I danni della rivoluzione industriale…

Il profitto a tutti i costi produce: inquinamento, tumori, miseria e sfruttamento…

 

Allarme Ocse: “Nel 2050 raddoppieranno le morti per polveri sottili”

18 gennaio 2016

ROMA – “Se lasciassimo scorrere il film della storia senza intervenire, il mondo al 2050 apparirebbe in una luce triste. Al bilancio attuale, già appesantito da 1 miliardo di affamati, si aggiungerebbero altre 2 miliardi di persone denutrite, concentrate nei paesi più poveri. Sette persone su 10 vivranno nelle aree urbane moltiplicando i problemi legati alla congestione, all’inquinamento, alla pressione su risorse sempre più difficili da trovare. E il prezzo in termini di salute diventerà drammatico: i morti prodotti dal particolato presente nell’aria che respiriamo raddoppieranno arrivando a 3,6 milioni per anno”.

Non è una profezia dei catastrofisti e neppure una stima delle strutture internazionali che lavorano sulla protezione dell’ambiente. E’ l’Ocse, il cartello dei paesi industrializzati che per decenni ha cantato le lodi della crescita, a suonare l’allarme. E’ l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a dire che la prospettiva di una quadruplicazione dell’economia nei prossimi 35 anni non è di per sé una buona notizia: quello che conta sono le conseguenze. E il segno dello sviluppo che ci attende è ancora tutto da scrivere.

Quello che è certo (sostiene l’Ocse) è che, in assenza di un cambiamento di rotta, c’è di che preoccuparsi. Nei prossimi 35 anni la richiesta di energia aumenterà dell’80%. E, se saranno sempre i combustibili fossili a soddisfare l’85% della domanda trainata dai paesi emergenti, “il degrado e l’erosione del nostro capitale naturale rischia di aggravarsi da qui al 2050 causando cambiamenti irreversibili che potrebbero mettere in pericolo i benefici ottenuti in due secoli di miglioramento della qualità della vita”.

I fenomeni estremi prodotti dal cambiamento climatico già in atto (crescita delle alluvioni, intensificazione della violenza delle piogge alternate a siccità più severe), saranno esasperati da un aumento del 50% delle emissioni serra causato in larga parte dal consumo dei combustibili fossili. La concentrazione di gas serra in atmosfera schizzerebbe a 650 parti per milione (la concentrazione di CO2 era a 280 parti per milione all’inizio dell’era industriale) e l’obiettivo di mantenere la temperatura entro un aumento massimo di 2 gradi verrebbe vanificato. Il termometro subirebbe una salita stimata tra 3 e 6 gradi, con conseguenze drammatiche su tutti gli ecosistemi.

Il 10% della biodiversità terrestre verrebbe cancellato, una vera e propria decimazione della vita, e la superficie delle foreste mature diminuirebbe del 13%. “Di qui al 2050 il cambiamento climatico diventerà, secondo le proiezioni, il principale fattore di riduzione della biodiversità. E l’impoverimento della biodiversità minaccia il benessere umano, soprattutto quello delle popolazioni rurali povere e delle comunità autoctone”, scrive l’Ocse. Questo impoverimento e la perdita dei vantaggi legati ai servizi ecosistemici comportano un danno globale compreso tra 2 mila e 5 mila miliardi di dollari per anno secondo lo studio Teeb.

La domanda di acqua aumenterà del 55%. Il 40% della popolazione mondiale (2,3 miliardi di persone in più rispetto a oggi) vivrà in zone sottoposte a uno stress idrico elevato e non sarà possibile soddisfare la crescente domanda di irrigazione. Inoltre 1,4 miliardi di persone non avranno a disposizione acqua sicura dal punto di vista sanitario.

Questo è lo scenario legato al cosiddetto business as usual. Ma (ricorda l’Ocse) esistono alternative. Ad esempio una politica di carbon pricing (fissaggio dei prezzi del combustibile) capace di dare un prezzo adeguato alle emissioni di CO2 permetterebbe di ridurre i gas serra del 70% bloccando la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera a 450 parti per milione (oggi sono 400). La crescita economica rallenterebbe solo dello 0,2% all’anno (meno 5,5% di Pil al 2050): “molto poco rispetto all’inazione che, secondo alcune stime, potrebbe ridurre il consumo medio per abitante del 14%”. Inoltre nei paesi emergenti non agire costerebbe dieci volte di più della lotta all’inquinamento.

Un’altra misura considerata efficace è la soppressione dei sussidi che danneggiano l’ambiente. Ai combustibili fossili sono stati concessi nel 2010 (si legge nel rapporto) 410 miliardi di dollari da parte dei Paesi emergenti e in via di sviluppo, e, negli ultimi anni, altri 44 – 75 miliardi di dollari per anno da parte dei paesi industrializzati….

 

Noceto (Parma), ditta importava rifiuti pericolosi sotterrandoli in cava

14 gennaio 2016

E’ stato posto sotto sequestro, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, una cava di ghiaia nel Comune di Noceto nell’ambito di un’indagine su un traffico illecito di rifiuti provenienti da tutta Italia. Gli inquirenti ritengono che l’area “Ghiaie di mezzo”, a poco più di un chilometro dal centro abitato e a ridosso dell’autostrada A15 e del parco regionale del fiume Taro, possa essere stata riempita nel corso degli anni con materiale illecito. Sono in corso numerose perquisizioni e acquisizioni documentali, in particolare nella sede di una ditta di raccolta e smaltimento rifiuti ubicata non lontano dalla Ghiaia e che si trova al centro dell’attività d’indagine.

Dagli accertamenti risulterebbe che una ditta di Parma, operante nella gestione e trattamento di rifiuti speciali non pericolosi, avrebbe ritirato negli anni passati notevoli quantitativi di rifiuti pericolosi, costituiti da ceneri da incenerimento e fanghi di varia natura da parte di aziende terze presenti sul territorio nazionale.

Altra ipotesi su cui si indaga è l’utilizzo di un’area di cava, che si trova a breve distanza dall’impianto industriale della ditta in questione, da parte di una ditta ricollegabile al medesimo gruppo. In particolare, sembrerebbe che il vuoto di cava ottenuto dall’estrazione di ghiaia sarebbe stato riempito con materiale non idoneo allo scopo, materiale direttamente proveniente dall’attività di gestione e trattamento rifiuti della ditta oggetto di indagine e sul quale dovranno essere eseguite ulteriori analisi circa la pericolosità e l’eventuale contaminazione delle circostanti matrici ambientali. In passato, la ditta citata è stata più volte diffidata dal Servizio Ambiente della Provincia di Parma per condotte non conformi alle autorizzazioni.

L’area sequestrata, su delega della Procura di Bologna, è di oltre sei ettari. Si trova in una zona di particolare vulnerabilità per gli acquiferi in prossimità di campi agricoli ed è ubicata a ridosso del Parco Regionale fluviale del Taro. Sono in corso approfondimenti per verificare la correttezza di alcune procedure amministrative connesse all’attività di smaltimento…

 

Al via il processo per l’amianto all’Olivetti

11 gennaio 2016

Saranno 134 i testimoni, 28 i consulenti e 23 le udienze fissate per ora del processo per le morti da amianto all’Olivetti che si è aperto questa mattina nell’auditorium del liceo Gramsci di Ivrea che darà ospitalità al dibattimento da oggi e fino a oltre metà luglio perché gli uffici giudiziari della città non dispongono di aule sufficientemente grandi per celebrare il dibattimento. Il giudice Elena Stoppini dal palco ha fissato le prime tappe tecniche davanti a decine di avvocati seduti in platea dietro un lungo tavolo con 5 microfoni, dalla parte della difesa. Il pubblico ministero, Laura Longo che sostiene l’accusa, dalla parte opposta con gli avvocati delle parti civili.

Dei 18 imputati era presente in aula soltanto Filippo Demonte Barbera (difeso dall’avvocato Claudio D’Alessandro) che è stato amministratore delegato della Ope, società controllata dalla Olivetti, dal novembre 1985 a giugno 1987. Ma man mano che si articoleranno le prossime udienze molti avvocati hanno annunciato la presenza dei loro assistiti, almeno quelli che si sottoporranno a interrogatorio. Demonte Barbera è accusato di omicidio colposo per la morte di un operaio che lavorava negli stabilimenti di San Bernardo a giugno 2012. “Non ho mai saputo che all’epoca ci fossero problemi legati alla pericolosità per i lavoratori esposti alle fibre di amianto (ha detto Demonte) e non ero uno dei dirigenti responsabili della tutela dell’ambiente. Sono venuto a conoscenza del problema amianto da un amico che lavorava in California dove si iniziava all’epoca a bonificare. In quegli anni si sapeva solamente della pericolosità del silicio“.

Fra gli imputati figurano Carlo e Franco De Benedetti, Camillo Olivetti, e l’ex ministro Corrado Passera per un caso di lesioni. Telecom Italia che ha acquisito Olivetti è citata come responsabile civile. Al vaglio del Tribunale ci sono 12 casi di morte e due di lesioni. Tra le parti civili ci sono i sindacati, l’Inail, il Comune di Ivrea e la Città metropolitana di Torino, oltre ai parenti delle vittime.

Nel corso della prima udienza, si sono discusse le incombenze preliminari e il pm Laura Longo ha accennato anche a nuove attività di indagine, recentissime, nello stabilimento dismesso di Scarmagno dove sono in corso accertamenti per accertare se vi sia ancora presenza di amianto. Il pubblico ministero che in alcuni passaggi dell’udienza è stata affianca dal procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando, ha chiesto anche la lettura delle deposizioni rese dalle vittime nella fase delle indagini preliminari, deposizioni che non saranno ripetibili in aula perché nel frattempo sono decedute. Ma il giudice ha respinto la richiesta. La prossima udienza sarà il 25 gennaio.

 

Torino: scoperta maxidiscarica di rifiuti speciali

torino sequestrato capannone con rifiuti speciali, rifiuti speciali 240 tonnellate, borgaro torinese sequestrata discarica abusiva da 240 tonnellate di rifiuti speciali

07-gennaio-2016

Duecentoquaranta tonnellate di rifiuti pericolosi, colonne fumarie in amianto ormai sgretolato e molto pericoloso. E’ quello che ha trovato la guardia di Finanza di Torino nei capannoni di una vecchia rilegatoria, nella zona industriale di Borgaro Torinese. Il sito, dismesso da diversi anni, era diventato una discarica abusiva. Le fiamme gialle, in collaborazione con l’Arpa incaricata delle verifiche ambientali, hanno trovato gli scarti della produzione industriale della vecchia attività ma anche cumuli di rifiuti, tubi al neon, materiale isolante e plastico altamente infiammabile oltre a 6mila chili di prodotti chimici da decontaminare e oli esausti. I due titolari della società sono stati denunciati per deposito incontrollato di rifiuti.

L’ultimo blitz dei baschi verdi rientra in un’operazione più vasta condotta negli ultimi sei mesi che ha portato all’individuazione di 8 fabbriche e terreni abbandonati diventati discariche pericolose.

Il caso più eclatante era stato quello di San Gillio dove i finanzieri nell’agosto scorso avevano trovato 450 tonnellate di rifiuti pericolosi a due passi da un condominio.

A Givoletto erano state sequestrate quasi 300 tonnellate di rifiuti chimici e pericolosi. Situazioni simili erano emerse a Candiolo, Settimo Torinese e Torino. In alcuni casi non si tratta di aree private ma di zone comunali su cui privati cittadini hanno scaricato i loro rifiuti invece di smaltirli nel modo corretto. Nell’elenco dei materiali trovati compaiono: vernici, oli esausti, solventi e solfati.

In tutti questi casi sono state applicate le nuove norme previste in materia di ecoreati che consentono ai 15 denunciati di estinguere il reato commesso provvedendo alla bonifica dei siti contaminati. Questo è già stato in gran parte fatto, risalendo ai proprietari dei capannoni o ai responsabili dell’abbandono di rifiuti addebitando loro 100mila euro di spese per il corretto smaltimento, spese che in passato ricadevano spesso sulle spalle de singoli comuni. Inoltre nell’ambito delle indagini hanno anche scoperto “dimenticanze” nel pagamento di Imu e Tari che i proprietari hanno dovuto saldare e che sono finiti nelle casse delle amministrazioni.

 

Rsp (individualità Anarchiche)