archiviata l’inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini

PASOLINI ucciso dalle trame occulte della nobiltà nera (massomafia) – cattosinistroide

 

25 maggio 2015

Il gip di Roma ha archiviato l’inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, morto all’Idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975. Il giudice delle indagini preliminari, Maria Agrimi, ha così accolto la richiesta sollecitata dalla Procura.

Dice Stefano Maccioni, legale di Guido Mazzon, cugino di Pasolini: “Ancora una volta si è persa l’occasione per indagare sul vero movente di questo omicidio”….

“La novità rispetto al passato è quella di aver riconosciuto la presenza di altre persone, oltre a quella di Pino Pelosi, sulla scena del crimine” ha aggiunto l’avvocato. La Procura, infatti, ha disposto una serie di accertamenti scientifici sui reperti grazie ai quali è stato possibile identificare 5 profili.

“E’ assolutamente scandaloso che oggi, dopo 40 anni dalla morte di Pasolini, il processo si concluda con un nulla di fatto, senza colpevoli e con una archiviazione. Come ucciderlo due volte” afferma, in una nota, la deputata di Sel Serena Pellegrino.

Nel 2005 Pino Pelosi ha aspettato trent’anni prima di decidersi a dire la “sua” verità. E per farlo ha scelto lo strumento più diffuso nelle famiglie italiane: la televisione. Così Pino Pelosi, detto “la rana”, ex “ragazzo di vita”, condannato a 9 anni di carcere per l’assassinio di Pasolini, ha raccontato alle telecamere di Rai Tre, la sua versione di che cosa accadde realmente quella notte del 2/11/1975, all’idroscalo di Ostia.

Pelosi ha ritrattato la sua confessione di allora, accusando invece dell’omicidio tre giovani sconosciuti “che parlavano con un accento del Sud”. La procura di Roma ha ritenuto che le dichiarazioni di Pelosi non fossero sufficienti per riaprire il caso. Di tutt’altro parere sono gli avvocati di parte civile dell’epoca, Nino Marazzita e Guido Calvi, e tutti coloro che hanno sempre visto nell’assassinio del poeta un attentato politico.

Le parole di Pelosi, che ha deciso di parlare solo ora perché i suoi genitori sono morti, accreditano questa tesi: l’omicidio sarebbe stato un vero e proprio agguato contro l’intellettuale comunista Pasolini. I tre sconosciuti, sostiene Pelosi, sorpresero lui e il poeta in macchina, e lo immobilizzarono mentre pestavano a sangue Pasolini, urlandogli insulti riguardo alla sua fede politica e alla sua inclinazione sessuale.

Pier Paolo Pasolini si interessò al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: ne fece uno dei due personaggi chiave, assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta al quale stava lavorando poco prima della morte. Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l’alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al potere geopolitico, al petrolio, alle trame Atlantiche…. Secondo autori recenti e secondo alcune ipotesi giudiziarie suffragate da vari elementi, fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso.

La Loggia P2 sarebbe stata fondata da Cefis, che l’avrebbe diretta sino a quando fu presidente della Montedison; poi sarebbe subentrato il duo Umberto Ortolani-Licio Gelli….

Al centro dei sospetti sui moventi dell’omicidio Pasolini, c’è il suo libro incompiuto PETROLIO, che descrive il complicato intreccio tra servizi segreti, politica, ambienti economici e mafia. La figura dell’avvocato Vito guarrisi (braccio destro di Cefis in Sicilia), è centrale nel libro. PPP in un capitolo parla proprio del successore di Mattei, Eugenio Cefis, che Dell’Utri dice di aver conosciuto….

Troya è il nome che nella finzione lo scrittore attribuisce a Eugenio Cefis. Era quanto aveva rivelato, peraltro, un misterioso libro firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz e intitolato Questo è Cefis. Il libro, uscito nel 1972 per l’Agenzia Milano Informazioni di Corrado Ragozzino, racconta la spregiudicata avventura di un capitano d’industria tra pubblico e privato, tra stato e centri di potere occulto.

L’Agenzia era finanziata dal democristiano Graziano Verzotto, della corrente rumoriana, braccio destro siciliano di Mattei e informatore segreto di Mauro De Mauro, il giornalista de «L’Ora» di Palermo ucciso nel 1970 mentre indagava sul caso Mattei, arrivando più o meno alle stesse conclusioni riguardo alla responsabilità di Cefis. Il libro di Steimetz fu fatto sparire sistematicamente dalla circolazione, ma tra le carte di Pasolini, oggi depositate al Gabinetto Vieusseux, ci sono le fotocopie, che lo scrittore utilizzò come fonte.

Il libro PETROLIO di Benedetti e Giovannetti ricostruisce, sulla base di inchieste giudiziarie e giornalistiche, il complicato intreccio tra servizi segreti, politica, ambienti economici, gerarchie militari e criminalità organizzata che portarono alla morte non solo di De Mauro, ma anche del magistrato Pietro Scaglione, assassinato da Luciano Leggio (meglio conosciuto come Liggio dall’errore di trascrizione di un brigadiere…) e Totò Riina nel maggio 1971, il giorno prima che andasse in tribunale per testimoniare sulla vicenda De Mauro.

Ma andiamo ad analizzare chi era quella merdaccia (nobiltà nera – cattosinistroide) di Eugenio Cefis e i danni eco ambientali che ha causato con la sua cultura da borghese mediocre interessato solo a soldi e potere, creando quindi ingiustizie sociali.

Fu consigliere dell’AGIP, presidente dell’ENI e presidente della Montedison. Nel 1963 venne insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, massimo riconoscimento della repubblica massonica italiana….

Per il suo ruolo nella loggia massonica P2 e i forti sospetti avanzati da Mauro de Mauro e Pier Paolo Pasolini su un suo coinvolgimento nell’attentato a Enrico Mattei, cui succedette come Presidente dell’ENI, è una delle figure più controverse dell’ambiente imprenditoriale italiano…..

All’età di 15 anni si iscrisse all’Accademia Militare di Modena. Proveniente dalla carriera militare, durante la Resistenza fu vice comandante della Divisione Valtoce col soprannome «Alberto». Fu tra i fondatori della repubblica dell’Ossola. In quegli anni conobbe Enrico Mattei (partigiano bianco antifascista e anticomunista), che affiancò nell’attività di ristrutturazione dell’AGIP e, in seguito, nella fondazione dell’ENI. Alla morte di Mattei, occorsa in un attentato aereo nel 1962, divenne presidente dell’ENI Marcello Boldrini; Cefis gli succedette alla guida dell’ente petrolifero nel 1967. Cefis avrebbe avuto tuttavia un ruolo oscuro nella morte di Enrico Mattei. L’onorevole Oronzo Reale ha affermato che il mandante dell’omicidio di Mattei era stato il suo ex braccio destro all’ENI Eugenio Cefis, che pochi mesi prima era stato costretto alle dimissioni dallo stesso Mattei quando questi si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato dalla CIA Atlantica…… Pochi giorni dopo l’attentato Cefis fu reintegrato nell’ENI come vicepresidente e successivamente ne divenne presidente.

Giorgio Steimetz (alias Corrado Ragozzino) lo descrisse come un nemico che tramava nell’ombra per ottenere la presidenza dell’ENI e neutralizzare la politica fortemente indipendente di Mattei: è la tesi espressa nel volume intitolato Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente, Agenzia Milano Informazioni, Milano 1972. Il libro di Steimetz fu subito ritirato dal mercato e da tutte le biblioteche italiane, sparendo completamente dalla circolazione. In questo senso, Cefis avrebbe agito come rappresentante di poteri geopolitici che volevano ricondurre la politica energetica italiana in orbita atlantica…..

Godette dell’appoggio di Amintore Fanfani e dei leader DC del Triveneto. In campo finanziario, seppe come ottenere la fiducia di Enrico Cuccia, il banchiere al vertice di Mediobanca…..

L’istituto di via Filodrammatici vantava dei crediti di difficile riscossione nei confronti della Montedison, il colosso chimico nato nel 1966 dalla fusione della Montecatini con l’ex azienda elettrica Edison.

Cefis trovò il modo di aiutare Cuccia, iniziando segretamente a comprare azioni della Montedison coi soldi dell’Eni e i dovuti appoggi politici a Roma. Cominciò così la sua scalata al gigante chimico, che si concluse nel 1971, quando Cefis abbandonò l’ENI e divenne presidente della stessa Montedison. Questa mossa sollevò molte polemiche: egli infatti aveva utilizzato il denaro dell’ENI (cioè denaro pubblico) per diventare presidente di una società privata (massomafia) …..

Cefis progettò di fare della chimica un settore competitivo a livello internazionale sulla base di due considerazioni: a) le enormi potenzialità legate alla petrolchimica; b) la precisa convinzione dell’esistenza in Italia dello spazio per un solo grande operatore. Ma si rese ben presto conto che il governo, tramite le Partecipazioni statali, voleva entrare anche nella chimica e non gli avrebbe lasciato le mani libere.

Dopo aver respinto una scalata alla Montedison condotta dalla “sua” ENI e da Nino Rovelli, appoggiati da Giulio Andreotti, decise che era il momento di attuare quella strategia che egli rivelerà alcuni anni più tardi in una delle sue rare interviste: “Non si può fare industria senza l’aiuto della politica e un giornale può servire da moneta di scambio”.

Cefis instaurò così un braccio di ferro con Gianni Agnelli, che non aveva nessun tipo di feeling con Fanfani ed era padrone de La Stampa di Torino, oltre ad essere nella proprietà del Corriere della Sera. Nel 1974 lo scontro ebbe come teatro la presidenza di Confindustria. L’Avvocato fece il nome del repubblicano Bruno Visentini, Cefis replicò con quello di Ernesto Cianci. Dopo un gioco di veti incrociati, alla fine si arrivò a un compromesso: Agnelli presidente e Cefis vicepresidente.

L’intesa riguardò anche i giornali: Cefis ebbe via libera per Il Messaggero (il quotidiano più venduto di Roma), Agnelli ottenne che La Gazzetta del Popolo non desse più fastidio alla Stampa (infatti verrà chiusa nel giro di pochi anni) e in cambio acconsentì che la Rizzoli acquistasse il Corriere. A metà degli anni ‘70 il suo potere era enorme….

Nel 1977 Cefis lasciò improvvisamente la scena pubblica per ritirarsi a vita privata in Svizzera e gestire il suo patrimonio, stimato allora in cento miliardi di lire.

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