Stato di polizia: Al G8 del 2001 ci fu una sospensione dei diritti umani (dittatura militare)

Stato di polizia: Al G8 del 2001 ci fu una sospensione dei diritti umani (dittatura militare)

Roma 8 giugno 2015

Il capo della Polizia, Alessandro Pansa, sentito il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha chiesto al ministro della Giustizia Orlando “di valutare eventuali profili disciplinari” nei confronti del sostituto procuratore generale di Genova Enrico Zucca. Ieri il magistrato ha dichiarato che dopo il G8 di Genova la polizia non é guarita e che teme “ancora una nuova Diaz“….

Pansa il capo della polizia c’è l’ha con Zucca perché aveva DIFESO LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA, che condannò L’ITALIA per le TORTURE e le violenze sbirresche DEL G8 2001 a Genova ed ebbe il coraggio anche di condannare i vertici della polizia (impuniti da sempre), che quel giorno fecero una mattanza, massacrando e umiliando manifestanti inermi (donne giovani e anziani), ospitati all’interno della scuola Diaz. La trovata di Pansa sembra più una vendetta, un ricatto contro il magistrato Zucca che SVELO’ LE TORTURE E RESE PUBBLICHE LE PROVE FALSE COSTRUITE DAI VERTICI DELLA POLIZIA…..

Lo stato non condanna se stesso e nemmeno i suoi servi più infami, piuttosto, anche davanti all’evidenza, occulta le violenze e le torture della polizia, rimasta fascista …..

Carlo Giuliani è vivo e lotta insieme a Noi le nostre idee non cambieranno mai ……

Roma 09 giugno 2015

Il Viminale vuole chiudere una cinquantina di uffici diventati del tutto inutili. E inutilmente costosi.

La lista dei possibili tagli studiata dal Viminale è lunghissima, ma si tratta di risparmi impossibili da ottenere per l’opposizione dei sindacati di polizia ….

Il Viminale vuole togliere i posti di polizia ferroviaria dove non passano più treni….., uffici inutili e costosi situati in zone a rischio frana….., presidii di frontiera resi inutili dagli accordi di Schengen…

Come per esempio il posto della Polizia Ferroviaria di Livorno San Marco “non operativo dal marzo del 1986”. Da trent’anni è un ufficio fantasma….. Stessa scena per la Polfer di Palermo Brancaccio, “inattiva dal 1997”, e di Roma Trastevere, “non operativa da gennaio 1999″….

La polizia rappresenta l’autorità militare, al servizio dell’ingorda borghesia e a difesa dello stato massomafioso …. Shakespeare saggiamente diceva: ma con tutti questi sbirri da mantenere, chi controlla poi il controllore?

Le forze di polizia (del disordine) sono un esercito di 94mila agenti che ci tocca mantenere, attraverso le tasse che lo stato tiranno ci impone. Insieme alle altre 4 forze dell’ordine, carabinieri, polizia penitenziaria, guardia di finanza e corpo forestale, è l’elemento cardine del sistema di potere dello “stato di polizia”. Una macchina da 300mila uomini che costa complessivamente 20 miliardi di euro annui!!!

 

STATO DI POLIZIA:

La nascita del tutore dell’ordine 1814-1918

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Spetta a Vittorio Emanuele I (francese) re di Sardegna il ‘merito storico’ della fondazione del Corpo dei Carabinieri Reali con le “Regie Patenti” del 13/7/1814. La nascita dei carabinieri è direttamente collegata all’esigenza delle forze feudali, rappresentate dalla monarchia sabauda e dalla stragrande maggioranza dell’aristocrazia, di ricostituire le condizioni della propria esistenza e del proprio predominio, sconvolte nel profondo dall’invasione francese (rivoluzione borghese). Quella che entra in scena è dunque una forza che è espressione e sostegno di un ordine sociale in gravi difficoltà di sopravvivenza: un disegno destinato a caratterizzare l’intera storia dell’arma, fino ai giorni nostri.

La creazione di una forza di polizia professionale e militare, per la prima volta strutturata organicamente e capillarmente distribuita (5 divisioni alle quali nel 1815 se ne aggiunse una sesta), relativamente numerosa (776 uomini saliti a 1.200 nel 1816; mentre il corpo militare di polizia, fondato da Vittorio Amedeo III nel 1791 e disciolto dai Francesi nel 1800, contava 44 uomini), dotata di un regolamento rigido e dettagliato (promulgato da Carlo Felice il 12/10/1822), e, infine, inserita nell’esercito, non si può certamente dire mirasse alla pura restaurazione di un ordinamento amministrativo e istituzionale. Mirava, piuttosto, alla ricomposizione di un ordine sociale messo in forse dall’ondata napoleonica; nella sua Premessa al regolamento, l’ispettore del corpo, generale D’Oncieu, rivela a chiarissime lettere quale sia la duplice funzione di una forza di polizia in una società in cui la dialettica delle classi comincia a porre seri problemi ai gestori del potere. Infatti i carabinieri reali “se per una parte sono armati per raffrenare i cattivi, devono per l’altra parte garantir e proteggere i buoni”, dove i buoni sono “i pacifici abitanti i quali o si danno a legittimi passatempi, o si occupano dei loro affari commerciali”, mentre i cattivi sono “i facinorosi di qualsivoglia specie i quali oppongono resistenza”. Del resto le regie patenti del 1814 non rappresentarono l’unica iniziativa in fatto di provvedimenti nuovi di natura poliziesca nella restaurazione nel regno di Sardegna: la costituzione per la prima volta di un ministero di polizia (detto “del buon governo”), avvenuta con le regie patenti del 15/10/1816, dimostra come la restaurazione non consistesse soltanto nel risuscitare gli antichi istituti, ma anche nel predisporre nuovi organismi e strumenti in grado di difendere l’assetto politico dall’assalto che nuove forze politiche venivano con sempre maggiore insistenza muovendo.

Già nel 1821 le forze della borghesia riuscirono ad imporre l’abolizione del ministero “del buon governo”, grazie a un moto di rivolta degli ufficiali liberali e di una fetta della nobiltà, il controllo della forza di polizia, cioè dei carabinieri, fu affidato al segretario degli interni.

L’avanzata di un liberalismo borghese, contrastato dalle forze reazionarie, si fece più decisa sotto il regno di Carlo Alberto (1831-1849). Nel 1841 l’organizzazione di polizia ritornava sotto la giurisdizione del ministero della guerra, ma 7 anni più tardi prevaleva nuovamente la dimensione civile su quella militare, con l’abolizione della carica militare di governatore generale della provincia e il susseguente trasferimento dei poteri di polizia nelle mani degli intendenti generali, civili: prefetti, questori, delegati, assessori, rappresentanti di Ps e sindaci. Interessante è notare che lo stesso Carlo Alberto tentò invano di opporsi all’eliminazione dei governatori militari: ma l’ascesa delle classi borghesi appariva inarrestabile…..

La vittoria più consistente fu la creazione, con l’editto reale del 4/3/1848, di una guardia nazionale, che, costituita sul modello francese, esercitando un contrappeso alla forza armata dell’aristocrazia nobiliare (i carabinieri), rappresentava tangibilmente che la rivoluzione borghese nell’anno dello statuto albertino era oramai vincente. Già nel 1852 Cc e guardia nazionale lasciavano il posto ad una nuova forza di polizia, il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (legge 11/7/1852, n. 1404): la guardia nazionale perdeva d’importanza e i carabinieri si caratterizzavano come polizia militare e a dislocamento rurale, mentre alla neonata Ps erano affidate le funzioni di polizia nelle città.

La borghesia, giunta al potere, incomincia insomma a preoccuparsi di amministrarlo e difenderlo: la forte carica democratica presente nella creazione della guardia nazionale è assopita, e il 1° compito della nuova forza poliziesca diventa il mantenimento dell’ordine. Al fine della conservazione e del consolidamento del potere appena raggiunto, serve anche l’accentuazione del processo di centralizzazione delle strutture politico-amministrative dello stato; gli intendenti generali diventano sempre di più veri e propri agenti governativi, soggetti alle mutazioni di un regime in quel periodo assai instabile e (particolare importante, in quanto caratterizzerà la successiva funzione dei prefetti nel regno d’Italia) incominciano a svolgere il ruolo di agenti elettorali del governo. Tra il 1859 e il 1865 vengono emanate le prime leggi di unificazione dell’amministrazione di Ps e nuovi regolamenti del corpo: si giunge a definire con precisione i compiti istituzionali della polizia. Controlli sulle persone ridotte alla miseria: mendicanti, delinquenti contadini, briganti e prostitute sono le categorie più perseguitate, ammonizioni, arresti, processi penali, condanne: il tutto sulla semplice base del sospetto.

E’ infine questa l’epoca in cui si adottano le prime misure di polizia tendenti a porre sotto controllo restrittivo il mondo del lavoro: nascono le licenze per esercizi e stabilimenti pubblici, e, riprendendo un’analoga istituzione francese nata con chiari fini antioperai, nasce il libretto personale in dotazione ad ogni operaio.

L’accentuazione della funzione preventiva su quella repressiva è “un prodotto peculiare dell’assolutismo”. La prevenzione di Giolitti fu tuttavia un po’ diversa da quella sinora descritta: l’esperimento giolittiano di collaborazione fra le classi e di pacificazione, realizzava più compiutamente la prevenzione rispetto ai governi conservatori precedenti, ma intendendola come integrazione degli oppositori; la prevenzione in tal senso è la strategia ideale per le fasi di crescita produttiva di un paese e di sviluppo industriale delle sue strutture. In tal senso preventiva sarebbe stata, mezzo secolo dopo, l’attività di polizia per la conservazione della nuova pace sociale, durante la prima fase del centrosinistra (1962-1968).

La repressione che non ha mai assunto significato giuridico ha assunto spesso però carattere politico; essa è stata la politica preferita dei momenti di prevalenza delle fasce più retrive del capitalismo sia terriero che commerciale, sia finanziario che industriale. L’avvento del fascismo nel periodo compreso tra la fine della guerra e il 1926 (anno delle leggi speciali, dell’arrivo di Bocchini [nella foto sopra] alla direzione della Ps, di Mussolini al ministero dell’interno) ha rappresentato l’esaltazione massima di tale fase, che significa il tentativo di esclusione violenta degli oppositori; altri momenti repressivi nella politica dell’ordine pubblico italiana sono stati lo scelbismo (1947-1953), il breve ma intenso luglio di Tambroni, e infine, il periodo che va dalla seconda metà del 1968 a oggi.

Contemporaneamente allo sviluppo delle misure di prevenzione, si sviluppa il processo di accentramento, ponendosi le basi della “prefettocrazia” contro cui si scaglierà il governatore Salvemini; nel 1859 diventa il rappresentante in sede locale del potere esecutivo; alle sue dipendenze vengono posti gli intendenti generali, che assumono il titolo di vicegovernatori, con mere funzioni amministrative, mentre le necessità politiche son coperte dai governatori. Questi, nel 1861, acquisiscono, col titolo di prefetti, la gran parte delle funzioni che li caratterizzerà per oltre un secolo; le attribuzioni dei prefetti (ulteriormente precisate nel 1865) e degli intendenti per i circondari, i sottoprefetti, danno al regno un’impronta centralizzatrice fortissima, che scaturisce dai timori di sabotaggio al sistema politico liberal-conservatore giunto al potere con l’unità del paese da parte dei gruppi dissidenti (soprattutto i democratici mazziniani) e, ancor più, dalla paura di una vera e propria rivoluzione sociale che partisse dalle diseredate campagne del Mezzogiorno. Cosi nel 1865 il senatore Carlo Cadorna (più tardi ministro dell’interno), preoccupato per il “radicale e permanente indebolimento dell’azione del Governo sul Paese”, illustrava la funzione imprescindibile di questo rappresentante dell’esecutivo in sede locale.

I tempi erano certamente difficili per i nuovi rappresentanti della borghesia assetata di potere, che dovevano lottare contro le vecchie forze reazionarie interne (clero e aristocrazia) e le forze ostili esterne alleate delle prime, e, soprattutto, dovevano tenere a bada le tendenze democratiche e la spinta potenziale delle masse: la Ps e i Cc servivano esplicitamente a questo ultimo scopo. Il primo decennio di esistenza del regno unitario è un duro banco di prova per la nuova classe dirigente, la quale tenta di uscire dalle difficoltà instaurando un sistema combinato di potere giudiziario, esercito e polizia che già da allora le forze politiche d’opposizione definirono STATO DI POLIZIA. È significativo che all’inizio del decennio in questione il corpo dei carabinieri reali divenne arma, “la prima arma dell’esercito”, potenziata e suddivisa in legioni: essa, come è detto in un’agiografica opera di un suo generale, doveva vigilare sulla “grande fiumana”, che, “gonfia d’acque scorre cercando un più ampio alveo. Spetta ai Carabinieri arginarla, contenerla, perché l’assestamento avvenga senza scosse brusche, senza violenti straripamenti. Ma la fiumana, gonfia d’acque limpide viene spesso ad arte agitata da interessati e le acque si fanno allora torbide e la fiumana nel suo corso si fa impetuosa, ha ondate violente che sradicano, schiantano e travolgono or qua, or là …”. Il fenomeno della renitenza alla leva in Sicilia (1861-’62), la rivolta di Palermo (1865-’66), i moti contro la tassa sul macinato nel nord, che da soli causarono oltre 250 morti, 1000 feriti e quasi 4000 arresti (1869-’70), e il brigantaggio meridionale, che mise a nudo per l’intero decennio la reale portata dello scontro di classe nella società italiana postunitaria: sono gli eventi più clamorosi di questo periodo, di fronte ai quali lo stato di polizia ha modo di sperimentare e perfezionare la sua capacità repressiva e la sua tenuta politica per i cimenti futuri, che gli daranno la capacità di reggere con gli stessi metodi di governo fino ad oggi; la differenza sostanziale va vista nel diverso ordine di composizione della summa che oggi definiamo potere repressivo. Mentre oggi la forza d’urto della repressione armata è costituita proprio dalle forze di polizia, svolgendo l’esercito una funzione di copertura, sostegno e riserva, nel periodo in esame, che giunge fino alla I guerra mondiale compresa, è ancora l’esercito la forza principale dell’attacco armato dello stato borghese contro le masse contadine e operaie. Protagoniste dell’occupazione militare della Sicilia furono le truppe, cosi come furono le truppe lo strumento precipuo della feroce repressione del brigantaggio; la guardia nazionale in più di un caso, come ad esempio, in occasione dell’insurrezione contadina in Basilicata nel 1861, uno dei grandi momenti del brigantaggio, o all’epoca dei primi scontri contro l’imposta sul macinato nel gennaio 1869 in Emilia. Un ruolo particolare era quello svolto dall’arma dei carabinieri, che in quanto arma dell’esercito e forza di polizia, costituiva il tramite tra un settore e l’altro, assumendo ora la veste di forza d’assalto (nella lotta al brigantaggio l’apporto dei carabinieri fu determinante, anche in fatto di crudeltà e di violenze), ora quella di forza di controllo; un ruolo, in certa misura, ancora valido oggi. Un posto fondamentale, il suo, comunque, nell’organizzazione e nell’esecuzione del complessivo disegno di difesa-attacco delle classi al potere contro le classi sottoposte.

 

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Ricordiamoci che lo stato di polizia negli anni ‘60 organizzò ed eseguì il piano militare atlantico (anticomunista) della strategia della tensione, dove usò ed addestrò la destra per eseguire le stragi di stato e incolpare gli anarchici o i comunisti (il comunismo ambiva a entrare nello stato per conquistare il potere politico, finanziario, amministrativo , economico e militare) di terrorismo per imporre poi le leggi speciali inventate da Cossiga per reprimere il movimento operaio e studentesco che si stavano organizzando per far valere i loro diritti, molto spesso calpestati dal business spietato e arrogante della borghesia capitalista e industriale ….

I movimento del 1968 e del ‘77 hanno dovuto subire anche l’infiltrazione di personaggi ( partigiani bianchi antifascisti e anticomunisti) doppiogiochisti che stavano con un livello superiore alla base (servizi segreti di Yalta e di Stay behind). Un lato oscuro nella storia della lotta di classe e che ancora oggi non si può discutere ….

Se l’Italia è passata, alla fine del ‘900, dalla prima alla seconda repubblica, lo deve anche a quella mummia troglodita di Francesco Cossiga. Il più giovane presidente della nostra storia, eletto plebiscitariamente nel 1985 a soli 57 anni. I partiti di governo (la Democrazia Cristiana, il Partito Socialdemocratico, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale e il Partito Socialista), rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l’intesa politica per elaborare una serie di leggi repressive per far fronte alla situazione di crisi che il paese stava vivendo (strategia della tensione-stragi di stato) .

La cosiddetta emergenza terrorismo provoca una involuzione poliziesca dello stato italiano, con una diminuzione delle libertà costituzionali ed un ampliamento del potere delle forze di polizia.

L’ampliamento del ricorso ai reati associativi o di pericolo presunto, fu l’ossatura normativa di un’emergenza che poi in Italia non è mai terminata, saldandosi infine con l’evoluzione sicuritaria post 11 settembre 2001….

Emblematica è in questo senso la legge Reale (n. 152 del 22/5/1975), che autorizzava la polizia a sparare nei casi in cui ne ravvisasse necessità operativa….

La legge in questione suscitò molte polemiche e fu sottoposta a referendum, attuato l’11/6/1978, da cui emerse il favore da parte dell’opinione pubblica: il 76,5% votò per il mantenimento e il 23,5% per l’abrogazione.

Nel 1978 seguirà l’istituzione di corpi speciali con finalità antiterrorismo: il GIS (Gruppo Intervento Speciale, usati anche durante il G8 del 2001) dei Carabinieri ed il NOCS (Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza) della Polizia.

Nel 1980 verrà emanata la cosiddetta “Legge Cossiga” (legge n. 15 del 6 febbraio), che prevede condanne sostanziali per chi venga giudicato colpevole di “terrorismo” ed estende ulteriormente i poteri della polizia. A suo tempo alcuni avevano osato contestare l’incostituzionalità, di fronte alla Corte Costituzionale, che tuttavia respinse queste istanze.

Anche questa legge fu sottoposta a referendum popolare, tenuto il 17/5/1981, da cui risultò il favore dell’opinione pubblica per questa legge: l’85,1% votò per il mantenimento e il 14,9% per l’abrogazione.

Francesco Cossiga apparteneva al correntone ambiguo della sinistra democristiana……, quella che negli anni del compromesso storico (Dc-Pc: comunisti e anticomunisti) e del patto Atlantico, firmato da Berlinguer, avevano conquistato il potere politico e militare. Per la sinistra extraparlamentare , negli anni ’70, era “Kossiga” con le due esse del cognome scritte come quelle delle SS tedesche: una trovata grafica che negli anni della contestazione era stata già utilizzata per il segretario di stato Usa Kissinger.

Cossiga era il capo della gladio e dei servizi segreti era tra l’altro cugino di secondo grado di Berlinguer.

Cossiga era presidente del Senato e la sua appartenenza alla sinistra democristiana lo rendeva un candidato con un certo appeal anche nel Pci, anche se da presidente del consiglio era stato lui a far votare la legge che aveva consentito l’installazione a Comiso degli euromissili puntati contro l’unione sovietica….

Cossiga ebbe una carriera ambigua, a causa delle coperture e degli scandali di episodi oscuri ….. (De Lorenzo, Moro,Ustica, P2, Gladio).

Cossiga era il capo dei servizi segreti e questo l’ha sempre reso un candidato naturale per vari incarichi politici: da fiduciario presidenziale di Segni tenne i rapporti col Sifar, da sottosegretario alla Difesa appose i famosi “omissis” all’indagine sulle deviazioni dello stesso Sifar…., da ministro degli Interni istituì i corpi speciali dei Carabinieri (Gis) e della Polizia (Nocs), e da presidente della repubblica prese le difese di Gladio….

La storia insegna che c’è sempre stato qualcuno che speculava sulle nostre disgrazie, sulle lotte per i diritti, creando più gerarchie e più potere. Il poveraccio impegnato a sopravvivere, deluso e pessimista, evita di “andare a cercarsele” (la vita è già dura così…), evitando che i suoi ideali vengano usati per incrementare infiltrazioni nei movimenti, avanguardie e gerarchie intellettuali, allo scopo di deviare gli obbiettivi di lotta di classe e incrementare più autoritarismo sbirresco, torture e repressione (dittatura militare) violazione e sospensione dei diritti e conflitti militari geopolitici internazionali…..

Roma 11/6/2015

I pagliacci di casapound e il movimento 5 stelle si sono trovati in piazza assieme per fare propaganda allegorica. In piazza c’erano lavoratori di Multiservizi (mafia) e attivisti del Movimento 5 Stelle, Casapound, Noi con Salvini e Fdi che gridano “via i mafiosi”……

Giù la testa – La rivoluzione

CULTURA DAL BASSO CONTRO I POTERI FORTI E I LORO SERVI REPRESSIVI

Rsp (Individualità Anarchiche)