berio fu ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta.

Ma chi era Duccio Berio?

Duccio Berio, passato attraverso l’esperienza del dissenso cattolico e della protesta studentesca di Trento, ripiega in Francia agli inizi degli anni ‘70, dove è coinvolto nella fondazione della Scuola parigina di lingue Hyperion (da molti ormai ritenuta una “centrale” del terrorismo internazionale), strinse rapporti con l’Abbé Pierre (figura carismatica del cattolicesimo francese, negli anni ‘80 ispiratore della “dottrina Mitterand”). L’Hyperion fu fondato a metà degli anni ’70 dal borghese infame Corrado Simioni (studioso di teologia cattolica a Monaco di Baviera, nel ‘66-‘67 è il fondatore e il leader dei centri Rousseau).

Duccio Berio dichiarò davanti alla commissione che non c’entrava niente col caso Moro e tutto il resto, lui personalmente non ha mai conosciuto Tony Negri, Franco Piperno, Scalzone sì, poi rivelò un particolare importante per capire chi c’era al disopra delle Brigate rosse che tirava le fila della trame geopolitiche massoniche, occulte: “Mio padre era un massone: 33° grado…..

Duccio Berio in una lettera al suocero Malagugini responsabile del PCI per i problemi dello stato, gli rivelò di essere un informatore del servizio segreto militare italiano (SID).

Berio negli anni ‘70, faceva parte del Superclan, un livello ancora più segreto delle Br. Il “Superclan” (Superclandestino) era una specie di “setta” che aveva la sua base a Milano e il loro capo era Corrado Simioni, ex socialista amico di Bettino Craxi, dirigente della Mondadori, personaggio enigmatico e dalle mille relazioni ambigue.

L’audizione davanti alla commissione è stata più proficua di quanto lasciano apparire le spiegazioni minimaliste di Berio: ad esempio, è interessante un suo lontano ricordo, quando venne avvicinato da un agente del Sid (“un certo Ballini”) che gli propose, già nel 1972, di fare l’infiltrato all’interno delle Br che andavano organizzandosi. Quando poi la commissione gli chiese se conosceva Senzani lui rispose: “Giovanni Senzani? Mi pare fosse un estremista di destra”. …

I fondatori delle Br organizzano per la 1° volta un convegno a Chiavari nel novembre 1969, e un altro a Pecorile nell’Agosto 1970.

Il 9/8/1970 a Pecorile (Reggio Emilia) Termina il convegno, iniziato il 4 agosto, che sancisce la fine dell’esperienza di Sinistra proletaria. Al convegno di Pecorile si fatica a gestire i troppi scazzi interni e le pesanti ambiguità, quindi si formano 2 gruppi: nel 1° c’era il gruppo dell’appartamento formato da Curcio, Franceschini e la Cagol, mentre il 2° era formato da quel borghese infame di Corrado Simioni insieme a Vanni Mulinaris, Duccio Berio, Mario Moretti, Prospero Gallinari, Innocente Salvoni e la moglie Françoise Tuscher, segretaria dell’Hyperion, nonché nipote dell’Abbé Pierre. Sono loro, gli adepti di Simioni che decidono di fondare il Superclan, una nuova struttura super clandestina, con la volontà di egemonizzare e coordinare le varie organizzazioni terroristiche su scala internazionale.

Ma chi erano quelli dell’appartamento di Reggio-Emilia?

Targa d'onore Gian Guido Folloni

Il gruppo dell’appartamento di Reggio-Emilia era molto eterogeneo, vi era perfino l’associazione cattolica “One Way”, i cui leader erano i fratelli Folloni, uno dei quali, Gian Guido, sarebbe diventato direttore dell’Avvenire, senatore democristiano e nel 1998 ministro nel governo di Massimo D’Alema. Poi c’erano alcuni giovani democristiani (tra cui Adriano Vignali e Pierluigi Castagnetti), tutti fedeli all’ambiguo ipocrita altoborghese Corrado Corghi, figura carismatica del mondo cattolico emiliano….

Franceschini frequentava anche lui quelli del Gruppo dell’appartamento, composto dal collettivo politico operai-studenti….

Ad unire i futuri brigatisti con questi cattolici del dissenso sarebbe stato il terzomondismo ed il rifiuto totale del capitalismo e della società dei consumi.

A frequentare ‘l’appartamento’ c’era anche Ivan Maletti che, nel 1978 girava l’Italia con la copertura legale della rivista “Nuova Polizia”…..

Ma ritorniamo a quella merdina borghese cattocomunista di Corrado Corghi!! Corghi era stato esponente di spicco di Azione cattolica, dalla quale era uscito, alla fine degli anni ‘40, in polemica con la linea d’intransigente anticomunismo seguita da Luigi Gedda…

Dopo aver ricoperto incarichi dirigenziali nella Democrazia cristiana, nei primi anni ‘60 divenne ambasciatore itinerante per il vaticano in America latina, dove raccolse molte testimonianze sull’incontro tra cattolici e marxisti e dove intrecciò diverse relazioni con esponenti dei movimenti di guerriglia. La sua casa a Reggio Emilia divenne, così, il luogo d’incontro tra giovani cattolici e comunisti, dove si tenevano conferenze sulla lotta armata in America latina, in Medio oriente e nel Sud Est asiatico. Corghi ricoprì un ruolo ambiguo nella preparazione ideologica dei giovani studenti e nella formulazione della strategia di lotta armata a Reggio Emilia. Corghi nel 1974 avrebbe fatto da tramite nella trattativa tra il vaticano e le Br per la scarcerazione del giudice Mario Sossi….

Il “gruppo dell’appartamento” di Reggio Emilia e quello milanese (Simioni e Curcio) che ruotava attorno al giornale Sinistra proletaria, si fecero così assidui che i due gruppi finirono per fondersi sotto la sigla comune di “Sinistra Proletaria”….

Il Partito comunista Italiano aveva un atteggiamento ambivalente: controllava quei giovani studenti e lavoratori che si erano allontanati dalla Fgci, li spiava e poi passava le informazioni alla questura….

I rapporti tra Simioni e gli altri due fondatori delle Br (Curcio e Franceschini) non durarono a lungo. Il santone, che incitava a compiere stragi e omicidi politici quando le Br si limitavano ancora a piccole azioni di “propaganda armata”, venne quasi subito accusato di essere un “fascista provocatore” e venne allontanato dal movimento…

A questo punto Simioni e i suoi adepti si trasferirono in blocco in Francia. Nel frattempo, nel 1974, Curcio e Franceschini vennero arrestati a Pinerolo da un cattolico: Silvano Girotto (nella foto), meglio conosciuto come Frate Mitra, figlio di un maresciallo dei carabinieri, ex legionario, ex frate francescano missionario in Bolivia, ed ex guerrigliero italiano in Cile, dove fu tra i fondatori del Movimento di Sinistra Rivoluzionaria. E il loro posto ai vertici dell’organizzazione venne preso dall’ ambizioso ambiguo Mario Moretti e dal contadino esaltato Prospero Gallinari, esponenti dell’ala dura con idee molto simili a quelle del ‘Superclan’.

Le merde altoborghesi esaltate e ambigue, coi loro servi leccaculo, fondarono l’Hyperion a Parigi nel 1976, (precedente nome Agorà), al civico 27 di Quai de la Tournelle come scuola di lingue da Giulia Archer, convivente di Corrado Simioni, fondatore del Collettivo politico metropolitano (Cpm), gruppo progenitore delle Brigate rosse. Uno dei nomi usati dalla struttura era anche ”la Ditta” o ”le zie rosse”. Hyperion, non solo era il “cervello politico” delle Br che da Parigi impartiva ordini ai capi militari in Italia, ma addirittura una centrale logistica a sostegno dell’intera rete del terrorismo europeo e mediorientale.

Hyperion aveva relazioni con alcuni paesi comunisti dell’Est (Rdt e Cecoslovacchia) e con settori della guerra psicologica legati ai servizi segreti della Gran Bretagna….

Dotti, l’ex partigiano cattocomunista direttore della Terrazza Martini di Milano, era lui che esaminava e approvava i “questionari” con le domande di ammissione alle Br ideati da Simioni.

Mentre esaminava le domande di ammissione alle Br, Roberto Dotti lavorava anche per il monarchico Edgardo Sogno, l’ex partigiano bianco legato ai servizi segreti del Soe britannico che, nel 1970, iniziò a progettare un “golpe bianco” per bloccare la politica di avvicinamento tra Dc e Pci.

Le ambiguità della storia delle Br e di Corrado Simioni, cominciarono nel settembre del 1969 quando il collettivo politico Metropolitano tenne un convegno  a Chiavari ospitati da Savina Longhi, l’ex segretaria di Manlio Brosio, ambasciatore italiano e dal 1964 al 1971 segretario generale della NATO….[nella foto dell’ottobre 1960 a New York. Da sinistra: Manlio Brosio (ambasciatore d’Italia negli Stati Uniti), Gaetano Martino (ministro degli Affari Esteri), Antonio Segni (presidente del Consiglio), Egidio Ortona (rappresentante permanente presso l’ONU) e Carlo Straneo]

Il convegno di Chiavari  fu organizzato nei locali dell’albergo Stella Maris, di proprietà della curia vescovile. Al convegno vi parteciparono Renato Curcio, e la moglie Margherita “Mara” Cagol (allora delegata del Collettivo Politico Metropolitano, poi morta in uno scontro a fuoco coi carabinieri), Mario Moretti e i ragazzi del movimento studentesco Gs (Gioventù Studentesca) provenienti dalle fila di Azione Cattolica e di Potere Operaio. Al convegno vi parteciparono marxisti-leninisti e anche i cattolici progressisti (o cattolici del dissenso) della componente cattolica di Franco Troiano che proveniva dall’ambiente da cui sarebbe nata Comunione e Liberazione. I cattolici del dissenso (entrarono in clandestinità in Francia e fondarono Hyperion), sensibili alle tematiche terzomondiste erano formati in due gruppi di Giovani studenti e Giovani lavoratori, in cui militava gente come Maurizio Ferrari e Arialdo Lintrami, Giorgio Semeria, Giulia Archer, e l’allora suo fidanzato, Sandro D’Alessandro. E infine il gruppo dei tecnici della Sit-Siemens, di cui faceva parte l’ambiguo Mario Moretti. Curcio e Simioni erano i due punti di riferimento all’interno del Cpm..

Un particolare non da poco: Mulinaris, Berio e Simioni erano vecchi amici di Renato Curcio…..

Curcio si scontrò coi suoi vecchi amici solo quando Franceschini (che è sempre stato malfidente nei confronti del perfido borghese Corrado Simioni) gli fece aprire gli occhi, davanti all’evidenza dei fatti successi quando Simioni propose a Mara Cagol di partecipare all’attentato di Atene, ma lei si rifiutò e racconto tutto a Curcio che allora era il suo compagno di vita. In quell’attentato morirono 2 persone a causa dell’ordigno esploso prima del tempo, e il timer (Lancaster) era lo stesso che usarono per uccidere Feltrinelli

Fanceschini fece aprire gli occhi a Curcio e gli concesse la possibilità di essere finalmente coerente con gli ideali per cui stavano lottando…

L’inchiesta italiana del giudice Rosario Priore, con l’ipotesi di aver costituito in Francia una banda armata operante su territorio estero, finì però per confluire in quella veneziana del giudice Carlo Mastelloni, che aveva inquisito Simioni, Mulinaris e Berio per reati più gravi, tra cui un traffico di armi con le Br e l’Olp. Tra gli imputati figuravano anche Abu Ayad, capo dei servizi di sicurezza di Al Fatahe, alti ufficiali dei servizi segreti italiani, tra cui i generali Nino Lugaresi, Pasquale Notarnicola e Giulio Grassini. Il processo veneziano si concluse nel 1990 con un’assoluzione generale di tutti gli imputati compresi i generali piduisti.

L’Hyperion era una struttura di riferimento per organizzazioni come OLP, IRA, ETA e BR e avevano rapporti coi servizi segreti della CIA, KGB e Mossad….

Hyperion era un punto d’incontro tra i servizi segreti delle nazioni contrapposte nella Guerra Fredda, necessario nella logica di conservazione degli equilibri derivanti dagli accordi di Yalta. Hyperion quindi sarebbe stato un mezzo per azioni comuni contro eventuali sconvolgimenti dell’ordine di Yalta. Proprio la politica di apertura al PCI attuata da Moro, poteva considerarsi una minaccia degli stessi equilibri politici (patto Atlantico) consolidatisi fino a quel momento.

Sei mesi prima del sequestro Moro Hyperion aprì due sedi, a Roma e a Milano e le richiuse un mese dopo…..

Moro fu ucciso perché durante la sua prigionia, nel memorandum rivelò che cosa erano i nuclei clandestini dello stato ma soprattutto rivelò un segreto internazionale (Gladio) che anticipò la sua condanna a morte. La gladio nel 1978 era ancora top secret, un segreto militare geopolitico,  desegretato solo nel 1991. …

I brigatisti uccidendo Moro (inconsapevolmente?) fecero il gioco sporco dell’anticomunismo di Stay behind ….……

L’Infiltrato. Il PCI e la lotta alle BR. Intervista a Vindice Lecis

http://confini.blog.rainews.it/2016/07/17/linfiltrato-il-pci-e-la-lotta-alle-br-intervista-a-vindice-lecis/

 

Bisogna pure che la verità venga su dai tuguri

poiché dall’alto non vengono altro che menzogne.

Louise Michel

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

Rsp (individualità Anarchiche)

Il colpo di stato in Turchia, la guerra fredda e l’ambiguità di Erdogan

Il colpo di stato in Turchia, la guerra fredda e l’ambiguità di Erdogan

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Nella serata del 15 luglio 2016 alcuni reparti dell’esercito turco attuano un colpo di stato per rovesciare il governo: vengono occupati dai soldati i maggiori centri urbani, carri armati stazionano ad Ankara e Istanbul. Il golpe tuttavia si risolve nel giro di pochissime ore, Erdoğan, in fuga sull’aereo presidenziale, interviene tramite videoconferenza in una trasmissione televisiva della CNN turca, incitando il popolo a resistere e a scendere in piazza. La polizia, fedele al governo eletto democraticamente, comincia ad arrestare alcuni dei militari che partecipano al golpe, mentre gli altri girano i mezzi corazzati e abbandonano il terreno senza alcuna velleità, sopraffatti dalla folla civile che avanza, urlando slogan di supporto al governo in carica. Le prime analisi politiche internazionali dell’evento, non escludono che si sia trattato di una messa in scena, attuata dal governo in carica per rafforzare il proprio potere. Il ministro degli Interni, nei giorni seguenti, fa arrestare circa 6000 persone, tra militari e magistrati, minacciando di punire duramente (anche con la pena di morte) coloro che hanno partecipato al presunto golpe.

Ma ripassiamo un po’ di storia

Sorta dopo la I guerra mondiale sulle ceneri dell’Impero ottomano, la Turchia fu dominata negli anni ‘20 e ‘30 dalla figura di Kemal Atatürk che voleva occidentalizzarne i costumi. Il paese appare ancora oggi percorso da forti tensioni politiche tra due fazioni; le cui cause riguardano l’indipendentismo curdo e il fondamentalismo islamico.

Abitato sin da epoche remote, il territorio dell’attuale Turchia fece parte di potenti formazioni politiche, tra cui gli imperi persiano, romano e bizantino. A partire dal 13°-14° secolo, divenne il nucleo centrale dell’impero ottomano, che durante l’Età moderna conobbe una straordinaria espansione in Asia, in Africa e nella stessa Europa. Entrato progressivamente in crisi nel 19° secolo, l’Impero ottomano si dissolse all’indomani della I guerra mondiale (1914-‘18), a cui aveva partecipato a fianco della Germania e dell’Austria-Ungheria. Fu nel quadro di questa dissoluzione, sancita dal Trattato di Sèvres del 1920, che nacque la moderna Turchia. Dopo aspri scontri (in particolare coi Greci) i confini del nuovo stato furono fissati nel 1923. Nello stesso anno fu proclamata la repubblica, di cui divenne presidente Mustafà Kemal. Kemal Atatürk rimase al potere sino alla sua morte nel 1938. Sotto la sua guida, l’Islam cessò di essere religione di stato e fu promossa l’emancipazione delle donne, alle quali venne concesso nel 1934 il diritto di voto. Furono avviati un intenso processo di industrializzazione sotto la direzione dello stesso. Dopo la morte di Atatürk, la Turchia rimase neutrale per gran parte della II guerra mondiale (1939-‘45), schierandosi infine, negli ultimi mesi del conflitto, al fianco delle potenze alleate. Membro della nato dal 1952, nel 2° dopoguerra il paese strinse forti legami con gli Stati Uniti.

L’instabilità è stata ulteriormente alimentata dai contrasti con la Grecia per il dominio su Cipro e dalla questione dell’indipendentismo dei Curdi, i quali, stanziati principalmente in un’ampia regione della Turchia (ma anche in Iran, Iraq, Siria, Armenia e Azerbaigian), sono stati sistematicamente oppressi dalle autorità turche. La ribellione da parte di alcune formazioni politiche curde ha provocato feroci repressioni da parte del governo.

Nella guerra successiva all’invasione irachena del Kuwait (1990-‘91), la Turchia si è schierata a fianco degli Stati Uniti e dell’Onu.

In controtendenza rispetto all’originario progetto di occidentalizzazione e di secolarizzazione promosso da Kemal Atatürk, nell’ultimo periodo la Turchia ha conosciuto una significativa rinascita di tendenze islamizzanti, soprattutto sul piano sociale e culturale, ma con significativi effetti a livello politico. Per quanto riguarda la politica estera, i rapporti tra la Turchia e gli Stati Uniti si sono almeno in parte deteriorati in relazione alla guerra americana in Iraq (2003). Una vicenda assai complessa e tuttora aperta è quella dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea, che ha sollevato molteplici obiezioni in Europa e nella stessa Turchia. Dal 1960 fino al 2016 in Turchia ci sono stati 5 colpi di stato militare.

Il 27/5/1960 un gruppo di 37 giovani ufficiali militari turchi che agirono al di fuori della catena di comando dello stato maggiore e orchestrato dal colonnello Alparslan Türkeş realizzarono un colpo di stato militare contro il governo democraticamente eletto del I ministro liberale Adnan Menderes. Nelle successive elezioni dell’ottobre 1961 il Partito Popolare Repubblicano aveva prevalso con il 36,7% precedendo i conservatori del Partito della Giustizia. Il 20 novembre İsmet İnönü venne chiamato a guidare un governo di coalizione come nuovo I ministro, mentre Cemal Gürsel mantenne la carica di presidente della repubblica. Il 12/3/1971, i capi delle forze armate, guidati dal generale Faruk Gürler, presentarono un memorandum al presidente Sunay in cui si esigeva l’installazione di un “governo forte e autoritario”. Questo avvenimento fu chiamato il “colpo di stato del memorandum“. Dopo la consultazione con Gürler e gli altri capi delle forze armate, Sunay chiese a Nihat Erim, un professore universitario e centrista del CHP, di formare un governo di “unità nazionale, al di sopra delle parti” che attirasse il sostegno dei principali partiti. Erim guidò il primo di una serie di deboli gabinetti che governarono la Turchia fino alle elezioni dell’ottobre 1973. Una sessione congiunta della Grande Assemblea Nazionale fu convocata nel marzo 1973 per eleggere un successore al Presidente Sunay. Molti osservatori avevano ipotizzato che il generale Gürler, la cui candidatura godeva dell’aperto sostegno delle forze armate, sarebbe stato eletto senza un’opposizione.

L’AP (partito Liberale) nominò Tekin Ariburun, presidente del Senato, per opporsi Gürler. Dopo 7 scrutini, Gürler e Ariburun si ritirarono. Quando il termine di Sunay il 28 marzo ebbe fine, Ariburun, nella sua veste di presidente del Senato, divenne presidente. Il 6 aprile, deputati e senatori della Grande Assemblea Nazionale elessero come presidente Fahri Korutürk al 15° scrutinio. Il nuovo presidente, 70 anni, ammiraglio in pensione che aveva servito come membro indipendente del Senato dal 1968, aveva un legame diretto con Atatürk, il quale gli aveva conferito il nome di Korutürk: “Proteggere i turchi”. La conseguenza più importante delle elezioni del 1973 fu che il Partito Democratico e il MSP mantennero l’equilibrio di potere nel parlamento, e divenne improbabile che qualsiasi coalizione di governo potesse essere formata senza la partecipazione di uno o di entrambi. I politici del Partito democratico risentivano fortemente dell’ingerenza dei militari. Il MSP era guidato da Necmettin Erbakan, che era stato il leader del partito reso illegale, Ordine Nuovo. L’MSP fu considerato come una riedizione del partito ottomano, autoritario e conservatore con un nome diverso. L’asse portante della politica dell’MSP fu il ripristino della legge e la pratica islamica in Turchia. Il partito ottenne anche un miglioramento delle relazioni con altri paesi musulmani e meno affidamento sull’Occidente, ma fu anche ardentemente anticomunista. L’MSP sostenne tra l’altro l’elezione diretta del presidente e il rafforzamento dell’autorità esecutiva. Infine si oppose alla politica economica liberale, favorita dalla AP, e sostenne nel contempo il diritto alla proprietà privata.

Verso la fine del 1974, 4 dei 5 partiti di centro destra nella Grande Assemblea nazionale – AP, MSP, MHP, PRR – formarono un blocco di opposizione, chiamato Fronte Nazionale.

Verso la fine degli anni ’70 la scena politica era sempre più frantumata e un lento sviluppo dell’economia portarono al crescere di violenze tra gli ultranazionalisti e comunisti. Così nel 1980 un nuovo colpo di stato del Generale Kenan Evren riprese il controllo della situazione e nel giro di 2 anni il potere fu ridato nelle mani dei civili.

Il sistema politico fu governato allora dal partito unico di Turgut Özal, Partito della Madrepatria, che combinò un programma autoritario di sviluppo economico insieme a valori tradizionali. Furono fatte delle riforme amministrative contro il terrorismo che portarono all’instaurazione dello stato di emergenza (stato di polizia) nel 1983 e allo stabilimento nel 1985 delle guardie di villaggio, milizie locali paramilitari che dovevano combattere contro il PKK, un gruppo indipendentista curdo. Dal luglio 1987, il sud-est del paese fu dichiarato zona di emergenza, condizione che è andata avanti fino al 2002.

Le elezioni dell’ottobre 2002 portarono al potere il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), inaugurando un lungo regime di potere repressivo e autoritario guidato dal suo leader Recep Tayyp Erdogan. Il quale rivinse la maggioranza nelle elezioni nel 2007 e nel 2011. Nelle elezioni del giugno 2015 perse per la prima volta la maggioranza assoluta con l’ingresso del partito HDP, rappresentante dei curdi, e pertanto la possibilità di attuare riforme costituzionali per la trasformazione della Turchia in repubblica presidenziale, come caldeggiato da Erdogan; dopo vani colloqui per la formazione di una coalizione di governo, la Turchia tornò alle urne nel novembre del 2015, dove l’AKP tornò ad avere la maggioranza assoluta. Il sistema della soglia di sbarramento (una severa soglia, poiché comprendente perlomeno il 10%) e di conseguenza le libertà concesse ai Ministeri hanno portato alla rivolta dei “Giovani Turchi Due“. L’ausilio della polizia per contrastare manifestazioni pacifiche è stato adottato da Erdoğan, ma (anche grazie alla strumentalizzazione della religione) fino al 2013 non portò a scontri violenti o di larga scala. Scontri violenti tra polizia e civili manifestanti, scoppiarono in merito alla decisione governativa di abbattere un parco di Istanbul (Gezi Park). Le manifestazioni furono sempre condotte pacificamente dai Giovani Turchi, ma portate alla violenza dall’ausilio inappropriato della polizia da parte del Governo (la stessa UE accusò l’adozione di strumenti, quali gas lacrimogeni e acqua modificata chimicamente, in merito alle manifestazioni). Così la Turchia perse l’appoggio dell’UE, ma anche delle nazioni Medio-orientali che, fino a quel momento, non vedevano che un punto di riferimento da seguire, sia per l’economia che per la democrazia. Erdogan proibì a chi si ribellava di manifestare per mezzo dei social network e di Internet in generale il loro pensiero sulla situazione attuale, specialmente impossibile pubblicare immagini o video riguardanti le manifestazioni. I partiti d’opposizione parlano di censura, ma Erdogan replica: “È un mezzo di tutela per la privacy”. E non replica, però, sul fatto che molti dei suoi sostenitori si uniscano alle fila della polizia, manganelli alla mano e sassi pronti al lancio, contro i manifestanti.

La Turchia era, ai tempi della guerra fredda, il pilastro orientale della Nato. Oggi è una ambiziosa potenza regionale che persegue obbiettivi suoi spesso contrastanti tra loro: ha aiutato sottobanco la crescita dell’Isis comprando il suo petrolio e lasciando passare in Siria migliaia di foreign fighters; appoggia gli integralisti musulmani nemici dell’Occidente. Nella guerra di Siria, tratta come nemici i Curdi, che l’Occidente considera invece i suoi miglior alleati contro il Califfato….. Ha abbattuto un aereo russo, rischiando di scatenare una crisi dagli esiti imprevedibili.

Teniamo presente che dopo essersi fatto eleggere capo dello stato, in vista di una modifica della Costituzione in senso presidenziale che gli permetterebbe di governare fino al 2023, Erdogan travalica i suoi poteri continuando a comandare tramite ministri a lui asserviti…… È arrivato ad asserire di non riconoscere l’autorità della Corte costituzionale. Ha ripreso a perseguitare la minoranza curda (il 15% della popolazione). Conduce una spietata campagna contro la libertà di stampa, ha avviato una progressiva islamizzazione del Paese, riducendo i diritti delle donne. Un quinto dei suoi cittadini ammette di avere simpatie per l’Isis.

Erdogan era convinto che finanziando le orde fondamentaliste dell’Isis potessero dilagare in Siria ed Iraq, consegnandogli in poco tempo su un piatto d’argento importanti fette di tali stati e consentendogli di instaurare un rapporto di vassallaggio con lo stato islamico, aspirando a contendere all’Arabia Saudita il ruolo di protettore e leader delle destre sunnite di tutta l’area medio-orientale.

La resistenza delle forze curde dell’Ypg (Unità di Protezione Popolare) e dell’Ypj (Unità di Protezione delle Donne) a Kobane, il contrattacco del Pkk nel Sinjar, la formazione nelle zone difese dall’attacco terroristico di milizie popolari non solo kurde, ma di varia origine etnica e religiosa, hanno scompaginato i suoi piani. Parallelamente si è trovato di fronte all’affermazione elettorale del partito di sinistra, egemone nelle zone curde, Hdp (Partito Democratico del Popolo), per contrastare la quale ha fatto ricorso in tutti i modi all’arma del terrorismo di stato (terrorismo psicologico), ottenendo un certo risultato alle elezioni di novembre.

Ma l’ambiguo Erdogan mentre intensifica i genocidi nei confronti della popolazione civile armena e curda, chiede perdono alla Russia per l’abbattimento dell’aereo sukhoi in territorio siriano, e fa la pace con Israele per paura di perdere l’appoggio economico dell’occidente. Il regime dittatoriale di Erdogan è l’altra faccia dell’Europa indebolita dal Brexit (l’uscita dell’Inghilterra dall’Europa).

Anche in Italia abbiamo avuto 5 colpi di stato e facevano parte dei piano militare della strategia della tensione.

La strategia (anticomunista) della tensione in Italia fu pianificata al convegno dell’Istituto Pollio dal 3 al 5 maggio 1965 all’Hotel Parco dei Principi di Roma. La strategia della tensione fu una strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici (stragi di stato), volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario (stato di polizia – colpo di stato).

Il terrorismo di stato, pianificato dai Servizi segreti italiani ed internazionali, è eseguito da strutture armate occulte (Mar, Gladio, Rosa dei Venti, Supersismi – Doppiosid ecc…) e dalla destra estrema più sensibile alle scorciatoie del golpismo, lobby segrete, gruppi di dominio corrotti, centrali economiche preoccupate del cambiamento, complicate alleanze dove sfumano e si mescolano le differenze tra legalità e illegalità, tra corpi dello stato e criminalità, tra fenomeni spontanei ed altri abilmente infiltrati e manovrati.

I colpi di stato furono organizzati e sovvenzionati dal potere politico economico militare della fazione piduista democristiana cattofascista (Dc: governo Andreotti, Cossiga) sovvenzionato dall’anticomunismo atlantico e furono fatti per costringere l’ala della sinistra democristiana (Dc: governo Moro) a rimanere in opposizione, evitando così che entrasse a governare il potere politico economico e militare dello stato repubblicano:

1964: il Colpo di stato militare chiamato Piano Solo” è stato organizzato dal gen. De Lorenzo, l’emblema del potere di condizionamento che, per lunghi anni, i servizi segreti in particolare e, più in generale, i corpi armati dello stato hanno esercitato sulla fragilità della politica italiana. Un colpo di stato che riuscì a bloccare il progetto di profonde riforme strutturali avviato con il primo esperimento italiano di governo di centro-sinistra…. Alla base di tutto, una pianificazione militare che doveva essere attuata “solo dai carabinieri” (da qui il nome di Piano Solo), comandati dal gen. Giovanni De Lorenzo, che tra il 1955 e il 1962 era stato ai vertici del SIFAR, il servizio segreto delle Forze Armate…. Un piano che prevedeva l’arresto e la deportazione di uomini politici di sinistra e sindacalisti, l’occupazione delle prefetture, di sedi di partito, della RAI, delle redazioni di alcuni giornali, oltre che l’acquisizione del potere da parte dei militari. Il colpo di stato fu attuato per ricattare e frantumare in pezzi il primo governo organico di centro-sinistra formato da democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani e presieduto da Aldo Moro…..

1970: il Colpo di stato chiamato Golpe Borghese fu organizzato dal principe Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas il vero capo del complotto; il generale a riposo dell’aeronautica Giuseppe Casero; il maggiore della polizia Salvatore Pecorella. Il colpo di stato prevedeva oltre all’occupazione dei ministeri della Difesa e dell’Interno, della sede della RAI, degli impianti telefonici e quelli di telecomunicazione, anche la mobilitazione totale dell’Esercito. Tutto, insomma è pronto, comprese le liste delle personalità politiche e sindacali da arrestare. Eppure il Golpe Borghese fallisce. Lo stesso principe nero riceve una telefonata da un misterioso generale (Gelli) che ordina la sospensione del colpo di stato…. La magistratura corrotta farà di tutto per insabbiare l’inchiesta giudiziaria e per trasformare il Golpe Borghese in un Golpe da operetta… Il colpo di stato in questione sarebbe stato appoggiato anche da Luciano Liggio, Gaetano Badalamenti e Stefano Bontate, ovvero dai vertici mafiosi del tempo….

Anche il Golpe Borghese fu organizzato per ricattare ed escludere il governo democristiano di centrosinistra dal potere (politico economico, militare) statale.

1973: Il colpo di stato Rosa dei Venti organizzato dal generale Spiazzi, in collaborazione con ufficiali della gerarchia militare Nato. Spiazzi avrebbe ricevuto l’ordine di mettersi dapprima in contatto con due imprenditori liguri, e poi di recarsi a prendere ordini successivi presso la cosiddetta Piccola Caprera, un luogo sul lago di Garda considerato un sacrario fascista. La telefonata in questione, proveniente da una caserma dei carabinieri di Vittorio Veneto, era stata inviata dal maggiore Mauro Venturi, colui che successivamente sarebbe stato preposto ai Centri CS (cento sperimentale di controspionaggio) di Roma (i CS sono stati impiegati anche nel colpo di stato del 2001 a Genova per reprimere il movimento di opposizione ai G8 e ai poteri forti…).

L’organizzazione segreta Rosa dei Venti è di stampo neofascista ed è collegata con ambienti militari della Nato. L'”organizzazione” istituita dal “Supersid” o “Sid parallelo” sarebbe nata contestualmente all’aborto del colpo di stato Piano Solo. l'”organizzazione” era «parallela alla struttura dei servizi segreti “I” ufficiale ed è sempre stata un’organizzazione in funzione anticomunista

“Il 17/5/1973, la bomba ananas lanciata da Gianfranco Bertoli (il cane fedele di Mario Merlino) ha ucciso 4 persone e ferito molte altre dinanzi alla Questura di Milano, in Via Fatebenefratelli. E’ certo ormai il collegamento fra l’autore materiale del fatto e i congiurati padovani della Rosa dei Venti e l’ambiente ordinovista veneto”…..

1974: il colpo di stato chiamato Golpe Bianco, fu un colpo di stato di stampo liberale e presidenzialista in Italia, promosso da ex partigiani antifascisti e anticomunisti (partigiani bianchi antifascisti che si sono infiltrati nella lotta di classe negli anni ‘70). Il colpo di stato cattofascista fu fatto per ostacolare, nell’ambito della guerra fredda contro l’Unione Sovietica, l’ascesa del Partito Comunista Italiano o di altri gruppi comunisti, e realizzare una repubblica semipresidenziale come quella autoritaria di Charles de Gaulle in Francia…. Il Golpe Bianco fu organizzato dal partigiano bianco (monarchico liberale) Edgardo Sogno (ex PLI) e il repubblicano Randolfo Pacciardi.

19, 20, 21 luglio 2001: il colpo di stato attuato durante il summit dei G8 a Genova (in questi giorni varie iniziative ricordano il 15° anniversario) è stato organizzato dai servizi segreti italiani, con la partecipazione delle forze armate, sovvenzionati dai paesi anticomunisti aderenti alla rete paramilitare di stay-behind. In questi giorni si registra ufficialmente la morte di un manifestante, Carlo Giuliani, per mano delle forze del disordine, e centinaia tra feriti, arrestati e torturati.

G8: STRATEGIE DI COLPO DI STATO:

https://informazioneconsapevole.blogspot.it/2011/07/g8-strategie-di-colpo-di-stato-per-la.html

Stato di polizia: Al G8 del 2001 ci fu una sospensione dei diritti umani (dittatura militare)

 

Tutti i giorni, sedicenti liberatori, promisero di

smantellare le fortezze erette dalla tirannia per tenere

in soggezione il popolo;

ma, una volta insediati, lungi dallo smantellarle,

le fortificarono ancora meglio per continuare

a servirsene contro il popolo.

C. Cafiero

 

Cultura dal basso contro i poteri forti

 

Rsp (individualità Anarchiche)

G8 del 2001: strategie di golpe per la sicurezza europea

G8 DI GENOVA: STRATEGIE DI COLPO DI STATO PER LA SICUREZZA EUROPEA

Oggi è il 15° anniversario del summit organizzato dal Gruppo degli Otto abbreviato in G8, (attualmente, in seguito alla sospensione della Russia, G7) è un potere economico politico di otto governi della Terra: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, e Russia, attualmente sospesa.

Cos’è accaduto a Genova durante il vertice dei G8 del 2001? Cosa c’è di misterioso, d’irrisolto in una manifestazione di piazza di ampie dimensioni, attaccata e dispersa dalle forze dell’ordine? Il governo di centrosinistra fece la riforma dell’arma dei carabinieri (legge 78/2000), concedendole più poteri e autonomia (stato di polizia – dittatura militare), accentuando le rivalità tra polizia e carabinieri (e quindi anche l’escalation militare e “durista”). Il ministro della giustizia era Oliviero Diliberto. La risposta sta proprio in ciò che a Genova è accaduto; l’oggetto misterioso, è quindi la gestione dell’ordine pubblico in Italia, con le sue degenerazioni nel 1° anno del XXI secolo. Ma è possibile che sia bastato che facesse la sua comparsa un movimento d’opposizione, trasversale, non organizzato, non parlamentare, con ramificazioni internazionali, fondamentalmente caratterizzato dal pacifismo, ma forte e radicato, perché la gestione dell’ordine pubblico in Italia tornasse a mostrare il volto di sempre, il volto della repressione più dura, becera e sfrenata della strategia della tensione!!?? E’ bastato che un nuovo movimento invadesse le piazze perché i corpi dello stato tornassero a sparare, a caricare, a malmenare, violando il diritto costituzionale di manifestare il proprio dissenso.

La stagione del 1968 vide bloccare con gli scontri nelle piazze, ma soprattutto con le bombe e le stragi, la crescita e la maturazione di un movimento studentesco e la sua possibile alleanza con un solido movimento operaio impegnato in un autunno di rivendicazioni non solo salariali. Nove anni dopo, un nuovo movimento, del tutto diverso dal precedente, subì la stessa fine: il movimento del ’77, l’ultimo tentativo d’aggregazione politica giovanile di massa in Italia, fu sconfitto con l’identico sistema: la repressione più indiscriminata, ancora una volta con la polizia e i carabinieri chiamati a tenere le piazze con le armi e ad aprire il fuoco. I metodi polizieschi (nonostante la riforma della polizia del 1981 e il supposto processo democratico che ha investito l’insieme delle forze dell’ordine) sono rimasti fascisti. E così un altro movimento ha dovuto confrontarsi con qualcosa che gli preesisteva.

Nel pomeriggio di venerdì 20 luglio 2001, quando ormai da ore polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno preso il controllo della piazza, abbandonandosi a cariche indiscriminate contro cortei in grandissima parte formati da pacifisti (donne, anziani e bambini compresi), avviene il fatto più cruento che farà del vertice del G8 organizzato in Italia il 1° a dover contare una vittima. La tragedia avviene in piazza Alimonda. Uno spezzone di uno dei tanti cortei massacrati dalle cariche decide di organizzare un minimo di risposta attiva in funzione di autodifesa. Tra gli scontri e i manifestanti finisce un gippone dell’arma che termina la sua corsa contro un muro. L’attacco dei dimostranti è cruento. I tre carabinieri, lanciano dalla jeep un estintore che viene raccolto da Carlo Giuliani, 20 anni, romano di nascita, figlio di un sindacalista della CGIL, da tempo a Genova. Dal finestrino posteriore del gippone ormai intrappolato spunta una pistola. La impugna Mario Placanica, carabiniere di leva, 20 anni. Anziché sparare in aria, Placanica secondo la versione ufficiale, apre il fuoco contro Giuliani, colpendolo alla testa: Carlo muore sul colpo, mentre il suo corpo viene per 2 volte travolto dal Defender che si allontana dal luogo della tragedia. Placanica afferma esplicitamente di essere un capro espiatorio usato per coprire qualcuno, e di non avere ucciso lui Carlo Giuliani. “Quella mattina del 20 ci hanno posizionato vicino la “Fiera” insieme ad alcuni poliziotti. Ci sono state delle cariche sul lungomare, ma solo di alleggerimento. Abbiamo partecipato alle cariche in cui venne dato alle fiamme il blindato dei carabinieri. In quella situazione mi è stato affidato il compito di sparare i lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Però dopo un po’ il maggiore Cappello mi ha preso il lanciagranate perché diceva che non ero capace. Io stavo sparando a “parabola”, così come mi è stato insegnato, e invece lui ha iniziato a sparare ad altezza d’uomo, colpendo in faccia le persone. Cose allucinanti. Sul Defender, c’eravamo io, Filippo Cavataio, l’autista del defender, e Raffone, un ausiliario seduto dietro insieme a me. Accanto avevamo un’altra camionetta con a bordo il colonnello Truglio, [allora tenente colonnello e comandante dei Ccir compagnia di contenimento e intervento risolutivo, creata ad hoc per il G8 e poi sciolta, oggi colonnello dei cc]. Il responsabile del nostro mezzo era il maggiore Cappello. C’era anche il plotone dei carabinieri davanti a noi che ci faceva da scudo. I carabinieri sono scappati, ci hanno superato, noi abbiamo fatto retromarcia e siamo rimasti incastrati contro un cassonetto. Dopo i 2 spari, sul defender è salito un altro carabiniere che si chiama Rando di Messina e ha messo lo scudo sul vetro che avevano rotto. Davanti è salito un maresciallo dei Tuscania di cui non ricordo il nome. E siamo partiti. Ho saputo della morte di Carlo Giuliani alle 23 quando sono venuti in ospedale, mi hanno comunicato la notizia. Mi hanno fatto dimettere, mi hanno fatto firmare la cartella e mi hanno portato in caserma. Lì mi hanno detto che avevo ucciso un manifestante. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un basco dei Tuscania, ”benvenuto tra gli assassini” mi hanno detto. I colleghi erano contenti di quello che era capitato, dicevano morte sua vita mia”. Ma perché alcuni militari hanno “lavorato” sul corpo di Giuliani? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra? Sulle prime, un funzionario di polizia cerca di addebitare l’orrenda uccisione ad un sasso lanciato dai dimostranti. E’ una tragica menzogna. I cc Mario Placanica e Filippo Cavataio, vengono incriminati per omicidio volontario, ma il 7/5/’03, il giudice della rep. Franz, ha deciso l’archiviazione ritenendo i 2 non colpevoli: Placanica ha sparato per legittima difesa e Cavataio, che alla guida del defender passò 2 volte sul corpo di Carlo, non ha alcuna responsabilità della morte di quest’ultimo. L’epilogo è sempre lo stesso: lo stato che dopo aver predisposto la trappola di Genova, aveva armato e ordinato di sparare su chi si sarebbe opposto alla politica e all’economia incarnata dal G8. L’archiviazione dell’omicidio di Carlo è stata un’ ingiustizia sociale, perché ha evidenziato ancora una volta il potere e le protezioni delle forze dell’ordine, che hanno potuto sperimentare la licenza di uccidere e la loro immunità (legge 78/2000 stato di polizia-dittatura militare).

Di lacrimogeni a Genova, secondo la magistratura, ne sono stati sparati 6200 nel giro di 24 ore. In termini tecnici, la sostanza irritante prodotta dall’inaccessibile stabilimento SIMAD dell’Aquila, è il gas GS, considerata” arma chimica” dal protocollo di Ginevra che ne proibisce l’uso in tempo di guerra. Un articolo della rivista Journal of Chromatography dimostra che il GS, se portato ad una temperatura tra i 300 e i 900 gradi, dà origine a 20 sostanze organiche, di cui solo 8 sono conosciute. Le spese fatte per l’allegorica organizzazione sono: £200 miliardi spesi per i lavori di abbellimento della città; 5 le navi e 5 i traghetti che ospiteranno delegazioni straniere, giornalisti e forze dell’ordine nel porto di Genova; 2411 le camere d’albergo prenotate per gli ospiti; 42 miliardi di lire spesi per l’organizzazione del summit; 18000 gli agenti di polizia, cc, finanzieri e militari previsti. Ora, noi comuni mortali ci riflettiamo sopra e ci domandiamo: ma non era meglio spendere quei soldi pubblici per i cittadini meno abbienti, o per il diritto di spazi e opportunità ai giovani che hanno bisogno di esprimersi e realizzarsi?

Martedì 23/10/’07, i pm di Genova Anna Canepa e Andrea Canciani hanno chiesto per 25 manifestanti accusati di tutto quello che è successo durante le giornate contro il G8, 225 anni di carcere per devastazione e saccheggio,(art. 419 del codice penale): è un reato che non era stato più contestato dall’immediato dopoguerra e che è stato rispolverato dalla procura di Genova per i fatti del G8 del 2001, dopo un tentativo fallito, a Torino, alla manifestazione per la morte di Baleno del 4/4/’98. Il cosiddetto processo ai 25 è stato costruito in questi anni su 350 ore di filmati e 15.000 fotografie, senza evidenziare nessun sopruso, e la scelta fatta dalla procura, è quella di usare un reato desueto che il codice penale ha previsto per situazioni postbelliche, e non certo per scontri di piazza.

Le giornate di Genova non sono state solo caccia all’uomo, cariche sconsiderate, militarizzazione della citta. Sono state anche il teatro prescelto per scontri di potere militare europei, all’interno delle stesse forze dell’ordine. In materia di ordine pubblico i carabinieri non possono fare nulla senza l’autorizzazione del funzionario di polizia Gianni De Gennaro che ne accompagna i contingenti. Fini sostituisce il ministro degli interni Scajola, e si trovava nella caserma di San Giuliano, il centro di controllo dei cc, nonché (con Bolzaneto) carcere temporaneo per gli arrestati, a testimonianza del rapporto privilegiato dell’arma con la destra italiana. Una polizia che giunge al G8 con De Gennaro (oggi presidente di Finmeccanica), desideroso di dimostrare la propria lealtà anche ai nuovi padroni del centrodestra (era stato nominato nel maggio 2000 dal centrosinistra). Ai testimoni delle forze dell’ordine giunti in aula è stato più volte chiesto il riconoscimento di coloro che menavano mazzate contro i manifestanti: a Guido Ruggeri, il comandante dell’ex battaglione Tuscania, transitato nel 2002 dalle dipendenze della brigata Folgore alla II brigata mobile dei carabinieri, vengono mostrate scene di pestaggi. Il tentativo è scaricarsi sui colleghi: “Sono poliziotti”, dice in aula, “non personale del Tuscania. Eravamo riconoscibili per il cerotto arancione dietro al casco e per lo stemma verde sul petto”. Infine, di fronte all’ennesimo video, non può che ammettere: “Riconosco un militare del Tuscania».

Amnesty International nel suo rapporto parla di “violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste nella più recente storia d’Europa”. Nel rapporto si afferma che a Genova furono sparati almeno 15 colpi di pistola. Sul raid notturno compiuto dalle forze dell’ordine nei locali di una scuola, utilizzata come dormitorio per i manifestanti e segreteria del Genoa social forum, le accuse contro gli agenti comprendono l’abuso di autorità, e la fabbricazione di prove false che schiacciano Massimiliano Di Bernardini, vicequestore aggiunto della squadra mobile presente alla scuola Diaz. Il pm contesta a Bernardini di aver prodotto prove false e illegali introducendo 2 molotov all’interno della Diaz. La mattina del 16/1/’07 nel corso di un udienza del processo, il presidente Gabrio Barone, dopo aver constatato la sparizione delle molotov, ha dato l’incarico alla procura di rintracciarle negli uffici giudiziari. L’episodio della (falsa) coltellata ricevuta da Massimo Nuocera dai manifestanti della Diaz, risulterebbe per il pm un’iniziativa dell’ispettore Maurizio Panzeri, che avvallò il racconto del collega falsificando le prove. Le 93 persone arrestate nel corso del raid all’interno della scuola dichiararono di non aver opposto resistenza, come invece sostenuto dalla polizia, e di essere state sottoposte a percosse deliberate e gratuite. Almeno 82 di esse vennero ferite; 31 furono trasferite in ospedale, 3 in condizioni critiche. Alcuni di essi ricevono cure mediche ancora oggi. Amnesty International ha ripetutamente sollecitato l’Italia a recepire il Codice di etica della polizia, adottato dal consiglio d’Europa nel settembre 2001, e ad assicurare che i suoi pubblici ufficiali siano obbligati a mostrare in maniera evidente alcune forme di identificazione individuale, come un numero di matricola, al fine di evitare il ripetersi di situazioni violenza e d’impunità. Amnesty ha notato con preoccupazione che gli agenti sotto processo, non sono stati sospesi dal servizio e, in alcuni casi, sono stati addirittura promossi…. La maggior parte delle persone arrestate nel corso dei raid venne trasferita nel centro di detenzione temporanea di Bolzaneto. Vi transitarono oltre 200 persone, molte delle quali furono private dei fondamentali diritti riconosciuti a livello internazionale ai detenuti, tra cui il diritto di avere accesso agli avvocati e all’assistenza consolare e quello di informare i familiari sulla propria situazione. Nel corso di un’udienza preliminare, i pm hanno illustrato in modo efficace le prove degli abusi verbali e fisici subiti dai detenuti. Hanno descritto, tra l’altro, come i detenuti fossero stati presi a schiaffi, calci, pugni e sputi; sottoposti a minacce, compresa quella di stupro, e ad insulti anche di natura oscena e sessuale; obbligati a rimanere allineati e in piedi per ore a cantare faccetta nera, a gambe divaricate contro un muro; privati di cibo e acqua per lunghi periodi; soggetti a perquisizioni corporali effettuate in modo volutamente degradante, con uomini costretti ad assumere posizioni umilianti e donne forzate a denudarsi di fronte ad agenti di sesso maschile. I pubblici ministeri hanno citato singoli casi di abuso: una ragazza la cui testa è stata spinta in un gabinetto, un ragazzo obbligato a camminare a quattro zampe e ad abbaiare, il pestaggio di un detenuto non in grado di rimanere in piedi per ore poiché aveva un arto artificiale. La pubblica accusa ha chiesto l’incriminazione di 15 agenti di polizia, 11 carabinieri, 16 agenti di custodia e 5 membri del personale medico per vari reati tra cui abuso di autorità, coercizione, minacce e lesioni fisiche, accusandoli di aver torturato i detenuti con trattamenti crudeli, inumani e degradanti in violazione dell’art.3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali. Amnesty sottolinea che per prevenire la tortura e i maltrattamenti, è fondamentale che i tribunali siano pronti a infliggere pene severe nei confronti di chi ordina, condona o perpetra la tortura, dissuadendo questi ultimi dal reiterare i propri crimini, chiarendo ad altri che i maltrattamenti non saranno più tollerati. Amnesty deplora che a 17 anni dalla ratifica della Convenzione dell’Onu contro la tortura e nonostante ripetuti solleciti da parte di organismi intergovernativi, tra cui il Comitato dell’Onu contro la tortura e il Comitato sui diritti umani, l’Italia non abbia ancora introdotto nel codice penale il reato di tortura, così come previsto nella Convenzione dell’Onu contro la tortura.

Sulla scena della macelleria messicana è presente la punta di lancia del viminale, i funzionari della digos di Genova, uomini della digos di Roma e Napoli, uomini del reparto mobile di Vincenzo Canterini, il dirigente dello Sco Franco Gratteri, il suo vice Gilberto Caldarozzi, l’allora direttore dell’ Ucigos Arnaldo La Barbera, Andreassi, Fiorentino, Luperi, Murgolo, Colucci, e il vicequestore Pietro Troiani, arrivato da Roma per essere accorpato alla logistica del reparto mobile, per fare l’ufficiale di collegamento tra la questura e i reparti celere sul terreno, rimasto finora nell’ombra.

Il controllo sociale è sempre stato un’arma repressiva, in mano alla chiesa e al re e adesso alla repubblica liberale. Poteri che dominano la penisola fin dai tempi del medioevo e usano i loro servi (sbirri senza cervello, addestrati ad obbedire e a non pensare) contro chi si ribella alle ingiustizie sociali e non si vuole sottomettere al più forte…

 

07/04/2015

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia sulla base del ricorso presentato a Strasburgo da Arnaldo Cestaro, una delle vittime della perquisizione alla scuola Diaz avvenuta il 21 luglio 2001, alla conclusione del G8 di Genova. Nel ricorso, l’uomo, che all’epoca dei fatti aveva 62 anni, afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato, e da subire ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite. Cestaro, rappresentato dall’avvocato Nicolò Paoletti, sostiene che le persone colpevoli di quanto ha subito sarebbero dovute essere punite adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi. La Corte europea dei diritti umani gli ha dato ragione. Non solo hanno riconosciuto che il trattamento che gli è stato inflitto deve essere considerato come “tortura”. Nella sentenza i giudici sono andati oltre, sostenendo che se i responsabili non sono mai stati puniti, è soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate. Inoltre la Corte ritiene che la mancanza di determinati reati non permette allo stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili violenze e torture da parte delle forze dell’ordine……

Non sono i delitti punibili dalla legge quelli a cui bisogna imputare i peggiori mali del mondo. Sono i torti legalizzati, i crimini che godono di impunità, giustificati e protetti dalle leggi e dai governi.

A.Berkman

Solidarietà ai compagni e alle compagne condannati da uno stato assassino!

 

Rsp (individualità  Anarchiche)

Riccardo Magherini morto per la violenza di stato

Allerta siamo in uno stato di polizia – dittatura militare: la morte di Riccardo Magherini

13 luglio 2016

Il Tribunale di Firenze ha condannato tre carabinieri imputati per omicidio colposo nell’ambito del processo per la morte di Riccardo Magherini, il 40enne fiorentino deceduto nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2014 durante un arresto in una strada del centro di Firenze. Un quarto militare, insieme a due volontari della Croce Rossa (anche loro imputati nel procedimento), è stato assolto per non aver commesso il fatto. Le condanne variano tra 8 e 7 mesi, il giudice ha concesso la sospensione della pena.

Le strazianti invocazioni del quarantenne erano state registrate con un telefonino e alcuni testimoni avevano riferito che l’uomo fu preso persino a calci durante le concitate fasi dell’arresto.

La morte di Riccardo Magherini ricorda lo stesso sistema infido e infame (tutti contro uno) che usano da sempre le forze del disordine per reprimere e arrestare cittadini inermi. La morti di Giuseppe Pinelli, Gino Zordan, Carlo Giuliani, Giuseppe Uva, Aldrovandi, Ferulli, ecc., sono avvenute con le stesse metodologie fasciste, morti avvenute a causa dei soprusi e delle violenze di sbirri cocainomani che, con la loro indole bastarda, potevano solo fare gli sbirri, i mafiosi o i preti…

Sbirri scagnozzi al soldo del potere massomafioso, economico e militare, sbirri prepotenti che hanno il dogma del super uomo pompato e senza cervello, abituati solo a obbedire e non pensare…., esseri ignobili, psicopatici e spesso pedofili, senza carattere, che sfogano le loro frustrazioni e umiliazioni subite quotidianamente dai loro capi (nonnismo) sui più deboli, che quotidianamente arrestano, provocano e umiliano, lasciando intatta e indisturbata la gerarchia degli intoccabili.

A ‘sto punto, se ad ammazzare un cittadino inerme si rischiano al massimo 7 mesi di gaioffa, quanto rischia un parente o un amico della vittima che lo vuole vendicare?

Per esempio, Gino Zordan è stato ucciso nel 1976 a 21 in una rapina in banca, mentre tentava ‘la bella’: era scappato dal carcere dopo aver saputo che gli avevano dato l’ergastolo, era scappato per riscattarsi da una vita vissuta in miseria. Gino era un ragazzo come tanti nel quartiere, a cui era stata rubata l’infanzia, perché per esigenze economiche e sociali ha dovuto responsabilizzarsi e diventare grande subito…

Dopo essere scappato dal carcere in cui era stato da poco trasferito, gli misero una taglia per chi lo catturasse, vivo o morto. Gli sbirri psicopatici potevano arrestarlo vivo, invece lo hanno immobilizzato in due bloccandogli le braccia, mentre un terzo sbirro lo uccise sparandogli una pallottola in fronte.

Gino era il 6 figlio di una famiglia mantovana di 13 figli, che abitava in un quartiere ghetto (Te Brunetti) di sottoproletari, ma di lui, come di tanti ragazzi come lui, non c’è traccia sui giornali.

Per aiutare le famiglie in miseria, i figli della povera gente si organizzavano in bande per rubacchiare e portare a casa qualcosa da mangiare per i fratelli più piccoli. Gino iniziò a fare rapine a 12 anni per aiutare sua madre, e a 21 ci lasciò le penne a causa di sbirri prepotenti e con poco cervello…

 

A PROPOSITO DI SBIRRI MASSOMAFIOSI INPUNITI E DI GIUSTIZIA INGIUSTA

Gennaio 2016: La terza sezione penale della Cassazione ha riqualificato i fatti gravi imputati al generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer come di lieve entità, e pertanto è scattata la prescrizione. Lo ha deciso il collegio presieduto da Aldo Fiale al termine di una lunga camera di consiglio nell’ambito del processo a carico dell’ ex capo dei Ros….

ganzer_interna nuova

Negli anni ’90 il colonnello Ganzer viene indagato nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore di Brescia Fabio Salamone sul nucleo antidroga del Ros di Bergamo. Secondo l’accusa i carabinieri ingaggiavano direttamente i “cavallini” dando loro l’incarico di comprare la cocaina e trovare i clienti. Salamone ipotizza che nel corso di un sequestro di 150 chili di cocaina non viene verbalizzato il contestuale sequestro di circa un miliardo e mezzo di lire e che vengono illegittimamente importati dal Libano kalashnikov, lanciamissili, missili e munizioni per essere successivamente “sequestrati”. Tutto viene pensato e organizzato per ottenere visibilità e far carriera nell’arma. Insomma, si organizza l’importazione di droga e armi di cui si coprono i trafficanti e si fanno sparire i proventi……

Nell’aprile del 2010, alla fine del processo di I grado, i pm chiedono per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici gliene infliggono «solo» 14 per due segmenti delle operazioni condotte, e imputano al generale l’accordo con «pericolosissimi trafficanti» lasciati impuniti e liberi di vendere in Italia chili di droga. A cadere, da subito, è l’associazione a delinquere, che pure reggeva l’intero impianto accusatorio.

Ganzer resta al comando del Ros, nessuno lo caccia via e il Comando generale dell’arma, all’epoca guidato dal generale Leonardo Gallitelli, gli rinnova la fiducia ( tra compari si intendono) …..

Passano due anni e in appello il sostituto procuratore generale di Milano, Annunziata Ciaravolo, chiede, di nuovo, 26 anni di galera. Ma nel dicembre del 2013 la condanna viene ridotta a 4 anni e 11 mesi. Per i giudici, infatti, gli uomini del Ros hanno agito per «presunzione o superbia di corpo», per una sorta di «fuoco sacro» che li ha indotti a muoversi «con spregiudicatezza e indifferenza rispetto ai limiti».

 

Perché è morto Riccardo Magherini?

http://www.iene.mediaset.it/puntate/2015/01/29/casciari-perche-e-morto-riccardo-magherini-_9179.shtml

 

La mafia è nello stato fascista e nella polizia  

 

CULTURA DAL BASSO CONTRO I POTERI FORTI 

 

Rsp (individualità Anarchiche)