Ciancimino: intrecci oscuri tra mafia, politica e servizi segreti

4 febbraio 2016

Massimo Ciancimino (figlio del sindaco condannato per mafia Vito), si presenta oggi al processo sulla trattativa Stato-mafia, davanti alla Corte d’Assise di Palermo.

Ciancimino al processo dichiara: «Il covo di Totò Riina non l´hanno mai perquisito per non far trovare carte che avrebbero fatto crollare l´Italia». La cattura del capo dei capi è stata voluta da Bernardo Provenzano dentro quella trattativa che, fra le uccisioni di Falcone e di Borsellino, la mafia portò avanti con servizi segreti e ufficiali dei reparti speciali dei carabinieri. Ventitré verbali desecretati (milleduecento pagine) e depositati al processo contro il generale Mario Mori, accusato di avere favorito la lunga latitanza di Provenzano dopo quell´arresto “concordato”….

Il padre di Ciancimino prima di morire scrisse un memorandum, dove descriveva   l’inciucio fra stato e mafia, che ha governato per vent´anni la Sicilia e il loro coinvolgimento su alcuni delitti eccellenti, il sequestro di Aldo Moro, la strage di Ustica, i rapporti di Vito Ciancimino con l´Alto Commissario antimafia Emanuele De Francesco e il suo successore Domenico Sica.

Massimo Ciancimino conferma il patto fatto tra Bernardo Provenzano e i carabinieri del Ros, mediato da don Vito, per la cattura di Riina: «Una delle garanzie che mio padre chiese ai carabinieri, e che loro diedero a mio padre, era che nel momento in cui si arrestava Riina bisognava mettere al sicuro un patrimonio di documentazione che il boss custodiva nella sua villa»…….

E ha aggiunto: «Provenzano riferì a mio padre che Totò Riina conservava carte e documenti di proposito con un obiettivo: se l´avessero arrestato avrebbero trovato tante di quelle cose, di quelle carte, che avrebbero fatto crollare l´Italia.

Il negoziato con Cosa Nostra iniziò dopo l´uccisione di Falcone (ucciso perché aveva scoperto il gradino sopra la mafia: la massomafia). Da una parte Totò Riina. Dall´altra il vice comandante dei Ros Mario Mori, il capitano Giuseppe De Donno e «il signor Franco», un agente dei servizi segreti legato all´Alto commissariato antimafia. E in mezzo Vito Ciancimino.

Se in un primo momento Totò Riina è stato un terminale della trattativa per fermare le bombe, dopo la strage Borsellino «è diventato l´obiettivo della trattativa». Racconta ancora il figlio dell´ex sindaco: «Della trattativa erano informati i ministri Virginio Rognoni e Nicola Mancino, questo a mio padre l´ha detto il signor Franco e gliel´hanno confermato il colonnello Mori e il capitano De Donno».

Nel 1993, un anno dopo Capaci e via D´Amelio, la trattativa mafiosa è andata avanti. E al posto di Vito Ciancimino ormai in carcere, sarebbe stato Marcello Dell´Utri a sostituirlo nel ruolo di mediatore.

«Mio padre sosteneva che era l´unico a poter gestire una situazione simile… ha gestito soldi che appartenevano a Stefano Bontate e a persone a lui legate».

 

L´omicidio Mattarella.

Il Presidente della Regione siciliana, ucciso il 6 gennaio del 1980, per Vito Ciancimino fu «un omicidio anomalo». Spiega suo figlio: «Dopo il delitto, mio padre chiese spiegazioni ai servizi segreti… un poliziotto poi gli disse che c´era la mano dei servizi nella morte di Mattarella. Ci fu uno scambio di favori su quell´omicidio… ».

Il sequestro Moro.

Il figlio di don Vito dice che suo padre è sempre stato legato all´intelligence fin dal sequestro di Moro. «La prima volta che mio padre mi ha raccontato di contatti di Cosa Nostra con apparati dello stato risale al sequestro».

Massimo Ciancimino ha rilevato : «Mio padre faceva parte di Gladio». Gladio è un’organizzazione paramilitare clandestina italiana promossa dalla NATO (sono addestrati per portare avanti il piano stay-behind, un piano militare repressivo contro il movimento comunista e anarchico). E ha spiegato: «Mi disse che all´origine c´era mio nonno Giovanni che, all´epoca dello sbarco degli Alleati in Sicilia, era stato assoldato come interprete». Il figlio di don Vito ricorda poi che il padre aveva costituito le prime società di import export «insieme a un colonnello americano» e che aveva partecipato «a diversi incontri» organizzati dalla struttura militare segreta.

Suo padre gli aveva parlato anche dell´uccisione di Carlo Alberto dalla Chiesa e dell´omicidio del giornalista Mino Pecorelli «che sono legate», poi hanno messo il segreto di stato sul verbale, che ancora oggi è Top Secret.

Massimo Ciancimino ricorda anche di un «pizzino» inviato da Provenzano a suo padre dove si faceva riferimento «a un amico senatore e al nuovo presidente per l´amnistia», ha confermato che i due erano Marcello Dell´Utri (faceva l´autista al ministro Mannino) e Totò Cuffaro.

Anche Cuffaro e Renato Schifani hanno fatto carriera politica facendo l´autista al senatore La Loggia….

Ciancimino: “Mio padre conosceva Bernardo Provenzano e anche io, perché frequentava settimanalmente casa nostra. Si presentava col nome di ingegnere Lo Verde“.

Poi dice: “Dal 1970 fino agli ultimi giorni della sua vita mio padre ha intrattenuto rapporti con esponenti dei servizi segreti“. Ciamcimino ha parlato anche del rapporto del padre con Silvio Berlusconi. “Nel 1976-1977 venne proposto a mio padre di investire nell’attività dell’imprenditore milanese Silvio Berlusconi che stava costruendo Milano 2. Promotore dell’iniziativa fu Stefano Bontade. Lui accettò e all’affare parteciparono anche gli imprenditori Buscemi e Bonura. Ci fu anche una partecipazione di Provenzano”.

“Mio padre [dice Ciancimino] ha intrattenuto fin dal 1970, rapporti sporchi con i servizi segreti [massomafia piduista ndr], fino agli ultimi giorni della sua vita e c’era un tizio, che si chiamava ‘signor Franco’, che faceva da postino tra lui e appartenenti agli apparati di sicurezza dello Stato”….

Massimo Ciancimino poteva contattarlo, attraverso una utenza telefonica, il ‘signor Franco’ “lo tranquillizzava quando c’erano motivi di preoccupazione, comprese le mie questioni giudiziarie, come quando fui indagato lo stesso giorno della morte di mio padre e lui mi rassicurò dicendomi che era un modo per tutelarmi, così mi sarei potuto avvalere della facoltà di non rispondere se mi avessero sentito sulla trattativa tra stato e mafia” …..

“Mio padre mi rivelava quanto sapeva. Gli incontri con Berluska erano organizzati da Bontate tramite Marcello Dell’Utri. Ciancimino ha poi aggiunto: “Mio padre investì dei soldi nelle attività di realizzazione delle case a Milano 2”. Un investimento in cui “c’erano gli interessi anche di imprenditori di mafia e di Bontate e Provenzano”.

“Mio padre riteneva Riina una persona limitata intellettualmente, un doppiogiochista.

Prima degli anni ’80 ho visto Riina più volte. Accompagnavo mio padre alle riunioni anche con altri, ad esempio Santapaola.

Oggi al processo sulla trattativa Stato-mafia c’era anche il boss mafioso Totò Riina in video collegamento dal carcere di Parma. La sua presenza, fino a ieri, era in forse, dopo il suo ultimo ricovero in ospedale a Parma per una grave insufficienza renale.

Quando poi viene catturato Vito Ciancimino nel dicembre del 1992 la trattativa si interrompe anche perché un mese dopo viene arrestato Riina ma non viene perquisito il covo, e sapete quello che succede dopo: secondo i giudici di Palermo dopo la trattativa dei carabinieri interrotta dall’arresto di Ciancimino e un mese dopo di Riina parte un’altra trattativa, ammesso che fosse un’altra e non il proseguo della stessa, che coinvolge Dell’Utri il quale fornisce poi le garanzie sulla nascita di Forza Italia, garanzie che verranno ritenute sufficienti da Provenzano tant’è che questo smetterà dopo la stagione delle stragi del 1993 di sparare e inaugurerà la lunga pax mafiosa che dura anche oggi.

Richieste di aiuti, promesse di sostegno politico, scambi di favori con Dell’Utri che fa il pony express fra Provenzano e Berlusconi,

A un certo punto Il processo sulla trattativa Stato-mafia è stato rinviato al 3 marzo 2016 per un malore di Ciancimino jr, figlio del sindaco massomafioso di Palermo.

 

Ricordiamoci anche che nel luglio 2014, era stato arrestato l’imprenditore Romano Tronci per operazioni di riciclaggio del tesoro di Vito Ciancimino. Tronci è stato arrestato insieme ad altri 3 imprenditori: Sergio Pileri, di Rieti e residente in Romania; Victor Dombrovschi, rumeno, e Raffaele Valente, di Termoli residente in Montenegro.

Per tutti l’accusa mossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma è di aver tentato di riciclare capitali riconducibili al tesoro accumulato in vita da Vito Ciancimino tramite la vendita della società rumena Ecorec, che gestisce la discarica di Glina, la più grande d’Europa.

E’ stato accertato che gli indagati arrestati, con la regia di Massimo Ciancimino, erede del patrimonio dell’ex sindaco di Palermo condannato per mafia, stavano organizzando la vendita della società Ecorec per un importo ampiamente sottostimato di 60 milioni di euro, con l’intento di evitare eventuali confische disposte dall’autorità giudiziaria italiana che, alla ricerca dei capitali riferibili a Cosa Nostra, da circa 10 anni ha trovato tracce inequivocabili del reimpiego di una parte consistente del Tesoro in Romania, investiti nel settore dei rifiuti….

 

Rsp (individualità Anarchiche)